Angel Guerra,
Il ballottaggio per e elezioni in Brasile del 2 ottobre è forse il più importante e combattuto scontro elettorale della nostra America dall’elezione di Hugo Chávez nel 1998.
Questa elezione rappresente più della decisione su chi governerà il gigante sudamericano nei prossimi 5 anni, il paese più vasto, più popolato e con l’economia più importante della nostra regione, all’ottavo posto nel mondo per il suo PIB.
E non deciderà neanche chi reggerà il paese fra neoliberismo e antineoliberismo, infatti in Brasile la prima cosa in gioco è la difesa e la riconquista dei diritti democratici di base, già molto ridotti quelli sociali e del lavoro da Temer e Bolsonaro, che l’ex militare minaccia di trascinare insieme a quelli politici per accontentare gli imprenditori che lo appoggiano. In queste elezioni si tratta anche –e quanto!- di capire se si sferrerà il colpo mortale a quel che resta della foresta amazzonica, polmone d’ossigeno del pianeta, come è negli obbiettivi dei capitali degli agroindustriali soci di Bolsonaro.
E’ anche un episodio chiave per la disputa per la nostra America fra mle forze democratiche e progressiste che lottano per la sovranità nazionale, la multipolarità e la lotta contro la disuguaglianza e la fame e quelle che intendono consegnare tutto al mercato e al capitale finanziario.Lula è stato abilitato a competere elettoralmente quando il Tribunale Supremo del Brasile lo ha assolto dalle false imputazioni formulate dal venale giudice Sergio Moro e dal suo compare, il pubblico ministero Deltan Dallkagnol. Ma ciò non ha potuto cancellare l’immagine di un corrotto comportamento governativo del lulismo nel governo, annidato in larghe fasce della popolazione a causa della straordinaria campagna di menzogne scatenata dai media egemonici brasiliani e internazionali. Unito all’avanzare politico del bolsonarismo, Lula ha dovuto creare una grande coalizione che include importanti settori del centrodestra che prima lo avversavano, ma anche i suoi tradizionali alleati del centrosinistra e i movimenti sociali più combattivi del Brasile come formula per assicurare una vittoria convincente di fronte alla grave minaccia antidemocratica del bolsonarismo.
Moro e Dallkagnol fanno parte del programma del Dipartimento di Stato per –con il pretesto di combattere la corruzione- introdurre nella nostra regione il lawfare contro i candidati o i funzionari difensori di proposte contrarie al neoliberalismo e favorevoli alle cause popolare al fine di liquidarli politicamente, una specie di morte civile. Il tutto in perfetta sincronizzazione con il lvoro di disinformazione e diffamazione della turbinosa rete di media egemonici e nuove strutture di reti digitali al servizio dell’impero.
Il lawfare è stato applicato anche contro gli ex presidenti Manuel Zelaya, Fernando Lugo, Cristina Fernández, Rafael Correa, Evo Morales e vari loro sweguaci. Inoltre è stato lo strumento usato per fare il colpo di stato contro Dilma Rousseff e per inabilitare Lula come candidato presidenziale quando risultava alla testa di tutti i sondaggi e in questo modo aprire la strada a Bolsonaro.Sebbene l’irruzione di Bolsonaro nell’arena politica dopo decenni di grigio e corrottissimo impegno come deputato non dipende solo da questo, certamente ha soppresso il formidabile ostacolo che lo interponeva a Lula.
Oggi sappiamo che due anni prima l’ex capitano aveva ricevuto il permesso dell’allora comandante in capo dell’esercito, generale Villas Boas a candidarsi alla presidenza. Risulta evidente che la crisi delle politiche neoliberali e il successo delle politiche progressiste e redistributive del Partito del Lavoro (PT) avevano estenuato l’egemonia dell’élite brasiliana che aveva bisogno di un personaggio esterno come Bolsonaro: una specie di lumpen della politica, appena appena alfabetizzato ma con un evidente carisma, vivacità e capacità di connettersi con grandi settori della società brasiliana caratterizzati da ignoranza, oscurantismo, fanatismo religioso, oi suoi rapporti con il crimine organizzato –come il caso dei famosi miliziani- o con i militari in pensione pieni di aspirazioni al potere e all’arricchimento. Circa seimila di costori sono stati disseminata da Bolsonaro in tutta la Pubblica Amministrazione, un ulteriore problema con cui dovrà combattere Lula.
Lula continua a ingaggiare un’eroica lotta in questo secondo turno contro forze ed ostacoli molto difficili da vincere. Uno dei quale è come riuscirà a governare con un Congresso a maggioranza bolsonarista e di destra che ha addirittura i voti per applicare l’impeachement. La sua campagna elettorale è stata una tale inondazione di masse da sembrare che lo portassero direttamente al Palacio de la Alborada. Benché dopo gli errori dei sondaggi al primo turno, i cinque punti che gli attribuiscono adesso suscitano dei dubbi. Ancora una volta preferisco affidarmi all’ottimismo della volontà piuttosto che al pessimismo della ragione.
(La pupila insomne, 20 ottobre 2022)