Meta è tornato a farne una delle sue. Ha disattivato 363 account Facebook di utenti cubani, oltre a 270 pagine e 229 gruppi, oltre a 72 su Instagram. L’operazione comprendeva altre reti sociali come YouTube, TikTok e Twitter, e ha incluso centinaia di pagine di cittadini boliviani. Come spesso accade, ha colpito due governi di sinistra senza fornire alcuna prova di violazione delle politiche comunitarie delle piattaforme.
Cosa c’è di nuovo in questo raid? Poco, in realtà. Non è la prima volta che succede. La transnazionale di Zuckerberg è sotto i dettami delle figure del governo USA, in particolare dei gruppi associati alla banda cubano-americana della Florida. Il direttore degli affari pubblici di Facebook, Alex Burgos, ha lavorato in precedenza per il senatore Marco Rubio ed è stato il suo responsabile della campagna nel 2016. Porre Burgos a vigilare sulla trasparenza e libertà di espressione nella giungla di Facebook è come chiedere alla volpe di prendersi cura dei polli, e un altro segnale di decadenza della società.
L’attacco contro Paesi che non piacciono a Washington esprime, nella sua versione più prosaica, la metastasi che corrode Meta. Non è un segnale di forza, ma di estrema debolezza della piattaforma. L’annuncio degli account bloccati di Cuba e Bolivia cerca di distogliere l’attenzione dal nuovo giro di licenziamenti dell’azienda, che probabilmente interesserà tra il 5% e il 10% dei suoi dipendenti. Un’emorragia che non è nuova. I tagli sono già avvenuti all’interno di Facebook, a novembre, quando Meta ha promulgato il suo primo licenziamento di massa, eliminando 11000 lavoratori.
Frances Haugen, ex responsabile del prodotto nella squadra di integrità civica di Facebook, la scorsa settimana consigliava ai potenziali investitori nel settore delle telecomunicazioni di stare il più lontano possibile da Meta. Da due anni va denunciando la società per essere, oltre che un pericolo finanziario, un problema sociale che minaccia la salute mentale e la vita civile dei cittadini di tutto il mondo.
Nel 2021, Haugen ha consegnato al Congresso migliaia di documenti interni di Facebook per sostenere questo punto di vista davanti a panel di legislatori sbalorditi. Le email interne della piattaforma, che ha mostrato, provano come la dirigenza di Facebook sapesse che la società di consulenza Cambridge Analytica rubava i dati di ignari utenti per manipolare l’elettorato a favore della Brexit, nel Regno Unito, e di Donald Trump, negli USA. Solo due mesi fa, Meta ha accettato di pagare 725 milioni di dollari per risolvere una causa per violazione dei dati legata a Cambridge Analytica; la maggiore compensazione monetaria mai ottenuta in un’azione collettiva per violazione della privacy, secondo gli avvocati coinvolti nel caso.
Le e-mail di Frances Haugen provano che Mark Zuckerberg fosse pienamente consapevole del fatto che i suoi algoritmi premiano i contenuti più tossici, incoraggiano l’incitamento all’odio e amplificano le campagne di disinformazione, pulizia etnica e brogli elettorali. Inoltre, che ha gli strumenti per evitarlo e ha deciso di non usarli per mantenere il buon ritmo dei suoi colossali profitti.
Tuttavia, la fortuna non è più con Zuckerberg. Nel 2022 la crescita di Meta è rallentata in modo significativo, con la piattaforma social che ha aggiunto poco meno di 50 milioni di utenti attivi. Per un uomo che, nel 2014, ha dichiarato alla rivista Time che il suo obiettivo era connettere ogni essere umano del pianeta, questo calo è significativo e preoccupa i suoi azionisti e investitori. La società oggi è valutata al livello più basso dal 2017 e nell’ultimo anno ha registrato perdite per quasi 700 miliardi di dollari.
Come se non bastasse, il Metaverso di Zuckerberg è un progetto nebuloso e una strana scommessa che ha perso interesse. Nonostante le frettolose promesse di investimenti per miliardi di dollari, l’assunzione di eserciti di sviluppatori per creare il futuro di Internet e il marketing che ha cercato di generare la profezia che si auto-avvera di un Internet immersivo, il Metaverso è andato a picco, i licenziamenti sono all’ordine del giorno e tutta la compagnia sembra sull’orlo del naufragio, arrampicandosi sugli specchi contro Cuba e Bolivia. Meta in piena metastasi.
(Tratto da La Jornada)
Metástasis
Por: Rosa Miriam Elizalde
Meta ha vuelto a hacer de las suyas. Desactivó 363 cuentas de Facebook de usuarios cubanos, además de 270 páginas y 229 grupos, así como 72 de Instagram. La operación abarcó otras redes sociales como YouTube, TikTok y Twitter, e incluyó cientos de páginas de ciudadanos de Bolivia. Como suele ocurrir, golpeó a dos gobiernos de izquierda sin aportar ninguna prueba de violación de las políticas de comunidad de las plataformas.
¿Qué hay de nuevo en esta razia? Poco, en realidad. No es la primera vez que ocurre. La transnacional de Zuckerberg está bajo los dictados de figuras del gobierno estadounidense, en particular de grupos asociados a la banda cubanoamericana de la Florida. El director de asuntos públicos de Facebook, Alex Burgos, trabajó antes para el Senador Marco Rubio y fue su jefe de campaña en 2016. Poner a Burgos a velar por la transparencia y la libertad de expresión en la selva de Facebook es como pedirle a la zorra que cuide de las gallinas, y otro signo de decadencia de la empresa.
El ataque contra países que no son del agrado de Washington expresa en su versión más prosaica la metástasis que corroe a Meta. No es un signo de fuerza, sino de extrema debilidad de la plataforma. El anuncio de las cuentas bloqueadas de Cuba y Bolivia intenta desviar la atención de la nueva ronda de despidos en la empresa, que probablemente afectará entre el 5 por ciento y 10 por ciento de sus empleados. Una sangría que no es nueva. Los recortes ya ocurrieron dentro de Facebook en noviembre, cuando Meta promulgó su primer despido masivo, deshaciéndose de 11 mil trabajadores.
Frances Haugen, ex jefa de producto en el equipo de integridad cívica de Facebook, recomendaba la semana pasada a potenciales inversionistas del sector de las telecomunicaciones que se alejaran lo más posible de Meta. Desde hace dos años, ella ha venido denunciado a la empresa por ser, además de un peligro financiero, un problema social que amenaza la salud mental y la vida cívica de los ciudadanos en todo el mundo.
En 2021, Haugen entregó miles de documentos internos de Facebook al Congreso para respaldar este punto de vista ante paneles de legisladores atónitos. Los correos internos de la plataforma que ella mostró prueban cómo la cúpula de Facebook sabía que la consultora Cambridge Analytica robaba los datos de usuarios desprevenidos para manipular al electorado a favor del Brexit, en Reino Unido, y de Donald Trump, en Estados Unidos. Hace apena dos meses Meta acordó pagar 725 millones de dólares para resolver una acción legal por violación de datos vinculada a Cambridge Analytica, y es esta la mayor compensación monetaria que se ha logrado en una demanda colectiva por violación de la privacidad, según los abogados involucrados en el caso.
Los correos de Frances Haugen prueban que Mark Zuckerberg está perfectamente enterado de que sus algoritmos premian los contenidos más tóxicos, favorecen el discurso de odio y amplifican las campañas de desinformación, de limpieza étnica y de fraude electoral. También, que tiene las herramientas para evitarlo y ha decidido no usarlas para mantener a buen ritmo sus colosales ganancias.
Sin embargo, la suerte ya no acompaña a Zuckerberg. En 2022 el crecimiento de Meta se desaceleró significativamente, con la plataforma social agregando un poco menos de 50 millones de usuarios activos. Para un hombre que le dijo a la revista Time en 2014 que su objetivo era conectar a todos los humanos del planeta, esta caída es significativa y preocupa a sus accionistas e inversores. La compañía hoy está valorada en su nivel más bajo desde 2017 y ha tenido pérdidas por cerca de 700 mil millones de dólares en el último año.
Por si fuera poco, el Metaverso de Zuckerberg es un proyecto nebuloso y una apuesta extraña que ha perdido interés. Pese a las apuradas promesas de inversiones de miles de millones de dólares, la contratación de ejércitos de desarrolladores para crear el futuro de internet y el marketing que intentaba generar la profecía autocumplida de una internet inmersiva, el Metaverso se ha ido a pique, los despidos están a la orden del día y toda la compañía parece estar al borde del naufragio, dando manotazos de ahogado contra Cuba y Bolivia. Meta en plena metástasis.
(Tomado de La Jornada)