Alcuni indizi creano il sospetto che le ombre del lawfare si estendano per tutto il centroamerica, in Guatemala e Honduras, dove gli establishment politici tradizionali hanno iniziato a forzare un cambio di regime contro le proposte progressiste che hanno fatto irruzione sulla scena di entrambi i paesi.
Il termine lawfare si riferisce all’uso di molteplici procedimenti giudiziari e azioni legali per intimidire, mettere a tacere, screditare o imprigionare dissidenti o oppositori, ma è stato utilizzato nella regione dell’America Latina nei confronti di governi che non si allineano completamente agli USA. Le esperienze di Brasile, Ecuador, Argentina e dello stesso Venezuela mostrano che non esiste un unico metodo ma che il suo dispiegamento è multimodale, tanto in ciò che lo origina che nei suoi risultati.
GUATEMALA: UN AMBIENTE ELETTORALE PERMANENTEMENTE TESO
Forse il caso più curioso è quello di Bernardo Arévalo de León, figlio di un ex presidente, sorpresa elettorale e candidato del Movimento Semilla, eletto presidente del Guatemala lo scorso 20 agosto.
Il clima teso del processo è iniziato quando, pochi mesi prima dell’evento, tre candidati e i loro rispettivi partiti sono stati inabilitati dal Tribunale Supremo Elettorale (TSE). Ciò ha sollevato campanelli d’allarme e sfiducia nel processo, ma non è andato oltre le dichiarazioni di alcune ONG, come l’Ufficio di Washington per gli Affari Latinoamericani (WOLA) e Human Rights Watch (HRW).
Il primo turno elettorale delle elezioni generali in Guatemala si è tenuto il 25 giugno, 9,3 milioni di cittadini hanno potuto eleggere un presidente per quattro anni, 340 sindaci, 160 deputati al Congresso e 20 rappresentanti al Parlamento Centroamericano (Parlacen). Per la carica presidenziale, i più votati, tra 22 candidati, sono stati l’ex prima dama Sandra Torres (15,86%) per l’Unità Nazionale della Speranza (UNE) e Bernardo Arévalo (11,77%).
Del 60% di partecipanti alle elezioni, nessun candidato ha superato la percentuale di voti nulli (17,4%). Torres, la più votata e candidata nel 2015 e nel 2019, è stato inabilitata, nel 2011, mentre cercava di candidarsi, recentemente divorziata dal presidente uscente, Álvaro Colom (La sua partecipazione alle elezioni 2011 è stata bloccata per violazione dell’art. 186 della Costituzione, che oltre ad impedire i secondi mandati dei presidenti rende ineleggibili familiari e consanguinei diretti ndt). La novità è stata il risultato ottenuto da Arévalo, il suo partito è sorto dalle proteste sociali anti-corruzione promosse dagli USA nel 2015.
Nei giorni successivi c’è stata incertezza perché sono stati presentati molteplici ricorsi di tutela da parte di nove partiti insoddisfatti del conteggio e della revisione dei verbali. Il 1° luglio la Corte Costituzionale ha ordinato ai collegi elettorali di sospendere lo spoglio, ma la Corte Suprema di Giustizia (CSJ) ha deciso di dichiarare improcedibili i ricorsi presentati.
Washington non si è pronunciata sulle inabilitazioni, ma ha commentato la sospensione del conteggio.
UN PROCESSO ELETTORALE GIUDIZIALIZZATO
Arévalo è uscito vittorioso dopo il secondo turno, del 20 agosto, ma il processo di aggiudicazione è rimasto bloccato nei tribunali a causa di ricorsi legali, anche se i risultati erano chiari: il candidato progressista ha ottenuto circa il 61% dei voti contro il 39% di Torres. Dopo altre settimane di incertezza, lunedì 28 agosto, il massimo tribunale elettorale (TSE) lo ha finalmente certificato vincitore.
Il 5 settembre, il TSE ha consegnato al presidente eletto le sue credenziali e alla sua vicepresidente, Karin Herrera, che assumeranno il comando del paese dal prossimo 14 gennaio. Ma i procuratori federali hanno cercato di sospendere il suo partito, il che pone in dubbio se avrà qualche sostegno al Congresso.
Da parte sua, Torres ha presentato ricorsi legali per annullare il risultato elettorale sostenendo una frode nel conteggio dei voti, cosa che nessuno dei gruppi di osservatori elettorali indipendenti ha segnalato.
La nuova incertezza è dovuta alla giudizializzazione del processo elettorale da parte del Ministero Pubblico (Procura), guidato da Consuelo Porras, che è stata sanzionata dagli USA per corruzione e ha cercato di cancellare Semilla. La Procura accusa il partito del presidente eletto di un presunto caso di firme false durante il suo processo di creazione, nel 2018, il che ha generato proteste popolari che ne chiedevano le dimissioni.
La mano degli USA non è lontana da questo conflitto. L’ex candidata del partito di Arévalo, Thelma Aldana, è in esilio nel Paese nordamericano da quando, nelle elezioni del 2018, Semilla ha tentato di candidarla alla presidenza. Allora la sua candidatura non è stata accettata ma, anzi, è stato emesso un mandato di cattura per motivi riservati.
In qualità di procuratore generale, Aldana e la Commissione Internazionale contro l’Impunità (CICIG) delle Nazioni Unite (ONU), hanno avviato indagini su gravi casi di corruzione che vedono attualmente in carcere l’ex presidente Otto Pérez Molina e la sua vicepresidentessa Roxana Baldetti. Ha inoltre avviato un processo per revocare l’immunità all’ex presidente Jimmy Morales, che non ha avuto successo.
L’organismo ONU ha funzionato per 15 anni ed è stato espulso da Morales e da gran parte dell’élite politica guatemalteca. Sotto l’attuale governo, il presidente Alejandro Giammattei e Consuelo Porras hanno condotto indagini penali non contro la corruzione bensì contro coloro che l’indagavano e punivano.
Washington ha mantenuto rapporti fluidi con gli ultimi governi del Guatemala, gli stessi che sono stati rifiutati o disprezzati dalla popolazione a causa dell’elevata disuguaglianza e delle reti di corruzione che hanno indotto all’emigrazione degli abitanti verso i suoi confini in cerca di opportunità di lavoro.
L’establishment politico guatemalteco, di cui Giammattei fa parte, ha collaborato all’assedio contro il Venezuela, e oggi ostacola una transizione presentandosi come disposto a collaborare, ma ponendo ostacoli di ogni genere affinché non si realizzi ciò che la maggioranza ha espresso nelle urne elettorali.
Lo stesso presidente Joe Biden ha proposto un piano “per costruire sicurezza e prosperità in collaborazione con il popolo dell’America centrale”, basato sul rafforzamento delle stesse politiche economiche neoliberali che hanno distrutto le economie locali in tutta la regione.
Il presidente eletto del Guatemala è considerato dagli analisti un esponente della sinistra moderata. Il suo voto è attribuito non tanto alla sua posizione ideologica bensì al rifiuto del sistema politico e istituzionale, come lo dimostrano le schede nulle e bianche. È possibile che Arévalo, che ha denunciato la possibilità di un colpo di Stato che impedisca il suo insediamento, il 14 gennaio, si iscriva a queste politiche per cercare di attenuarne gli effetti sulla popolazione e riportare ordine nella struttura corrotta che ha minato lo Stato.
HONDURAS: CONFLITTI DI XIOMARA CASTRO CON IL CONGRESSO NAZIONALE
Intanto la presidentessa del vicino Honduras, Xiomara Castro de Zelaya, ha respinto i fatti denunciati da Arévalo. La presidentessa non ha appena chiuso un altro capitolo critico nei suoi rapporti con il Congresso honduregno, la cui saga è iniziata lo scorso febbraio, quando il deputato Jorge Calix, nel bel mezzo di un incontro sulla piattaforma Zoom, si è autoproclamato presidente di un Congresso parallelo.
Castro è giunta alla presidenza del paese a capo di una coalizione formata tra il suo partito Libertad y Refundación (Libre) e Salvador de Honduras (PSH), partito del vicepresidente Salvador Nasrallá. Hanno ottenuto più del 50% dei voti nelle elezioni esecutive e legislative dello scorso anno; la coalizione ha ottenuto 60 dei 128 seggi parlamentari del paese, dividendoli 10 per PSH e 50 per Libre.
Lo scorso febbraio, mentre si insediava il nuovo congresso, alcuni deputati del partito Libre si sono alleati con deputati dei partiti di destra Nazionale (PNH, uscente) e Liberale (PL, protagonista del golpe contro Manuel Zelaya, nel 2009). Quella crisi, che ha incluso l’espulsione di alcuni deputati del partito di governo, è stata risolta mediante un processo di dialogo guidato dallo stesso Zelaya.
Lo scorso agosto, il Congresso doveva eleggere il Procuratore Generale e il Vice Procuratore, dato che l’attuale procuratore, Óscar Fernando Chinchilla, avrebbe festeggiato 10 anni, il 31 agosto, alla guida del Ministero Pubblico (MP). Nel 2013 ha assunto l’incarico per cinque anni, dopo essere stato giudice della Corte Suprema di Giustizia (CSJ) e, nel 2018, è stato rieletto nel bel mezzo di un’elezione irregolare perché non faceva parte dei candidati.
L’ agire di Chinchilla è stato criticato a causa della sua stretta relazione con l’estradato ex presidente honduregno del PNH, Juan Orlando Hernández (2014-2022). Attualmente non è in carica e risiede in Nicaragua per far parte della Corte Centroamericana di Giustizia, fino al 2027, mentre il Congresso ha creato una commissione speciale per indagare sui suoi legami e quelli del suo vice, Daniel Sibrián, con la criminalità organizzata e il traffico di droga e schemi di corruzione.
NON C’È CONSENSO
Le nomine realizzate dal blocco alleato di Castro e dall’opposizione (di cui fa parte anche il PSH) sono state motivo di conflitto perché il PNH ha condizionato e si è opposto all’abrogazione del decreto 116-2019, suggerito dall’ONU per facilitare l’arrivo nel Paese della Commissione Internazionale contro la Corruzione e l’Impunità (CICIH). Nel corso di due sessioni legislative, questo partito si è dichiarato in insurrezione, provocando persino disordini nell’Emiciclo. In cambio, la coalizione di destra ha cercato di annullare l’assoluzione di due ex funzionari del governo Zelaya accusati di corruzione.
Il Parlamento ha richiesto 86 voti per selezionare le nuove massime autorità del MP, per cui senza i 43 voti del Partito Nazionale è impossibile raggiungere la maggioranza qualificata richiesta. Castro ha convocato una marcia di massa, il 29 agosto, per mostrare forza nelle strade, ma le posizioni si stanno muovendo poco e il vuoto di leadership nel MP esiste già.
La proposta dell’opposizione è guidata dal PSH e conta 74 voti, mentre quella di Libre ne ha 54. L’opposizione ha creato un clima di incertezza con risonanza nei media transnazionali tra accuse di voler eleggere un procuratore “per scatenare un’atroce persecuzione politica e giudiziaria contro l’opposizione politica al fine di disarticolare le forze che difendono lo Stato di diritto” e creare una crisi per “cercare il modo di instaurare un’Assemblea Nazionale Costituente su misura del governo e del partito che lo sostiene”.
Il conflitto è vivo e apre le porte alla destabilizzazione, il che ci ricorda gli eventi del 2009 che, appunto, hanno avuto origine dalla proposta di Zelaya di convocare la popolazione di decidere se voleva o meno un processo costituente.
Le conseguenze di quel golpe hanno avuto un impatto sull’economia dell’Honduras e hanno aumentato l’emigrazione da quella nazione. Attualmente l’Honduras sta attraversando una crisi economica dovuta agli effetti della pandemia e a una siccità conseguenza del fenomeno de El Niño. Questa non solo minaccia la sicurezza alimentare, ma anche la salute, l’istruzione delle popolazioni più vulnerabili, aumentando anche la migrazione.
CENTROAMERICA NEL MEZZO DELLA DISPUTA GLOBALE?
Le crisi politiche iniziano in centroamerica in modo sospetto. Recentemente il Parlamento Centroamericano, su iniziativa del Nicaragua, ha deciso di espellere Taiwan, dopo più di due decenni come osservatore permanente nell’organismo e di sostituirlo con la Repubblica Popolare Cinese. I sei paesi hanno sostenuto che Taiwan è una regione della Cina e non un paese, quindi concederle lo status di osservatore è “illegittimo perché mancanza di status legale”.
Castro ha stabilito relazioni con la Cina mentre Arévalo ha promesso, nella sua campagna, di espandere questi rapporti. Pochi giorni dopo il trionfo guatemalteco alle elezioni, il Ministero cinese degli Affari Esteri ha espresso la speranza che il nuovo governo guatemalteco “prenda la decisione giusta”. È uno dei 13 paesi che riconoscono Taipei al posto di Pechino.
L’interesse degli USA nel disputarsi l’influenza nella regione non ha solo a che fare con la questione migratoria, che alla fine li danneggia, anche se è chiaro che la ragione fondamentale delle ondate migratorie sono le stesse politiche neoliberali impartite da Washington.
La corruzione, come variabile comune ai due casi analizzati, è un aspetto su cui la Casa Bianca influisce a sua discrezione. Sia in Guatemala che in Honduras hanno sponsorizzato governi la cui trasparenza è stata discutibile, senza che ciò andasse oltre misure di poca efficacia.
Resta da vedere come andrà avanti quella che potrebbe costituire una manovra della Casa Bianca; lo stile è già noto e calza millimetricamente con le passate esperienze verso il sud del continente.
LAS SOMBRAS DEL LAWFARE EN CENTROAMÉRICA
Algunos indicios crean la sospecha de que las sombras del lawfare se extienden por Centroamérica, en Guatemala y Honduras, donde se ha comenzado a forzar, desde los estamentos políticos tradicionales, el cambio de régimen contra las propuestas progresistas que han irrumpido en la escena de ambos países.
El término lawfare se refiere al uso de múltiples procesamientos y demandas judiciales para intimidar, silenciar, desacreditar o encarcelar a disidentes u opositores, pero ha sido utilizado en la región latinoamericana sobre gobiernos que no se alinean totalmente con Estados Unidos. Las experiencias de Brasil, Ecuador, Argentina, y la misma Venezuela, muestran que no hay un solo método sino que su despliegue es multimodal, tanto en lo que lo origina como en sus resultados.
GUATEMALA: UN AMBIENTE ELECTORAL PERMANENTEMENTE ENRARECIDO
Quizás el caso más curioso es el de Bernardo Arévalo de León, hijo de un expresidente, sorpresa electoral y candidato del Movimiento Semilla, quien fue elegido como Presidente de Guatemala el pasado 20 de agosto.
El clima enrarecido del proceso empezó desde que, a pocos meses del evento, fueron inhabilitados tres candidatos y sus respectivos partidos por el Tribunal Supremo Electoral (TSE). Esto encendió las alarmas y la desconfianza en el proceso, pero no pasó de declaraciones de algunas ONG, como Oficina en Washington para Asuntos Latinoamericanos (WOLA) y Human Rights Watch (HRW).
La primera vuelta electoral de los comicios generales en Guatemala se realizó el 25 de junio, 9,3 millones de ciudadanos podían elegir un presidente por cuatro años, 340 alcaldes, 160 diputados al Congreso y 20 representantes al Parlamento Centroamericano (Parlacen). Para el cargo presidencial los más votados, entre 22 aspirantes, fueron la exprimera dama Sandra Torres (15,86%) por la Unidad Nacional de la Esperanza (UNE) y Bernardo Arévalo (11,77%).
De un 60% de participación en las elecciones, ningún candidato superó el porcentaje de votos nulos (17,4%). Torres, la más votada y candidata en 2015 y 2019, fue inhabilitada en 2011 al intentar postularse recién divorciada del presidente saliente, Álvaro Colom. La novedad fue el resultado obtenido por Arévalo, su partido surgió de las protestas sociales anticorrupción promovidas por Estados Unidos en 2015.
En los días siguientes hubo incertidumbre debido a que fueron presentados múltiples recursos de amparo por parte de nueve partidos disconformes con el conteo y la revisión de las actas. El 1º de julio la Corte de Constitucionalidad ordenó a las Juntas Electorales suspender el conteo, pero la Corte Suprema de Justicia (CSJ) resolvió declarar improcedentes los recursos presentados.
Washington no se pronunció respecto a las inhabilitaciones, pero sí ante la suspensión del conteo.
UN PROCESO ELECTORAL JUDICIALIZADO
Arévalo resultó triunfador tras la segunda vuelta del 20 de agosto, pero el proceso de adjudicación fue estancado en los tribunales por impugnaciones legales, a pesar de que los resultados fueron claros: el candidato progresista ganó alrededor de 61% de los votos frente a 39% de Torres. Después de más semanas de incertidumbre, el máximo tribunal electoral finalmente lo certificó como ganador el lunes 28 de agosto.
El TSE entregó el 5 de septiembre sus credenciales al presidente electo y a su compañera de fórmula, Karin Herrera, quienes asumirán el mando del país a partir del próximo 14 de enero. Pero los fiscales federales han tratado de suspender su partido, lo que pone en duda si tendrá algún apoyo en el Congreso.
Por su parte, Torres ha presentado impugnaciones judiciales para anular el resultado de las elecciones mediante el alegato de fraude en el recuento de votos, algo que ninguno de los grupos independientes de observadores electorales informó.
La nueva incertidumbre se debe a la judicialización del proceso electoral por parte del Ministerio Público (Fiscalía), dirigido por Consuelo Porras, quien ha sido sancionada desde Estados Unidos por corrupción y ha buscado cancelar Semilla. La Fiscalía acusa al partido del presidente electo de un supuesto caso de firmas falsas durante su proceso de creación en 2018, lo cual ha generado protestas populares pidiendo su renuncia.
La mano de Estados Unidos no está lejos de este conflicto. La excandidata del partido de Arévalo, Thelma Aldana, ha estado exiliada en el país norteamericano desde que, en las elecciones de 2018, Semilla intentó postularla a la presidencia. Entonces su candidatura no fue aceptada sino que, por el contrario, se dictó una orden de aprehensión por razones reservadas.
Como fiscal general, Aldana y la Comisión Internacional contra la Impunidad (Cicig) de la Organización de las Naciones Unidas (ONU), abrieron investigaciones de graves casos de corrupción que actualmente tienen en prisión al expresidente Otto Pérez Molina y su vicepresidenta Roxana Baldetti. También inició un proceso para retirar el fuero al expresidente Jimmy Morales, que no prosperó.
El ente de la ONU funcionó por 15 años y fue expulsado por Morales y gran parte de la élite política guatemalteca. Bajo el gobierno actual, el presidente Alejandro Giammattei y Consuelo Porras han dirigido investigaciones penales no contra la corrupción sino contra quienes la investigaban y castigaban.
Washington ha mantenido relaciones fluidas con los últimos gobiernos de Guatemala, los mismos que han sido rechazados o menospreciados por la población debido a la alta desigualdad y entramados de corrupción que han inducido a la emigración de pobladores hacia sus fronteras buscando oportunidades de trabajo.
El estamento político guatemalteco del que forma parte Giammattei ha cooperado en el asedio contra Venezuela, y hoy obstaculiza una transición presentándose como dispuesto a colaborar, pero instrumentando todo tipo de trabas para que no se lleve a cabo lo que la mayoría ha expresado en las urnas electorales.
El mismo presidente Joe Biden propuso un plan “para construir seguridad y prosperidad en asociación con el pueblo de Centroamérica”, basado en el reforzamiento de las mismas políticas económicas neoliberales que han destruido las economías locales en toda la región.
El presidente electo de Guatemala es considerado por analistas como un izquierdista moderado. Su votación es atribuida no tanto a su posicionamiento ideológico sino al rechazo al sistema político e institucional, como lo han demostrado los votos nulos y en blanco. Es posible que Arévalo, quien ha denunciado la posibilidad de un golpe de Estado que evite su toma de posesión el próximo 14 de enero, se inscriba en estas políticas en búsquedas de amortiguar sus efectos en la población y poner orden en la estructura corrupta que ha minado el Estado.
HONDURAS: CONFLICTOS DE XIOMARA CASTRO CON EL CONGRESO NACIONAL
Entretanto la presidenta de la vecina Honduras, Xiomara Castro de Zelaya, ha rechazado los hechos denunciados por Arévalo. La mandataria no acaba de cerrar otro capítulo crítico en su relación con el Congreso hondureño, cuya saga empezó en febrero pasado, cuando el diputado Jorge Calix, en medio de una reunión de la plataforma Zoom, se autoproclamó presidente de un Congreso paralelo.
Castro llegó a la presidencia del país al frente de una coalición conformada entre su partido Libertad y Refundación (Libre) y Salvador de Honduras (PSH), partido del vicepresidente Salvador Nasrallá. Lograron más del 50% de los votos en las elecciones ejecutivas y legislativas del año pasado; la coalición se hizo con 60 de las 128 bancas parlamentarias del país, repartiéndose 10 para PSH y 50 para Libre.
En febrero pasado, mientras se instalaba el nuevo congreso, algunos diputados del partido Libre se aliaron con diputados de los partidos de derecha Nacional (PNH, saliente) y Liberal (PL, protagonista del golpe a Manuel Zelaya en 2009). Esa crisis, que incluyó la expulsión de algunos diputados del partido de gobierno, fue resuelta mediante un proceso de diálogo liderado por el mismo Zelaya.
En agosto pasado el Congreso debía elegir al Fiscal General y al Fiscal Adjunto dado que el actual fiscal, Óscar Fernando Chinchilla, cumpliría 10 años el pasado 31 de agosto al frente del Ministerio Público (MP). En 2013 asumió el cargo por cinco años, luego de haber sido magistrado de la Corte Suprema de Justicia (CSJ) y, en 2018, fue reelecto en medio de una elección irregular porque no formaba parte de los aspirantes.
El accionar de Chinchilla ha sido cuestionado por su cercana relación con el extraditado expresidente hondureño del PNH, Juan Orlando Hernández (2014-2022). En la actualidad no ejerce el cargo y está radicado en Nicaragua para integrar la Corte Centroamericana de Justicia hasta 2027, mientras el Congreso ha creado una comisión especial para investigar sus lazos y los de su adjunto, Daniel Sibrián, con el crimen organizado, el narcotráfico y esquemas de corrupción.
NO HAY CONSENSO
Las postulaciones realizadas por el bloque aliado a Castro y por la oposición (de la que también forma parte el PSH) fueron motivo de conflicto porque el PNH condicionó y se mostró en contra de la derogación del decreto 116-2019, sugerida por la ONU para facilitar la llegada al país de la Comisión Internacional contra la Corrupción y la Impunidad (CICIH). Durante dos sesiones legislativas, ese partido se declaró en insurrección, provocando incluso disturbios en el Hemiciclo. En contraprestación, la coalición derechista buscaba derogar la absolución de dos exfuncionarios del gobierno de Zelaya acusados de corrupción.
El Parlamento ha requerido 86 votos para seleccionar a las nuevas máximas autoridades del MP, por lo que sin los 43 votos del Partido Nacional se hace imposible alcanzar la mayoría calificada requerida. Castro convocó a una marcha multitudinaria el 29 de agosto para mostrar fuerza en la calle, pero las posiciones se mueven poco y el vacío de liderazgo en el MP ya existe.
La propuesta opositora es encabezada por el PSH y cuenta con 74 votos, mientras que la de Libre cuenta con 54. La oposición ha creado un ambiente de incertidumbre con resonancia en medios transnacionales entre acusaciones de querer elegir un fiscal “para desatar una atroz persecución política y judicial contra la oposición política a fin de desarticular las fuerzas que defiendan el estado de derecho” y de crear una crisis para “buscar la manera de instalar una Asamblea Nacional Constituyente a la medida del gobierno y del partido que respalde el gobierno”.
El conflicto está vivo y abre las puertas hacia la desestabilización, lo que hace recordar los hechos de 2009 que, precisamente, se originaron en la propuesta de Zelaya de convocar a la población a decidir si quería o no un proceso constituyente.
Las consecuencias de aquel golpe impactaron la economía hondureña y aumentaron las emigraciones desde esa nación. En la actualidad, Honduras experimenta una crisis económica debido a los efectos de la pandemia y a una sequía que es producto del fenómeno de El Niño. Esta no solo amenaza la seguridad alimentaria, sino también la salud, la educación de las poblaciones más vulnerables, incrementando también por otro lado las migraciones.
¿CENTROAMÉRICA EN MEDIO DE LA DISPUTA GLOBAL?
Las crisis políticas comienzan en Centroamérica de manera sospechosa. Recientemente el Parlamento Centroamericano, por iniciativa de Nicaragua, decidió expulsar a Taiwán después de más de dos décadas como observador permanente en el organismo y lo reemplazó con la República Popular China. Los seis países se basaron en que Taiwán es una región de China y no un país, por lo que otorgarle el estatus de observador es “ilegítimo por carecer de estatus legal”.
Castro ha establecido relaciones con China mientras Arévalo prometió en su campaña expandir esta relación. A pocos días de que el guatemalteco triunfara en las elecciones, el Ministerio de Asuntos Exteriores de China expresó su deseo de que el nuevo gobierno de Guatemala “tome la decisión correcta”. Se trata de uno de los 13 países que reconocen a Taipéi en lugar de a Beijing.
El interés de Estados Unidos por disputarse la influencia en la región no solo tiene que ver con el tema migratorio, que eventualmente le afecta aunque está claro que el motivo fundamental de las oleadas migratorias son las mismas políticas neoliberales instruidas desde Washington.
La corrupción, como variable común en los dos casos analizados, es un aspecto en el que la Casa Blanca influye a discreción. Tanto en Guatemala como en Honduras han patrocinado a gobiernos cuya transparencia ha sido cuestionable, sin que ello haya trascendido más allá de medidas de poca contundencia.
Queda por ver cómo avanza lo que pudiera constituir una maniobra de la Casa Blanca, el estilo ya es conocido y calza milimétricamente con pasadas experiencias hacia el sur del continente