Continua la stagione del lawfare contro i leader progressisti in America Latina. La vicepresidente dell’Argentina Cristina Kirchner è stata condannata a sei anni di carcere dal Tribunal Oral Federal Nº2 (TOF 2) composto dai giudici Andrés Basso, il presidente Jorge Gorini e Rodrigo Giménez Uriburu nel caso Vialidad, per i reati di amministrazione fraudolenta con danno alla pubblica amministrazione. Inoltre, il verdetto ha stabilito che alla vicepresidente sarà vietato ricoprire cariche pubbliche a vita.
La sentenza contro Cristina Kirchner è inferiore alla richiesta del procuratore Diego Luciani, che lo scorso agosto aveva chiesto 12 anni di carcere, accusandola dei reati di associazione illecita aggravata – in qualità di capo – e amministrazione fraudolenta. La tesi di Luciani è stata demolita dall’avvocato Carlos Beraldi, incaricato della difesa della vicepresidente. E la sentenza del TOF 2 non ha incluso l’accusa di associazione illecita.
Durante i tre anni di processo è stato dimostrato non solo che le strade appaltate alla società di Lázaro Báez sono state costruite e di buona qualità, ma anche che non sono stati pagati soldi per lavori non eseguiti, secondo un audit convocato dal governo di Mauricio Macri e da una società di consulenza privata. Un altro elemento fattuale è che le opere sono state votate nei bilanci approvati dal Congresso, con i voti sia del partito al potere che dell’opposizione.
Secondo Página/12, nel corso di tre anni, non ci sono stati testimoni o prove che dimostrino l’esistenza di un’istruzione per favorire Báez. Un’aggravante che aggiunge scandalo legale è che il procuratore Luciani ha aggiunto presunte prove e documenti fuori tempo, durante il periodo delle memorie, e non durante il periodo di presentazione delle prove.
Il caso ‘Vialidad’
L’ex presidente è stata protagonista di quella che è stata soprannominata la “Causa Vialidad“, in quanto ha avuto origine da un audit condotto dalla Direzione Nazionale delle Strade nel 2016, già sotto il governo del suo successore, Mauricio Macri, e che ha indagato su 51 contratti di lavori pubblici ottenuti dall’imprenditore Lázaro Báez nella provincia di Santa Cruz, situata nell’estremo sud del Paese e che è stata il feudo politico della famiglia Kirchner.
Néstor Kirchner ha governato la provincia dal 1991 al 2003, quando è diventato presidente. Da allora, Báez, uno dei suoi amici più cari, iniziò a ottenere l’assegnazione della realizzazione di opere stradali. In totale, ha ottenuto il 78,5% dei contratti per lavori stradali. Pur essendo stato pagato, ne ha lasciati incompiuti più della metà. Oggi è condannato in altri casi di corruzione.
Oltre a Fernández de Kirchner, sono stati processati anche l’uomo d’affari Lázaro Báez, l’ex ministro della Pianificazione Julio De Vido, l’ex segretario ai Lavori pubblici José López e l’ex direttore delle strade nazionali Néstor Periotti, accusati di far parte dell’”associazione illecita”.
A loro si sono aggiunti, con accuse minori, l’ex sottosegretario ai Lavori Pubblici Abel Claudio Fatala, gli ex responsabili dell’Ente Nazionale per le Strade Raúl Osvaldo Daruich e Mauricio Collareda, gli ex direttori generali dell’Amministrazione Generale delle Strade Provinciali di Santa Cruz Juan Carlos Villafañe, Raúl Gilberto Pavesi, José Raúl Santibáñez e Héctor René Jesús Garro, e l’ex segretario del Coordinamento dei Lavori Pubblici Federali Carlos Santiago Kirchner.
Polemiche
Mentre i partiti di opposizione e i media ritenevano che le accuse fossero provate e festeggiavano in anticipo la condanna, i suoi sostenitori l’hanno scagionata e hanno affermato che il processo era in realtà solo una vendetta.
Le polemiche sono state costanti negli ultimi tre anni e mezzo e si sono intensificate negli ultimi mesi.
Il 1° agosto, il procuratore Diego Luciani ha raggiunto la notorietà con un’arringa dura e istrionica in cui ha accusato l’ex presidente e il suo defunto marito e predecessore, Néstor Kirchner, di aver creato “una delle più straordinarie matrici di corruzione che purtroppo e tristemente si sono sviluppate nel Paese”.
Nei giorni successivi sono emerse foto che mostrano Luciani e Rodrigo Giménez de Uriburu, uno dei giudici del tribunale che sta processando Fernández de Kirchner, mentre giocano insieme a calcio nei campi della casa di campagna dell’ex presidente Mauricio Macri. “La magistratura fa schifo”, il commento della vicepresidente.
Sono seguite marce e manifestazioni a favore della Fernández de Kirchner, altre tensioni sociali, finché il 1° settembre il processo è stato completamente sommerso dal clamore generato dall’aggressione alla vicepresidente, che ha attribuito la colpa alla campagna d’odio generata dai suoi oppositori.
La tensione politica che ha sempre circondato il processo è aumentata ancora di più lo scorso fine settimana, dopo che sono trapelate delle chat tra giudici, funzionari e uomini d’affari dei media in cui avrebbero manipolato le prove di un lussuoso viaggio fatto insieme in Patagonia, con tutte le spese pagate dal Grupo Clarín (il più importante gruppo mediatico del Paese e il più grande nemico del kirchnerismo).
Uno dei beneficiari è il giudice Julián Ercolini, che è stato l’investigatore nel caso contro Fernández de Kirchner, cioè colui che ha raccolto le presunte prove e le ha ritenute sufficienti per l’indagine per arrivare a un processo orale e pubblico.