Hasan Illaik (misionverdad.com)
Il 3 gennaio 2020, l’esercito USA assassinava il maggiore generale iraniano Qassem Soleimani, comandante dell’élite Forza Quds del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica (IRGC), insieme al suo compagno di lotta, il vice capo delle Unità di Mobilitazione Popolare dell’Iraq, Abu Mahdi al-Muhandis.
Tre anni dopo, le ragioni di questa decisione (e la sua tempistica) sono ancora dibattute. Tuttavia, le ragioni del sorprendente assassinio statunitense non sono solo legate al ruolo di Soleimani nei conflitti regionali, benché potrebbe anche dirsi che sia dovuto alla sua crescente influenza internazionale.
PERCHÉ SOLEIMANI È STATO ASSASSINATO?
Soleimani è stato presumibilmente il responsabile della guida del piano iraniano di accerchiare Israele con un arco di missili e droni di precisione nella regione dell’Asia occidentale (dal Libano alla Siria, Iraq e Gaza, fino allo Yemen) che è stato visto dai funzionari israeliani come minaccia esistente allo stato ebraico.
Gli USA hanno a lungo accusato Soleimani di essere dietro la forte resistenza che ha dovuto affrontare dopo aver invaso l’Iraq nel 2003, così come di aver presumibilmente ordinato operazioni contro le forze USA prima del suo assassinio.
Il comandante della Forza Quds, insieme a Muhandis, è stato determinante nel tentativo iracheno di sconfiggere l’ISIS, al di fuori del controllo e dell’agenda USA e dei suoi alleati regionali, che spesso hanno utilizzato il gruppo terroristico per assicurarsi guadagni politici e geografici.
Inoltre, gli USA hanno incolpato l’Iran, e per estensione Soleimani, per l’attacco yemenita alle installazioni petrolifere Aramco dell’Arabia Saudita il 14 settembre 2019. L’attacco ad Aramco p stato così grande che ha interrotto la metà della produzione petrolifera saudita ed è stato il più grande nel suo genere dall’invasione del Kuwait da parte dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein nel 1990.
UN LEADER DELL’ASSE DELLA RESISTENZA
Soleimani era “chi tirava i fili” (keyholder) dell’Asse della Resistenza, secondo un politico arabo con forti legami nei circoli decisionali sia a Washington che a Riyadh.
“Hajj Qassem”, dice il politico, era eccezionalmente capace di prendere decisioni e poi metterle in atto, il che è visto tra i leader come un “vantaggio inusuale”. È stato in grado di ottenere, rapidamente, risultati strategici significativi muovendosi liberamente e negoziando direttamente con vari statisti, milizie e movimenti politici.
Gli esempi abbondano: il comandante della Forza Quds ha convinto il presidente russo Vladimir Putin, nel 2015, a intervenire militarmente in Siria ed ha organizzato il rapporto “amico-nemico” tra Turchia e Teheran attraverso il direttore dell’intelligence turca Hakan Fidan.
Soleimani ha svolto un ruolo fondamentale nel prevenire la caduta di Damasco, ha mantenuto e sviluppato importanti legami con il movimento di resistenza libanese Hezbollah a Beirut, ha condotto una campagna a livello regionale per sconfiggere l’ISIS e ha gestito con successo la stabilità tra le varie componenti politiche in Iran. Nello Yemen, è stato capace di fornire al movimento Ansarallah addestramento e armi che potrebbero cambiare il corso dell’aggressione guidata dall’Arabia Saudita.
Insieme o separatamente, i punti summenzionati lo hanno reso un desiderato obiettivo di assassinio sia per il governo USA che per l’establishment della sicurezza in Israele.
UNA VISITA IN VENEZUELA
Tuttavia, potrebbero esserci ulteriori fattori che hanno contribuito alla decisione USA di assassinare Soleimani il 3 gennaio 2022. Sebbene alcuni analisti citano, ad esempio, l’assalto all’ambasciata USA a Baghdad da parte dei manifestanti nel 2019, tre giorni prima dell’esecuzione extragiudiziale , è improbabile che gli incaricati USA abbiano mobilitato i loro assassini in reazione a questo incidente relativamente benigno.
Qualcosa di più significativo per loro sarebbe stato il viaggio, non annunciato, di Soleimani in Venezuela nel 2019, che ha attraversato le linee rosse di Washington nella sua propria sfera geografica di influenza.
La sua visita nel Paese sudamericano è stata rivelata al pubblico più di due anni dopo dal presidente venezuelano Nicolás Maduro, durante un’intervista con Al-Mayadeen nel dicembre 2021.
Maduro ha affermato che Soleimani ha visitato Caracas tra marzo e aprile 2019, periodo durante il quale gli USA hanno lanciato un attacco informatico e un sabotaggio in Venezuela, provocando diffusi blackout. Ha glorificato il generale iraniano come un eroe militare e che “ha combattuto il terrorismo e i brutali criminali terroristi che hanno attaccato le persone dell’Asse della Resistenza. Era un uomo coraggioso”.
Sebbene Maduro non abbia rivelato la data esatta della visita, si può presumere che sia avvenuta l’8 aprile 2019, e che Soleimani si sia imbarcato sul primo volo diretto tra Teheran e Caracas della compagnia aerea linea aerea Mahan Air.
A quel tempo, l’attacco USA a Caracas era al punto più alto: il riconoscimento da parte di Washington di Juan Guaidó come presidente del Venezuela, ampie sanzioni economiche e poi, alla fine di aprile, l’organizzazione di un tentativo di colpo di stato che è riuscito solo a garantire la fuga del capo oppositore, appoggiato dagli USA, Leopoldo López, all’ambasciata spagnola.
ESPANSIONE DEI LEGAMI MILITARI CON CARACAS
Durante la visita di Soleimani a Caracas, la cooperazione tra Iran e Venezuela è stata, probabilmente, un tema chiave di discussione. Prima della sua visita, Maduro aveva annunciato l’istituzione di “Unità di Difesa Popolare”, o milizie rivoluzionarie, per mantenere l’ordine di fronte ai tentativi di colpo di stato sostenuti dagli USA.
Sia fonti iraniane che latinoamericane confermano che Teheran ha svolto un ruolo nell’organizzazione di queste milizie. Indipendentemente da ciò, la cooperazione militare più significativa tra i due paesi è stata nel campo dell’industrializzazione militare.
Sin dal mandato del defunto ex presidente Hugo Chávez, il Venezuela ha lavorato ad un progetto per la produzione di droni. Lo ha annunciato Chávez il 13 giugno 2012, che ha segnalato: “Facciamo questo con l’aiuto di diversi paesi, tra cui Cina, Russia, Iran e altri paesi alleati”.
Qualche mese prima, il capo del Comando Sud dell’Esercito USA (la sua area di responsabilità assegnata comprende Centro e Sud America), generale Douglas Fries, aveva parlato dello stesso progetto, minimizzandolo, affermando che l’Iran stava costruendo droni con “capacità limitate” in Venezuela per motivi di sicurezza interna.
LO SVILUPPO DI DRONI
In realtà, l’Iran, rappresentato dalla Forza Quds di Soleimani, era impegnato ad aumentare la cooperazione militare con il Venezuela sviluppando nuove generazioni di droni e fornendo a Caracas pezzi di ricambio per i suoi velivoli di fabbricazione USA. Curiosamente, issare la bandiera iraniana è diventata una routine nelle cerimonie militari dell’aeronautica militare venezuelana.
Il 20 novembre 2020, il presidente Maduro ha tenuto un discorso in cui ha annunciato i piani per la produzione di diversi tipi di droni. Vicino a lui, in mostra, c’era un modello in miniatura di un drone che sembrava essere l’aereo iraniano “Muhajer 6” entrato in servizio in Iran nel 2018.
Il problema è stato sollevato dall’allora ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, mentre riceveva i capi delle organizzazioni ebraiche USA, nel febbraio 2022.
L’EREDITÀ DI SOLEIMANI IN AMERICA LATINA
Questi eventi sono stati il risultato diretto degli sforzi di Qassem Soleimani. Un funzionario venezuelano ha confermato a The Cradle che il progetto di droni del paese è stato realizzato con il pieno supporto iraniano: dalla formazione degli ingegneri sino alla creazione di centri di ricerca e fabbricazione fino alla produzione.
Nell’ottobre 2019, il capo del Comando Sud dell’Esercito USA, l’ammiraglio della marina Craig S. Faller, ha avvertito che Russia, Cina, Iran e Cuba stavano operando con capacità diverse nell’area di sua responsabilità. Ha sottolineato che l’influenza e la presenza dell’Iran si fanno sentire in Sud America.
Nel marzo 2020, il capo del Comando Sud ha ripetuto lo stesso avvertimento, ponendo l’Iran in “cima alla lista dei paesi” che hanno aiutato il Venezuela ad aggirare le sanzioni USA.
Gli USA hanno a lungo considerato l’America Latina come il loro “cortile di casa” e hanno cercato di impedire l’influenza di potenze rivali o ostili nella regione attraverso la loro adesione alla Dottrina Monroe. L’influenza di Soleimani nell’emisfero occidentale avrebbe potuto essere vista come una minaccia agli interessi USA e un attraversamento di questa “linea rossa”.
Il suo ruolo nell’aiutare il Venezuela a sviluppare capacità militari, compresa la produzione di droni, è stato visto a Washington come un salto di qualità nelle relazioni estere dell’Iran ed è stato probabilmente un fattore nella decisione di assassinare Soleimani.
Hasan Illaik è un giornalista di nazionalità libanese che ha lavorato con vari media e piattaforme regionali, inclusi 15 anni con il quotidiano Al Akhbar. I suoi reportage si concentrano su temi relativi alla Siria, al Libano e agli interventi USA, all’economia e alle questioni di sicurezza, compreso lo spionaggio israeliano.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato in inglese su The Cradle il 3 gennaio 2023, è stato tradotto per Misión Verdad da Camila Calderón.
QASSEM SOLEIMANI EN VENEZUELA: EL MOTIVO MENOS CONOCIDO DETRÁS DE SU ASESINATO
Hasan Illaik
El 3 de enero de 2020, el ejército de Estados Unidos asesinó al mayor general iraní Qassem Soleimani, el comandante de la élite Fuerza Quds de los Cuerpos de la Guardia Revolucionaria Islámica (CGRI), junto con su compañero, el jefe adjunto de las Unidades de Movilización Popular de Irak, Abu Mahdi al-Muhandis.
Tres años después, los motivos de esta decisión (y su timing) aún son debatidos. Sin embargo, las razones del sorprendente asesinato estadounidense no están relacionadas solamente con el rol de Soleimani en los conflictos regionales, aunque podría decirse igualmente que se debía a su creciente influencia internacional.
¿POR QUÉ SOLEIMANI FUE ASESINADO?
Soleimani fue supuestamente responsable de liderar el plan de Irán de rodear a Israel con un arco de misiles y drones de precisión en la región de Asia occidental (desde el Líbano hasta Siria, Irak y Gaza, hasta Yemen) que fue vista por los funcionarios israelíes como una amenaza existente para el Estado judío.
Estados Unidos ha acusado durante mucho tiempo a Soleimani de estar tras la gran resistencia que enfrentó luego de invadir Irak en 2003, así como de supuestamente ordenar operaciones contra las fuerzas estadounidenses en el período previo a su asesinato.
El comandante de la Fuerza Quds, junto con Muhandis, fueron fundamentales en el intento iraquí de vencer al ISIS, fuera del control y la agenda de Estados Unidos y sus aliados regionales, que usualmente usaban al grupo terrorista para asegurar ganancias políticas y geográficas.
Además, Estados Unidos responsabilizó a Irán, y por extensión a Soleimani, del ataque yemení en las instalaciones petroleras Aramco de Arabia Saudita el 14 de septiembre de 2019. El ataque de Aramco fue tan grande que interrumpió la mitad de la producción del petróleo saudita y fue la más grande de su tipo desde la invasión a Kuwait por parte del expresidente iraquí Saddam Hussein en 1990.
UN LÍDER EN EL EJE DE LA RESISTENCIA
Soleimani era el “administrador de las llaves” (keyholder) en el Eje de la Resistencia, según un político árabe con fuertes vínculos en los círculos de toma de decisiones tanto en Washington como en Riad.
“Hajj Qassem”, dice el político, fue excepcionalmente capaz de tomar decisiones y luego implementarlas, lo que es considerado entre líderes como una “ventaja inusual”. Él fue capaz de obtener resultados estratégicos significativos, de manera rápida, al moverse libremente y negociar directamente con varios estadistas, milicias y movimientos políticos.
Ejemplos de esto abundan: el comandante de la Fuerza Quds persuadió al presidente ruso Vladímir Putin en 2015 de intervenir militarmente en Siria, y organizó la relación de “amienemigos” entre Türkiye y Teherán a través del director de inteligencia turco Hakan Fidan.
Soleimani desempeñó un papel fundamental en la prevención de la caída de Damasco, mantuvo y desarrolló vínculos importantes con el movimiento de resistencia libanés Hezbolá en Beirut, lideró una campaña en toda la región para derrotar al ISIS y gestionó con éxito la estabilidad entre varios componentes políticos en Irán. En Yemen, fue capaz de abastecer al movimiento Ansarallah con entrenamiento y armas que posiblemente cambiaron el curso de la agresión liderada por Arabia Saudita.
Juntos o separados, los puntos ya mencionados lo hicieron un deseado objetivo de asesinato tanto para el gobierno de Estados Unidos como para el establecimiento de seguridad en Israel.
UNA VISITA A VENEZUELA
Sin embargo, podría haber factores adicionales que contribuyeron a la decisión de Estados Unidos de asesinar a Soleimani el 3 de enero de 2022. Si bien algunos analistas citan, por ejemplo, el asalto a la embajada de Estados Unidos en Bagdad por parte de manifestantes en 2019, tres días antes de la ejecución extrajudicial, es improbable que los encargados estadounidenses hayan movilizado a sus asesinos en reacción a este incidente relativamente benigno.
Algo más significativo para ellos hubiera sido el viaje no anunciado de Soleimani a Venezuela en 2019, que cruzó las líneas rojas de Washington en su propia esfera geográfica de influencia.
Su visita al país sudamericano fue revelada al público más de dos años después por el presidente venezolano Nicolás Maduro, durante una entrevista con Al-Mayadeen en diciembre de 2021.
Maduro declaró que Soleimani visitó Caracas entre marzo y abril de 2019, tiempo durante el cual Estados Unidos lanzó un ataque cibernético y de sabotaje en Venezuela, resultando en apagones generalizados. Él glorificó al general iraní como un héroe militar y que “combatió el terrorismo y los brutales criminales terroristas que atacaron a las personas del Eje de la Resistencia. Era un hombre valiente”.
Aunque Maduro no reveló la fecha exacta de la visita, puede asumirse que tomó lugar el 8 de abril de 2019, y que Soleimani abordó el primer vuelo directo entre Teherán y Caracas de la aero línea Mahan Air.
En aquel momento, el ataque estadounidense en Caracas estaba en su punto más alto: el reconocimiento de Washington de Juan Guaidó como presidente de Venezuela, sanciones económicas integrales, y entonces, al final de abril, la organización de un intento de golpe de Estado que solo logró asegurar la fuga del líder opositor respaldado por Estados Unidos, Leopoldo López, a la embajada española.
EXPANDIENDO LOS LAZOS MILITARES CON CARACAS
Durante la visita de Soleimani a Caracas, la cooperación entre Irán y Venezuela probablemente fue un tema clave de discusión. Antes de su visita, Maduro había anunciado el establecimiento de “Unidades de Defensas Populares”, o milicias revolucionarias, para mantener el orden frente a los intentos de golpe respaldados por Estados Unidos.
Fuentes tanto iraníes como latinoamericanas confirman que Teherán tuvo un papel en la organización de estas milicias. Independientemente, la cooperación militar más significativa entre los dos países ha sido en el campo de la industrialización militar.
Desde el mandato del fallecido expresidente Hugo Chávez, Venezuela ha estado trabajando en un proyecto para manufacturar drones. Esto fue anunciado por Chávez el 13 de junio de 2012, quien señaló: “Hacemos esto con la ayuda de diferentes países, incluyendo China, Rusia, Irán y otros países aliados”.
Algunos meses antes, el jefe del Comando Sur del Ejército de los Estados Unidos (su área de responsabilidad asignada incluye Centroamérica y Sudamérica), general Douglas Fries, habló sobre el mismo proyecto, restándole importancia al afirmar que Irán estaba construyendo drones con “capacidades limitadas” en Venezuela para fines de seguridad interna.
EL DESARROLLO DE DRONES
En realidad, Irán, representada por la Fuerza Quds de Soleimani, estaba ocupada incrementando la cooperación militar con Venezuela al desarrollar nuevas generaciones de drones y proporcionando a Caracas respuestos para sus aviones existentes de fabricación estadounidense. Curiosamente, izar la bandera iraní se ha convertido en una rutina en las ceremonias militares de la Fuerza Aérea venezolana.
El 20 de noviembre de 2020, el presidente Maduro dio un discurso anunciando los planes para producir diferentes tipos de drones. Cerca de él, en exhibición, estaba un modelo en miniatura de un dron que parecía ser del avión iraní “Muhajer 6” que entró en servicio en Irán en 2018.
Este problema fue planteado por el ministro de Defensa israelí de aquel entonces, Benny Gantz, mientras recibía a los jefes de organizaciones judías estadounidenses en febrero de 2022.
EL LEGADO DE SOLEIMANI EN LATINOAMÉRICA
Estos acontecimientos fueron el resultado directo de los esfuerzos de Qassem Soleimani. Un funcionario venezolano le confirmó a The Cradle que el proyecto de drones del país fue construido con completo apoyo iraní: desde la formación de ingenieros hasta la creación de centros de investigación y fabricación, hasta la producción.
En octubre de 2019, el líder del Comando Sur del Ejército de los Estados Unidos, el almirante de la armada Craig S. Faller, advirtió que Rusia, China, Irán y Cuba estaban operando en diferentes capacidades en el área de su responsabilidad. Él recalcó que la influencia y la presencia de Irán se están sintiendo en Sudamérica.
En marzo de 2020, el jefe del Comando Sur repitió la misma advertencia, colocando a Irán en “la cima de la lista de países” que han ayudado a Venezuela a eludir las sanciones de Estados Unidos.
Estados Unidos ha visto por mucho tiempo a América Latina como su “patio trasero” y ha buscado impedir la influencia de potencias rivales u hostiles en la región a través de su adhesión a la Doctrina Monroe. La influencia de Soleimani en el hemisferio occidental podría haberse visto como una amenaza para los intereses de Estados Unidos y un cruce de esta “línea roja”.
Su papel en ayudar a Venezuela a desarrollar capacidades militares, incluyendo la producción de drones, fue visto en Washington como un salto cualitativo en las relaciones exteriores de Irán y probablemente fue un factor en la decisión de asesinar a Soleimani.
Hasan Illaik es un periodista de nacionalidad libanesa que ha trabajado con varios medios y plataformas regionales, incluyendo 15 años con el diario Al Akhbar. Sus reportajes están centrados en temas relacionados con Siria, Líbano y las intervenciones estadounidenses, la economía y los asuntos de seguridad, incluido el espionaje israelí.
Este artículo fue publicado originalmente en inglés en The Cradle el 3 de enero de 2023, fue traducido para Misión Verdad por Camila Calderón.