Alex Saab, un diplomatico sequestrato

Una conferenza virtuale sull’inedito caso internazionale

Geraldina Colotti

I ripetuti attacchi hacker, che si scatenano puntualmente a ogni iniziativa online della rivoluzione bolivariana, non hanno impedito che si svolgesse con successo la conferenza stampa internazionale sul caso di Alex Saab, il diplomatico venezuelano sequestrato e deportato negli Stati Uniti. Tra il 12 e il 16 dicembre, si svolgeranno le udienze sul riconoscimento dello statuto di inviato speciale, ignorato e calpestato dagli USA a dispetto della convenzione di Ginevra. Il 20, è attesa la decisione.

Gli aspetti giuridici di una vicenda tutta politica, che crea un pericoloso precedente sul piano del diritto internazionale, sono stati affrontati dall’avvocata Laila Tajeldine, che coordina il movimento internazionale Free Alex Saab, in crescita di diversi paesi. Ad accompagnarla, Camilla Fabri Saab, moglie italiana del diplomatico sequestrato, di ritorno dal tavolo di dialogo tra il governo Maduro e l’opposizione golpista venezuelana, che fa capo agli USA, e che si è tenuto in Messico.

Hanno organizzato la conferenza diversi movimenti di solidarietà internazionale, come la Rete Europea in difesa della rivoluzione bolivariana, e sono state presenti alcune ambasciate europee: a cominciare da quella francese, guidata dall’Incaricata d’Affari, Carolina Gerenda, infaticabile tessitrice di relazioni che hanno permesso di far sentire la verità del Venezuela in ambito internazionale.

Con il sequestro di Alex Saab – ha detto l’avvocata Tajeldine – cambia il concetto di sicurezza internazionale, giacché vengono violate le norme che garantiscono a un diplomatico di svolgere le proprie funzioni. Nel caso di Alex Saab, il suo compito di inviato speciale del Venezuela era di carattere altamente umanitario, giacché portava a termine transazioni, per conto del governo, atte a garantire alimenti, medicine, carburante a un popolo soffocato dalle misure coercitive unilaterali, imposte dagli Stati Uniti e dai loro alleati.

Una trasgressione imperdonabile per l’imperialismo che, dopo ripetute minacce e tentativi di subornare il diplomatico, ha deciso di adottare le maniere forti, sequestrandolo sull’isola di Capo Verde, grazie alla complicità di un governo vassallo, a giugno del 2021. Da allora, nonostante i pronunciamenti della Cedeao (la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale), e le prese di posizioni di autorevoli giuristi internazionali, le violazioni ai diritti umani e diplomatici di Saab si sono moltiplicate, fino alla deportazione nottetempo negli Stati Uniti, dove resta detenuto.

Tajeldine ha anticipato parte degli argomenti che la difesa userà per smontare i tanti e contraddittori pretesti mediante i quali gli Usa intendono negare lo status diplomatico di Alex Saab, del cui incarico erano evidentemente a conoscenza dal 2018, come attestano vari documenti pubblici. Tutte le accuse, amplificate da una campagna mediatica di discredito per dipingere Saab come narcotrafficante, sono cadute. Ora agli Usa non resta che fare melina, procrastinando le udienze, evitando di produrre i documenti richiesti dalla difesa, e proseguire così un’ingiusta detenzione.

Quello di Alex Saab è un caso marcatamente politico che può trovare soluzione più nell’ambito politico che in quello giuridico, e per questo il governo bolivariano sta mettendo sul tavolo delle trattative con gli Stati Uniti, riprese di recente con la richiesta prioritaria della fine delle “sanzioni”, la liberazione del diplomatico sequestrato. Sperando che possa passare le festività natalizie insieme alla sua famiglia.

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