Le vere cause della vittoria

Pedro Antonio García http://www.granma.cu

f0033365Dal posto di osservazione, un miliziano informò: “Una lancia sta sbarcando e spara verso la spiaggia. Abbiamo questa gente su. Rompiamo il generatore di corrente e andiamo in trincea”. Il capo del battaglione 339, composto da 528 lavoratori e studenti della città di Cienfuegos, ordinò formare la truppa accampata da una settimana nello zuccherificio Australia. Uno dei suoi plotoni lo mandò verso Playa Larga, per respingere gli invasori.


Il parco munizioni era scarso: 80 cartucce per ciascun M-52, 90 per ciascun mitragliatrice ceca, 200 per ciascuna delle tre mitragliatrici BZ. Molto vicini alla costa scesero dal camion. Incominciarono ad avanzare lungo il terrapieno nel mezzo della notte. “Ecco che arriva la gente” qualcuno avvertì. Sentirono una voce della truppa che si avvicina: “Stop lì, chi siete?” “La 339 di Cienfuegos. E voi?» Risposero i combattenti della città cubana del sud. “La compagnia E del secondo battaglione” risposero coloro che provenivano dal mare e subito: “Questo non esiste a Cuba”. “Siamo dell’Esercito di Liberazione, non siamo venuti a combattere contro di voi. Arrendetevi”, si affrettarono gli aggressori. “Patria o Muerte” gridò un giovane miliziano. “Fuoco”. E la sparatoria si diffuse. Era il 17 aprile 1961. Era iniziata la battaglia di Playa Girón.

Con la sua tenace resistenza, quella mattina, i miliziani fecero fallire una parte importante del piano della CIA per la Brigata mercenaria, impedendo che la compagnia E seguisse avanzando verso lo strategico villaggio di , dove dovevano unirsi ai paracadutisti. Inoltre creò creato incertezza tra gli invasori. Questa avventura non era la facile passeggiata che avevano descritto i consiglieri della CIA. I miliziani non si arrendevano, combattevano.

Fidel invia come capo della truppa allo zuccherificio Australia l’allora capitano José Ramón Fernández; a Covadonga, il comandante Filiberto Olivera. In Yaguaramas, unità dell’Esercito del Centro rinforzate con due battaglioni pesanti dell’Avana erano sotto il comando del comandante Rene de los Santos. Il Comandante in Capo incaricò Fernández di prendere immediatamente Palpite, che si realizzò alle ore 10 della mattina, nonostante la persecuzione dell’aviazione e delle unità di fanteria mercenarie. “Ora abbiamo vinto la guerra. Abbiamo affondato due navi e tre lance e se non si sono resi conto che dovevano difendere Palpite, sono perduti”, esclamò giubilante il leader storico della Rivoluzione.

Nella notte, Fidel, Fernandez ed altri alti ufficiali delle FAR si riunirono a Palpite per delineare il piano di attacco.

giron-contraGià all’alba (18 aprile) quattro carri armati T-34 iniziarono la marcia con le luci spente. I controcarri mercenari neutralizzarono due dei T-34. Gli uomini della Scuola dei responsabili della Milizia di Matanzas e della colonna Uno dell’Esercito Ribelle avevano cominciato ad avanzare. Gli invasori offersero una tenace resistenza.

Alle 10:30 am del 18 aprile 1961, le forze rivoluzionarie presero Playa Larga ed all’impossessarsi del luogo, trovarono in un parapetto una mitragliatrice 50 del nemico con diversi  invasori morti intorno. A pochi metri di distanza c’erano i corpi di Juan Alberto Diaz, professore presso la Scuola di  Responsabili della Milizia di Matanzas, e vari dei suoi allievi, che erano giunti sin lì, nonostante la ristrettezza della strada ed il fuoco nemico. Forse allora i mercenari si convinsero dell’impossibilità di spezzare l’eroismo dei miliziani.

Dalle prime ore dell’alba del 19 aprile, l’artiglieria del comandante Pedro Miret cominciarono il fuoco sulla strada per Covadonga. In Yaguaramas si unirono le forze del comandante René de los Santos con quelle del capitano Emilio Aragon. Fidel previde che gli invasori di stanza a San Blas aspettavano l’attacco principale dalla strada di Covadonga così l’attacco da quella di Yaguaramas contò anche sul fattore sorpresa. Alle dieci del mattino, forze cubane presero San Blas e il vicino villaggio di Bermeja. Il nemico ripiegò verso Girón e si trincerò nella grande curva della strada, da dove anche furono sloggiati. Nel frattempo, più a ovest, il battaglione della PNR stava combattendo contro i mercenari. Nel mezzo della battaglia un proiettile colpì il capitano Luis Artemio Carbò. Si alzò, prese la sua pistola e continuò a sparare con una sola mano. Aggrappato all’arma morì di fronte al nemico. E il battaglione della PNR continuò ad avanzare. Luis Artemio Carbó aveva solo 23 anni.

Fidel, con le unità corazzate e le truppe avevano liberato San Blas, organizzò l’attacco a Giron. “Verso la spiaggia” ordinò, mentre sedeva come un membro dell’equipaggio su uno di essi. In Occidente, i battaglioni della PNR e delle milizie entrarono a Giron. Con loro, montato su una jeep, il capitano Fernandez. Presto, si riuniva con Fidel e con il resto delle truppe.

Erano le cinque e mezzo del pomeriggio del 19 aprile 1961. In meno di 66 ore si era, senza dubbio, sconfitto la brigata mercenaria organizzata dalla CIA, una formidabile forza  molto ben addestrata e equipaggiata con elevata capacità di combattimento, come lo ha dimostrato a  Playa Larga e San Blas. Se furono sconfitti, è dovuto allo straordinario eroismo dei miliziani, alla loro tenace volontà di difendere il suolo patrio e la Rivoluzione socialista e alla guida di Fidel, che ha anche condiviso i rischi con le truppe, che diresse a poche centinaia di metri dalle linee mercenarie.

Las verdaderas causas de la victoria

Pedro Antonio García

Desde el puesto de observación, un miliciano informó: “Una lancha está desembarcando y dispara hacia la playa. Tenemos esta gente encima. Vamos a romper la planta y nos vamos para las trincheras”. El jefe del Batallón 339, compuesto por 528 obreros y estudiantes de la ciudad de Cienfuegos, ordenó formar la tropa, acampada desde hacía una semana en el central Australia. A uno de sus pelotones lo envió hacia Playa Larga, a rechazar a los invasores.

El parque era escaso: 80 cartuchos para cada M-52, 90 para cada suba­metralladora checa, 200 para cada una de las tres ametralladoras BZ. Muy cerca de la costa se bajaron del camión. Empezaron a avanzar por el terraplén en medio de la noche. “Por ahí viene gente”, alguien alertó. Oye­ron una voz de la tropa que se acercaba: “Alto ahí, ¿quiénes son ustedes?” “El 339 de Cienfuegos. ¿Y ustedes?”, respondieron los combatientes de la sureña ciudad cubana. “La compañía E del segundo ba­tallón”, le contestan quienes vienen del mar y acto seguido: “Eso no existe en Cuba”. “Somos del Ejército de Liberación, no vinimos a pelear contra ustedes. Rín­danse”, se apresuraron los agresores. “Patria o Muerte”, gri­tó un jo­ven miliciano. “Fue­go”. Y se generalizó la balacera. Era el 17 de abril de 1961. Había em­pezado la Batalla de Playa Girón.

Con su tenaz resistencia de esa ma­drugada, aquellos milicianos hicieron fracasar una parte importante del plan de la CIA para la Brigada mercenaria, al impedir que la compañía E siguiera avanzando hacia el estratégico poblado de Pálpite, en donde debían unirse con los paracaidistas. También creó incertidumbre en­tre los invasores. Esta aventura no iba a ser el fácil paseo que les habían descrito los asesores de la CIA. Los milicianos no se rendían, luchaban.

Fidel envía como jefe de tropas al central Australia al entonces capitán José Ramón Fernández; a Covadonga, al comandante Filiberto Olivera. En Yaguaramas, unidades del Ejército del Centro reforzadas con dos batallones pesados de La Habana estaban bajo el mando del comandante René de los Santos. El Comandante en Jefe encomendó a Fernández la toma inmediata de Pálpite, lo que se realizó a las 10 de la mañana, a pesar del hostigamiento de la aviación y unidades de infantería mercenarias. “Ya ganamos la guerra. Les hemos hundido dos barcos y tres lanchones y si no se dieron cuenta de que tienen que defender Pálpite, están perdidos”, exclamó jubiloso el líder histórico de la Revolución.

En la noche, Fidel, Fernández y otros altos oficiales de las FAR se reunieron en Pálpite para delinear el plan de ataque.

Ya de madrugada (18 de abril) cuatro tanques T-34 iniciaron la marcha con las luces apagadas. Los bazuqueros mercenarios neutralizaron dos de los T-34. Ya los hombres de la Escuela de Responsables de Milicias de Matan­zas y de la columna Uno del Ejército Rebelde habían comenzado a avanzar. Los invasores ofrecieron una tenaz resistencia.

A las 10:30 a.m. del 18 de abril de 1961, las fuerzas revolucionarias to­maron Playa Larga y al posesionarse del lugar, hallaron en un parapeto una ametralladora 50 del enemigo, con varios invasores muertos a su alrededor. A unos metros estaban los cadáveres de Juan Alberto Díaz, profesor de la Escuela de Responsables de Milicias de Matanzas, y de varios de sus alumnos, que habían llegado hasta allí a pesar de lo angosto del ca­mino y del fuego enemigo. Tal vez en­tonces los mercenarios se convencieron de la imposibilidad de quebrar el heroísmo de los milicianos.

Desde las primeras horas de la madrugada del 19 de abril, las piezas de artillería del comandante Pedro Miret comenzaron el fuego de hostigamiento en la carretera de Covadon­ga. En Yaguaramas se fu­sionaron las fuerzas del comandante René de los Santos con las del capitán Emilio Aragonés. Fidel previó que los invasores acantonados en San Blas esperaban el ataque principal por la carretera de Cova­donga por lo que el ataque por la de Yaguaramas contó además con el factor sorpresa. A las diez de la mañana, las fuerzas cubanas tomaron San Blas y el aledaño pueblo de Bermeja. El enemigo se replegó hacia Girón y se atrincheraron en la gran curva que hace la carretera, de don­de también fueron desalojados. En­tre­tanto, más al oeste, el batallón de la PNR se batía contra los mercenarios. En medio del combate una bala al­canzó al capitán Luis Arte­mio Carbó. Se levantó, recogió su arma y siguió disparando con solo una mano. Aferrado al arma murió de frente al enemigo. Y el batallón de la PNR siguió avanzando. Luis Artemio Carbó solo tenía 23 años.

Fidel, con las unidades blindadas y las tropas que habían liberado San Blas, organizó la ofensiva sobre Gi­rón. “Hacia la playa”, ordenó, mien­tras se incorporaba como tripulante en uno de ellos. En el oeste, los ba­tallones de la PNR y de las milicias entraban en Girón. Con ellos, montado en un yipi, el capitán Fernández. Al poco rato, se le reunía Fidel con el resto de las tropas.

Era las cinco y media de la tarde del 19 de abril de 1961. En menos de 66 horas se había vencido inobjetablemente a la brigada mercenaria organizada por la CIA, una formidable fuerza muy bien entrenada y pertrechada, con una alta capacidad combativa, como lo demostró en Playa Larga y San Blas. Si fueron derrotados, se debió al extraordinario heroísmo de los milicianos, a su tenaz voluntad de defender el suelo patrio y la Revolu­ción socialista, y a la dirección de Fidel, quien además compartió riesgos con la tropa, a la que lideró a unos cien metros de las líneas mercenarias.

 

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