La decisione di un settore dell’opposizione venezuelana di indire le primarie per definire il candidato che si presenterà alle prossime presidenziali, in rappresentanza dei partiti raggruppati nella Piattaforma Unitaria Democratica (PUD), ha comportato il ritorno sulla scena di vecchi attori con aspirazioni frustrate alla massima carica della repubblica negli anni anteriori.
María Corina Machado è una di quelle figure. Veterana della corrente dell’opposizione più allineata all’ideologia dell’alt-right in voga negli USA e in Europa, attualmente si profila come aspirante candidata presidenziale con il suo partito Vente Venezuela (VV).
L’ex presidentessa dell’Associazione Civile Súmate, finanziata dalle agenzie USA, ha partecipato, nel 2021, al vertice EuroLat, organizzato dal blocco del Parlamento Europeo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), che attualmente raggruppa 61 membri di ideologia conservatrice, euroscettica e anti- federalista. L’evento è stato organizzato per combattere “la minaccia del comunismo e per affrontare il Forum di San Paolo” e i suoi partecipanti, come Giorgia Meloni (Italia), José Antonio Kast (Cile) e Santiago Abascal (Spagna), ricoprono posizioni di estrema destra
È stata una delle prime ad annunciare la sua partecipazione alle primarie e, allo stesso modo, è stata protagonista delle campagne di informazione che accusano il governo del presidente Nicolás Maduro di “interferire” nello svolgimento delle primarie, solo perché si è prospettata l’opzione (dal PUD) che il Consiglio Elettorale Nazionale (CNE) fornisca supporto tecnico e logistico.
Nei sondaggi di alcune società di opinione e misurazione dati, María Corina Machado si posiziona ai primi posti, questione che le ha dato una certa visibilità al di sopra di altri candidati nei media privati.
Di fronte allo “scoraggiante panorama dell’opposizione venezuelana”, come lei stessa lo qualifica, Machado viene presentata, da alcuni media, come una personalità politica con “qualità intrinseche di dirigenza” e con una “traiettoria riconosciuta”. Queste due descrizioni si adattano perfettamente per parlare della sua impronta nel promuovere il blocco contro il Venezuela e la sua connessione con una parte dell’establishment USA, in particolare con i politici repubblicani della Florida.
GLI AMICI REPUBBLICANI
Le prove dei legami tra María Corina Machado e il Partito Repubblicano risalgono a quasi due decenni fa, quando, nel 2005, fu ricevuta a Washington, D.C. dall’allora presidente USA, George W. Bush, con il quale ebbe un incontro alla Casa Bianca.
Il legame repubblicano si è fatto più esplicito quando è stata attivata la strategia politica di aggressione economica e finanziaria attraverso sanzioni illegali, a cui è seguita una campagna internazionale che ha cercato di classificare la situazione in Venezuela come “emergenza umanitaria”, per giustificare diversi meccanismi di ingerenza straniera.
María Corina Machado è stata l’avanguardia ideologica e politica delle iniziative che il senatore repubblicano Marco Rubio, e altri personaggi associati, hanno realizzato in funzione dei programmi sanzionatori e di “intervento umanitario” sul suolo venezuelano.
Dalla fine dell’amministrazione di Barack Obama e per tutta l’amministrazione presidenziale di Donald Trump, Rubio è stato uno dei principali promotori dell’accerchiamento e assedio del Venezuela dalla sua posizione di senatore USA, sponsorizzato principalmente da contribuenti corporativi del settore energetico e delle risorse naturali. Le sue attività anti-venezuelane sono continuate durante l’amministrazione di Joe Biden. Sebbene abbia posto l’accento sul nostro paese, si è anche incaricato di programmi simili per destabilizzare alleati dei venezuelani come Cuba e Bolivia.
Su Marco Rubio non pesano solo le accuse di interferenza politica all’estero mosse da Caracas, L’Avana e La Paz. Altrettanto scandalose e controverse sono le accuse di traffico d’influenza e favori criminali legati al narcotraffico.
L’AGENDA ESTERA A CUI SI AFFILIA MACHADO
Le relazioni di María Corina Machado con il Partito Repubblicano si estendono ad altri attori importanti nella politica sanzionatoria contro il Venezuela. C’è, per esempio, il senatore repubblicano Rick Scott, anche lui della Florida ed ex governatore di quello stato. In diverse occasioni, la dirigente di Vente Venezuela ha pubblicamente incoraggiato dichiarazioni di Scott che criminalizzano, senza prove, il presidente Nicolás Maduro come un attore del terrorismo internazionale.
Scott e Rubio condividono la responsabilità di sponsorizzare, nel 2021, il BOLIVAR Act, o Legge BOLIVAR, uno strumento legale progettato affinché il Congresso USA abbia la potestà di continuare a condizionare le sanzioni illegali contro il Venezuela al di là delle decisioni che prenda il potere esecutivo al riguardo. Un meccanismo per inibire le decisioni presidenziali che conta su un sostegno bipartisan.
In qualità di governatore della Florida, Rick Scott ha stabilito un precedente per il BOLIVAR Act. Nel 2019, ha sponsorizzato il progetto di Legge Venezuelana di Restrizione delle Contrattazioni, una legislazione con caratteristiche simili che ha raggiunto la Commissione del Senato per la Sicurezza Nazionale e gli Affari Governativi (l’attuale vicepresidentessa USA, Kamala Harris, era in quella commissione), ma non è andato al voto in plenaria.
Allora, Scott era accompagnato da Rubio e dal congressista repubblicano Michael Waltz. Quest’ultimo si è incaricato, due anni dopo, di presentare al Congresso USA il progetto di legge intitolato Legge Bipartisan di Proibizione di Operazioni e Affitti con un Regime Autoritario Illegittimo, che sarebbe stato conosciuto con il suo acronimo in inglese BOLIVAR Act. I profili di Scott e Waltz, i principali sponsor di questa legge, sono contrassegnati da attività fraudolente e legate alla lobby anti-venezuelana.
In questa piattaforma si è precedentemente commentato che la Legge BOLIVAR ha lo scopo di blindare il blocco contro il Venezuela, vietando alle agenzie governative di stipulare contratti con qualsiasi società che abbia operazioni commerciali con lo Stato guidato dal presidente Nicolás Maduro. Ciò include l’acquisizione, sviluppo, manutenzione, possesso, vendita, affitto o il funzionamento di attrezzature, installazioni, personale, prodotti, servizi, proprietà personali, immobili o qualsiasi altro apparato aziendale o commerciale.
Il documento aggiunge eccezioni, alcune delle quali sono notevoli per le implicazioni che avrebbero per il Venezuela. La Legge BOLIVAR non bloccherebbe ciò che è legato agli “aiuti umanitari”, un mantra che si riferisce agli sforzi del National Endowment for Democracy (NED) e dell’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale (USAID) per sostenere finanziariamente e logisticamente quadri di destabilizzazione o di sostegno ai partiti di opposizione tramite ONG, né le “operazioni che siano di interesse la sicurezza nazionale USA”, il che potrebbe significare qualsiasi attività che miri al cambio di regime in Venezuela (come la fallita Operazione Gideon nel 2020), o “nessun affare con il governo legittimamente eletto dell’Assemblea Nazionale e i suoi successori eletti”, riferendosi alla gestione della cosiddetta “Commissione Delegata” succeduta all’ “interim” guidato da Voluntad Popular.
Il 16 dicembre 2022 il progetto di legge è stato approvato dal Senato del Congresso scorso, in attesa della sua approvazione alla Camera dei Rappresentanti. Il 2 febbraio 2023, i senatori Scott, Rubio, Jacky Rosen e Thom Tillis (in maggioranza repubblicani, ma con rappresentanza democratica) hanno reintrodotto la legge davanti al Senato del nuovo Congresso eletto alla fine del 2022.
Dietro la promozione della Legge BOLIVAR c’è l’interesse a sabotare alcune misure che possono essere interpretate come un allentamento delle “sanzioni” unilaterali, ad esempio, la licenza concessa alla Chevron dal Dipartimento del Tesoro per riprendere le operazioni di estrazione del petrolio in Venezuela, o, più recentemente, l’autorizzazione a Trinidad e Tobago per sviluppare un giacimento di gas nelle acque venezuelane.
La situazione di crisi energetica globale, segnata dalle “sanzioni” coercitive guidate dagli USA contro la Russia, ha influito nelle concessioni fatte dalla Casa Bianca, tuttavia questa deve mediare con le reazioni che questo produce nella lobby antivenezuelana della Florida (in cui è coinvolta la “diaspora venezuelana”), che fa pressione perché continui il blocco contro il Venezuela, e che ha rifiutato un riavvicinamento diplomatico tra funzionari USA e il governo del presidente Maduro.
María Corina Machado è completamente in sintonia con quei gruppi. Di fronte ai segnali di morte della strategia della “massima pressione” negli ultimi tempi, ha alzato la voce per chiedere al governo USA di rafforzare il blocco contro il Venezuela e ha ripudiato l’accordo parziale che hanno firmato al Tavolo di Dialogo e Negoziazione, installato in Messico, i rappresentanti del governo e del PUD.
Con tali precedenti, è impossibile associare l’immagine di María Corina Machado a quella di un presunto cambio in positivo per il Venezuela, come lei stessa pretende installare sotto una retorica che rasenta la figura dell’outsider, anche quando storicamente si è posizionata come una figura politica dell’establishment dell’opposizione e gli attori e i fattori, che convalida dal suolo locale, si trovano al di fuori di questi confini e rispondono ad agende politiche in Florida e Washington D.C.
MARÍA CORINA MACHADO Y SU VÍNCULO POLÍTICO CON FLORIDA Y LA LEY BOLIVAR
La decisión de un sector de las oposiciones venezolanas de convocar a unas elecciones primarias para definir el candidato que se presentará en los próximos comicios presidenciales, en representación de los partidos agrupados en la Plataforma Unitaria Democrática (PUD), ha traído como consecuencia la vuelta en escena de viejos actores políticos con aspiraciones frustradas al máximo alto cargo de la república en años anteriores.
María Corina Machado es una de esas figuras. Veterana de la corriente opositora más alineada a la ideología de la alt-right en boga en Estados Unidos y Europa, actualmente se perfila como aspirante a candidata presidencial con su partido Vente Venezuela (VV).
La expresidenta de la Asociación Civil Súmate, financiada por agencias estadounidenses, participó en 2021 en la cumbre del EuroLat, organizada por el bloque del Parlamento Europeo de los Conservadores y Reformistas Europeos (ECR), que agrupa actualmente a 61 miembros de ideología conservadora, euroescéptica y antifederalista. El evento se organizó para luchar contra “la amenaza del comunismo y para enfrentar al Foro de Sao Paulo” y sus participantes, como Giorgia Meloni (Italia), José Antonio Kast (Chile) y Santiago Abascal (España), sostienen posturas extremistas de derecha.
Fue de las primeras en anunciar su participación en las primarias y, de igual forma, ha protagonizado las campañas de información que acusan al gobierno del presidente Nicolás Maduro de “interferir” en la realización de las primarias, solo porque se ha planteado la opción (desde la PUD) de que el Consejo Nacional Electoral (CNE) preste apoyo técnico y logístico.
En las encuestas de algunas empresas de opinión y medición de datos, María Corina Machado se posiciona en los primeros lugares, cuestión que le ha dado cierta visibilidad por encima de otros candidatos en los medios de comunicación privados.
Ante el “desalentador panorama de la oposición venezolana”, como ella misma lo califica, Machado es presentada por algunos medios como una personalidad política con “cualidades intrínsecas de liderazgo” y con una “trayectoria reconocida”. Estas dos descripciones encajan perfectamente para hablar de su impronta en la promoción del bloqueo contra Venezuela y su conexión con una parte del establishment estadounidense, específicamente con los políticos republicanos del estado de Florida.
LOS AMIGOS REPUBLICANOS
Las evidencias de las conexiones entre María Corina Machado y el Partido Republicano datan de casi dos décadas atrás, cuando, en 2005, fue recibida en Washington, D.C. por el entonces presidente de Estados Unidos, George W. Bush, con el que tuvo una reunión en la Casa Blanca.
El vínculo republicano se hizo más explícito en el momento en que se activó la estrategia política de agresiones económicas y financieras a través de sanciones ilegales, la cual fue seguida por una campaña internacional que trató de poner la situación de Venezuela como una “emergencia humanitaria” para justificar distintos mecanismos de injerencia extranjera.
María Corina Machado fungió como vanguardia ideológica y política de las iniciativas que el senador republicano Marco Rubio, y otros personajes asociados, llevaban a cabo en función de las agendas sancionatorias y de “intervención humanitaria” en suelo venezolano.
Desde finales de la administración de Barack Obama y durante toda la gestión presidencial de Donald Trump, Rubio fue uno de los principales promotores del cerco y asedio sobre Venezuela desde su puesto como senador en Estados Unidos, patrocinado en su mayoría por contribuyentes corporativos del sector energético y de recursos naturales. Sus actividades antivenezolanas han continuado durante el gobierno de Joe Biden. Aunque ha puesto énfasis en nuestro país, también se ha encargado de agendas similares para desestabilizar aliados venezolanos como Cuba y Bolivia.
Sobre Marco Rubio no solo pesan las acusaciones de interferencia política en el extranjero hechas desde Caracas, La Habana y La Paz. Son iguales de escandalosos y polémicos los señalamientos de tráfico de influencias y favores criminales ligados al narcotráfico.
LA AGENDA FORÁNEA A LA QUE MACHADO SE AFILIA
Las relaciones de María Corina Machado con el Partido Republicano se extiende a otros actores importantes en la política sancionatoria contra Venezuela. Está, por ejemplo, el senador republicano Rick Scott, también por Florida y exgobernador de ese estado. En varias ocasiones, la dirigente de Vente Venezuela ha alentado públicamente declaraciones de Scott que criminalizan, sin pruebas, al presidente Nicolás Maduro como un actor del terrorismo internacional.
Scott y Rubio comparten la responsabilidad de auspiciar en 2021 la BOLIVAR Act, o Ley BOLIVAR, una herramienta legal diseñada para que el Congreso estadounidense tenga la potestad de seguir condicionando las sanciones ilegales hacia Venezuela por encima de decisiones que tome el poder ejecutivo al respecto. Un mecanismo para inhibir decisiones presidenciales que cuenta con apoyo bipartidista.
Siendo gobernador de Florida, Rick Scott sentó un precedente para la Ley BOLIVAR. En 2019, patrocinó el proyecto de Ley Venezolana de Restricción de Contratación, una legislación con características similares que llegó a la Comisión del Senado de Seguridad Nacional y Asuntos Gubernamentales (la actual vicepresidenta de Estados Unidos, Kamala Harris, pertenecía a esa comisión), pero no pasó a votación en la plenaria.
Para entonces, Scott estuvo acompañado de Rubio y el congresista republicano Michael Waltz. Este último se encargó, dos años más tarde, de introducir al Congreso estadounidense el proyecto de ley titulado Ley Bipartidista de Prohibición de Operaciones y Arrendamientos con Régimen Autoritario Ilegítimo, que sería conocido por sus siglas en inglés como la BOLIVAR Act. Los perfiles de Scott y Waltz, principales auspiciantes de esta ley, están marcados por actividades fraudulentas y relacionadas con el lobby antivenezolano.
En esta tribuna se ha comentado con anterioridad que con la Ley BOLIVAR se pretende blindar el bloqueo contra Venezuela, prohibiendo que las agencias gubernamentales celebren contratos con cualquier empresa que tenga operaciones comerciales con el Estado que dirige el presidente Nicolás Maduro. Esto incluye la adquisición, desarrollo, mantenimiento, posesión, venta, arrendamiento u operación de equipos, instalaciones, personal, productos, servicios, propiedad personal, bienes inmuebles o cualquier otro aparato de negocio o comercio.
El documento añade excepciones, algunas llamativas por las implicaciones que tendrían para Venezuela. La Ley BOLIVAR no bloquearía lo relacionado a “ayuda humanitaria”, mantra referido a los esfuerzos de la Fundación Nacional para la Democracia (NED, sus siglas en inglés) y la Agencia de los Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (USAID, sus siglas en inglés) para apoyar financiera y logísticamente cuadros de desestabilización o de apoyo a partidos de oposición vía ONG, ni las “operaciones que sean de interés para la seguridad nacional de Estados Unidos”, lo que podría significar cualquier actividad que apunte hacia un cambio de régimen en Venezuela (como la fallida Operación Gedeón en 2020), o “ningún negocio con el gobierno legítimamente electo de la Asamblea Nacional y sus sucesores electos”, refiriéndose a la gestión de la denominada “Comisión Delegada” que sucedió al “interinato” liderado por Voluntad Popular.
El 16 de diciembre de 2022, el proyecto de ley fue aprobado por el Senado del Congreso pasado, faltando su aprobación en la Cámara de Representantes. El 2 de febrero de 2023, los senadores Scott, Rubio, Jacky Rosen y Thom Tillis (en su mayoría republicanos, pero con representación demócrata) reintrodujeron la ley ante el Senado del nuevo Congreso elegido a finales de 2022.
Detrás de la promoción de la Ley BOLIVAR se encuentra el interés de sabotear algunas medidas que pueden interpretarse como un alivio de las “sanciones” unilaterales, por ejemplo, la licencia otorgada a Chevron por el Departamento del Tesoro para reanudar operaciones de extracción de petróleo en Venezuela, o, más recientemente, la autorización a Trinidad y Tobago para desarrollar un campo de gas en aguas venezolanas.
La situación de crisis energética global, marcada por las “sanciones” coercitivas lideradas por Estados Unidos contra Rusia, ha influido en las concesiones hechas por la Casa Blanca, sin embargo, ésta debe mediar con las reacciones que eso produce en el lobby antivenezolano de Florida (con la “diáspora venezolana” involucrada), que presiona para que el bloqueo contra Venezuela continúe, y que ha rechazado el acercamiento diplomático entre funcionarios estadounidenses y el gobierno del presidente Maduro.
María Corina Machado está en completa sintonía con esos grupos. Ante los signos de muerte de la estrategia de “máxima presión” en tiempos recientes, ha levantado la voz para pedir al gobierno estadounidense que refuerce el bloqueo contra Venezuela y ha repudiado el acuerdo parcial que firmaron en la Mesa de Diálogo y Negociación instalada en México los representantes del gobierno y de la PUD.
Con tales precedentes, se hace imposible asociar la imagen de María Corina Machado con la de un supuesto cambio positivo para Venezuela, como ella misma pretende instalar bajo una retórica que limita con la figura del outsider, aun cuando históricamente se ha posicionado como una figura política del establishment opositor y los actores y factores que valida desde suelo local se encuentran fuera de estas fronteras y responden a agendas políticas en Florida y Washington D.C.