Javier Milei, economista di 52 anni, è stato la grande sorpresa delle elezioni interne argentine, conquistando il primo posto con il 30% dei voti e affermandosi così, a tempo di record, come uno dei più importanti leader politici del Paese sudamericano ed emblema dell’estrema destra mondiale.
L’inaspettata ondata di consensi ha sconvolto la classe politica e la società, cambiando completamente le prospettive per le elezioni presidenziali del 22 ottobre, nelle quali è ora il favorito, con quasi 10 punti di vantaggio sul ministro dell’Economia peronista Sergio Massa.
Milei è un ammiratore dichiarato di Donald Trump e candida alla vicepresidenza Victoria Villarruel, una figura che tende a negare i crimini dell’ultima dittatura militare argentina (1976-1983).
Come tutti i personaggi siffatti, Milei vuole presentare la sua figura come il nuovo che avanza. In realtà si tratta dell’ennesimo fanatico neoliberista che spaccia vecchie e ritrite ricette economiche quale soluzione per i mali di un paese che proprio dal neoliberismo è stato distrutto come l’Argentina. La nazione che probabilmente rappresenta al meglio il fallimento delle politiche neoliberali.
Tormentati dall’ennesima crisi inflazionistica, molti argentini sono tentati di provare la formula estrema e inesplorata del candidato presidenziale ultra-liberale Javier Milei per risolvere i loro problemi economici: abbandonare il peso e adottare il dollaro.
“Porre fine all’inflazione è possibile, basta togliere ai politici l’arma monetaria”, ha affermato il vincitore delle primarie di agosto (PASO), alludendo al meccanismo di emissione di moneta per finanziare il deficit statale, causa fondamentale, secondo lui, della cronica svalutazione del peso. Altra vecchia ‘credenza’ di marca neoliberale.
Milei propone anche di eliminare la Banca Centrale, che emette moneta ma controlla anche il sistema finanziario.
“La dollarizzazione è la strada peggiore”
Il presidente della Bolivia, Luis Arce, ha espresso la sua opinione sulla proposta del candidato di estrema destra alla presidenza dell’Argentina, Javier Milei, di dollarizzare il Paese, qualora dovesse salire al potere.
“Per noi è chiaro che la dollarizzazione è la strada peggiore da percorrere e ci sono esempi nella regione: l’Ecuador è un esempio, Panama è un altro esempio”, ha affermato il presidente boliviano, che è un economista, in una conversazione con la stampa.
Milei, della coalizione La Libertad Avanza (LLA), prevede nel suo progetto la dollarizzazione del Paese, la privatizzazione del maggior numero possibile di aziende pubbliche, il taglio di oltre la metà dei ministeri e l’abolizione della Banca Centrale, tra le altre politiche.
Per Arce, “la soluzione nel caso argentino non sta nella dollarizzazione”. Al contrario, ritiene che questa misura “sia controproducente per un’economia come quella argentina”.
Il leader boliviano ha ricordato che nel Paese c’era già stata una “sorta di dollarizzazione” durante l’amministrazione di Carlos Menem (1989-1999), quando vigeva un modello di convertibilità con una parità di “uno a uno”, cioè un peso argentino equivaleva a un dollaro.
Con questa politica, ha detto Arce, molti argentini andavano ad esempio a Miami, negli Stati Uniti, per comprare, ma improvvisamente “l’economia è stata distrutta” in Argentina, perché si è smesso di produrre per importare e generare risorse finanziarie.
“Questa era una delle forme di dollarizzazione prese in considerazione. Quando è successo, è stato proprio quando l’economia argentina è andata in catastrofe, con il signor Menem […] In quel momento, abbiamo visto i supermercati essere saccheggiati”, ha sottolineato.
Il presidente ha ricordato che uno dei vantaggi di un’economia non dollarizzata è la capacità della Banca Centrale di emettere moneta.
In conclusione, Arce ha sottolineato che “la ricetta può essere peggiore della malattia che un’economia sta attraversando”. Ha aggiunto che la dollarizzazione fa parte di una posizione politica per cercare di guadagnare voti, ma ha sottolineato che “con l’economia non si scherza”.
Il presidente ha sottolineato di aver studiato la questione della dollarizzazione, interessandosi “molto” ad essa e, sulla base di ciò, quando era ministro dell’Economia (2006-2017 e 2019) sono state attuate in Bolivia “politiche di de-dollarizzazione”, che sono state chiamate “bolivianizzazione”.
Secondo Arce, quando il Movimento per il Socialismo (MAS) è salito al potere nel 2006, “la Bolivia era un Paese dollarizzato”, con circa il 96% dei depositi e praticamente il 99% dei crediti in dollari, ma ora si utilizzano i bolivianos, il che facilita l’economia.
“La bolivianizzazione è ciò che oggi permette al Paese, rispetto al resto del mondo, di avere la stabilità di cui godiamo. Se non avessimo bolivianizzato, saremmo stati in gravi difficoltà”, ha sottolineato.
L’analista internazionale Gabriel Villalba Pérez ha sottolineato all’emittente RT che la valuta statunitense è in crisi, mentre i BRICS stanno guadagnando slancio. Inoltre, ha stimato che il tentativo di Javier Milei di capitalizzare la rabbia sociale e di dollarizzare l’Argentina non può portare nulla di buono.