LA CHIAVE PETROLIFERA DEL SECONDO ACCORDO PARZIALE FIRMATO IN MESSICO
Dopo essere stato sospeso per un anno, il tavolo di dialogo istituito in Messico dal governo venezuelano e dall’opposizione raggruppata nella Piattaforma Unitaria ha dato frutti senza precedenti durante il ciclo di conflitti iniziato nel 2013, con l’insediamento del presidente Nicolás Maduro a capo dell’esecutivo. I delegati di entrambe le parti hanno siglato con le loro firme il secondo accordo parziale che non pochi potrebbero qualificare come storico.
Via Twitter, il presidente Maduro ha affermato che la firma dell’accordo “apre la strada a un nuovo capitolo per il Venezuela, al fine di continuare ad avanzare verso la pace e il benessere che tutti i venezuelani desideriamo”.
La firma del segundo acuerdo parcial entre el Gobierno Bolivariano que presido y la Plataforma Unitaria de una de las oposiciones, abre paso a un nuevo capítulo para Venezuela, en función de seguir avanzando hacia la Paz y el bienestar que todas y todos los venezolanos anhelamos. pic.twitter.com/PcVeXKlDbM
— Nicolás Maduro (@NicolasMaduro) November 26, 2022
La firma del documento permetterebbe aprire il quadro pratico per lo scongelamento di quasi 3 miliardi di dollari sequestrati allo Stato venezuelano in conti del sistema finanziario internazionale, al fine di finanziare programmi sociali e umanitari in Venezuela, sotto la gestione dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA).
Ciò conferma un evento senza precedenti: un parziale ammorbidimento delle sanzioni illegali imposte dagli USA e dai suoi partner europei alla Repubblica Bolivariana.
È vero che la gestione della liquidità finanziaria spetterà a un terzo attore (l’ONU), tuttavia, ciò è dovuto all’approccio concordato tra le due parti in conflitto, essendo una il legittimo amministratore di quel denaro (il governo venezuelano ) e l’altro un fattore nazionale che rappresenta, parimenti, gli interessi di Washington (Piattaforma Unitaria) nel preciso contesto del tavolo in Messico.
La precedente affermazione può essere avvalorata dall’emissione della Licenza Generale n. 41 dell’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Dipartimento del Tesoro USA, rilasciata poco dopo l’annuncio della firma del secondo accordo parziale nella capitale messicana e relazionata al petrolio venezuelano.
LA CHIAVE PETROLIFERA
Con la Licenza Generale n. 41 gli USA autorizzano la Chevron ad operare in Venezuela, con importanti restrizioni ma che vanno viste con la lente d’ingrandimento. Sulle reti sociali e sui media di opposizione ha cominciato a prendere piede la tendenza d’opinione che lo Stato venezuelano non avrà entrate dalla vendita di petrolio da parte della compagnia USA. “Maduro non toccherà quei soldi”, dicono in modo celebrativo, lasciando intendere che si prenderanno il greggio gratis.
È stato riportato dalla stampa che “l’autorizzazione impedisce a PDVSA di ricevere benefici dalle vendite di Chevron”, il che significa una “grossolana manipolazione narrativa”, secondo l’analista di questo forum Franco Vielma, che ha espresso le sue considerazioni sulla licenza via Twitter. “Il Venezuela smercerebbe il greggio nel suo territorio, la Chevron lo prenderebbe e lo venderebbe. Questi sono i loro profitti. Così sono molti affari petroliferi”.
Questo “non significa che Chevron non debba pagare per l’estrazione della risorsa, secondo la modalità di partnership con PDVSA nelle loro società miste. Per dirla più semplicemente: se lo prendono, devono pagarlo”.
Per Betzabeth Aldana, ricercatrice dei mercati energetici per Misión Verdad, la Sezione A della Licenza Generale n. 41 spiega che si autorizza l’acquisto e l’importazione in Venezuela di beni o forniture relazionate a questa licenza. Ciò include diluenti, condensati, petrolio o prodotti di gas naturale.” È noto che gli USA stanno cercando prodotti petroliferi per il proprio mercato interno, secondo i rapporti di quel paese, che sta vivendo una carenza di tali prodotti.
Ampliando il quadro di quanto sopra, detta licenza è anche espressione dei primi passi per una possibile apertura del mercato dominato dagli USA nelle Americhe e in Europa per il petrolio venezuelano.
Vielma sottolinea inoltre che Washington “autorizza l”acquisto di petrolio’ dal Venezuela, fa riferimento all’importazione di input e attrezzature in Venezuela (all’interno della Compagnia Mista). Anche questo è un vantaggio significativo”.
Tra le restrizioni, la misura USA sottolinea che la Chevron non pagherà tasse o royalties allo stato venezuelano. Per l’opinionista “questo sì implica una netta perdita di ingressi, ma nelle condizioni attuali con esportazioni evasive del blocco, nessuna azienda che sta lavorando in modo furtivo le sta pagando”.
EEUU autoriza a Chevron a operar en Venezuela desatando importantes restricciones. Inmediatamente han surgido opiniones en base a la Licencia 41 que dicen “pero Maduro no tocará ese dinero”, dando a entender que se llevaran el crudo gratis. No señor. Hilo: pic.twitter.com/CD0fDzVL38
— FRANCO VIELMA (@franco_vielma) November 26, 2022
E continua: “Piuttosto, il greggio venezuelano si sta vendendo con sconto e con noli molto costosi (a causa del fattore rischio di operare al di fuori del blocco). Il greggio smerciato a Chevron non è sotto condizioni di sconto, né di alti costi di noli. Ciò indica che, ciò che il paese smette di percepire in imposte e royalties, nel caso di spedizioni di Chevron, lo recupera vendendo a prezzo di mercato e senza occuparsi dei costi di trasporto. Tale Licenza, pur continuando ad essere un’espressione abusiva del blocco, non cessa di essere favorevole”.
Sarebbe necessario annotare il fatto che la figura della società mista è l’incaricata di pagare le imposte, parlando solo in termini fiscali. Chevron di solito non paga imposte, bensì le due società miste di cui PDVSA è l’azionista di maggioranza: Petroboscán e Petropiar, entrambe con infrastrutture installate nella Hugo Chávez Orinoco Oil Belt.
Per concludere, Vielma annota un altro vantaggio aggiuntivo, ed “è che Chevron dovrà adempiere ai suoi impegni in bolivar nel Paese (come buste paga e appaltatori di servizi) scambiando dollari per bolivar nel mercato interno, alimentando il sistema di cambio. È cosa non da poco nel contesto attuale” nel quadro di un rialzo inflazionistico derivante dagli squilibri nel mercato dei cambi.
A tutto ciò va aggiunta una considerazione politica: la Licenza Generale n. 41 lascia scritto che la strategia di “massima pressione” e soffocamento contro il Venezuela è fallita. Che si pretenda cercare di far intendere l’emanazione di questa decisione da parte dell’OFAC come una sconfitta per il governo di Nicolás Maduro è, citando Vielma, “oltre che ridicola, una tetra manovra narrativa che serve a diffondere false aspettative tra gli sprovveduti e i disinformati”.
La dichiarazione congiunta sui negoziati venezuelani in Messico, rilasciata dai massimi rappresentanti diplomatici Antony J. Blinken (USA), Josep Borrell (Unione Europea), Mélanie Joly (Canada) e James Cleverly (Regno Unito), sottolinea che “ribadiamo la nostra volontà di rivedere le politiche sanzionatorie”, condizionata dagli esiti del tavolo di dialogo e negoziale.
Questa dichiarazione relaziona direttamente il graduale ammorbidimento che gli USA potrebbero avviare riguardo al blocco finanziario e all’embargo petrolifero sul Venezuela, tenendo conto della deriva dei mercati energetici nel bel mezzo di una crisi nelle catene di approvvigionamento. Situazione di cui il governo di Joe Biden è il principale responsabile.
LA CLAVE PETROLERA DEL SEGUNDO ACUERDO PARCIAL FIRMADO EN MÉXICO
Luego de haberse suspendido por un año, la mesa de diálogo instalada en México por parte del gobierno venezolano y la oposición nucleada en la Plataforma Unitaria dio un fruto sin precedentes durante el ciclo de conflicto que comenzó en 2013, con la asunción del presidente Nicolás Maduro al frente del ejecutivo. Los delegados de ambas partes rubricaron con sus firmas el segundo acuerdo parcial que no pocos podrían calificar de histórico.
Vía Twitter, el presidente Maduro afirmó que la firma del acuerdo “abre paso a un nuevo capítulo para Venezuela, en función de seguir avanzando hacia la paz y el bienestar que todas y todos los venezolanos anhelamos”.
La firma del documento permitiría abrir el marco práctico para el descongelamiento de casi 3 mil millones de dólares secuestrados al estado venezolano en cuentas del sistema financiero internacional, con el fin de financiar programas sociales y humanitarios en Venezuela, bajo la gestión de la Organización de Estados Americanos (OEA).
Esto confirma un hecho sin precedentes: un alivio parcial de las sanciones ilegales impuestas por Estados Unidos y sus socios europeos sobre la República Bolivariana.
Bien es cierto que la gestión de la liquidez financiera estará a cargo de un tercer actor (la ONU), sin embargo, esto se da por el planteamiento acordado entre las dos partes en conflicto, siendo uno el legítimo administrador de ese dinero (el gobierno venezolano) y el otro un factor nacional que asmismo representa los intereses de Washington (Plataforma Unitaria) en el contexto preciso de la mesa en México.
La afirmación anterior se puede corroborar con la emisión de la Licencia General N°41 de la Oficina de Control de Activos Extranjeros (OFAC, sus siglas en inglés) del Departamento del Tesoro estadounidense, lanzada poco después de que se anunciara la firma del segundo acuerdo parcial en la capital mexicana, y relacionada con el petróleo venezolano.
LA CLAVE PETROLERA
Con la Licencia General N°41, Estados Unidos autoriza a Chevron a operar en Venezuela, con importantes restricciones pero que deben verse con lupa. En redes sociales y en la mediática oposicionista comenzó a arraigar la tendencia opinológica de que el estado venezolano no tendrá ingresos por la venta de petróleo por parte de compañía estadounidense. “Maduro no tocará ese dinero”, dicen en modo celebratorio, dando a entender que se llevarían el crudo gratis.
Se ha reseñado en la prensa que “la autorización impide que PDVSA reciba beneficios de las ventas de Chevron”, lo que significa una “burda manipulación narrativa”, de acuerdo al analista de esta tribuna Franco Vielma, quien expresó sus consideraciones en torno a la licencia a través de Twitter. “Venezuela despacharía crudo en su territorio, Chevron se lo llevaría y lo vendería. Esas son sus ganancias. Así son muchos negocios petroleros”.
Ello “no indica que Chevron no deba pagar por la extracción del recurso, acorde a la modalidad de sociedad con PDVSA en sus empresas mixtas. Para ponerlo más sencillo: si se lo llevan, lo deben pagar”.
Para Betzabeth Aldana, investigadora de los mercados energéticos para Misión Verdad, el Apartado A de la Licencia General N°41 explica que se autoriza a la compra e importación a Venezuela de bienes o insumos relacionados con esta licencia. A esto se le incluye diluyentes, condensados, petróleo o productos de gas natural”. Es conocido que Estados Unidos ha estado buscando productos derivados del petróleo para su propio mercado interno, de acuerdo a los reportes de ese país, que experimenta una escasez de dichos productos.
Ampliando el marco de lo anterior, dicha licencia también es una expresión de los primeros pasos para una posible apertura del mercado dominado por Estados Unidos en las Américas y Europa para el petróleo venezolano.
Vielma asimismo enfatiza que Washington “autoriza la ‘compra de petróleo’ a Venezuela, refiere importación de insumos y equipos a Venezuela (dentro de la Empresa Mixta). Esto también es un significativo beneficio”.
Entre las restricciones, la medida estadounidense apunta a que Chevron no pagará ni impuestos ni regalías al estado venezolano. Para el también columnista, “ello sí implica una pérdida neta de ingresos, pero en las condiciones actuales con exportaciones evasivas al bloqueo, ninguna empresa que está trabajando de manera furtiva las está pagando”.
Sigue: “Más bien el crudo venezolano se está vendiendo a descuento y con costosísimos fletes (por el factor de riesgo de operar al margen del bloqueo). El crudo despachado a Chevron no está previsto bajo condiciones de descuento, ni altos costos en fletes. Esto indica que, lo que el país deja de percibir en impuestos y regalías, tratándose de despachos a Chevron, lo recupera vendiendo a precio de mercado y sin lidiar costos de fletes. Esta Licencia, aunque sigue siendo una expresión abusiva del bloqueo, no deja de ser favorable”.
Habría que acotar el hecho de que la figura de empresa mixta es la encargada de pagar los impuestos, hablando solo en términos tributarios. Chevron no suele pagar impuestos, sino las dos empresas mixtas donde PDVSA es el accionista mayoritario: Petroboscán y Petropiar, ambas con infraestructuras instaladas en la Faja Petrolífera del Orinoco Hugo Chávez.
Para concluir, Vielma acota otro beneficio adicional, y “es que Chevron tendrá que cumplir sus compromisos en bolívares en el país (como nómina y contratistas de servicios) canjeando dólares por bolívares en el mercado interno, alimentando el sistema cambiario. No es poca cosa en el contexto actual” en el marco de una subida inflacionaria producto de desajustes en el mercado cambiario.
A todo ello habría que sumarle una consideración política: la Licencia General N°41 deja por escrito que la estrategia de “máxima presión” y asfixia contra Venezuela fracasó. Que se pretenda instalar la emisión de esta decisión por parte de la OFAC como una derrota del gobierno de Nicolás Maduro es, citando a Vielma, “además de ridículo, una tétrica maniobra narrativa que sirve para propagandizar falsas expectativas entre incautos y desinformados”.
La declaración conjunta sobre las negociaciones venezolanas en México, emitida por los máximos representantes diplomáticos Antony J. Blinken (Estados Unidos), Josep Borrell (Unión Europea), Mélanie Joly (Canadá) y James Cleverly (Reino Unido), resalta que “reiteramos nuestra voluntad de revisar las políticas de sanciones”, condicionada por los resultados de la mesa de diálogo y negociaciones.
Esta declaración relaciona directamente el alivio escalonado que pudiera estar iniciando Estados Unidos en torno al bloqueo financiero y el embargo petrolero sobre Venezuela, teniendo en cuenta la deriva de los mercados energéticos en plena crisis de las cadenas de suministro. Situación de la cual el gobierno de Joe Biden es su principal responsable.