Di recente è diventato virale un video del caro senatore Marco Rubio, molto preoccupato che paesi come Russia, Cina e Brasile stiano stringendo accordi per negoziare e commercializzare prodotti e servizi con le proprie valute, non con l’onnipresente e onnipotente dollaro. Rubio, con sorprendente candore, ha ammesso che per l’impero ciò rappresentava un tremendo rischio: come avrebbero poi sanzionato i paesi se il dollaro non fosse più indispensabile?
Resta inteso che in un’architettura finanziaria globale basata sulla speculazione, il potere e i simboli quasi potrebbero catalogarsi come valori aggiunti dell’economia. Il dollaro è stato il simbolo dell’imperialismo USA, la sua divisa di conquista e sottomissione, poiché ha ottenuto che la stragrande maggioranza delle transazioni internazionali si realizzino in quella valuta. L’euro, moneta della comunità europea, pur avendo momenti di maggiore apprezzamento quantitativo, non è passato dall’essere sussidiario mentre l’Unione Europea, esplicitamente o velatamente, si comporta da vassalla degli USA.
Ma che nazioni “nemiche” inizino a muoversi verso il campo finanziario, che inizino a mettere in discussione e mancare di rispetto al sacrosanto monopolio del dollaro, implica che gli USA stanno perdendo muscoli. Il suo simbolo si sta esaurendo, mentre si esauriscono le capacità della sua economia di espandersi e il suo dominio a livello globale si vede sempre più minato.
Questo implica che, alla fine, è giunto il mondo multipolare di cui tanto si è parlato? Si è esaurita, una volta per tutte, la titolarità egemonica dell’impero?
Sfortunatamente no. Gli USA continuano ad essere ancora il padrone del mondo. Le loro centinaia di basi militari, le loro centinaia di migliaia di soldati all’estero, la loro influenza sulle nazioni che dipendono da loro, ne fanno ancora la principale potenza a livello internazionale. Tuttavia, tale status è oggi sfidato come mai prima d’ora, almeno dal collassoo del campo socialista in Europa.
La preoccupazione di Marco Rubio è, quindi, legittima (sebbene non siano neppure lontanamente legittimi gli scopi e gli obiettivi difesi da questo signore e dalla sua cricca). Se l’impero non prende misure o non riesce a invertire questo esaurimento della fiducia nella sua forza economica, gli rimarrà solo il suo potere militare, che dipende anche, a lungo termine, dalla sua solidità finanziaria. Se gli USA e il dollaro non possono continuare ad essere il principale referente mondiale, dovrà rinunciare a governare le sorti del mondo (come hanno fatto, in un modo o nell’altro, fino ad ora).
Paradosso dell’isolazionismo, i politici che una volta si sono scagliati contro i “globalisti” per aver pensato che fosse troppo oneroso per gli USA mantenere così tante truppe fuori dal suo territorio nazionale, sostenere governi ed entità straniere, finanziare organizzazioni multilaterali, forse vedono ora che tutta la prosperità USA, il sogno americano dipende in larga misura dal suo potere di sottomettere il resto della comunità internazionale. Senza la capacità di sanzionare, senza la capacità di imporre, senza la capacità di estorcere né con il simbolo del dollaro né con la minaccia dei cannoni, non solo crolla l’impero, bensì si erodono anche le fondamenta stesse di quella nazione.
Per questo il candore di Marco Rubio ci intenerisca e, allo stesso tempo, allieti la nostra giornata: noi, vecchi nemici dell’imperialismo, assistiamo a questo pianto per il cambio di epoca, che forse richiederà tempo, ma che sembra sempre più irreversibile.
(Tratto da Granma)
Dólar y cañón
Por: Michel E Torres Corona
Recientemente se hizo viral un video del entrañable senador Marco Rubio, muy preocupado porque países como Rusia, China y Brasil están haciendo acuerdos para negociar y comercializar productos y servicios con monedas propias, no con el omnipresente y omnipotente dólar. Rubio, con pasmosa candidez, admitió que para el imperio esto representaba un riesgo tremendo: ¿cómo iban a sancionar entonces a países si el dólar ya no era imprescindible?
Se entiende que en una arquitectura financiera global basada en la especulación, el poder y los símbolos casi pudieran catalogarse como valores agregados de la economía. El dólar ha sido el símbolo del imperialismo estadounidense, su divisa de conquista y sumisión, en tanto ha logrado que la inmensa mayoría de las transacciones internacionales se realicen en esa moneda. El euro, la moneda de la comunidad europea, incluso teniendo momentos de mayor valoración cuantitativa, no ha pasado de ser subsidiario en tanto la Unión Europea, de forma explícita o velada, se comporta como vasalla de Estados Unidos.
Pero que naciones «enemigas» comiencen a moverse hacia el campo financiero, que comiencen a cuestionar e irrespetar el sacrosanto monopolio del dólar, implica que Estados Unidos está perdiendo músculo. Su símbolo se agota, en tanto se agotan las capacidades de su economía de expandirse y su señorío a nivel global se ve cada vez más menoscabado.
¿Implica esto que por fin llegó el mundo multipolar del que tanto se ha hablado? ¿Se agotó de una vez la titularidad hegemónica del imperio?
Lamentablemente, no. Estados Unidos sigue siendo el dueño del mundo. Sus centenares de bases militares, sus cientos de miles de soldados en el extranjero, su influencia sobre naciones que dependen de ellos, los hace ser todavía la principal potencia a nivel internacional. Sin embargo, ese estatus está siendo desafiado hoy como nunca antes, al menos desde el colapso del campo socialista en Europa.
La preocupación de Marco Rubio es, por ende, legítima (aunque no sean ni por asomo legítimos los fines y metas que defienden ese señor y su claque). Si el imperio no toma medidas o no logra revertir esa depauperación de la confianza en su fuerza económica, se quedará solo con su poder militar, que también depende, a largo plazo, de su robustez financiera. Si Estados Unidos y el dólar no pueden continuar siendo el principal referente global, tendrá que renunciar a regir los destinos del mundo (como lo ha hecho, de una forma u otra, hasta ahora).
Paradoja del aislacionismo, los políticos que alguna vez se enfrentaron a los «globalistas» por asumir que resultaba demasiado oneroso para EE. UU. mantener tantas tropas fuera de su territorio nacional, apoyar a gobiernos y a entidades extranjeras, sufragar a organizaciones multilaterales, quizá vean ahora que toda la prosperidad estadounidense, el american dream, depende en gran medida de su poder para someter al resto de la comunidad internacional. Sin capacidad para sancionar, sin capacidad para imponer, sin capacidad para extorsionar ya sea con el símbolo del dólar o con la amenaza de los cañones, no solo se derrumba el imperio, sino que también se erosionan los cimientos mismos de esa nación.
De ahí que la candidez de Marco Rubio nos enternezca y, a la vez, nos alegre el día: nosotros, viejos enemigos del imperialismo, asistimos a este llanto por el cambio de época, que quizá demore, pero que cada vez más parece irreversible.
(Tomado de Granma)