91 anni fa, Camilo Cienfuegos nasceva all’Avana, per vivere una vita breve, ma donata a Cuba e alla sua Rivoluzione.
Forse non c’è cognome più azzeccato: Camilo aveva l’intensità di cento fuochi, e attraversava la vita con volontà, donandosi per la causa che sceglieva, con l’audacia di chi non concepisce che il pericolo si frappone tra la realtà e il sogno.
In lui convergevano virtù che lo rendevano parte del sacro nell’immaginario dell’isola: semplicità, coraggio, lealtà, gioia, intelligenza.
Ma la grandezza di Camilo e l’affetto nato per lui tra il popolo non derivavano dalla sua eccezionalità, ma, al contrario, dal fatto che egli incarnava – come diceva il Che – l’immagine del popolo, di essere colui “che è presente negli altri che non sono arrivati e in quelli che devono ancora arrivare”.
Nella sua imponente statura di leader della guerriglia c’era anche il calore di un ragazzo di città, la tenacia di un giovane lavoratore, l’illusione di uno studente.
Il suo ampio sorriso era lo stesso di uno spirito nazionale che è capace della battuta più insignificante, subito dopo o prima di un sacrificio totale per la giustizia, per il bene della Patria, per difendere ancora la bandiera e farlo, anche se strappata in piccoli pezzi, o dopo la morte.
Non è un caso che sia stato il braccio destro di Fidel, che gli siano state affidate missioni molto complesse, né che la sua brevissima giovinezza continui a commuoverci in un presente così complesso.
Camilo era fatto della materia pulita da cui si forgiano gli uomini buoni; i suoi contemporanei hanno potuto constatarlo, così come le generazioni successive.
Ha lasciato così tanto da fare e allo stesso tempo ha fatto tutto, e qui sta forse la sua più grande eredità: la conferma che il presente è tutto ciò che abbiamo da fondare.
La sopravvivenza dipende dal popolo, solo lui può nutrire la memoria dei suoi prescelti. Per questo Camilo è sveglio nell’amore per Cuba, perché è stato degno di quella devozione, e con essa ci protegge e ci premia: nella misura dell’amore per chi è stato, c’è la dignità e la forza di difendere il lavoro.
Fonte: Granma
Traduzione: italiacuba.it