Il 24 aprile del 1965 il Comandante Ernesto Guevara con 13 compagni arrivava in Congo. In quell’occasione i servizi segreti cubano si presero gioco della CIA che non riuscì ad individuarli, nonostante il gruppo passò per diversi paesi prima di giungere in terra africana.
Durante un incontro, durato tutta la notte tra il 14 e il 15 marzo 1965, il Comandante Guevara e il Comandante en Jefe Fidel Castro si trovarono d’accordo sul fatto che il Che avrebbe guidato personalmente la prima azione militare cubana in Africa.
Alcune fonti affermano che il Che convinse Fidel ad affidargli questa impresa, mentre altre sostengono che fu lo stesso Castro a convincere Guevara a intraprendere la missione, argomentando che le condizioni sociali dei diversi paesi latino americani presi in considerazione come possibili “fuochi” di guerriglia non erano ancora ottimali; Lo stesso Fidel Castro ha confermato questa seconda versione.
L’operazione cubana nell’ex Congo Belga era finalizzata al sostegno del movimento marxista dei Simba, favorevole a Patrice Lumumba.
Durante la missione africana, per un certo periodo Guevara fu assistito dal capo guerrigliero Laurent-Désiré Kabila, che aiutava i sostenitori di Lumumba a condurre una rivolta, soppressa dall’esercito congolese nel novembre di quello stesso 1965.
Guevara considerò Kabila insignificante, scrivendo di lui: “Niente mi fa credere che sia l’uomo adatto al momento”.
Guevara aveva 37 anni ed era privo di un’istruzione militare formale. La sua asma gli aveva infatti evitato il servizio militare in Argentina, fatto di cui fu felice, date le sue opinioni politiche di opposizione al governo. Aveva comunque al suo attivo le esperienze della rivoluzione cubana che gli permisero di condurre e vincere numerose battaglie durante tutta la lotta di liberazione.
Mercenari sudafricani e britannici ed esuli cubani, con l’appoggio della CIA, lavorarono con l’esercito congolese per ostacolare i piani di Guevara. Furono in grado di monitorare le comunicazioni dei reparti agli ordini del rivoluzionario argentino, di tendere imboscate ai guerriglieri e alle truppe cubane ogni volta in cui tentarono un attacco, di interrompere le linee di rifornimento di Guevara. Il proposito di Guevara era quello di esportare la rivoluzione cubana insegnare ai combattenti africani le strategie della guerriglia.
L’incompetenza, il settarismo e le lotte intestine delle varie fazioni congolesi furono indicate da Guevara come le principali ragioni del fallimento della rivolta.
Dopo sette mesi, malato, sofferente per l’asma e frustrato dalle avversità, Guevara abbandonò il Congo con i cubani sopravvissuti (sei membri della sua colonna erano morti).
A un certo punto, Guevara fu tentato di rimandare a Cuba soltanto i feriti, rimanendo a combattere da solo in Congo fino alla fine, per offrire un esempio ai rivoluzionari. I suoi compagni d’armi e due emissari di Fidel Castro lo convinsero però a lasciare il campo di battaglia.
Dal momento che Fidel Castro aveva reso di dominio pubblico una lettera che Guevara gli aveva inviato, in cui il rivoluzionario argentino scriveva della sua intenzione a recidere ogni legame con Cuba per dedicarsi interamente alla rivoluzione in altre parti del mondo, il Che non se la sentì moralmente di tornare sull’isola e passò i successivi sei mesi vivendo clandestinamente a Dar es Salaam, Praga.
Durante questo periodo scrisse le sue memorie sull’esperienza in Congo e cominciò a elaborare altri due libri, uno di filosofia (Apuntes Filosóficos) e uno di economia (Notas Económicas).
In tutti questi mesi, Castro seguitò a esortarlo perché tornasse a Cuba, ma Guevara accettò solamente quando capì che sarebbe rimasto sull’isola per i pochi mesi necessari a preparare una nuova impresa rivoluzionaria in America Latina e che la sua presenza sarebbe rimasta strettamente riservata.
Accompagnarono il Che in Africa, con il nuovo nome di battaglia TATU, alcuni dei suoi uomini più fidati Víctor Dreke come suo secondo in comando, José María Martínez Tamayo (Papi), Harry Villegas (Pombo), Carlos Coello e Israel Reyes Zayas.