Geraldina Colotti
Nel poliedro stracolmo di sorrisi e bandiere, la ministra della donna e dell’uguaglianza di genere, Diva Guzman, infiamma la platea in un discorso che riassume e rilancia le conquiste realizzate dalla “rivoluzione femminista” appoggiata da Chávez, a dieci anni della sua scomparsa. In mattinata, l’avevamo accompagnata nell’omaggio floreale al Cuartel de la Montaña, dove il comandante iniziò la lunga marcia del processo bolivariano, con la ribellione civico-militare del 1992.
Da un lato, gruppi di invitate, dai vari Stati venezuelani o da altri paesi. Dall’altra, un folto gruppo di giovanissime militari. Ragazze saranno anche quelle che scandiranno gli slogan convenuti durante il picchetto d’onore, con la divisa bolivariana. Poi lasceremo una rosa violetta sulla tomba del Comandante, gli occhi umidi del suo ricordo, e delle speranze da realizzare.
Ministra, che significa per te stare qui l’8 marzo, a dieci anni dalla scomparsa di Chávez?, chiediamo. “Ogni volta – risponde Diva Guzman – è una magia che si rinnova, ogni volta veniamo qui non per piangere, ma per ricaricarci della sua energia. Il nostro Chávez ha fatto moltissimo per aiutarci ad avanzare nella nostra lotta che oggi, mi sento di dire, è un esempio per il femminismo a livello internazionale. E poi, come vedi, qui sono rappresentati due luoghi magici per eccellenza, lo Stato Delta Amacuro e Amazonas”. In coda, avanziamo perso la tomba. “Vedi, dice la ministra, quante giovanissime ci sono nelle Fanb?”. A 8 anni dal decreto esecutivo con il quale Obama dichiarava il Venezuela una minaccia inusuale e straordinaria, quanto è costato resistere al bloqueo?
“Le donne – risponde ancora Diva – sono state presenti in tutte le tappe della rivoluzione. Aver superato la condizione di vittima dell’imperialismo, ci ha reso più forti per superare la condizione di vittima nelle tante forme di violenza di genere. Il bloqueo è stato un’opportunità per convertire il negativo in positivo, per sviluppare sempre più abilità e superare ogni forma di violenza. Questa tappa di rinascimento è anche un rinascimento di genere, in questo giorno così importante”.
Pur con tutte le difficoltà, anche se le donne, come tutto il popolo, sono state colpite dalla guerra economica – aggiunge Diva – l’agenda femminista è andata avanti. Le donne hanno acquisito una maggior coscienza dei compiti che le attendono e un maggior potere. Un risultato visibile anche sul piano parlamentare, perché l’Assemblea nazionale ha licenziato molte leggi importanti, come quella delle difensori popolari.
Con noi c’è anche Lidice Nava, che fa parte della direzione nazionale dell’Union nacional de mujeres e del Frente Femminista Nora Castaneda. “Oggi, dice, è per noi un’occasione di ricordare le conquiste ottenute dalle donne rivoluzionarie nel mondo, e di ricordare una grande femminista e internazionalista come Nora Castañeda, a cui dedichiamo il nostro lavoro nel campo socio-produttivo, in un costante esercizio di sovranità della donna, presente con il suo impegno in tutti i campi della vita in Venezuela”.
Lorena Peña Mendoza, è presidenta della Federazione democratica internazionale delle donne (Fedim). È venuta dal Salvador, dove sta rischiando il carcere a seguito un’operazione di lawfare che il regime di Bukele le ha orchestrato contro. “Siamo in presenza di un regime neoliberale, fascista – dice – che sta portando avanti una persecuzione generalizzata, non solo contro l’opposizione politica, ma anche contro la popolazione povera. Un regime d’eccezione che in 10 mesi ha messo in carcere senza processo 60.000 persone 18.000 delle quali, sono donne”.
Lorena è stata presidenta del parlamento per l’Fmln: “Contro di noi – denuncia – è in corso un’operazione di giudizializzazione politica per inabilitarci e per screditare il nostro lavoro parlamentare. Addirittura, mi accusano di aver stornato fondi a favore di chi non ne aveva bisogno. Fondi usati per progetti di alfabetizzazione delle donne o per la cultura comunitaria dei più poveri fra i poveri. Loro sono i corrotti, e accusano noi di esserlo perché non ci perdonano le politiche a favore del popolo. Dobbiamo denunciare il lawfare, che si sta diffondendo in molti paesi dell’America latina”.
All’entrata del Poliedro, un gruppo di operaie scherza fra loro e con una bambina piccola. Si chiamano Dubraska, Maricela, Maria, Ana… Fanno parte di una fabbrica dello stato, fondata da Chávez, Conglomerato Produttivo: produrre vestiti e scarpe di qualità, dicono, e di marca venezuelana. Un forte antidoto alla guerra economica. Una fabbrica femminista, dicono, composta da “guerriere che non si fanno mettere i piedi in testa dai maschi”.
Poco più in là, rappresentanti della Mision Madres del Barrio, proveniente da Anzoategui. E poi la milizia, le bandiere del Psuv, quelle del movimento Free Alex Saab, venuto a testimoniare vicinanza a Camilla Fabri, moglie del diplomatico sequestrato e deportato negli Usa. A lei si rivolgeranno anche il presidente e la Prima Combattente, Cilia Flores, per lodarne il coraggio nella battaglia per la liberazione del suo sposo.
Accompagnato dalla vicepresidenta, Delcy Rodriguez, Maduro farà un annuncio importante, che ha preso corpo – dice – nell’ultimo Congresso delle Donne, l’anno passato: la creazione della Gran Misión Mujer Venezuela, che ha l’obiettivo di aumentare gli investimenti dello Stato in tutti i campi che interessano le donne. Per il capo di Stato, “la donna venezuelana deve sentire tutto l’amore del governo bolivariano, da quando nasce, e per tutto il suo processo di sviluppo e crescita. Deve avere il potere della conoscenza, dei valori e della vita”.
Il compito di organizzare la Gran Misión Mujer Venezuela toccherà alla vicepresidenta esecutiva, Delcy Rodríguez, accompagnata dalle ministre di Scienza e Tecnologia, Gabriela Jiménez; della Salute, Magaly Gutiérrez; dell’educazione, Yelitze Santaella e dallo Stato Maggiore della Donna venezuelana.
“È ora di unire tutti i programmi sociali, tutte le forme di finanziamento affinché le donne prendano sempre più le redini della società. Per mano delle donne, il futuro è assicurato, sono garantite tutte le vittorie della Patria”, ha detto il presidente.