Le imprese private non sfuggono agli effetti del blocco, tutti sono colpiti da questa politica genocida
Correva l’anno 2010 e le misure che il Paese stava adottando per aggiornare il modello economico, finalizzate all’espansione del lavoro autonomo, alla consegna di terreni in usufrutto, alla creazione di cooperative non agricole e alla possibile nascita di piccole e medie imprese società private, giungeva alle orecchie dei gestori della strategia sovversiva contro Cuba come musica celestiale.
I guru della politica anticubana vedevano nei cambiamenti che il paese stava facendo, soprattutto nell’aggiornamento del modello economico, un’opportunità per agire efficacemente e danneggiare il processo rivoluzionario nell’isola.
Si mostravano molto interessati ad ottenere dettagli su come funzionava a Cuba la concessione di crediti, il finanziamento di iniziative private e come promuovere le microimprese attraverso il prestito di denaro attraverso ONG e sponsor privati.
Indagavano “a pieno ritmo” su possibili modi per far arrivare supporto in risorse materiali e formazione ai piccoli proprietari.
Lo scopo era chiaro, i guru apprezzavano i cambi come un’opportunità per dividere, per frammentare la società cubana.
Annunciare vantaggi a un gruppo emergente a scapito del resto della popolazione e aumentare la campagna di discredito contro l’impresa statale e il modello socialista cubano, e cercare di “privilegiare” il settore privato, non è solo una sciocchezza, bensì è anche un errore che non va oltre il discorso e i benefici di facciata.
Le imprese private non sfuggono agli effetti del blocco, tutti sono colpiti da questa politica genocida.
Punire il settore pubblico, sapendo che questo fornisce servizi essenziali per l’intera popolazione, come sanità, istruzione, sport, cultura, ecc., senza esclusioni di alcun tipo, compresi gli imprenditori, continua ad essere una parte essenziale della politica di Washington verso Cuba, una politica destinata, prima o poi, al fallimento.
Tuttavia, questa sembra essere la strada scelta. Tutto sembra indicare che intendono rivolgersi ad un segmento imprenditoriale senza modificare, e tanto meno eliminare, le oltre 240 misure coercitive unilaterali che colpiscono l’economia cubana nel suo insieme, azioni di accerchiamento sofferte dall’intero popolo, che ne ostacolano il benessere e sviluppo.
Crónica de una estrategia condenada al fracaso
Los negocios privados no escapan de los efectos del bloqueo, a todos afecta esta política genocida
Raúl Antonio Capote
Corría el año 2010 y las medidas que tomaba el país para actualizar el modelo económico, tendiente a la ampliación del trabajo por cuenta propia, la entrega de tierras en usufructo, la creación de cooperativas no agropecuarias y el posible surgimiento de pequeñas y medianas empresas privadas, llegaban a los oídos de los gestores de la estrategia subversiva contra Cuba como música celestial.
Los gurús de la política anticubana vieron en los cambios que realizaba el país, sobre todo en la actualización del modelo económico, una oportunidad para actuar con eficacia y dañar el proceso revolucionario en la Isla.
Se mostraban muy interesados en obtener precisiones sobre cómo funcionaba en Cuba el otorgamiento de créditos, el financiamiento a iniciativas privadas y cómo fomentar los microemprendimientos mediante el préstamo de dinero a través de ongs y patrocinadores privados.
Investigaban a «toda máquina» sobre posibles vías para hacer llegar apoyo en recursos materiales y entrenamiento a pequeños propietarios.
El propósito quedaba a la vista, los gurús apreciaban los cambios como una oportunidad para dividir, para fragmentar a la sociedad cubana.
Anunciar beneficios a un grupo emergente en detrimento del resto del pueblo e incrementar la campaña de descrédito contra la empresa estatal y el modelo socialista cubano, y pretender «privilegiar» al sector privado, no solo es un despropósito, sino que es también una falacia que no pasa del discurso y de beneficios de colorete.
Los negocios privados no escapan de los efectos del bloqueo, a todos afecta esta política genocida.
Castigar al sector público, conociendo que este presta servicios esenciales para toda la población, como salud, educación, deportes, cultura, etc., sin exclusiones de ninguna clase, incluyendo a los dueños de negocios, continúa siendo parte esencial de la política de Washington hacia Cuba, política que está condenada, tarde o temprano, al fracaso.
Sin embargo, ese parece ser el camino escogido. Todo parece indicar que pretenden dirigirse a un segmento empresarial sin modificar, y menos eliminar, las más de 240 medidas coercitivas unilaterales que afectan la economía cubana en su conjunto, acciones de cerco que sufre todo el pueblo, que lastran su bienestar y su desarrollo.