Durante le prime settimane di gennaio 2023, per le reti sociali e le catene di WhatsApp, è circolato un video del vescovo Mario Moronta, vicepresidente della Conferenza Episcopale Venezuelana (CEV), in cui si legge una lettera indirizzata al presidente Nicolás Maduro Moros e alla Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB) esprimendo una serie di opinioni distorte sulla realtà venezuelana. La lettera è stata originariamente emessa e diffusa il 18 febbraio 2019, tuttavia le sue parole sono portate al presente come una presunta “radiografia della situazione nel Paese” oggi.
La risurrezione della lettera nel 2023 è stata promossa come un discorso con carattere di omelia, con l’intento di mettere la rappresentanza della Chiesa Cattolica in Venezuela a capo della storia del “collasso venezuelano” (concentrandosi sui temi dell’economia e migrazione), anche quando la realtà attuale è chiaramente diversa da quella di quattro anni fa.
La sua diffusione è coincisa, volutamente, con la presentazione da parte della CEV della sua annuale Esortazione Pastorale (EP) in occasione della CXIX Assemblea Plenaria Ordinaria dell’Episcopato Venezuelano, il 12 gennaio scorso, e nel contesto dell’invocazione della Divina Pastora. La lettura dell’Esortazione in questione è stata fatta da monsignor Tulio Ramírez, Vescovo di Guarenas; monsignore Juan Carlos Bravo, Vescovo di Petare; monsignore Lisandro Rivas, Vescovo Ausiliare di Caracas; y monsignore Carlos Márquez, Vescovo Ausiliare di Caracas.
Prima di passare all’analisi del discorso dell’EP, va notato che il 14 gennaio, durante la processione della Divina Pastora nella città di Barquisimeto (stato di Lara), l’Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi di Barquisimeto e Vescovo della Diocesi di San Felipe (situata nello stato di Yaracuy), monsignor Víctor Hugo Basabe, ha tenuto un’omelia in cui ha fatto la seguente dichiarazione: “Vi invito a mettere al centro delle nostre preghiere il nostro Venezuela ferito, maltrattato, tradito e saccheggiato a più non posso e affinché cessino le bolle di falsità economica che cercano di nascondere al mondo la precaria situazione in cui è immersa la maggior parte dei nostri fratelli venezuelani”.
Ed ha aggiunto: “Mettiamo nella nostra preghiera i nostri maestri e professori, i nostri medici, infermiere/i, i nostri giornalisti; tutti i nostri professionisti e tecnici e lavoratori e lavoratrici. Uniamoci al loro grido con le nostre preghiere affinché nello svolgimento dei loro doveri ricevano il trattamento degno che meritano per il loro lavoro”.
In particolare, monsignor Basabe ha rilasciato dichiarazioni politiche come parte dell’alta gerarchia della CEV almeno dal 2015, lasciando da parte i discorsi pastorali e passando ad una narrazione simile a quella dei dirigenti dell’opposizione estremista.
Queste dichiarazioni si producono in un contesto in cui settori della professione docente hanno indetto mobilitazioni in alcuni stati del Paese sullo sfondo della questione salariale, un’agenda che la CEV vede come un’opportunità e per questo ha focalizzato la sua strategia narrativa sulla questione economica.
Ciò implica un tentativo di capitalizzare il malcontento dell’antichavismo, come confermato dall’EP in accordo con la presente analisi, attraverso sermoni nelle processioni e chiese, reti di assistenza sociale come la Caritas e il posizionamento mediatico nelle reti sociali dei suoi interventi, con particolare enfasi nelle ultime settimane.
LA SITUAZIONE NAZIONALE, SECONDO LA CEV
Il titolo dell’EP, “Nel nome di Gesù Nazareno, alzati e cammina… e con un balzo si alzò in piedi e camminò”, versetto che si trova nel libro biblico degli Atti degli Apostoli (sulla fondazione della Chiesa Cattolica e gli inizi della sua diffusione nella Roma imperiale), fa riferimento alla storia di Pietro e al miracolo della guarigione di un paralitico.
Nel racconto biblico, dopo che il miracolo si è materializzato, Pietro tiene un discorso alle persone che hanno assistito all’evento, rimproverandole di aver condannato Gesù nel momento in cui Ponzio Pilato aveva già deciso di liberarlo, dopo essere stato consegnato alle autorità. Pietro poi dice che il paralitico è potuto guarire mediante “la fede nel nome di Gesù”, essendo l’apostolo un fedele rappresentante della chiesa del Messia. In tal modo incoraggia le persone lì riunite ad aderire alla fede cristiana, di cui Pietro è il ricettacolo e divulgatore.
In tal modo, e tenendo conto del successivo discorso che si sviluppa lungo tutta l’EP, richiama l’attenzione, fin dall’inizio in specifico rispetto ai fedeli intesi nella dottrina cattolica, che le seguenti parole hanno carattere di richiamo all’attenzione, convocazione e incitamento all’azione politica con un profilo insurrezionale.
Nel testo si legge una caratterizzazione distorta, equivalente a quella di un partito politico all’interno del variopinto ecosistema delle opposizioni, della situazione nazionale basata sul racconto biblico del paralitico, prima del miracolo di Pietro. Dice: “La nostra società è paralizzata dall’inerzia e dalla rassegnazione, dalla disperazione, dall’esperienza accumulata di molteplici mancanze, contraddizioni ripetute, violazioni impunite dei diritti fondamentali, flagranti menzogne, promesse non mantenute”.
Inoltre, afferma che la realtà attuale la “soffriamo”, includendo nel discorso la gerarchia ecclesiastica nazionale. L’immagine congiunta di paralisi e sofferenza è direttamente legata alla situazione economico-sociale, nella quale non si riconoscono né le origini delle difficoltà di gestione del governo (blocco e sanzioni) né i progressi in materia di ripresa economica, bensì si acuisce la narrativa del “collasso”.
La CEV, con questo discorso, fa un’altra caratterizzazione importante ai fini di questa analisi: si pronuncia contro la “bolla” del “capitalismo socialista selvaggio”, determinata dagli “introiti poverissimi” di alcuni settori sociali e dalla “breccia di diseguaglianza tra ricchi e poveri”.
L’inflazione e la svalutazione monetaria, conseguenti al calo critico degli introiti nazionali per il blocco economico-finanziario-commerciale e il sabotaggio ai danni del bolivar attraverso la manipolazione del cambio, sono temi da capitalizzare nel suo intervento, tenendo conto l’immediato presente di questi elementi e il contesto delle mobilitazioni settoriali convocate.
L’enunciato “capitalismo socialista selvaggio”, una svolta sintattica e nominale di “capitalismo selvaggio” coniata negli anni ’70 che si riferiva al neoliberalismo in ascesa dell’epoca, e usata dal Presidente Hugo Chávez per riferirsi allo stato del sistema capitalista dell’epoca, intende fornire una sorta di categoria morale, un senso del tempo manipolato, per attaccare la gestione del Governo bolivariano in materia economica; allo stesso tempo, confonde e mescola deliberatamente i termini capitalismo e socialismo per sostenere gli epiteti prima menzionati, legati alla gestione statale della situazione venezuelana: “(…) ripetute contraddizioni, violazioni impunite dei diritti fondamentali, flagranti menzogne, promesse non mantenute”.
Anche la migrazione entra nel discorso episcopale, essendo una conseguenza della crisi economica indotta. In congiunto con la Conferenza episcopale Colombiana (CEC), è stata presente negli stati di confine di entrambi i paesi cercando di capitalizzare il tema migratorio, negli ultimi mesi, contro i progressi che sono stati fatti a favore della sicurezza di coloro che attraversano il confine colombiano-venezuelano, attraverso gli accordi di regolarizzazione della mobilità tra i due paesi firmati dai Presidenti Gustavo Petro e Nicolás Maduro.
Così, il discorso dell’EP espone una caratterizzazione dell’attuale situazione in Venezuela in modo negativo, di paralisi e sofferenza, che dà luogo all’invito che fa alla mobilitazione politico-elettorale, come propone di seguito.
UNA CINGHIA DI TRASMISSIONE DEL MESSAGGIO POLITICO
Nel suo testo, la CEV cerca di erigersi come attore che “ascolta” tutti i settori della società, per il “bene comune”, pur con il suo discorso polarizzante. Fa un esplicito appello all'”unità” della popolazione e alla “reistituzionalizzazione democratica”, ignorando di proposito l’attuale quadro di istituzionalità recuperata dopo anni di impasse e tentativi di cambio di regime diretti dall’opposizione estremista.
In tal senso, al punto 9, l’agenda propone “negoziati veri e sinceri” (riferendosi al Tavolo di Dialogo e Negoziazione installato in Messico) sono gli stessi della Piattaforma Unitaria (PU): “(.. .) l’aiuto umanitario, la liberazione dei prigionieri politici, il funzionamento costituzionale dei poteri pubblici, la riabilitazione dei partiti politici, il conseguimento di maggiori e migliori garanzie elettorali, unitamente all’osservazione internazionale plurale e imparziale delle prossime elezioni”.
Sostiene che tutti questi sono fattori oggi lesi da “interessi particolari o di partito che impediscono il progresso e producono solo sterili paralizzazioni, prolungando l’agonia di un intero popolo”, dando per inteso che il governo del presidente Maduro impedisca l’ottenimento di un quadro nazionale più sano.
Perciò, sempre in accordo con l’EP, si richiama alla frase biblica “Con un balzo si alzò” per formare un’allegoria attorno al suo discorso e reclamare affinché la sua voce sia sentita, perché “sente” tutti i settori del paese. Anche se le sue rivendicazioni politiche sono identiche a quelle del PU, e solleciti un’azione politica di tutta la nazione (l’“unità mirata”) verso la fine della “paralisi”.
Allo stesso modo, per rafforzare il suo messaggio politico, cita il motto della seconda visita di Juan Pablo II in Venezuela nel 1996: “Venezuela, svegliati e reagisci: è ora!”. Chiaramente, un appello all’azione di carattere nazionale; essendo il papa citato, inoltre, riconosciuto per la sua aperta agenda anticomunista.
Il punto 12 aggiunge elementi per l’esortazione all’azione politica “liberatrice” (come dice il punto 11), “a tutti i dirigenti sociali ed a coloro che esercitano il potere”. Convoca l’organizzazione e la “maturità politica” che fungerà come “artefice del quadro istituzionale che assicura e costruisce il futuro”.
Con il punto 13, conclude il messaggio politico, erigendosi come cinghia di trasmissione della parola convocatrice verso l’attività politica: «È fondamentale che passiamo dal lamento all’azione liberatrice. Che ci poniamo in ogni diocesi, parrocchia, comunità, in ogni liceo e università, in ogni azienda, in ogni impresa, ufficio e negozio, di fronte alla paralisi nazionale e ognuno si chieda cosa posso fare, quanto ancora posso contribuire, quanto e in quali ambiti posso passare dall’io al noi, elevando e moltiplicando il bene che produciamo”.
Queste stesse parole, a ricalco, sono state ripetute da Baltazar Porras, nuovo arcivescovo di Caracas e uno dei protagonisti negativi del golpe dell’aprile 2002, che ha inoltre espresso la sua preoccupazione per la mobilitazione elettorale per le primarie dell’opposizione, il 17 gennaio in un’allocuzione: “Ciascuno occupi il proprio posto. Si tratta di avere criteri comuni per coloro che escano, che sia per le primarie o qualsiasi meccanismo esistente, rispondano alle esigenze della gente e non alle esigenze parziali di un partito, devono andare ben al di là”.
L’appello è esplicitamente legato all’organizzazione in rete, sotto la guida del CEV, in diversi settori della società venezuelana, al fine di inserirsi nel contesto delle manifestazioni settoriali nelle strade di pari passo con il discorso sul collasso economico e sociale, in un contesto politico di dialogo e negoziale in Messico che soffre un interregno di stagnazione dovuto alle pressioni USA, dove l’agenda elettorale è ancora sul tavolo e la popolazione attiva dell’opposizione diffida dei politici tradizionali dell’opposizione a causa della debacle dei loro progetti destituenti.
In un momento in cui le opposizioni hanno interessi diversi, e l’incredulità della popolazione dell’opposizione si acutizza, il discorso della CEV punterebbe alla mobilitazione sociale e politica, dentro e fuori i seguaci della fede cattolica, che tenga conto dell’istituzione come un attore di consenso (nel presunto “centro politico”), in un quadro di primarie per eleggere un candidato presidenziale in lotta col chavismo.
In questo modo, con l’EP del 12 gennaio scorso, e con il resto dei pronunciamenti e delle dichiarazioni, la CEV emette un discorso con finalità politiche che cerca di penetrare in ampi strati con l’intento di capitalizzare un momento caratterizzato da un vuoto di potere nella dirigenza dell’opposizione, a causa della sua frammentazione, e che richiede un riposizionamento al di là degli attori tradizionali.
CONFERENCIA EPISCOPAL VENEZOLANA SE REPOSICIONA ANTE EL VACÍO POLÍTICO OPOSITOR
Durante las primeras semanas de enero 2023 ha circulado por redes sociales y cadenas de WhatsApp un video del obispo Mario Moronta, vicepresidente de la Conferencia Episcopal Venezolana (CEV), donde lee una carta dirigida al presidente Nicolás Maduro Moros y a la Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB) expresando un conjunto de opiniones tergiversadas sobre la realidad venezolana. La misiva fue originalmente emitida y propagada el 18 de febrero de 2019, sin embargo, sus palabras son traídas al presente como una supuesta “radiografía de la situación del país” en la actualidad.
La resurrección de la carta en 2023 ha sido promovida como un discurso con carácter de homilía, con la intención de poner a la representación de la Iglesia Católica en Venezuela al frente del relato del “colapso venezolano” (enfocándose en los temas economía y migración), aun cuando la realidad actual es claramente diferente a la de hace cuatro años.
Su circulación ha coincidido, adrede, con la presentación por parte de la CEV de su anual Exhortación Pastoral con motivo de la CXIX Asamblea Plenaria Ordinaria del Episcopado Venezolano el pasado 12 de enero y en el contexto de la advocación de la Divina Pastora. La lectura de la Exhortación en cuestión estuvo a cargo del monseñor Tulio Ramírez, Obispo de Guarenas; monseñor Juan Carlos Bravo, Obispo de Petare; monseñor Lisandro Rivas, Obispo Auxiliar de Caracas; y monseñor Carlos Márquez, Obispo Auxiliar de Caracas.
Antes de pasar al análisis del discurso de la Exhortación Pastoral, cabe destacar que el 14 de enero, durante la procesión de la Divina Pastora en la ciudad de Barquisimeto (estado Lara), el Administrador Apostólico de la Arquidiócesis de Barquisimeto y Obispo de la Diócesis de San Felipe (ubicada en el estado Yaracuy), monseñor Víctor Hugo Basabe, pronunció una homilía en la que hizo la siguiente aseveración: “Les invito a poner en el corazón de nuestra oración a nuestra Venezuela herida, maltratada, traicionada y saqueada a más no poder, y para que cesen las burbujas de la falsedad económica que pretenden ocultar al mundo la precaria situación en la que están inmersos la mayor parte de nuestros hermanos venezolanos”.
Y añadió: “Pongamos en nuestra oración a nuestros maestros y profesores, a nuestros médicos, enfermeras y enfermeros, a nuestros periodistas; a todos nuestros profesionales y técnicos, obreros y obreras. Unámonos a su clamor con nuestras oraciones a fin de que en el desempeño de sus labores reciban el trato digno que merecen por su trabajo”.
Específicamente, monseñor Basabe ha hecho declaraciones políticas como parte de la alta jerarquía de la CEV al menos desde 2015, dejando de lado los discursos pastorales y pasando a una narrativa parecida a la de los dirigentes de la oposición extremista.
Estas declaraciones se producen en un contexto donde sectores del magisterio han convocado movilizaciones en algunos estados del país con la cuestión salarial como telón de fondo, una agenda que la CEV lee como una oportunidad y por ello ha centrando su estrategia narrativa en el tema económico.
Esto implica un intento de capitalizar el descontento del antichavismo, como lo confirma la Exhortación Pastoral de acuerdo con el presente análisis, a través de los sermones en procesiones e iglesias, las redes de labor social como Cáritas y el posicionamiento mediático en redes sociales de sus discursos, con especial énfasis en semanas recientes.
LA SITUACIÓN NACIONAL, SEGÚN LA CEV
El título de la Exhortación Pastoral, “En nombre de Jesús Nazareno, levántate y camina… y de un salto, se puso de pie y caminó”, versículo que se encuentra en el libro bíblico de los Hechos de los Apóstoles (sobre la fundación de la Iglesia Católica y los comienzos de su difusión en la Roma imperial), refiere a la historia de Pedro y el milagro de sanación a un paralítico.
En el relato bíblico, luego de que se materializara el milagro, Pedro da un discurso ante la gente que presenció el acontecimiento, reprochándoles la condena que hicieran contra Jesús en el momento en que Poncio Pilato ya había decidido soltarlo, luego de haber sido entregado a las autoridades. Pedro luego dice que el paralítico pudo sanar por “la fe en el nombre de Jesús”, siendo el apóstol un fiel representante de la iglesia del Mesías. De esta manera alienta a las personas allí congregadas a unirse a la fe cristiana, de la cual Pedro es receptáculo y divulgador.
De esta manera, y tomando en cuenta el posterior discurso que se explaya a lo largo de la Exhortación Pastoral, llama la atención desde el principio, en específico respecto a feligreses entendidos en la doctrina católica, que las palabras siguientes tienen un carácter de llamado de atención, de convocatoria y de incitación a la acción política con perfil insurreccional.
En el texto, se lee una caracterización tergiversada, equivalente a la de un partido político dentro del variopin to ecosistema de las oposiciones, de la situación nacional con base a la historia bíblica del paralítico, antes del milagro de Pedro. Dice: “Nuestra sociedad está paralizada por la inercia y la resignación, por la desesperanza, por la experiencia acumulada de múltiples carencias, contradicciones reiteradas, violaciones impunes de derechos fundamentales, mentiras flagrantes, promesas incumplidas”.
También, afirma que la realidad presente la “padecemos”, incluyéndose la jerarquía eclesiástica nacional en el discurso. La imagen conjunta de parálisis y padecimiento se encuentra ligada directamente a la situación económica-social, en la que no se reconoce ni los orígenes de las dificultades de la gestión gubernamental (bloqueo y sanciones) ni los avances en materia de recuperación económica, sino que más bien exacerba el relato del “colapso”.
La CEV, con este discurso, hace otra caracterización importante a los fines de este análisis: se pronuncia en contra de la “burbuja” del “capitalismo socialista salvaje”, determinada por los “ingresos paupérrimos” de ciertos sectores societarios y por la “brecha de desigualdad entre ricos y pobres”.
La inflación y la devaluación monetaria, producto de la disminución crítica de los ingresos nacionales vía bloqueo económico-financiero-comercial y el sabotaje contra el bolívar a través de la manipulación del tipo de cambio, son temas por capitalizar en su discurso, teniendo en cuenta el presente inmediato de estos ítems y el contexto de movilizaciones sectoriales convocadas.
El enunciado “capitalismo socialista salvaje”, un giro sintáctico y nominal de “capitalismo salvaje” acuñado durante la década de 1970 que refería al neoliberalismo ascendente de la época, y usado por el presidente Hugo Chávez para denominar al estadio del sistema capitalista en su momento, pretende brindar una especie de categoría moral, un sentido manipulado de época, para atacar la gestión del Gobierno Bolivariano en materia económica; al mismo tiempo, confunde y mezcla de manera adrede los términos capitalismo y socialismo para darle sostén a los epítetos antes mencionados, vinculados a la gestión estatal de la situación venezolana: “(…) contradicciones reiteradas, violaciones impunes de derechos fundamentales, mentiras flagrantes, promesas incumplidas”.
La migración también entra dentro del discurso episcopal, siendo una consecuencia de la crisis económica inducida. En conjunto con la Conferencia Episcopal Colombiana (CEC), ha estado presente en los estados fronterizos de ambos países intentando capitalizar el tema migratorio durante los últimos meses a contrapelo del progreso que se ha venido experimentando a favor de la seguridad de quienes cruzan diariamente la frontera colombo-venezolana, mediante los acuerdos de regularización de la movilidad entre ambos países suscritos por los presidentes Gustavo Petro y de Nicolás Maduro.
Así, el discurso de la Exhortación Pastoral expone una caracterización de la situación actual de Venezuela de manera negativa, de parálisis y padecimiento, lo que da pie a la invitación que hace para la movilización político-electoral, tal cual propone a continuación.
UNA CORREA DE TRANSMISIÓN DE MENSAJE POLÍTICO
En su texto, la CEV intenta erigirse como un actor que “oye” a todos los sectores de la sociedad, por el “bien común”, aun con su discurso polarizante. Hace un llamado explícito a la “unidad” de la población y a la “reinstitucionalización democrática”, ignorando a propósito el cuadro vigente de institucionalidad recuperada luego de años de impasses y gestiones para el cambio de régimen dirigidos por la oposición extremista.
En ese sentido, en el punto 9, la agenda que propone para las “negociaciones verdaderas y sinceras” (refiriéndose a la Mesa de Diálogo y Negociación instalada en México) son las mismas de la Plataforma Unitaria (PU): “(…) la ayuda humanitaria, la liberación de los presos políticos, el funcionamiento constitucional de los poderes públicos, la rehabilitación de los partidos políticos, la consecución de mayores y mejores garantías electorales, junto con la observación internacional plural e imparcial de las próximas elecciones”.
Argumenta que todo ello son factores hoy lesionados debido a “intereses particulares o partidistas que impiden avanzar y que sólo producen paralizaciones estériles, alargando la agonía de todo un pueblo”, dando por entendido que el gobierno del presidente Maduro impide la obtención de un cuadro nacional más saludable.
Por ende, siempre de acuerdo a la Exhortación Pastoral, refiere a la frase bíblica “De un salto, se puso de pie” para formar una alegoría en torno a su discurso y así clamar por que su voz sea oída, porque “oye” a todos los sectores del país. Aun cuando sus demandas políticas sean idénticas a las de la PU, y reclame una acción política de toda la nación (la “unidad” apuntada) hacia el fin de la “parálisis”.
Asimismo, para reforzar su mensaje político, cita el lema de la segunda visita de Juan Pablo II a Venezuela en 1996: “Venezuela, despierta y reacciona: ¡Es el momento!”. A todas luces, un llamado a la acción de carácter nacional; siendo el papa citado, además, reconocido por su abierta agenda anticomunista.
El punto 12 añade elementos para la exhortación a la acción política, “liberadora” (como dice el punto 11), “a todo dirigente social y a quienes ejercen el poder”. Convoca a la organización y a la “madurez política” que fungiera como “artífice de institucionalidad que asegura y construye el futuro”.
Con el punto 13 remata el mensaje político, erigiéndose como correa de transmisión de la palabra convocante hacia la actividad política: “Es fundamental que pasemos de la lamentación a la acción liberadora. Que nos pongamos, en cada diócesis, parroquia, y comunidad, en cada liceo y universidad, en cada empresa, oficina y comercio, de cara a la parálisis nacional, y cada uno se pregunte qué puedo hacer yo, cuánto más puedo aportar, cuánto y en qué ámbitos puedo pasar del yo al nosotros, elevando y multiplicando el bien que producimos”.
Estas mismas palabras, al calco, las repitió Baltazar Porras, nuevo arzobispo de Caracas y uno de los protagonistas negativos del golpe en abril de 2002, quien expresó además su preocupación por la movilización electoral de cara a las primarias opositoras, el 17 de enero en una alocución: “Cada quién que ocupe su puesto. Se trata de que tengamos criterios comunes para los que salgan, ya sean por primarias o cualquier mecanismo que existan, respondan a las necesidades de la gente y no a las necesidades parciales de un partido, tienen que ir mucho más allá”.
La convocatoria está vinculada explícitamente a la organización en redes, bajo la guía de la CEV, en diferentes sectores de la sociedad venezolana, con el fin de unirse al contexto de manifestaciones sectoriales en las calles de la mano del discurso sobre el colapso económico y social, en un contexto político de diálogo y negociaciones en México que sufre un interregno de estancamiento por presiones de Estados Unidos, donde la agenda electoral sigue sobre la mesa y la población activamente opositora desconfía de los políticos tradicionales de las oposiciones debido a la debacle de sus proyectos destituyentes.
En un momento donde las oposiciones tienen diferentes intereses, y el descreimiento de la población opositora se agudiza, el discurso de la CEV apuntaría a la movilización social y política, dentro y fuera de los seguidores de la fe católica, que toman en cuenta a la institución como un actor de consenso (en el supuesto “centro político”), en un marco de primarias para elegir a un candidato presidencial contendiente del chavismo.
De esta manera, con la Exhortación Pastoral del 12 de enero pasado, y con el resto de pronunciamientos y declaraciones, la CEV emite un discurso con finalidades políticas que intenta penetrar en amplias capas con la intención de capitalizar un momento caracterizado por el vacío de poder en la dirigencia opositora, debido a su fragmentación, y que requiere de un reposicionamiento más allá de los actores tradicionales.