Hugo Chávez vive nella memoria del popolo venezuelano

Il 5 marzo 2013, alle 16:25 (ora locale) la stampa venezuelana informa il mondo della scioccante notizia della morte del grande leader Hugo Chávez, la cui eredità sopravvive oggi come artefice della Rivoluzione Bolivariana.

Chi ha vissuto quel momento dice che per un istante il silenzio si è impadronito di tutti e di tutto, lo shock dell’annuncio ha scatenato sentimenti contrastanti dentro e fuori il paese: dolore, sorpresa, lacrime, incredulità.

Il comandante supremo, il grande antimperialista, il bolivariano, era morto!

Nove anni dopo la sua morte, Chávez vive nella memoria di un popolo che lo ricorda, che lo invoca in ogni azione, ogni ingiustizia, ogni sogno, ogni progetto bolivariano.

I suoi amici e compagni di lotta raccontano aneddoti sulla sua vita con lui, il suo amore per il baseball e la canzone popolare, ma soprattutto la sua forza d’animo e i suoi principi.

“Chávez è stato un rivoluzionario integro, che si è assunto le conseguenze delle sue azioni, come ha fatto il 4 febbraio 1992, quando ha riconosciuto la sconfitta dopo la rivolta militare, proprio come ha fatto Fidel Castro al processo Moncada nel 1953”, ha ricordato Freddy Bernal, governatore dello stato di Táchira, in una conversazione con Prensa Latina.

Raccontando gli eventi accaduti al tentato colpo di stato dell’11 aprile 2002, Bernal mette in evidenza la sua dedizione e il suo sacrificio, quando in quel momento cruciale stava discutendo se arrendersi o sacrificarsi per la patria, pensando all’opzione migliore per salvare il popolo ed evitare ulteriori spargimenti di sangue.

Iván Padilla, ex viceministro della Cultura (2005-2010), lo descrive come un uomo spontaneo, intelligente e irriverente, figlio di educatori e un pioniere della “cosmovisione”.

Il giornalista, che in quegli anni lavorò alla realizzazione del programma culturale della Rivoluzione, sottolinea la sua prestazione con obbedienza e disciplina nell’ambito militare, al punto da essere molto rispettato e riconosciuto, “insieme alla sua imponente intonazione delle canzoni ribelli di Alí Primera”.

Come ogni giorno in queste date, migliaia di messaggi riempiono le reti sociali, ricordando il militare, politico, statista, comunicatore, internazionalista, insegnante e grande lungimirante che ha tenuto la presidenza del Venezuela dal 1999 fino alla sua morte nel 2013.

“Nove anni! E che grande perdita. Mi resta la soddisfazione di vivere nel suo tempo!!!” ha scritto l’avvocato e scrittore venezuelano Juan Ramón Guzmán sul social network Facebook, ricordando la data.

Hugo Chávez è nato il 28 luglio 1954 a Sabaneta, nello stato di Barinas. Ha concentrato la sua politica su progetti sociali a favore del popolo venezuelano e durante il suo mandato presidenziale sono state nazionalizzate le industrie di base e strategiche per lo sviluppo del paese.

Ha creato i Consigli Comunali e grandi programmi sociali come le Missioni Bolivariane, dando priorità all’alimentazione, alla casa, all’educazione e alla salute del popolo; ha salvato l’identità nazionale e ha sempre difeso i più diseredati.

Ha anche promosso l’integrazione latinoamericana attraverso la creazione e la promozione di meccanismi multilaterali di trasformazione per la solidarietà, la complementarietà, la giustizia sociale e la cooperazione tra popoli fratelli.

La sua eredità è oggi un esempio per le nuove generazioni e la sua impronta segna i processi emancipatori dell’America Latina come un faro di lotta.

Fonte: Prensa Latina

Traduzione: italiacuba.it


Testimone al piede del ricordo

Impressioni di Patricia Villegas, giornalista e Presidente di Telesur, sul 5 marzo del 2013, marcato dalla morte del leader  bolivariano, comandante Hugo Rafael Chávez Frías

José LLamos Camejo

Caracas, Venezuela — Quel pomeriggio era andata alla ricerca di un’intervista in un locale vicino all’Ospedale Militare di Caracas. Era sola con l’autista, perchè gli altri dello staff si trovavano già nel luogo accordato.

«Nel tragitto ricevetti una telefonata dell’allora ministro delle Comunicazioni, Ernesto Villegas che sollecitava che i colleghi che mi stavano aspettando si mettessero al suo servizio e ovviamente io acconsentii

«Mi sembrò una cosa rara e provai un palpito, un timore, e chiesi all’autista di sintonizzare la radio. Dopo un attimo annunciarono un messaggio di Nicolás Maduro, e il mio timore aumentò.

Effettivamente il presidente del Venezuela di oggi annunciò la notizia: era morto il comandante Hugo Chávez.

Decisi d’andare direttamente all’Ospedale Militare.

La notizia si diffuse immediatamente. Nei marciapiede la gente inginocchiata piangeva guardando il cielo.  Le strade si congestionarono rapidamente non e fu possibile avanzare con il veicolo. Decisi che dovevo andare là, ma non sapevo come. Volevo giungere il più presto possibile e optai per una moto di qualcuno che non conoscevo.

Quando fui abbastanza vicino continuai a piedi, con le mie scarpe dai tacchi alti e mi identificai al punto di controllo: sono Patricia Villegas, giornalista di  Telesur, devo entrare con urgenza.  Mi lasciarono passare e offersi le prime notizie giornalistiche sulla morte di Chavez. Intervistai i suoi compagni e alcuni familiari e riuscii a stabilire vari vincoli dal vivo con il nostro canale.

«In quelle circostanze i telefoni erano quasi al collasso, tutti i venezuelani cercavano di chiamarsi tra di loro. Decisi di comunicare con i lavoratori di Telesur attraverso l’unica via disponibile: la telecamera. Quando non eravamo dal vivo parlai con loro, che mi vedevano, mentre io non li vedevo.

Il pianto non ci può paralizzare, dissi, piangiamo ma non smettiamo di compiere il nostro dovere d’informare.

«Prevalse l’istinto di lavorare. Alle 11 della notte, di ritorno al canale cominciai  a pensare alla dimensione di quello che stava accadendo e fu molto doloroso.

Sono passati nove anni e ancora piangiamo Chávez.

C’è una sorta d’afflizione nella semina del Comandante, come lo chiamiamo qui.

Questa bella maniera di dare un nome all’accaduto, da l’idea che il suo esempio rinasce, che fiorisce».

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