Estratti del discorso in omaggio al Comandante Camilo Cienfuegos, pronunciato da Ernesto Che Guevara nella cerimonia tenuta al Ministero delle Costruzioni il 28 ottobre 1964.
Cercare di esprimere ciò che penso che Camilo voglia dire è molto difficile, quasi impossibile direi (…). Un giorno di sconfitta, uno dei tanti giorni di sconfitta che abbiamo dovuto affrontare (…), siamo stati sorpresi; nel volo ho perso lo zaino, sono riuscito a salvare solo la mia coperta, e ci siamo riuniti come un gruppo sparso. Fidel era partito con un altro gruppo. Eravamo circa 10 o 12. E c’era più o meno una legge non scritta della guerriglia che chi perdeva i suoi effetti personali, che ogni guerrigliero doveva portare sulle spalle, doveva arrangiarsi. Tra le cose che aveva perso c’era qualcosa di molto prezioso per un guerrigliero: le due o tre scatole di cibo in scatola che ognuno di loro aveva in quel momento.
Quando arrivò la sera, ognuno di noi si preparò naturalmente a mangiare la piccolissima razione che avevamo, e Camilo – vedendo che non avevo niente da mangiare, visto che la coperta non era un buon cibo – condivise con me l’unica lattina di latte che aveva; e da quel momento credo che la nostra amicizia sia nata e si sia approfondita.
Prendendo sorsi di latte e facendo in modo che ognuno lo dividesse equamente, parlavamo di tutta una serie di cose (…). Fino a quel momento non eravamo particolarmente amici; i nostri caratteri erano molto diversi (…).
Ci siamo scontrati su questioni di disciplina, su problemi concettuali di una serie di atteggiamenti all’interno della guerriglia. Camilo in quel momento si sbagliava. Era un guerrigliero molto indisciplinato, molto capriccioso; ma se ne rese conto rapidamente e lo rettificò. Anche se in seguito compì una serie di imprese che hanno lasciato il suo nome nella leggenda, sono orgoglioso di averlo scoperto come guerrigliero. E cominciò a tessere il tessuto della sua leggenda oggi, nella colonna che Fidel mi aveva assegnato, al comando del plotone d’avanguardia.
Più tardi, divenne un comandante; scrisse una storia nella piana d’Oriente molto ricca di atti di eroismo, audacia, intelligenza di combattimento, e realizzò l’invasione negli ultimi mesi della guerra rivoluzionaria.
Ciò che ci ha sempre attratto – quelli di noi che ricordano Camilo come una persona, come un essere vivente – era ciò che attraeva anche tutto il popolo di Cuba, il suo modo di essere, il suo carattere, la sua gioia, la sua franchezza, la sua disponibilità in ogni momento ad offrire la sua vita, affrontare i più grandi pericoli con totale naturalezza, con totale semplicità, senza la minima dimostrazione di coraggio o di saggezza, essendo sempre il compagno di tutti, anche se alla fine della guerra era indiscutibilmente il più brillante di tutti i guerriglieri.
Pochi mesi dopo il trionfo (…) era necessario avere uomini che non avessero la minima ambizione personale, la minima diffidenza, che fossero interamente puri e dedicati esclusivamente al compito rivoluzionario, per realizzare quello che si potrebbe quasi chiamare il miracolo dell’unità. E questo è il tipo di uomo a cui apparteneva Camilo, e ce ne sono pochi! (…).
Il “Sto facendo bene?” di Fidel quando chiese a Camilo nella Ciudad Militar, nei primi giorni o nel primo giorno del suo arrivo all’Avana, non era una domanda casuale posta a un uomo che per caso era al suo fianco; era una domanda posta a un uomo che meritava la totale fiducia di Fidel, nel quale sentiva, come forse in nessuno di noi, fiducia e fede assolute.
Fonte: Granma
Traduzione: italiacuba.it
Cuba come Camilo, giovane e gioviale
Camilo Cienfuegos: «Cuba lo sente, giovane e gioviale», ha affermato in Twitter il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito e Presidente della Repubblica, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, in occasione del 90º anniversario del Signore dell’ Avanguardia. «la sua fedeltà e la sua cubanità sono restate nel popolo».