Tradimento o come alimentare la russofobia?

A proposito dell’articolo di Pedro de la Hoz sul giornale Granma (condivido link qui sotto) sulla trasmissione della miniserie Tradimento (GB-EE., 2022), il 2 aprile, nello spazio domenicale Alto Impatto, su Multivision, volevo commentare che, oltre a quanto sia spiacevole la sua posizione anti-russa velenosa e diretta, che fa parte delle indicazioni da Washington, a mio avviso è deplorevole che nella nostra televisione si mettano così tanti prodotti audiovisivi “Made in USA”, non mi riferisco a quelli di qualità, che sono i benvenuti, bensì a questi ripetitori pappagallo delle posizioni ufficiali del governo di questo paese, in cui i loro agenti dei servizi di intelligence USA vengono esaltati (il principale incoraggiante ed esecutore di guerre nel XX e XXI secolo a livello mondiale) e dei suoi alleati o sono paesi subordinati? Sono prodotti che blasonano in modo ripetitivo (come raccomandava Goebbels) il pacchetto di linee di messaggi falsi, concepito dalla propaganda USA.

Tutto molto in stile manicheo di sempre: gli yankee secondo loro sono i buoni e i russi i cattivi del film. Gli yankee (che, tra l’altro, sostengono e proteggono lo Stato terrorista di Israele, che uccide i palestinesi apparentemente con “diritto di corso”) si fingono buoni, questi yankee della finzione e i cinesi vengono presentati come i cattivi. Sempre la stessa cosa… gli yankee erano i buoni nel XIX secolo e i popoli originari dei territori occupati con la forza (e che oggi sono l’ovest del territorio americano) erano i cattivi. Secoli di canto cacofonico dell’egemone.

E mentre, nell’auto vanagloriata Europa “educata, civile e colta” (non è una citazione testuale, sono virgolette per riflettere il dubbio) succede questo che cita Pedro de la Hoz nel suo articolo:

“Si è giunti a quella che è una vera barbarie: sospendere le rappresentazioni di balletto e le esibizioni di artisti russi in Europa. Il celebre teatro La Scala di Milano ha dovuto piantare con fermezza davanti alla campagna del console ucraino nella città italiana affinché proibissero la prima della stagione 2022-23 con Boris Godúnov, del notevole compositore russo Modest Mussorgski.”

Che ognuno tragga le proprie conclusioni. Io, per ora, nonostante il buon cast attoriale, che mi piace, dopo pochi minuti dopo aver visto un prodotto anti russo così vomitivo, ho deciso di cambiare canale.

José Carlos Rodríguez Ruiz

Vedi: https://www.granma.cu


Traición o come alimentare la russofobia

Nella serie si percepisce l’atmosfera antirussa, che corrisponde ad una tendenza sostenuta in questi tempi

Pedro de la Hoz

Lo spettatore potrebbe aver apprezzato Traición (Betrayal-Tradimento ndt) (GB-USA, 2022, nella fascia domenicale Alto impacto, in Multivisión). Potrebbe obiettare, se è un esigente seguitore delle trame poliziesche, sugli aspetti relativi allo svolgimento della trama. Ma se si considera il contesto in cui la serie è stata prodotta ed esibita, converrà con questo cronista sull’atmosfera antirussa che attraversa, da cima a fondo, la visione che corrisponde a una tendenza sostenuta in questi tempi.

Niente di nuovo sotto il sole. Prima dell’esistenza dell’Unione Sovietica, il russo era visto e raccontato attraverso il prisma del risentimento verso una presunta cultura barbara, nonostante Dostoevki e Turgenev, Pushkin e Tolstoj.

Lo storico d’arte José Antonio Valdés Peña, dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, ha ricordato come nel 1912, agli albori del cinema muto, il film ‘La creazione di un cittadino americano’ (‘Making an American Citizen’ Alice Guy Blaché, tra l’altro, la prima donna a dirigere) raccontava la conversione di un uomo russo, violatore di donne e ottuso di mente, in un essere moralmente e materialmente rinato nel ricevere l’influsso benefico dello stile di vita USA.

Osservando l’esacerbarsi della russofobia scatenata dallo scoppio dell’attuale guerra sul suolo ucraino, un suo collega, Ricardo Trujillo Correa, ha affermato, non molto tempo fa, che “attraverso i media e altre espressioni culturali, è stata creata questa costruzione di pensiero del russo come tutto ciò che è alieno, malvagio, perverso, mafioso».

Ai tempi della guerra fredda, il bipolarismo geopolitico ha trovato il suo corrispettivo nella letteratura, nel fumetto e nel cinema. Non tutti furono bravi come John Le Carré con ‘The Spy Who Came in from the Cold’; il più frequente è consistito nello spargere rozzi archetipi sullo stile di quanto si dice in Rocky IV o Firefox, o nel demonizzare gli agenti del KGB mentre si canonizzava la CIA, l’FBI o gli M britannici.

A più di 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, sembra che non stia bene avere simpatie verso la Russia, neppure nel mero piano culturale. Non importa la posizione che si prenda riguardo al conflitto russo-ucraino. Si è arrivati ​​a ciò che è una vera barbaria: sospendere gli spettacoli di balletto e le esibizioni di artisti russi in Europa. Il famoso teatro La Scala, di Milano, ha dovuto opporsi fermamente alla campagna del console ucraino nella città italiana affinché vietasse la prima della stagione 2022-23 con Boris Godúnov, del noto compositore russo Modest Mussorgski.

E sono stati perpetrati atti del massimo del ridicolo, come l’espulsione di gatti provenienti dalla Russia al concorso europeo per selezionare gli esemplari felini più belli o insinuare che Hailey Bieber, sì, la figlia dell’attore Stephen Baldwin e moglie del cantante Justin Bieber, sia russofila per aver postato in rete un suo ritratto in cui il suo volto ricorda vagamente i lineamenti del giovane Putin.

Non sorprende che nella rocambolesca storia del protagonista di Traición, l’agente dell’MI6 Adam Lawrence (Charlie Cox) e la sua ex collega (e amante) dei servizi russi Kara Yusova (Olga Kurylenko) cadano vittima di una spia britannica che si è venduta all’oro di Mosca.

Con questo, come inizio e fine di tutti i mali, si sfuoca parzialmente l’intenzione degli sceneggiatori Matt Charman e Amanda Duke di rendere più complesso il tessuto narrativo (e ideologico, diciamo le cose per nome) rispecchiando la bassezza etica di alcuni politici britannici, l’ambizione di potere e la mancanza di scrupoli di un titolare dell’MI6 che ci rimanda al molto reale statunitense J. Edgar Hoover; e alla sfacciata ingerenza della CIA nella vita dei protagonisti (se si intromettono negli “oscuri angoli del mondo”, niente di straordinario che lo facciano a Londra).


Traición o cómo alimentar la rusofobia

En la serie se percibe la atmósfera antirrusa, lo cual se corresponde con una tendencia sostenida en estos tiempos

Autor: Pedro de la Hoz

Puede que el telespectador haya disfrutado Traición (GB-EE. UU., 2022, en el espacio dominical Alto impacto, en Multivisión). Puede que ponga reparos, si es un exigente seguidor de tramas policiales, a aspectos relacionados con el despliegue argumental. Pero al considerar el contexto en que se produjo y exhibió la serie, convendrá con este cronista acerca de la atmósfera antirrusa que atraviesa de arriba abajo la exposición, lo cual se corresponde con una tendencia sostenida en estos tiempos.

Nada nuevo bajo el sol. Antes de la existencia de la Unión Soviética, lo ruso fue visto y contado bajo el prisma del resquemor ante una cultura supuestamente bárbara, a pesar de Dostoiesvki y Turguénev, de Pushkin y Tolstói.

El historiador del arte José Antonio Valdés Peña, de la Universidad Nacional Autónoma de México, recordó cómo en 1912, en los albores del cine mudo, la película La creación de un ciudadano americano (Alice Guy Blaché, por cierto, la primera mujer en dirigir) relataba la conversión de un hombre ruso, abusador de mujeres y de mente obtusa, en un ser moral y materialmente renacido al recibir el influjo benéfico del modo de vida estadounidense.

Al observar la exacerbación de la rusofobia, desatada a raíz del estallido de la actual guerra en suelo ucraniano, un colega suyo, Ricardo Trujillo Correa afirmó, no hace mucho, que «por medio de los medios de comunicación y otras expresiones culturales, nos han creado esta construcción de pensamiento de lo ruso como todo lo ajeno, lo malvado, lo pervertido, lo mafioso».

En tiempos de la guerra fría, el bipolarismo geopolítico halló su correlato en la literatura, el cómic y el cine. No todos hilaron fino como John Le Carré con El espía que vino del frío; lo más frecuente consistió en derramar burdos arquetipos al estilo de lo que se dice en Rocky IV o Firefox, o en demonizar a los agentes de la KGB mientras se canonizaba a la CIA, el FBI o los M británicos.

Más de 30 años después de la caída del muro de Berlín, tal parece que no está bien tener simpatía hacia Rusia, ni siquiera en el mero plano de la cultura. No importa la postura que se guarde respecto al conflicto ruso-ucraniano. Se ha llegado a lo que sí es una verdadera barbarie: suspender representaciones de ballet y exposiciones de artistas rusos en Europa. El célebre teatro La Scala, de Milán, tuvo que plantar con firmeza ante la campaña del cónsul ucraniano en la ciudad italiana para que prohibieran el estreno de la temporada 2022-23 con Boris Godúnov, del notable compositor ruso Modest Mussorgski.

Y se han perpetrado actos de máxima ridiculez, como expulsar a los gatos provenientes de Rusia en el concurso europeo para seleccionar a los más bellos ejemplares felinos o insinuar que Hailey Bieber, sí, la hija del actor Stephen Baldwin y esposa del cantante Justin Bieber, es rusófila por publicar en las redes un retrato suyo en el que su rostro recuerda vagamente las facciones del joven Putin.

No es de extrañar que en la rocambolesca historia del personaje principal de Traición, el agente del MI6 Adam Lawrence (Charlie Cox) y su antigua colega (y amante) de los servicios rusos Kara Yusova (Olga Kurylenko) sean víctimas de un espía británico que se vendió al oro de Moscú.

Con ello, como principio y fin de todos los males, se difumina parcialmente la intención de los guionistas Matt Charman y Amanda Duke de complejizar el tejido narrativo (e ideológico, digamos las cosas por su nombre) al reflejar la bajeza ética de algunos políticos británicos, la ambición de poder y falta de escrúpulos de un titular del MI6 que nos remite al muy real estadounidense J. Edgar Hoover; y la descarada intromisión de la CIA en la vida de los protagonistas (si se meten en «oscuros rincones del mundo», nada extraordinario es que lo hagan en Londres).

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