Sono tempi azzardati, tempi nei quali la fede decade e una sorta di fatalismo riempie l’animo di molti nel mondo.
Noi cubani non siamo immuni a questo sentimento, conviviamo in questo stesso chiaroscuro nel quale i mostri risorgono, una e un’altra volta, come diceva Gramsci.
José Martí, nel prologo a /Racconti di oggi e di domani/, di Rafael de Castro Palomino, aveva scritto: « Chi non si è alzato impetuoso o non è indietreggiato svenendo, vedendo quanta barriera chiude il passo a coloro che senza altro supporto che una stella sulla fronte e un inno sulle labbra vogliono lanciarsi ad accendere l’amore e predicare la redenzione su tutta la terra?»
Chi assume questa missione incontrerà molte barricate. Solo chi si dedica ad un’azione di dedizione suprema di se stesso può abbatterle senza altra forza che il suo amore e la sua fede nell’essere umano.
Siamo stati testimoni di azioni di massa, e sottolineo la parola, di solidarietà, di dedizione e di eroismo, non l’eroismo di esseri superiori dotati di potenza da alieno, di potenza accidentale o di sovrannaturale, ma dell’umano comune che non cerca riflettori né applausi.
I nostri avversari, per realizzare i loro obiettivi, pretendono di seminare la mancanza di fede nell’essere umano e nelle sue possibilità, esaltare il cinismo, l’ego riverito.
Como dice Ayn Rand: «Ci hanno insegnato che l’ego è sinonimo di male e l’altruismo è l’ideale della virtù. Ma mentre il creatore è egoista e intelligente, l’altruista è un imbecille che non pensa (…)».
Non poteva essere più chiara una delle basi della dottrina di questo regime di mancanza di solidarietà e scarto umano che è il capitalismo; capace di far sì, con grande stupore di alcuni, che molte volte le vittime facciano la fila, difendano ed esaltino i loro carnefici.
È difficile capire che persone liberate da una rivoluzione disprezzino il modo di vita degno nel quale si sviluppano e desiderino la schiavitù.
Noi cubani non viviamo estranei a quello che succede in un mondo nel quale il capitalismo statunitense sferra battaglie per mantenere la sua egemonia, di fronte a potenze che gli disputano non solo il potere, ma anche lo steso concetto del potere che hanno professato dalla caduta del socialismo nell’est dell’Europa. Siamo vittime di una colossale guerra culturale.
Il fronte ideologico creato dalla CIA nell’Europa, posteriore al 1947, definiva questa guerra come una battaglia per la conquista delle menti umane», e tutte le risorse di disponibili nell’arsenale statunitense si usano oggi per sconfiggere, arrendere e umiliare, vantandosi d’astuzia politica, tutto un popolo che ha commesso il delitto dell’insurrezione.
Utilizzano la fame come alleata, le carenze come truppe d’assalto e le menzogne come missili per ammorbidire le difese e prendere d’assalto questo bastione inespugnabile che è l’anima della nostra nazione.
È imprescindibile comprendere l’animo degli uomini e delle donne che vivono nel terreno della lotta di ogni giorno; in alcuni casi anche senza avere una coscienza piena del conflitto nel quale siamo coinvolti. Dimenticare questo è costato molto caro in altre esperienze socialiste.
Si devono conoscere le necessità della condizione umana.
Non basta soddisfare le penurie materiali, non dobbiamo vedere come una cosa naturale la miseria spirituale, abituarci senza lottare, accettare che esiste per il fatalismo delle carenze.
Nel campo dell’educazione e la cultura non ci sono problemi disprezzabili, le sofferenze spirituali, il dolore dei nostri compatrioti, le ferite che si soffrono in questa sfida colossale, estesa e profonda.
Nella società capitalista l’uomo vive un’illusione di libertà, un’alienazione che lo rende sempre più solitario. È una merce tra le merci e tra le merci non può esistere solidarietà, ma solo concorrenza.
Noi rivoluzionari sogniamo un mondo dove, come disse Karl Marx:«sia la vita e non la produzione dei mezzi di vita» il vero regno della libertà.
Cioè una società in cui l’uomo è libero dalla povertà materiale e dalla povertà spirituale.
La sfida è dura e non importa la malignità del chiaroscuro, perché il chiaroscuro non è solo oscurità e i cubani viviamo la luminosità del nostro sole del mondo morale.
I rivoluzionari dobbiamo appassionare, commuovere, rendere partecipi tutti, rivelare questa nuova realtà in marcia, insegnare la nostra dottrina basata nella possibilità, nella scienza e nell’amore alla vita, agli esseri umani e alla natura.
Questa dottrina di fede nell’uomo, d’amore profondo, di dedizione e solidarietà che è il comunismo.
Dobbiamo radicare ancora di più il mito rivoluzionario, i motivi ideali nella psicologia popolare come incitamento a un’iniziativa libera e operante dal basso. Dobbiamo essere trasformatori e ribelli, paradigmatici.
Simon Bolívar lo ha ricordato così: «Ci hanno dominato più con l’inganno che con la forza e con il vizio; ci hanno degradato meglio che con la superstizione. La schiavitù è figlia delle tenebre e il popolo ignorante è uno strumento cieco della sua stessa distruzione».