La principale ragione della migrazione dal Venezuela all’estero è la caduta del bilancio pubblico. Ciò conferisce alla maggior parte dei migranti lo status di “migranti economici”. La caduta degli ingressi per esportazioni dello Stato ha segnato un bilancio negativo nel 2020, che ha segnato una perdita del 99% di valuta estera che entravano alla BCV (Banca Centrale del venezuela).
L’impatto del blocco sulle finanze statali ha generato uno schock per l’intera struttura dei servizi pubblici e sociali: sanità, istruzione, elettricità, acqua, carburante. In sintesi, il saldo del danno alle condizioni elementari di vita è stato molto negativo, soprattutto dal 2017 al 2021.
Si stima che sia proprio durante questo periodo che si è generata più migrazione dal Venezuela. Ma da allora fino ad oggi potrebbe esserci un cambio di schema. Una parte importante —da considerare— dei migranti sono ora lavoratori del settore pubblico, o membri di famiglie il cui reddito dipendeva da quel ramo.
A causa del blocco, si è prodotta un’immobilizzazione nella politica di adeguamento delle buste paga dei dipendenti pubblici e dei pensionati. Nel febbraio 2022 il reddito minimo ufficiale era di 3 USD/mese. Sebbene ci sia stato un aumento a 30 USD/mese, nel marzo 2022, si è nuovamente degradato —a causa dei vincoli di bilancio, svalutazione e inflazione— e ha raggiunto circa 5 USD/mese entro la fine di aprile di quest’anno.
Altre componenti della migrazione sono l’adattamento e il consolidamento della situazione socioeconomica di alcuni dei migranti delle ondate degli anni precedenti. Una volta questi si siano assicurati condizioni minime all’estero, si ricongiungono con i loro parenti in quei paesi-destinazione.
Esistono inoltre componenti proprie della soggettività politica che incoraggiano la migrazione. Le opposizioni in Venezuela, cercando di capitalizzare politicamente la situazione del Paese, preferiscono omettere di aver chiesto il blocco e affermare che “in Venezuela non si può vivere”. Banalizzano, rifiutano e attaccano qualsiasi narrazione di resilienza e miglioramento dei venezuelani che hanno migliorato la loro situazione nel Paese. Inoltre omettono la ripresa che si è verificata nel PIL, dalla fine del 2021. La narrativa disfattista è stata elevata a categoria di componente psicosociale che incoraggia la migrazione.
La gioventù venezuelana è stata particolarmente bombardata da false promesse sulla migrazione, soprattutto attraverso l’impulso tramite algoritmi delle reti sociali. Molti sono stati convinti che lavorare in condizioni sottopagate all’estero sia meglio che studiare in un’università gratuita a casa. Si può affermare che nel quadro della multiforme strategia c’è interesse a spogliare il Paese del nostro bonus demografico (popolazione giovane che entra in età economicamente attiva).
L’UTILIZZO DELLA MIGRAZIONE DAL VENEZUELA
La migrazione venezuelana si è convertita in un fattore strumentalizzato da attori al di fuori del Venezuela, sia per motivi politici che per motivi di profitto, opacità nella destinazione delle risorse e corruttele.
Il Venezuela non accetta che il termine “rifugiati” sia usato per i nostri migranti. L’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (IOM) delle Nazioni Unite (ONU), applica la categoria di “migranti per motivi economici”.
Il criterio della stessa OIM è che il termine “rifugiati” è inteso come una categoria che si applica a persone a rischio della loro integrità, persecuzione o minaccia per motivi politici, razziali o religiosi. È persino ridicolo affermare che lo Stato venezuelano perseguiti così tante persone che si trovano all’estero.
I connazionali che sono tornati in questi anni lo hanno fatto con assoluta libertà. Abbiamo infatti “migranti pendolari” che vanno e vengono dall’estero molto frequentemente e non possono essere classificati come “rifugiati”.
L’uso del termine “rifugiati” è politicamente e narrativamente tendenzioso. Gli attori che lo promuovono, come l’OSA, affermano che questa questione migratoria “è una crisi di profughi più grande di quella della Siria”. Pretendono mettere il Venezuela in uno stato di guerra armata e tentano di equiparare il governo venezuelano ad organizzazioni terroristiche come lo Stato Islamico.
Il qualificativo “rifugiati” è una risorsa comunicativa al fine di promuovere la narrazione di “crisi umanitaria”, “Stato fallito” e allo stesso tempo di criminalizzare il nostro governo. Vogliono vittimizzare la migrazione per richiedere risorse a nome di essa e per la tale situazione.
In questi anni alcuni governi vicini e partiti politici hanno posto il termine al centro delle loro campagne politiche anti-sinistra. Sebbene molti di questi governi abbiano sostenuto il blocco contro il Venezuela, si vantavano di metterne in discussione e travisare le sue conseguenze, come la stessa migrazione dei venezuelani verso i loro paesi. Sia i governi che le ONG all’estero coinvolte nella questione sono stati beneficiari economici della migrazione.
Il governo USA ha detto di inviare 656 milioni di $ in Venezuela, tra il 2017 e il 2019, presumibilmente destinati ad “aiuti umanitari”. Ciò non si è visto riflesso in nessuna azione sociale sul territorio nazionale, tanto meno nella questione migratoria.
Nel 2018, l’Unione Europea ha stanziato 35,1 milioni di euro per presunti aiuti alla migrazione venezuelana, denaro letteralmente destinato ai governi vicini.
Nel 2021 Iván Duque ha dichiarato che il suo governo riceveva risorse per ogni migrante: “Non abbiamo ricevuto più di 300 $ per migrante”, ha precisato, pur ritenendo che l’importo fosse insufficiente. Ha indicato che stimava che ci fossero 1 milione e 800 mila venezuelani in Colombia. Secondo le sue stesse cifre, solo la Colombia avrebbe potuto ricevere 540 milioni di $ per occuparsi della migrazione venezuelana in quel momento. Duque sollecitava 3000 $ per ogni migrante.
Alcuni fattori hanno creato un’architettura del furto all’estero; l’hanno formalizzato. Ad esempio, David Smolansky, un fuggitivo dalla giustizia venezuelana, è stato nominato commissario dalla Segretaria Generale dell’OSA per la Migrazione venezuelana. Hanno organizzato eventi per attirare donazioni da enti pubblici e privati e preparato un dettagliato informe su quanti milioni di $ dovrebbero andare a ciascun paese e alle sue ONG. Ma finora non c’è un controllo dei conti per quanto è stato speso.
Un rapporto dell’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale, (USAID) pubblicato nel luglio 2021, ha indicato che questa entità aveva consegnato 507 milioni di $ e ha espresso dubbi sulla destinazione di quei soldi. Il documento intitolato “Processi migliorati e requisiti dell’esecutore necessari per le sfide e i rischi di frode nella risposta di USAID rispetto al Venezuela” indicava che solo il 2% degli “aiuti umanitari” di tale organismo è arrivato nelle mani di coloro che lo richiedevano, mentre il restante 98% ha avuto utilizzi diversi dagli obiettivi originari. La maggior parte è andata a governi e ONG.
Nel giugno 2021, e ancora avendo dubbi sulle risorse erogate, la cosiddetta “comunità internazionale” ha promesso di stanziare più di 1,5 miliardi di $ per i Paesi che accolgono migranti venezuelani.
L’ “interim” promosso dall’estero è anche stato un covo di corruzione. Secondo i suoi stessi conti, molto opachi, in tre anni e mezzo i fondi rubati alla nazione gestiti dal “governo ad interim” sono stati di 228 milioni di $. Di questi, presumibilmente, 159 milioni di $ sono stati stanziati per “aiuti umanitari”. Ma tutto è stato rubato.
Ancora, in questo 2023 l’Unione Europea ha stanziato altri 75 milioni di euro per i governi e le ONG coinvolte nella questione.
Il Venezuela comprende che la presenza dei suoi connazionali nei paesi vicini aumenti la domanda di servizi sociali nei paesi. Ma questi non riferiscono di come la presenza di questa popolazione incida positivamente sul loro PIL, aumenti il livello di consumo —domanda di beni e servizi— e l’aumento della disponibilità di personale —in molti casi qualificato— per le attività economiche nei paesi di destinazione -capitale umano-.
Il Venezuela non sa chiedere aiuto all’estero per affrontare la migrazione. Storicamente abbiamo avuto un saldo migratorio positivo fino al 2017, proprio quando le misure coercitive hanno avuto un’escalation.
Nel 2015, erano registrate 1159000 persone come immigrate in Venezuela, cifra che esclude milioni di colombiani che avevano già la nazionalità venezuelana e che non erano classificati come stranieri.
Ricordiamo che per l’anno 2004 la stima dei colombiani irregolari in Venezuela era compresa tra 2 e 4 milioni di persone. Il presidente Hugo Chávez ha dato la nazionalità a 220000 persone, nel 2004, a circa 186000, nel 2005, e così via. Le cifre erano così alte che si è dovuto creare un Piano per la Regolarizzazione degli Stranieri nel Paese. Circa 3 milioni di colombiani di origine hanno acquisito la nazionalità. Il Venezuela non ha richiesto risorse per prendersene cura.
Non ci sono regolamenti per le ONG, non c’è controllo che richieda loro trasparenza per l’utilizzo di queste risorse. Per il loro funzionamento al di fuori dei governi, si può affermare che fanno parte di meccanismi formalizzati per il furto.
LE AZIONI PER CONTENERE IL FENOMENO
Entro gli importanti limiti finanziari il Venezuela ha applicato azioni per affrontare il fenomeno sia nel congiunturale che nello strutturale.
Nel congiunturale deve considerarsi il Plan Vuelta a la Patria come l’unica misura di questo tipo rivolta alla migrazione venezuelana.
Sebbene i paesi vicini ricevano centinaia di milioni di $ per prendersi cura dei venezuelani, non offrono condizioni minime a coloro che manifestano di voler tornare. Li lascino a piedi a un varco di uscita frontaliero applicando metodi di espulsione. Gli è impedito il transito di ritorno. Questa è stata la causa delle situazioni viste negli ultimi giorni nel nord del Cile.
Il Venezuela, invece, nonostante i suoi limiti, offre voli aerei e ha rimpatriato più di 30000 connazionali attraverso questo Piano.
Il Plan Vuelta a la Patria ha trovato solo ostacoli nei paesi vicini su questioni come i permessi per Conviasa, la fornitura di carburante ai nostri aerei —in Cile e Perù— e ci sono anche paesi come l’Argentina dove non è possibile andare per timore che sequestrino i nostri aerei.
Il Venezuela ha offerto risposte concrete alla questione, ma i Paesi che potrebbero contribuire a finanziare il Plan Vuelta a la Patria non lo fanno perché si sottomettono alle richieste “sanzionatorie”.
Ci sono governi che si lamentano di doversi occupare dei venezuelani. Ma sarebbe più economico per loro se aiutassero a rimpatriare, in condizioni dignitose, coloro che chiedono sostegno per rientrare. Sono contraddittori.
Nello strutturale, il Venezuela si è occupato di riabilitare le infrastrutture di servizio pubblici per recuperare la loro operatività. Elettricità, acqua, gas domestico, carburanti, telecomunicazioni. Tutti questi servizi hanno recuperato parte della loro qualità per incidere positivamente sulle condizioni di vita della popolazione.
In materia di servizi sociali, si sta lavorando al recupero di 40000 edifici per servizi sanitari ed educativi in tutto il Paese. Questo ripristino potrebbe essere più accelerato, ma si è rallentato perché gli obiettivi delineati quest’anno nei settori della salute e dell’istruzione sono stati pianificati sulla base delle risorse —3,2 miliardi di dollari— concordate in Messico lo scorso anno. Né l’opposizione venezuelana né il governo USA hanno adempiuto.
Il Venezuela ha riportato il suo PIL in territorio positivo dalla fine del 2021 e per tutto il 2022. Il PIL venezuelano è stato il più alto della regione nel 2022. La ripresa ha consentito al settore privato di aumentare i salari dei suoi lavoratori, stimati in media tra i 120 e 200 $ al mese per la maggior parte di quella forza lavoro.
Tuttavia, il nodo critico continua a essere negli stipendi pubblici e nelle pensioni. Il nuovo importo annunciato porta le entrate da 5 USD/mese a 75 USD, in linea con quanto pubblicato il 1 maggio.
La sfida dello Stato venezuelano è rendere sostenibile la base salariale e promuoverne l’aumento, con il blocco alle spalle. Se si mantengono i nuovi introiti per coloro che compongono gli stipendi pubblici, si avrà un impatto favorevole su diverse variabili.
L’aumento dei consumi nella domanda di beni e servizi può favorire il ciclo di retroalimentazione delle attività economiche —aumento del PIL— e, quindi, ci sarebbe una maggiore riscossione delle tasse da parte dello Stato. Un tale insieme di fattori inciderà positivamente sulle condizioni generali della popolazione.
Se i Paesi vicini vogliono affrontare la questione migratoria venezuelana, devono contribuire positivamente sulle cause strutturali che l’hanno generata; devono aiutarci a rompere il blocco.
Possibili scenari come il ritorno del Venezuela nella Comunità Andina delle Nazioni (CAN) e la restituzione della nostra piena appartenenza al MERCOSUR sono canali per offrire migliori condizioni per le relazioni commerciali, allo stesso tempo contribuiranno a risolvere la questione migratoria attraverso i termini previsti in questi meccanismi.
LAS CAUSAS FUNDAMENTALES DE LA MIGRACIÓN DESDE VENEZUELA
La principal razón de la migración desde Venezuela al extranjero es la caída del presupuesto público. Eso le da a la mayoría de los migrantes la condición de “migrantes económicos”. La caída de los ingresos por exportaciones del Estado arrojó un registro negativo en 2020, marcó 99% en pérdidad de las divisas que ingresaban al BCV.
El impacto del bloqueo a las finanzas del Estado generó un schock en toda la estructura de servicios públicos y sociales: Salud, educación, electricidad, agua, combustibles. En sumatoria, el saldo de afectación a las condiciones elementales de vida fue muy negativo, especialmente desde 2017 hasta 2021.
Se estima que es justamente durante ese lapso cuando se ha generado más migración desde Venezuela. Pero de ahí hasta ahora podría haber un cambio de patrón. Una parte importante —por considerar— de los migrantes son ahora trabajadores del sector público, o integrantes de familias cuyos ingresos dependían de ese ramo.
A causa del bloqueo se produjo una inmovilización en la política de ajustes a la nómina para trabajadores públicos y pensionados. En febrero de 2022 el ingreso oficial mínimo era de 3 USD/mens. Aunque se produjo un aumento a 30 USD/mens en marzo 2022, este se degradó nuevamente —por las limitaciones presupuestarias, devaluación e inflación— y alcanzó unos 5 USD/mens para finales de abril de este año.
Otros componentes de la migración es la adaptación y consolidación de la situación socioeconómica de algunos de los migrantes de oleadas de años anteriores. Una vez estos se aseguran en condiciones mínimas en el extranjero, se reúnen con sus familiares en esos países-destino.
Existen además componentes propios de la subjetividad política que instan a la migración. Las oposiciones en Venezuela, tratando de rentabilizar políticamente la situación del país, prefieren omitir que han solicitado el bloqueo y dicen que “en Venezuela no se puede vivir”. Banalizan, rechazan y atacan toda narrativa de resiliencia y de superación de los venezolanos que han mejorado su situación en el país. Además omiten la recuperación que ha ocurrido en el PIB desde finales de 2021. La narrativa desesperanzadora se ha elevado a la categoría de componente psicosocial que alienta la migración.
La juventud venezolana ha sido especialmente bombardeada con falsas promesas sobre la migración, especialmente mediante el impulso vía algoritmo de redes sociales. Muchos han sido convencidos de que trabajar en condiciones subpagadas en el extranjero es mejor que estudiar en una universidad gratuita en su país. Puede afirmarse que en el marco de la estrategia multiforme hay interés de despojar el país de nuestro bono-demográfico (población joven que ingresa a la edad económicamente activa).
EL APROVECHAMIENTO DE LA MIGRACIÓN DESDE VENEZUELA
La migración venezolana se ha convertido en un factor instrumentalizado por actores fuera de Venezuela, tanto por razones políticas como por razones de lucro, opacidad en el destino de los recursos y corruptelas.
Venezuela no acepta que el término “refugiados” sea empleado para nuestros migrantes. Según la Organización Internacional de Migración (OIM) de la Organización de Naciones Unidas (ONU), aplica la categoría de “migrantes por razones económicas”.
El criterio de la misma OIM es que el término”refugiados” se entiende como una categoría que aplica a personas bajo riesgo de su integridad, persecución o amenaza por razones políticas, raciales o religiosas. Es incluso ridículo afirmar que el Estado venezolano persiga a tantas personas que están fuera.
Los connacionales que han regresado estos años lo han hecho con absoluta libertad. De hecho tenemos “migrantes pendulares” que van y vienen del extranjero con suma frecuencia y no pueden ser catalogados como “refugiados”.
El uso del término “refugiados” es política y narrativamente tendencioso. Los actores que lo promueven, como la OEA, afirman que este asunto migratorio “es una crisis de refugiados más grande que la de Siria”. Pretenden colocar a Venezuela en un estado de guerra armada e intentan igualar al gobierno venezolano con organizaciones terroristas como el Estado Islámico.
El calificativo de “refugiados” es un recurso comunicacional con vistas a promover el relato de “crisis humanitaria”, “Estado fallido” y al mismo tiempo de criminalizar nuestro gobierno. Quieren victimizar la migración para solicitar recursos a nombre de ellos y su situación.
Durante estos años algunos gobiernos vecinos y partidos políticos pusieron el término en el centro de sus campañas políticas antiizquierdas. Aunque muchos de esos gobiernos apoyaron el bloqueo hacia Venezuela, se ufanaban en cuestionar y tergiversar sus consecuencias, como la propia migración de venezolanos hacia sus países. Tanto gobiernos como las ONG en el extranjero involucrados en el tema han sido beneficiarios económicos de la migración.
El gobierno de Estados Unidos dijo enviar 656 millones de dólares a Venezuela entre los años 2017 y 2019, destinados supuestamente a “ayuda humanitaria”. Eso no se vio reflejado en ninguna acción social en territorio nacional ni mucho menos en el asunto migratorio.
En 2018 la Unión Europea destinó 35,1 millones de euros para supuesta ayuda a la migración venezolana, un dinero textualmente destinado para los gobiernos vecinos.
En 2021 Iván Duque manifestó que su gobierno recibía recursos por cada migrante: “No hemos recibido más de 300 dólares por migrante”, precisó, aunque consideraba que el monto era insuficiente. Indicó que estimaban que en Colombia había 1 millón 800 mil venezolanos. Según sus propias cifras solo Colombia podría haber recibido 540 millones de dólares para atender la migración venezolana en ese momento. Duque solicitaba 3 mil dólares por cada migrante.
Algunos factores han creado una arquitectura del robo en el extranjero, lo han formalizado. Por ejemplo David Smolansky, un prófugo de la justicia venezolana, fue nombrado comisionado de la Secretaría General de la OEA para la Migración venezolana. Han organizado eventos para captar donaciones de entes públicos y privados y elaboraron un informe a detalle de cuántos millones de dólares debían ir a cada país y a sus ONG. Pero hasta ahora no hay rendición de cuentas de lo gastado.
Un informe de la Agencia de Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (Usaid, por sus siglas en inglés) publicado en julio de 2021 indicó que ese ente había entregado 507 millones de dólares, y manifestó dudas del destino de ese dinero. El documento titulado “Procesos mejorados y requerimientos del implementador necesarios para los desafíos y riesgos de fraude en la respuesta de Usaid con respecto a Venezuela” indicó que solo 2% de la “ayuda humanitaria” de ese órgano llegó a manos de quienes la requerían, mientras que el 98% restante tuvo usos distintos a sus objetivos originales. La mayoría fue a dar a gobiernos y ONG.
En junio de 2021, y aun habiendo dudas sobre los recursos entregados, la llamada “comunidad internacional” se comprometió a consignar más de 1 mil 500 millones de dólares para los países que acogen migrantes venezolanos.
El “interinato” promovido desde el extranjero fue también un antro de corrupción. Según sus propias cuentas, las cuales son muy opacas, en tres años y medio los fondos robados a la nación manejados por el “gobierno interino” fueron de 228 millones de dólares. De ello supuestamente se destinaron 159 millones de dólares para la “ayuda humanitaria”. Pero todo se lo robaron.
Nuevamente, en este 2023 la Unión Europea aprobó otros 75 millones de euros con destino a gobiernos y ONG involucrados en el tema.
Venezuela comprende que la presencia de sus connacionales en países vecinos amplía la demanda de servicios sociales en los países. Pero estos no refieren cómo la presencia de dicha población impacta positivamente su PIB, aumenta el nivel de consumo —demanda de bienes y servicios— y el incremento de la disposición de personal —en muchos casos calificado— para las actividades económicas en los países-destino —capital humano—.
Venezuela no sabe de pedir ayuda al extranjero para atender la migración. Históricamente tuvimos saldo positivo migratorio hasta 2017, justo cuando escalan las medidas coercitivas.
En 2015 había registrados 1 millón 159 mil personas en condición de inmigrantes en Venezuela, cifra que excluye a millones de colombianos que ya tenían la nacionalidad venezolana y que no eran catalogados como extranjeros.
Recordemos que para el año 2004 la estimación de colombianos irregulares en Venezuela estaba entre 2 y 4 millones de personas. El presidente Hugo Chávez dio nacionalidad a 220 mil en 2004, a unos 186 mil en 2005 y así sucesivamente. Las cifras eran tan altas que se tuvo que crear un Plan de Regularización de Extranjeros en el país. Unos 3 millones de colombianos de origen alcanzaron la nacionalidad. Venezuela no pidió recursos para atenderlos.
No hay regulaciones a las ONG, no hay control que les demande transparencia para el uso de esos recursos. Por su funcionamiento más allá de los gobiernos puede afirmarse que son parte de mecanismos formalizados para el robo.
LAS ACCIONES PARA CONTENER EL FENÓMENO
Dentro de importantes límites financieros Venezuela ha aplicado acciones para atender el fenómeno tanto en lo coyuntural como en lo estructural.
En lo coyuntural debe considerarse el Plan Vuelta a la Patria como la única medida de este tipo dirigida a la migración venezolana.
Aunque los países vecinos reciben cientos de millones de dólares para atender a los venezolanos no ofrecen condiciones mínimas a quienes manifiestan querer regresar. Los dejan a pie en una puerta de salida fronteriza aplicando métodos de expulsión. Se les impide el tránsito en retorno. Esto ha sido la causa de las situaciones vistas en el norte de Chile en los últimos días.
Venezuela, en cambio, pese a sus limitaciones, ofrece vuelos aéreos y ha repatriado a más de 30 mil connacionales mediante este Plan.
El Plan Vuelta a la Patria solo ha conseguido obstáculos en países vecinos en temas como permisología para Conviasa, suministro de combustible a nuestros aviones —en Chile y Perú— y además hay países como Argentina adonde no es posible ir por temor a que secuestren nuestras aeronaves.
Venezuela ha ofrecido respuestas concretas al tema pero los países que podrían coadyuvar a financiar el Plan Vuelta a la Patria no lo hacen porque se pliegan a las exigencias “sancionatorias”.
Hay gobiernos que se quejan de tener que atender a los venezolanos. Pero sería más económico para ellos si ayudaran a repatriar en condiciones dignas a quienes solicitan apoyo para regresar. Son contradictorios.
En lo estructural Venezuela se ha ocupado en rehabilitar las infraestructuras de servicios públicos para recuperar su operatividad. Electricidad, agua, gas doméstico, combustibles, telecomunicaciones. Todos estos servicios han recuperado parte de su calidad para impactar positivamente en las condiciones de vida de la población.
En materia de servicios sociales se está trabajando en la recuperación de 40 mil edificaciones de servicios de salud y educativas en todo el país. Esta restauración podría ser más acelerada pero se ha ralentizado porque las metas trazadas en los ámbitos de salud y educación de este año se planificaron sobre la base de recursos —3 mil 200 millones de dólares— acordados en México el año pasado. Ni la oposición venezolana ni el gobierno estadounidense han cumplido.
Venezuela recuperó su PIB hacia terreno positivo desde finales de 2021 y durante todo 2022. El PIB venezolano fue el más alto en la región en 2022. La recuperación ha permitido que el sector privado incremente los salarios a sus trabajadores, que se calcula en un promedio entre los 120 y 200 dólares mensuales para la mayoría de esa fuerza laboral.
Sin embargo, el nudo crítico sigue estando en los salarios públicos y pensiones. El nuevo monto que se ha anunciado eleva los ingresos desde los 5 USD/mens a 75, acorde con lo publicado el 1º de mayo.
El desafío del Estado venezolano es hacer sostenible la base salarial y propiciar su aumento, con el bloqueo a cuestas. Si se mantienen los nuevos ingresos para quienes integran la nómina pública, se va a impactar favorablemente en diversas variables.
El aumento del consumo en la demanda de bienes y servicios puede favorecer el ciclo de retroalimentación de las actividades económicas —aumento del PIB— y, por tanto, habría mayor captación de tributos por parte del Estado. Tal conjunto de factores incidirán positivamente en las condiciones generales de la población.
Si los países vecinos quieren atender el asunto migratorio de Venezuela deben contribuir positivamente sobre las causas estructurales que la han generado; deben ayudarnos a romper el bloqueo.
Posibles escenarios como el regreso de Venezuela a la Comunidad Andina de Naciones (CAN) y la restitución de nuestra membresía plena en el Mercosur son canales para ofrecer mejores condiciones al relacionamiento comercial, a la vez ayudarán a saldar la cuestión migratoria mediante los términos previstos en estos mecanismos.