Intervista ad Arleen Rodriguez
Geraldina Colotti
Arleen Carlota Rodríguez Derivet è un volto noto del giornalismo televisivo cubano e latinoamericano. Si è occupata di economia e ha diretto il quotidiano Juventud Rebelde, fino al 1997. Dal 1998 al 2005 ha lavorato come editorialista, conduttrice di programmi radiofonici e ha diretto la rivista Tricontinental. Dal 2005 è vicedirettrice editoriale de la Mesa Redonda, il principale programma politico della Televisione Cubana. Collaboratrice dell’Equipe di Comunicazione della Presidenza, cura anche due trasmissioni radiofoniche nazionali. Fa parte della presidenza dell’Unione dei giornalisti di Cuba (UPEC). L’abbiamo sentita alla vigilia del referendum che, domenica 25 settembre, chiederà ai cubani se approvare o respingere il nuovo Codice della Famiglia.
Arleen, grazie per aver dedicato del tempo a questa intervista. Cosa ha significato ieri e cosa significa oggi a Cuba essere una comunista e una giornalista impegnata?
Sono stata una giovane comunista con importanti responsabilità come direttrice del quotidiano della UJC. Oggi continuo a essere una militante comunista anche se non sono più giovane, ho 63 anni. Allora come oggi, essere comunista a Cuba significa prima di tutto: impegno. E partecipazione, sacrifici, esempio, dedizione a tutti i compiti che contribuiscono alla Rivoluzione.
Qui in Europa arrivano notizie catastrofiche sulla situazione a Cuba, si parla della partenza del maggior numero di migranti, di prezzi stratosferici e di un malcontento che potrebbe sfociare in altre proteste. Si sta preparando il terreno per una nuova campagna destabilizzante?
Sì, c’è un aumento della migrazione, i prezzi sono alle stelle e c’è malcontento. Questo è stato il piano degli Stati Uniti da quando hanno interrotto le relazioni con Cuba per non esserci sottomessi, per aver attuato la Riforma Agraria, per aver voluto costruire una società giusta, per avergli impiantato il socialismo a 90 miglia di distanza. Quello che mi sorprende è che molte persone siano sorprese – perdonate la ridondanza – perché abbiamo problemi economici, alta migrazione e terribili carenze. È quello che succede a un Paese bloccato all’estremo e di fronte a una politica cinica che preme per soffocarci e poi incolpa la vittima del suo crimine. Siamo stati bloccati per 60 anni, il bloqueo ora è stato inasprito da 240 misure coercitive e da una brutale guerra mediatica che è anche totale a causa dell’asimmetria mediatica nell’era di Internet.
Per quanto riguarda la migrazione, la situazione è ancora più cinica: siamo gli unici migranti del Terzo Mondo con una legge che protegge e incoraggia la migrazione verso gli Stati Uniti. Se una donna messicana e una cubana arrivano per la stessa strada al confine con gli Stati Uniti, la cubana viene accolta, interrogata e le basta dichiarare di essere perseguitata per ottenere lo status di rifugiata, mentre la donna messicana, i cui antenati vivevano in quelle terre rubate al Messico, sarà deportata senza alcuna formalità, anche se sta fuggendo da un possibile criminale.
Non direi che si sta preparando il terreno per una nuova campagna destabilizzante. Direi che si tratta di dare il colpo di grazia alla Rivoluzione. L’attuale amministrazione democratica ha ereditato dai repubblicani una politica criminale nei confronti di Cuba e un conseguente logorìo come risultato di questa escalation, che ha coinciso con l’impatto della pandemia a livello locale e globale. Sentono che manca un’altra stretta per lo scopo dichiarato dal 1959 e stringono di più: ora hanno appena approvato una nuova misura per impedire la ripresa del turismo richiedendo un visto a tutti gli europei che si rechino prima a Cuba. Tutto è lecito nella guerra di quarta generazione. Ma Cuba è anche addestrata alla resistenza. Eccoci qui a combattere. La notizia non è che così tanti se ne vadano, è che siamo ancora di più a restare.
Le brigate mediche cubane hanno commosso il mondo, e Cuba incute rispetto per il livello della ricerca scientifica sui vaccini. A che punto è il riconoscimento dei vaccini cubani a livello internazionale?
I vaccini creati dalla comunità scientifica cubana, rispondendo alla richiesta del presidente Díaz Canel di garantire la sovranità nella lotta al COVID19, sono una prova straordinaria che ci sono molte persone buone, brillanti e patriottiche dalla parte della Rivoluzione. Non hanno creato uno ma 5 vaccini candidati, di cui 3 sono riconosciuti e applicati in diversi paesi, con i migliori risultati. Ma sono stati creati anche protocolli di cura, farmaci unici, attrezzature complementari. È bastato un appello della direzione del Paese per scatenare la creazione con il minimo delle risorse. Per questo, i capi di quei progetti sono da considerare eroi del Lavoro.
Si sta per votare il referendum sul Nuovo Codice della Famiglia. In cosa consiste e quali sono le notizie più rilevanti? Perché Cuba ha dovuto rinnovare il suo codice della famiglia?
Il Codice della Famiglia è un passo avanti che dovevamo a noi stessi da anni. Si sta appena entrando nel 21° secolo e si superano così oneri e pregiudizi di altri tempi nel diritto di famiglia. Poiché la nuova Costituzione della Repubblica, approvata nel 2019, prevedeva originariamente il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso e ciò ha generato all’epoca intense polemiche, l’Assemblea nazionale ha deciso di approvare una modifica generale – adesso non viene nominata la differenza di sesso nella definizione di matrimonio-, e poi si è deciso di sottoporre a referendum tutto ciò che riguarda le famiglie. E il progetto che stiamo approvando è meraviglioso, innovativo, molto giusto e umano. Perché sono sicura che lo approveremo, nonostante gli attacchi e le denigrazioni di alcune istituzioni e persone molto conservatrici.