Secondo informazioni provenienti dalla La Fiscalía General dell’Ecuador, sei persone sono state arrestate come sospette di partecipazione all’omicidio del candidato a la Presidenza dell’Ecuador, Fernando Villavicencio, assassinato subito dopo un suo comizio a Quito. Ritrovato anche un veicolo con armi e granate. Il killer rimasto gravemente ferito, dopo essere stato disarmato e immobilizzato, dopo la sparatoria con la scorta del candidato che aveva fatto seguito all’attentato, ed è morto durante il trasporto all’ospedale.
Villavicencio era uno degli otto candidati alla presidenza dell’Ecuador e non figurava nelle prime posizioni nei sondaggi che attribuiscono invece un notevole vantaggio alla candidata di Revolución ciudadana, Luisa González.
L’omicidio ha suscitato varie reazioni nel Paese. L’ex presidente Rafael Correa, leader storico di Revolución ciudadana, ha parlato dell’Ecuador come “Stato fallito” e la parlamentare dello stesso partito per Asia, Europa ed Oceania, Esther Cuesta, da me interpellata, ha dichiarato che l’episodio dimostra lo stato di degrado della democrazia in Ecuador, aggiungendo, su mia precisa domanda, che non si stupirebbe se dietro l’assassinio di Villavicencio vi fosse un intento destabilizzatore.
In effetti, l’atto criminale ha sconvolto la campagna elettorale, mentre la candidata di Revolución ciudadana si avviava a vincere a man bassa al primo turno previsto per domenica 20 agosto. La prospettiva della vittoria di Luisa Gonzalez e il ritorno alla guida del Paese dello schieramento progressista gettano indubbiamente nella costernazione più nera le oligarchie del Paese e l’ambasciata degli Stati Uniti.
L’altro elemento da tenere presente nello scenario del crimine è costituito dal forte degrado del clima di sicurezza del Paese dopo il reinsediamento delle forze neoliberiste e subalterne al capitale, prima col cavallo di Troia, Lenin Moreno, designato come proprio successore dallo stesso Correa, e poi coll’attuale presidente, Guillermo Lasso, che sta concludendo in modo catastrofico il proprio mandato dopo essere stato messo in stato d’accusa dal Parlamento per atti di corruzione. Fatto sta che il tasso d’omicidi, tradizionalmente piuttosto basso, è cresciuto fino a ventisei per centomila abitanti, uno dei più alti dell’America Latina.
Villavicencio, che aveva ricevuto minacce da parte di un noti narcotrafficante, senza ricevere adeguata protezione, costituisce per molti versi il bersaglio ideale per chi voglia destabilizzare ulteriormente il Paese, fino ad impedire l’esercizio del voto democratico. Legato all’Ambasciata degli Stati Uniti, a fianco di Lasso nel momento in cui quest’ultimo subiva le accuse di corruzione, ma privo di ogni possibilità di vittoria nella competizione presidenziale, il candidato assassinato potrebbe essere stato consapevolmente sacrificato avvalendosi della manovalanza di gruppi criminali o di formazioni che riproducono il modo di essere dei paramilitari colombiani, oggi in cerca di nuove possibilità d’azione e d’impiego (alcuni sono arrivati come mercenari fino in Ucraina).
Il fine parrebbe essere quello di gettare il Paese nel caos, impedendo l’esercizio delle libertà democratiche e l’affermazione di Revolución ciudadana. Secondo un noto intellettuale ecuadoriano da noi interpellato, il grave episodio spingerà per un raggruppamento della destra fino a far emergere la figura del candidato Otto Sonnenholzer come “alternativa al caos”, mentre secondo altre fonti ecuadoriane di alto livello si consumerebbe nella vicenda una contrapposizione tra la visione di un settore dei servizi statunitensi attivi nel Paese che sosteneva la carta Lasso/Villacencio e un altro più aperto alla prospettiva della destabilizzazione totale ed aperta.
Nel frattempo Lasso ha dichiarato lo stato d’emergenza, mentre approfitta del suo potere residuo per privatizzare a spron battuto e svendere al capitale internazionale le risorse del Paese, e alcuni candidati hanno deciso di sospendere la campagna elettorale.
Ci troviamo insomma di fronte al solito giochino della destabilizzazione tramite strategia della tensione, che in Italia conosciamo bene per averlo subito in varie fasi della nostra storia. Occorre esprimere in queste ore difficili tutto il nostro appoggio solidale a Revolución ciudadana e al popolo ecuadoriano, augurandosi che quest’ultimo possa esprimere in modo pacifico e democratico il proprio voto, ponendo le basi per la ricostruzione del Paese che deve riprendere il proprio ruolo nel contesto latinoamericano e mondiale.