Quando morì il Vaquerito

R. Orihuela Aldama e A. I. del Valle http://it.granma.cu

Caserma Centrale di Santa Clara – 30 dicembre del 1958.

vaqueritoIl colonnello Cornelio Rojas, molto impaurito, ordinò di resistere all’offensiva dei ribelli. Un rosario di crimini segnava la sua sordida carriera. All’interno della recinzione dell’edificio il terrore era incollato alle fredde sbarre delle celle dove si torturavano, picchiavano e assassinavano i giovani rivoluzionari. La pistola trema nella mano rude dell’ufficiale. Insulti e oscenità risuonano nell’odiata caserma nemica.

Nelle strade di Santa Clara il popolo alza barricate e il cerchio dei ribelli si fa più stretto e più forte.

Nel quartier generale il Che assegna al capitano Roberto Rodríguez, El Vaquerito, la missione d’attaccare con il suo Plotone Suicida la caserma centrale della polizia che si trova davanti alla Chiesa del Carmine e al parco con lo stesso nome a circa cinquecento metri dal centro cittadino.

La dotazione armata sino all’eccesso è di trecento uomini e dispone di carri armati blindati dell’esercito.

L’audace combattente ribelle con un pugno di coraggiosi guadagna terreno e avanza verso l’obiettivo da conquistare. Giunge vicino al parco e penetra in una casa, rompe la parete di un’altra per abbreviare il cammino e sale su un tetto. Comincia a sparare in piedi una e più volte.

Leonardo Tamayo, secondo capo del Plotone Suicida, gli grida: “Tirati giù che lì ti ammazzano!” Il combattimento prosegue.

Uno dei proiettili colpisce El Vaquerito che sviene. I suoi compagni corrono premurosi ad aiutarlo. Il corpo insanguinato dell’eroico guerrigliero viene trasportato all’ospedale, al servizio medico della Colonna 8.

I Comandanti Oscar Fernández Mell, Vicente de la O e altri professionisti assistono il ragazzo gravemente ferito. Poco dopo moriva.

Che Guevara, quando gli comunicarono la triste notizia esclamò: “Ci hanno ucciso cento uomini!”

Della vita di El Vaquerito noi ricordiamo la straordinaria allegria, la giovialità costante, la forma strana e romanzesca d’affrontare il pericolo.

El Vaquerito era un terribile bugiardo. Forse non aveva mai conversato senza abbellire tanto la verità da renderla praticamente irriconoscibile.

Nell’attività nei primi tempi, come messaggero e poi come soldato e capo del Plotone Suicida, El Vaquerito dimostrò che la realtà e la fantasia per lui non avevano frontiere determinate e gli stessi fatti che la sua agile mente inventava, li realizzava durante il combattimento. Il suo estremo coraggio era già divenuto tema di leggenda quando terminò quell’epopea che lui non riuscì a vedere.

Una volta mi venne l’idea d’interrogarlo dopo la sessione notturna di lettura che tenevamo nella colonna, un pò di tempo dopo il suo arrivo.

El Vaquerito cominciò a raccontare la sua vita e senza farci vedere cominciammo a prendere nota. Alla fine, quando terminò dopo molti aneddoti frizzanti, gli chiedemmo quanti anni aveva.

El Vaquerito in quell’epoca aveva poco più di ventanni a il calcolo di tutte le sue avventure ci rivelava che aveva cominciato a lavorare almeno cinque anni prima di nascere!

Frammento dal libro “Il ritorno” di Roberto Orihuela Aldama e Aldo Isidrón del Valle – Editorial Capitán San Luis/ Traduzione Gioia Minuti

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