Ariel Montenegro http://internocuba.blogspot.it
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Non sta scrivendo un giornalista ma il figlio di una madre comunista. Pensavo di scrivere un articolo di opinione misurato, con confronto di fonti e di opinioni civili, ma ogni volta che pensavo a questo tema la prima cosa che mi veniva in mente era questo titolo, che già per se stesso riceve un semaforo rosso da qualsiasi mezzo di comunicazione che conosco. Così ho deciso di esporre i miei argomenti come uno che sta discutendo a un tavolo del domino. Scusate le urla.
Questa è una delle occasioni in cui si dice quello che si pensa sapendo anche che la maggioranza può essere in disaccordo. Voglio dire, a volte uno pensa che un regista è un imbroglione, però sta zitto perché tutti pensano che è un genio, ma altre volte non c’è altro da fare che buttare via il bavaglio perché ti intossica l’anima. Ci sono cose di principio per una persona, e devono restare ben chiare.
Giorni fa, durante la rissa di Panama al Vertice delle Americhe, tra cubani e cubani, è uscito un lavoro scritto da me e con la mia voce alla televisione cubana che spiegava le mie ragioni per appoggiare certi atteggiamenti della delegazione cubana in questo conclave.
Perché, anche se non sono d’accordo con le urla, credo che c’è gente con la quale non ci sono argomenti di discussione. Conosco personalmente molti di quelli che erano lì e non sono, neanche da lontano, persone idiote, disinformate, nemmeno compiacenti con la realtà e con il governo cubano.
Io, che ho un po’ di senso comune e voglio quello che considero il meglio per il mio paese, sono contento che Raul e Obama si diano la mano e sorridano, ma questo non vuol dire che il Dipartimento di Stato, e quello del Tesoro, e la CIA mi piacciano. Il governo statunitense continua ad ammettere che vuole fottere il socialismo a Cuba, come se abbattere o mantenere il sistema politico di un paese non fosse un affare solo dei suoi cittadini. La forma in cui il governo di questo paese si relaziona con Cuba non mi è mai piaciuta, non mi piace e credo che per il momento continuerà a non piacermi.
E non c’entra solo Fidel Castro, no. Mi ha dato fastidio il modo in cui hanno cercato di mettere il bavaglio a questo paese (con successo, dal 1898 al 1959) dal momento in cui sono una nazione indipendente.
C’è di più: nemmeno se tolgono il blocco, nemmeno se ci regalano dieci cavi di fibra ottica, neanche se riconoscono il diritto del socialismo a esistere, neanche se Paris Hilton si sposa con un mulatto di Centro Habana, neanche se Angelina Jolie e Brad Pitt adottano un piccolo orfano di Remanganagua mi considererò soddisfatto.
No. Prima dovrà alzarsi il primo presidente statunitense discendente di cinesi (perché non sarà il primo discendente da africani) e chiedere scusa per ognuno dei cubani morti per mano di terroristi e mercenari (i termini sembrano retorici, ma così si chiamano) tanto sull’isola come al di là delle frontiere. Dovranno prima indennizzare ognuna di queste famiglie, e ognuna delle famiglie con un morto per il “dengue emorragico”, e lo Stato cubano per le perdite economiche causate dalle epidemie del tabacco e della canna da zucchero, e per la febbre porcina. Dovrebbero scusarsi per i quindici anni rubati ai Cinque.
Bene, questa è storia, il passato como alcuni lo chiamano, e un avversario che riconosce che ha sbagliato, almeno in parte, dimostra di essere civile e si guadagna la capacità di essere almeno ascoltato.
Ma per il cubano che ha risposto ai comandi di questo avversario, al quale non ha mai importato di come vive la sua gente nel suo paese, che ha abbracciato l’assassino dei suoi conterranei o che ha chiesto l’invasione delle sue stesse strade da parte di un esercito formidabile … bene, mi dispiace, ma la civiltà non mi basta per tutto questo.
E non mi basta perché ho nella testa l’immagine di Berta Soler che chiede a Obama alla televisione di quel paese che rafforzi il blocco perché “il problema di Cuba non è l’embargo ma i Castro”. Supponiamo che tu consideri che Fidel è la cosa peggiore che è capitata a Cuba, bene, è un tuo diritto… ma chiedere a un presidente straniero che faccia soffrire di fame la gente del tuo paese per fottere il governo ?! Questo è troppo!
Non avrei pazienza sufficiente per passare a fianco dell’assassino del Che e dirgli “ciao, come va? credo che uccidere il Che è stato uno dei crimini più grandi della storia di questo continente e che Posada Carriles è un criminale che sfiora la sociopatia, ma va bene, siamo cubani, facciamo un dialogo consensuale sul futuro di Cuba”. Sarà che sono cresciuto dicendo “saremo come il Che” e ascoltando cose come “quando un popolo energico e virile piange, l’ingiustizia trema” e si sa come è difficile disfarsi di quello che si impara da bambino. Niente, sono i limiti di uno.
So perfettamente quale deve essere il comportamento di una delegazione inviata in un evento di questo tipo, ma non so quale sarebbe stato il mio comportamento perchè, bene… uno ha del sangue nelle vene…
Credo che è bene sedersi a conversare con il governo degli Stati Uniti. Credo anche che si dovrebbe dare più voce e più ascolto alle voci che vogliono il meglio per Cuba anche se credono che il cammino politico attuale non sia quello adeguato, perché persone degne ce ne sono di tutte le tendenze, l’onestà e la decenza non sono state inventate da Karl Marx. Ma con quelli che non hanno nemmeno un’idea politica, con quelli che si sono venduti al vicino che ha ammazzato e ha affamato i tuoi, con quelli che hanno assassinato Manuel Ascunce, e il Che… con questi … col cazzo !