De tu querida presencia Comandante Che Guevara

1928

Ernesto Guevara de la Serna nasce a Rosario, in Argentina, il 14 giugno del 1928, in una famiglia della classe media. Fin da piccolissimo, Ernesto soffre di asma: una condizione che preoccupa moltissimo i suoi genitori e che nel 1933 li induce a decidere di trasferirsi ad Alta Gracia, nel nord del Paese. In questo protetto ambiente di provincia Ernesto trascorre tutta la sua infanzia.

La famiglia di Ernesto è una di quelle dove si parla tanto di politica, dove si pensa che sia necessario prendere una posizione rispetto agli avvenimenti che toccano la collettività o che sollecitano la propria coscienza civile.

Il padre Ernesto Guevara Lynch, liberale di sinistra, legge ai figli i giornali che parlano della guerra in Paraguay; legge le lettere che arrivano dallo zio corrispondente in Spagna per il periodico Crítica di Buenos Aires; e coinvolge il piccolo Ernesto nelle attività di propaganda del comitato antinazista «Acción Argentina ». Anche la madre Celia de la Serna non si sottrae ad appassionate discussioni politiche con il marito e con le altre persone che frequentano la loro casa.

Siamo in un’epoca di grandi cambiamenti. La crisi economica mondiale del 1929 ha serie ripercussioni sui paesi dell’America Latina, le cui economie sono in gran parte basate sull’esportazione di prodotti primari (minerari o agroalimentari) verso i paesi sviluppati. La crisi produce una contrazione degli scambi internazionali, il rattrappirsi dei tradizionali mercati di sbocco e il calo del prezzo delle materie prime.

Di fronte a questa situazione, l’Argentina, cerca di imboccare un altro modello di sviluppo, basato sull’intervento pubblico in economia: è la risposta populista, che propone la nazionalizzazione delle masse popolari – tramite un attivo inserimento nella vita pubblica e un’ inclusione sociale sorretta da misure di welfare e di redistribuzione del reddito –, al fine di creare un mercato interno per l’industria locale in via di sviluppo.

È questo il progetto di modernizzazione incarnato da Juan Domingo Perón, presidente argentino dal 1946 al 1955, quando viene rovesciato da un colpo di stato militare e costretto all’esilio.

1951-1953 Il primo viaggio

Tra il 1951 e il 1954, Ernesto compie, insieme all’amico Alberto Granados, il suo il suo primo viaggio lungo l’America Latina. Sarà quello noto per i Diari della motocicletta. I due amici, però, si separerranno presto per poi incontrarsi nuovamente l’anno successivo, quando il Che conoscerà Ricardo Rojo, un esule Argentino, insieme al quale comincerà a studiare il processo rivoluzionario in corso nel paese.

«Ciò che prende forma in quell’estate del 1953, dunque – e poi nei mesi e negli anni successivi –, non è più un “viaggio”: è la ricerca della dimensione ideale per cavalcare il risveglio dell’America latina.»

1954 Il Guatemala

Tra il 1953 e il 1954, il Che inzia ad esercitare la professione di medico, per la quale si è da poco laureato, e comincia a frequentare gli ambienti rivoluzionari creatisi in Guatemala con l’afflusso di ribelli da tutto il Sud America.

In Guatemala vi è una situazione tipica del Sud America: il 78% delle terre è nelle mani del 2% della popolazione. Il paese, di fatto, è una succursale della United Fruit Company, il colosso statunitense della frutta tropicale, con proprietà e bilanci tali da configurarsi come un vero e proprio stato nello stato. Dal 1951, però, il governo legittimimamente guidato da Jacopo Arbenz inizia una politica di nazionalizzazione, attraverso la quale colpisce gli interessi costituiti attuando per via democratica trasformazioni che possono rappresentare un esempio per gli altri paesi della regione. “Questo è un paese dove si possono dilatare i polmoni e riempirli di democrazia”, scrive Guevara in una lettera datata 5 gennaio 1954 alla famiglia.

Il 17 giugno del 1954, tuttavia, forze mercenarie pagate dalla United Fruit invadono il Guatemala e mettono a segno un colpo di stato guidato dalla CIA.

In quell’occasione Guevara si arruola nelle brigate sanitarie organizzate dal governo per dare un suo contributo alla difesa del paese dall’aggressione.

1955 Fidel Castro

Dopo aver assistito al golpe in Guatemala, il Che si rifugia in Messico. È qui che il 9 luglio 1955, nella casa della cubana Maria Antonia Sanchez, incontra una figura decisiva per il suo futuro: Fidel Castro, leader del Movimento 26 luglio che si sta organizzando per dare inizio alla lotta armata contro il dittatore cubano Fulgencio Batista il quale, attraverso due colpi di stato, si era impadronito del potere sull’isola. Fra i due rivoluzionari scatta subito una forte intesa politica e umana.

Oggetto della discussione sarebbe stata l’analisi del continente sudamericano sfruttato dagli statunitensi. All’alba, Fidel propone ad Ernesto di prendere parte alla spedizione per liberare Cuba dal “tiranno”.

1956 La Rivoluzione cubana

Dopo vari mesi di allenamento, a novembre del 1956, il Che salpa dal Messico sulla nave Granma verso la Sierra Maestra, insieme a 81 uomini. Ha inizio la Rivoluzione cubana.

A fianco di una personalità forte come quella di Castro, Ernesto Guevara si rivela una abile stratega e un indomito guerriero, impeccabile combattente.

Nel corso dei combattimenti, il gruppo guerrigliero cresce e riesce ad ottenere il controllo progressivo del territorio. La stampa internazionale inizia a mostrare interesse per quei giovani barbuti e in particolare per un argentino che ricopriva un ruolo di comando.

1958-1959 La battaglia di Santa Clara

La battaglia di Santa Clara, combattuta tra il 29 dicembre 1958 e il 1 gennaio 1959, condotta personalmente da Guevara, diede il colpo di grazia a Batista, che fuggì dall’isola sgombrando ai guerriglieri la via verso la capitale L’Avana.

Sei giorni dopo, l’8 gennaio 1959, Fidel Castro raggiunse l’Avana ed entrò trionfalmente in città mostrandosi alla folla su una jeep con la barba lunga e una divisa militare verde oliva. Aveva finalmente vinto la sua rivoluzione, sottraendo Cuba a Fulgencio Batista, fuggito dall’isola con i suoi fedelissimi e con i suoi milioni.

Il nuovo governo è guidato dallo stesso Castro, mentre il Che assume l’incarico della ricostruzione economica di Cuba in qualità di direttore del Banco Nacional e di ministro dell’Industria.

Il trionfo della Rivoluzione cubana modifica i metodi di lotta rivoluzionaria in America Latina, costituendo l’evento scatenante che darà inizio a un’ondata rivoluzionaria in tutto il continente. La figura di Che Guevara ne è senza dubbio il riferimento principale. Che Guevara diventa il simbolo della lotta rivoluzionaria contro l’imperialismo nordamericano.

1961 La Baia dei porci

Tra il 17 e il 19 aprile del 1961, un migliaio di esuli cubani anticastristi tentano, con la collaborazione degli Stati Uniti, di rovesciare il regime di Fidel Castro.

La strategia prevede l’aiuto, ma non l’alleanza, del governo americano e la fusione degli esuli con i guerriglieri anticastristi presenti sull’isola al fine di creare un governo provvisorio che dovrebbe dichiarare guerra a quello di Castro. A quel punto gli americani interverrebbero con tutte le loro forze.

L’operazione si rivela un fallimento per i ribelli che vengono miseramente sconfitti. L’evento, al contrario, è un trionfo per Cuba e il governo di Castro che vede rafforzata la propria politica estera grazie all’avvicinamento dell’URSS e la simpatia di molti stati Occidentali e non.

1962 La crisi missilistica

Uno dei momenti più critici della Guerra fredda, in cui il regime di Castro ormai rientra a pieno titolo, riguarda direttamente l’isola. Quelli compresi tra il 16 e il 28 ottobre del 1962 sono, infatti, noti come i giorni della Crisi dei missili di Cuba.

L’Unione Sovietica per rispondere alla disposizione statunitense di missili balistici in Turchia lungo il confine con URSS, aveva deciso di dispiegare le stesse armi sull’isola di Castro.

La richiesta era arrivata a Nikita Chruščёv, leader dell’Unione Sovietica, dallo stesso Castro nel luglio precedente, al fine di scoraggiare nuovi tentativi di invasione dell’isola da parte delle forze anticastriste.

La crisi si risolve con un accordo tra Chruščёv, che si impegna a smantellare le armi, e John Fitzgerald Kennedy che promette di non tentare nuovi invasioni di Cuba.

1964-1965 Un Che irrequieto

Irrequieto, dopo alcuni anni di governo a Cuba, il Che sente l’esigenza di riprendere la strada rivoluzionaria. Durante tutto il 1964, spende molto tempo in giro per il mondo per parlare di socialismo e di rivoluzione armata. L’11 dicembre tiene un famoso discorso alle Nazioni Unite in cui espone le sue idee a proposito dei legami tra socialismo reale e rivolta armata. Denuncia, inoltre, le discriminazioni razziali e le segregazioni in particolare nel Sudafrica.

Tra il dicembre e la primavera successivi si sposta in molte parti del mondo, visitando principalmente paesi asiatici e africani. Ritornato a Cuba, nella primavera del 1965, si dimette dal governo affermando che la sua reale vocazione sia quella del rivoluzionario e che il suo compito sia quindi quello di aiutare le rivoluzioni in atto nel resto del mondo. Comincia così una nuova serie di viaggi che lo vedranno soprattutto in Africa.

1966-1967 La fine

Ritornato a Cuba nel luglio del 1966, il Che parte nuovamente verso la fine dello stesso anno per un nuovo viaggio in Sud America: Argentina, Uruguay, Paraguay, Brasile e infine Bolivia dove si aggrega a un gruppo rivoluzionario. Alla metà del 1967, tuttavia, il suo movimento si è notevolmente indebolito. È in queste circostanze che le forze governative boliviane riescono a catturare il leader rivoluzionario e ucciderlo. Non si conosce la data esatta della sua morte, ma sembra ormai accertato con buona approssimazione che sia stato assassinato il 9 ottobre dello stesso anno.

da Fondazione G. Feltrinelli


“Era un uomo che leggeva poesie”

Ernesto Guevara avrebbe compiuto 94 anni martedì scorso. Molto è stato scritto sulla sua straordinaria proiezione: è uno dei simboli universali della ribellione virtuosa. Uomo d’azione, organizzatore e pensatore politico, era anche un umanista, un uomo colto e sensibile. Abbiamo parlato con sua figlia, Aleida Guevara, di questo aspetto non meno importante del suo percorso di vita.

Quando si accostano al Che, alcuni vedono innanzitutto la sua dimensione eroica e lasciano in secondo piano la sua cultura e la sua sensibilità… Come ha affrontato il Che la cultura?

Da bambino era molto asmatico. Fin da piccolo ha avuto attacchi di asma molto gravi. Se si considera che la sua infanzia risale all’inizio del secolo scorso, si può immaginare quanto fosse difficile il trattamento. Quindi, molte volte il padre lo teneva a casa, non andava a scuola. E questo fa sì che mio padre avesse l’abitudine di leggere.

“Mio nonno mi raccontava – e si sa che i nonni spesso esagerano molto quando parlano ai nipoti – che mio padre aveva letto mille libri all’età di 11 anni. Non ne sono sicuro, ma è certo che a 17 anni iniziò a scrivere un dizionario filosofico. Questo dimostra che aveva un bagaglio culturale straordinario.

“Il suo libro sul comodino era Il Piccolo Principe o Don Chisciotte de la Mancha. E sapete quale altro libro lesse quando era molto giovane? Il Capitale. Lui stesso diceva di non aver capito nulla la prima volta che l’ha letto. Ma in seguito è arrivato a possedere copie di quel libro con note a margine, chiedendosi: come posso fare questo a Cuba? In altre parole, non solo è riuscito a capirlo, ma ha anche cercato di metterlo in pratica in una realtà diversa.

“Questo è un aspetto molto importante: per mio padre la cultura non era solo da mantenere, ma da praticare.

Come ha preso forma questa vocazione?

Diceva sempre che il vero rivoluzionario doveva essere un uomo che sapeva amare. I veri uomini di lotta, di combattimento, hanno bisogno anche di una dimensione gentile, tenera… qualcosa che faccia sentire loro l’amore necessario per affrontare la vita e per rischiare la propria vita.

“Mio padre leggeva sempre poesie. E le recitava a mia madre. La sera, quando tornava a casa dal lavoro, leggeva poesie a mia madre. E quando è partito per il Congo, le ha lasciato una registrazione di quelle stesse poesie con la sua voce. Che cosa bella, che gesto! Ci sono così tante poesie nella sua voce. Ma, ovviamente, sono di mia madre. Appartengono solo a lei.

Nel mezzo delle sue numerose occupazioni, ha sempre trovato il tempo di condividere con scrittori e artisti…

Quel periodo lo ha fatto crescere come essere umano. Ha sempre saputo che la cultura è una delle cose più importanti per l’uomo. Senza cultura non si può godere della bellezza della vita. Forse ti accadranno cose che hai la capacità di valutare. È così che lui lo capiva. E l’apprendimento è sempre stato molto importante per lui. Ogni giorno mio padre era disposto a imparare e, quindi, è cresciuto come essere umano.

“Ascoltava molto gli scrittori, gli artisti. E ha ascoltato molto la gente, le persone più umili, perché ha detto che lì c’era una cultura preziosa, che probabilmente non era nei libri, ma era molto preziosa. Non faceva distinzioni di cultura.

Avrebbe immaginato che sarebbe diventato un punto di riferimento per così tanti artisti?

Penso che gli uomini come il Che non pensino nemmeno a queste cose. Gli piaceva fotografare ed era un ottimo fotografo. Immagino che dovesse guardarsi allo specchio ogni giorno, era molto bello. Ma non gli piaceva, quell’idea di trascendenza per l’arte di certo non gli interessava molto.

“Anche nelle fotografie lo si vede ben vestito, ma era mia madre che si preoccupava che fosse sempre stirato, ben vestito… ma a lui non importava. Non era un uomo presuntuoso.

“Suppongo che non abbia mai immaginato che la sua foto (di Korda) sarebbe diventata un’icona universale. Insisto: non era interessato a questo.

“So che è difficile portare questa personalità nelle arti, nelle arti plastiche. Pochi artisti riescono a ricreare quell’aspetto profondo e pulito. Quella purezza. Nicolás Guillén lo ha detto nella sua poesia: era un uomo puro, un uomo straordinariamente pulito. Perché ha sempre cercato in tutti i modi di rispettare gli esseri umani. E per rendere la sua vita migliore ogni giorno. Questo era lo scopo della sua esistenza”.

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