Il progressismo latinoamericano in crisi

misionverdad.com 

Nella regione dell’America Latina si stanno verificando diverse situazioni conflittuali per i governi progressisti e le loro istituzioni interne. Nonostante l’intensità delle aggressioni contro la sua governabilità, sia dall’interno che dall’esterno del paese, negli ultimi anni, il Venezuela si distingue per non far parte di questo gruppo.

PETRO ALLA MERCE’ DI BARBOSA

Il presidente colombiano Gustavo Petro ha dovuto affrontare diversi ostacoli nel suo primo anno di mandato a causa dei continui attacchi promossi dalla Procura Generale, presieduta da Francisco Barbosa. Queste avversità hanno complicato la sua gestione e lo hanno lasciato vulnerabile all’influenza e al potere del capo della Procura.

Barbosa si oppone alla proposta di “Pace Totale” di Petro, che cerca di negoziare con i gruppi armati all’interno del Paese. Ha criticato anche la proposta di riforma penale e processuale. Inoltre, è accusato di essere dietro dell’arresto di Nicolás Petro, figlio del presidente, con l’accusa di riciclaggio di denaro e arricchimento illecito, che ha inferto un duro colpo al presidente a livello politico e personale.

Ora, il Pubblico Ministero ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) intende effettuare un “attentato terroristico” contro Barbosa. Secondo il testo, cinque alti comandanti dell’ELN si sono incontrati, a luglio, in Venezuela per pianificare l’attacco. Il documento non fornisce ulteriori dettagli su queste fonti di intelligence o sulla natura del presunto piano.

Tali accuse sono state respinte sia dall’ELN che dal Ministero degli Esteri venezuelano. In realtà, si tratta di una strategia mediatica con l’obiettivo di tergiversare e ostacolare i progressi nei colloqui di pace, mediati da Messico, Nicaragua e Venezuela, e che hanno portato ad un cessate il fuoco bilaterale tra il governo colombiano ed il gruppo guerrigliero.

Barbosa ha sfruttato la sua posizione per costruire uno spettacolo mediatico contro Petro, attraverso una serie di situazioni che sono andate minando la sua dirigenza e danneggiato la sua reputazione.

LE DISPUTE DI LULA CON LA BANCA CENTRALE ED IL CONGRESSO

Attualmente il presidente del Brasile, Lula da Silva, è in conflitto con due entità del suo governo: la Banca Centrale e il Congresso. Questi scontri ostacolano il suo progetto di ricostruire il suo paese.

La politica monetaria attuata dal presidente della Banca Centrale, Roberto Campos Neto, impedisce che il governo Lula possa aumentare la spesa pubblica per stimolare l’economia e combattere le disuguaglianze sociali. Lula sostiene che una riduzione del tasso di interesse di base sarebbe vantaggiosa per l’economia, poiché stimolerebbe investimenti e consumi.

Inoltre, Lula critica l’autonomia concessa alla Banca Centrale a partire dal 2021. In quell’anno, l’allora presidente Bolsonaro ha firmato una legge che impedisce cambiare il presidente dell’organismo in ogni governo, come avveniva in precedenza. Questa legge ora costringe Lula a lottare con Campos Neto, nominato da Bolsonaro.

Questo personaggio eserciterà il suo mandato nella Banca Centrale fino alla fine del 2024, cioè fino alla metà del governo Lula.

Un’altra delle sfide significative che il governo del presidente di sinistra ha dovuto affrontare è al Congresso, dove la coalizione guidata dal Partito dei Lavoratori (PT) non ha la maggioranza ed è invece dominata dai gruppi di destra bolsonarista.

Lula ha concentrato i suoi sforzi sul rilancio dei programmi sociali volti a combattere la povertà e la fame, nonché sulla creazione di una politica ambientale ed estera indipendente. Tuttavia, l’opposizione ha ottenuto una serie di vittorie tagliando il sostegno parlamentare alla sua agenda politica, cosa che ne sta minando la popolarità. Secondo un recente sondaggio condotto dalla società di ricerca d’opinione Ipec, la popolarità di Lula è scesa dal 41% di marzo al 37%.

LA MAFIA GIUDIZIARIA SI IMPONE DAVANTI AD ALBERTO FERNÁNDEZ

La disputa tra il presidente argentino Alberto Fernández e la Corte Suprema di Giustizia ha profonde implicazioni per la governabilità del Paese.

La più recente è stata la decisione di tale istanza di sospendere le elezioni di maggio nelle province di Tucumán e San Juan, con le denunce che le candidature dei candidati del Frente de Todos, Juan Manzur e Sergio Uñac, candidati alla rielezione, si scontrava con le costituzioni provinciali e poteva contraddire i principi repubblicani di governo. Il provvedimento ha suscitato polemiche perché invece di risolvere la questione nel merito, va a vantaggio dell’opposizione.

A causa di questa situazione, il presidente Fernández ha denunciato l’ingerenza giudiziaria nei processi elettorali e ha accusato la Corte di nuocere alla convivenza democratica e di alterare pericolosamente l’istituzionalità del paese.

Non è un incidente isolato. Nel gennaio 2023, Fernández ha convocato il Congresso per tenere il processo di impeachment contro i quattro giudici della Corte Suprema accusati di aver redatto sentenze favorevoli all’opposizione. Allo stesso modo, nel dicembre 2022, il governo Fernández ha deciso di non conformarsi a una sentenza della Corte che ordinava un aumento dei fondi federali per la città di Buenos Aires, roccaforte dell’opposizione.

Queste situazioni sono solo un campione insignificante di altri casi simili, come quelli a cui abbiamo assistito nella persecuzione legale contro il kichnerismo. Rivelano l’immenso potere politico esercitato dalla magistratura in Argentina e utilizzato per riaffermare il controllo del governo nelle mani delle élite economiche, ma anche l’incapacità del governo Fernández di manovrare di fronte a un ostacolo ben noto.

In mezzo a tutto questo, la comparsa e l’ascesa del fenomeno Milei preannuncia uno scenario molto più complesso per il Fronte para Todos davanti alle elezioni presidenziali di ottobre.

MESSICO E CILE NON FANNO ECCEZIONE

I conflitti interni affrontati dal partito al potere in Messico, Morena, sono un altro chiaro quadro del deterioramento del progressismo nella regione.

In una precedente analisi, abbiamo evidenziato che Morena è in fase di selezione del suo candidato presidenziale per le elezioni del 2024. Tuttavia, la competizione tra i cinque candidati ha generato contrasti tra Claudia Sheinbaum e Marcelo Ebrard, che hanno captato la maggioranza delle simpatie.

In questo contesto, i contrasti interni rischiano di generare divisioni e mettere a rischio la stabilità del partito. Inoltre, il processo di selezione del prossimo candidato presidenziale diventa terreno fertile per l’intervento delle società di opinione, che potrebbe compromettere la legittimità delle elezioni. Ciò, a sua volta, ridurrebbe le possibilità di successo del partito in tali elezioni.

Infine, abbiamo un Gabriel Boric che in meno di un anno e mezzo di governo ha apportato tre cambi di governo senza che ciò si traducesse in cambiamenti significativi per il bene della popolazione. L’ultimo cambio ha incluso la nomina di cinque nuovi ministri e 15 sottosegretari e si inquadra nel contesto del complotto di corruzione “Case Convenios”, che ha coinvolto sette funzionari governativi negli ultimi mesi. L’opposizione ha approfittato dello scandalo per sollecitare cambiamenti nei posti ministeriali.

Le situazioni di conflitto nei governi di sinistra della regione rivelano una realtà politica complessa ed impegnativa che sembra sopraffarli. Al contrario, il presidente Nicolás Maduro Moros in Venezuela si distingue come l’unico dirigente che rimane politicamente stabile nel mezzo della crisi, grazie al suo consolidamento al potere esecutivo, al controllo statale e al rinnovamento istituzionale che ha portato avanti in tempi di crisi.


EL PROGRESISMO LATINOAMERICANO EN CRISIS

 

En la región latinoamericana se están produciendo diversas situaciones conflictivas para los gobiernos progresistas y su institucionalidad a escala interna. A pesar de la intensidad de las agresiones contra su gobernabilidad, tanto desde dentro como desde fuera del país en los últimos años, Venezuela se distingue por no formar parte de este grupo.

PETRO A MERCED DE BARBOSA

El presidente colombiano Gustavo Petro ha tenido que enfrentar diversos obstáculos en su primer año de gobierno debido a los constantes ataques promovidos por la Fiscalía General de la Nación, encabezada por Francisco Barbosa. Esta adversidad ha hecho complicada su gestión y lo ha dejado vulnerable a la influencia y el poder del titular de la Fiscalía.

Barbosa se opone a la propuesta de “Paz Total” de Petro, que busca negociar con los grupos armados dentro del país. También ha criticado la propuesta de reforma penal y procesal. Además, se le acusa de estar detrás del arresto de Nicolás Petro, hijo del presidente, por cargos de lavado de dinero y enriquecimiento ilícito, lo cual ha sido un duro golpe para el presidente a nivel político y personal.

Ahora, el Ministerio Público emitió un comunicado en el que afirma que el Ejército de Liberación Nacional (ELN) planea llevar a cabo un “atentado terrorista” contra Barbosa. Según el texto, cinco altos mandos del ELN se reunieron en julio en Venezuela para planear el ataque. El documento no proporciona detalles adicionales sobre estas fuentes de inteligencia ni la naturaleza del supuesto plan.

Tales acusaciones han sido rechazadas tanto por el ELN como por la cancillería venezolana. En realidad, se trata de una estrategia mediática con el objetivo de tergiversar y obstaculizar los avances en los diálogos de paz, que han sido mediados por México, Nicaragua y Venezuela, y han resultado en un cese al fuego bilateral entre el gobierno colombiano y el grupo guerrillero.

Barbosa ha utilizado su posición para construir un espectáculo mediático en contra de Petro, mediante una serie de situaciones que han ido socavando su liderazgo y dañando su reputación.

LAS DISPUTAS DE LULA CON EL BANCO CENTRAL Y EL CONGRESO

En la actualidad, el presidente de Brasil, Lula da Silva, se encuentra en disputas con dos entidades de su gobierno: el Banco Central y el Congreso. Estos enfrentamientos obstaculizan su proyecto de reconstruir su país.

La política monetaria implementada por el presidente del Banco Central, Roberto Campos Neto, impide que el gobierno de Lula pueda aumentar el gasto público para estimular la economía y combatir la desigualdad social. Lula sostiene que una reducción en la tasa de interés básica sería beneficiosa para la economía, pues estimularía la inversión y el consumo.

Además, Lula critica la autonomía otorgada al Banco Central a partir de 2021. En ese año, el entonces presidente Bolsonaro firmó una ley que impide cambiar al presidente del organismo en cada gobierno, como se hacía previamente. Esta ley ahora obliga a Lula a lidiar con Campos Neto, quien fue designado por Bolsonaro.

Este personaje ejercerá su mandato en el Banco Central hasta finales de 2024, es decir, hasta la mitad del gobierno de Lula.

Otro de los desafíos significativos que ha enfrentado el gobierno del presidente de izquierda se encuentra en el Congreso, donde la coalición liderada por el Partido de los Trabajadores (PT) no cuenta con una mayoría y se encuentra, en cambio, dominado por grupos de derecha bolsonarista.

Lula ha focalizado sus esfuerzos en revivir los programas sociales destinados a combatir la pobreza y el hambre, así como en establecer una política medioambiental y exterior independiente. Sin embargo, la oposición ha conseguido una serie de victorias al cortar el apoyo parlamentario para su agenda política, lo que está mermando su popularidad. Según una encuesta reciente realizada por la firma de estudios de opinión Ipec, la popularidad de Lula ha caído de 41% en marzo a 37%.

LA MAFIA JUDICIAL SE IMPONE ANTE ALBERTO FERNÁNDEZ

La disputa entre el presidente argentino Alberto Fernández y la Corte Suprema de Justicia tiene profundas implicaciones en la gobernabilidad del país.

La más reciente fue la decisión de esa instancia de suspender en mayo las elecciones en las provincias de Tucumán y San Juan, con el alegato de que las postulaciones de los candidatos del Frente de Todos, Juan Manzur y Sergio Uñac, quienes iban por la reelección, chocaban con las constituciones provinciales y podrían contrariar principios republicanos de gobierno. La medida ha generado controversia porque en vez de resolver el fondo del asunto lo que hace es beneficiar a la oposición.

Por esta situación, el presidente Fernández ha denunciado la intromisión judicial en los procesos electorales y ha acusado a la Corte de dañar la convivencia democrática y alterar peligrosamente la institucionalidad del país.

No es un hecho aislado. En enero de 2023, Fernández convocó al Congreso para tratar el juicio político contra los cuatro jueces de la Corte Suprema, acusados de redactar fallos a favor de la oposición. Asimismo, en diciembre de 2022 el gobierno de Fernández decidió no acatar un fallo de la Corte que ordenaba aumentar los fondos federales destinados a la ciudad de Buenos Aires, bastión opositor.

Estas situaciones son apenas una muestra insignificante de otros casos similares, como los que hemos presenciado en la persecución legal contra el kichnerismo. Revelan el inmenso poder político que el sector judicial posee en Argentina y que es utilizado para reafirmar el control del gobierno en manos de las élites económicas, y también la incapacidad del gobierno de Fernández de maniobrar ante un obstáculo bien conocido.

En medio de todo, la aparición y ascenso del fenómeno Milei pronostica un escenario mucho más complejo para el Frente para Todos ante las elecciones presidenciales de octubre.

MÉXICO Y CHILE NO SON LA EXCEPCIÓN

Los conflictos internos que enfrenta el partido gobernante en México, Morena, son otro cuadro evidente del deterioro del progresismo en la región.

En un análisis previo resaltamos que Morena está pasando por un proceso de selección de su candidato presidencial para las elecciones de 2024. Sin embargo, la competencia entre los cinco candidatos ha generado disputas entre Claudia Sheinbaum y Marcelo Ebrard, quienes han captado la mayoría de las simpatías.

En este contexto, las controversias intestinas amenazan con generar divisiones y ponen en riesgo la estabilidad del partido. Además, el proceso de selección del próximo candidato presidencial se convierte en un terreno fértil para la intervención de empresas de opinión, lo cual podría comprometer la legitimidad de las elecciones. Esto, a su vez, disminuiría las posibilidades de éxito del partido en dichos comicios.

Por último, tenemos a un Gabriel Boric que en menos de año y medio de gobierno ha realizado tres cambios de gabinete sin que eso se traduzca en alteraciones significativas para el bien de la población. El último cambio incluyó la designación de cinco nuevos ministros y 15 subsecretarios y está enmarcado en el contexto de la trama de corrupción del “Caso Convenios”, que ha involucrado a siete funcionarios del gobierno en los últimos meses. La oposición aprovechó el escándalo para presionar por los cambios en los puestos ministeriales.

Las situaciones de conflicto en los gobiernos de izquierda de la región ponen de manifiesto una realidad política compleja y exigente que parecen sobrepasarlos. Por contraste, el presidente Nicolás Maduro Moros en Venezuela destaca como el único líder que se mantiene estable políticamente en medio de la crisis, gracias a su consolidación en el poder ejecutivo, el control estatal y la renovación institucional que ha llevado a cabo en tiempos de tormenta.

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