In seguito al suo exploit alle elezioni primarie (PASO) in Argentina, il fenomeno Javier Milei ha attirato molta attenzione anche al di fuori dell’Argentina.
A far rumore sono soprattutto le sue proposte sul fronte caldo dell’economia argentina. Milei, un economista ultraliberista, si propone all’elettorato come un “anarco-capitalista” formato sui principi della cosiddetta ‘Scuola Austriaca’ che promette di porre fine alla “casta politica”, di ridurre lo Stato al minimo, di affidare l’amministrazione dell’istruzione e della sanità al capitale privato e, soprattutto, di risolvere l’inflazione cronica attraverso la dollarizzazione dell’economia e l’eliminazione della Banca Centrale.
Prima di questo parzialmente inaspettato exploit Milei era un deputato di La Libertad Avanza (LLA) la cui ‘fama’ non superava i confini nazionali dove era conosciuto per sue intemerate televisive. Vale la pena ricordare che Milei è balzato in politica dagli studi televisivi, dove veniva utilizzato per fare alzare l’audience con urla, insulti e proposte a favore della libera vendita di organi o bambini.
Tuttavia, a causa del fanatismo neoliberista di Milei e delle sue quantomeno controverse proposte in campo economico, si è prestata scarsa attenzione alle opinioni di Javier Milei in politica estera e quindi che andranno inevitabilmente a incidere sul posizionamento sullo scacchiere internazionale dell’Argentina – che a gennaio si unirà al blocco BRICS – nel caso Milei dovesse risultare vincitore delle prossime elezioni presidenziali ad ottobre.
Un Trump della ‘Pampa’?
Ove mai qualcuno avesse avuto qualche dubbio circa lo schieramento internazionale di Javier Milei, ci ha pensato lo stesso candidato che si presenta come “anarco-capitalista” a spazzarlo via: intervistato nello scorso agosto dal quotidiano argentino ‘La Nacion’, Milei ha dichiarato che i suoi alleati internazionali sarebbero Stati Uniti e Israele. Dunque una piena e quasi fanatica adesione al declinante sistema occidentale proprio in una fase storica segnata dall’emergere del nuovo mondo multipolare di cui l’Argentina è parte attiva vista l’adesione ai BRICS dal 2024.
Da buon fanatico Milei ha annunciato anche la sua intenzione di trasferire l’ambasciata argentina da Tel Aviv a Gerusalemme. Proprio come deciso dal cosiddetto “Trump dei tropici” Bolsonaro, quando era presidente del Brasile, anche se poi la decisione non si è mai concretizzata e l’ex militare brasiliano non ha completamente riportato il Brasile nell’orbita occidentale. Alcuni osservatori tracciano dei paralleli tra il “Trump della Pampa” Milei e il “Trump dei tropici” Bolsonaro, ma bisogna dire che l’argentino pare dotato di maggiore intelligenza politica rispetto all’ex presidente brasiliano.
Vi sono in ogni caso delle somiglianze con Bolsonaro e Donald Trump: l’uso di una retorica populista, l’articolazione dell’insoddisfazione della società nei confronti dei politici affermati e la loro visione conservatrice sulle questioni sociali. Condividono anche l’identificazione del socialismo, attualmente manifestato come “marxismo culturale”, come avversario principale e quasi mortale.
A tal proposito, in una recente intervista al giornalista statunitense Tucker Carlson, Milei si è lanciato finanche contro il Papa che aveva già definito come “il rappresentante del maligno sulla terra”. Nell’intervista ha rincarato la dose affermando: “”Il Papa fa politica, ha una forte influenza politica e ha anche mostrato una grande affinità con dittatori come (Raúl) Castro e (Nicolás) Maduro. In altre parole, è dalla parte delle dittature sanguinarie”. E ha aggiunto: “Ha un’affinità con i comunisti assassini (…) È accondiscendente con tutti gli uomini di sinistra, anche se sono veri assassini”.
Milei ha anche affermato che, avendo “la giustizia sociale come elemento centrale della sua visione”, Papa Francesco approva il “furto” e che “è una violazione dei dieci comandamenti biblici”. “È rubare il frutto del lavoro di una persona e darlo a un’altra. Sostenere la giustizia sociale significa sostenere il furto”. Ha aggiunto che implica anche “una disparità di trattamento davanti alla legge, e non credo sia giusto che alcuni siano premiati e altri puniti da una posizione di potere come quella dello Stato, che ha il monopolio della violenza”, ha detto, con una logica che ignora le differenze sociali.
In sintesi, ha affermato che Francesco promuove “un’agenda che difende l’omicidio, la rapina, l’invidia”.
Sempre nella stessa intervista, il candidato di ‘La Libertad Avanza’ ha ribadito la sua idea contraddittoria di promuovere il liberalismo e di subordinare le relazioni commerciali al suo immaginario politico. “Non solo non farò affari con la Cina, ma non farò affari con nessun comunista. Sono un sostenitore della libertà, della pace e della democrazia. Nessun rapporto con il presidente russo Vladimir Putin. Nessun rapporto con Lula. Vogliamo essere il faro morale del continente. Vogliamo essere i difensori della libertà, della democrazia, della diversità. Per la pace”.
Appare quindi evidente che Milei – nel caso dovesse essere eletto presidente – cercherà di allinearsi con l’Occidente, tuttavia sulla scena internazionale troverà leader occidentali che, per la maggior parte, sono suoi ‘avversari’ politici (come Joe Biden) o, per lo meno, hanno mostrato sostanziali divergenze. In particolare, leader del G7 come il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro canadese Justin Trudeau rientrano in questa categoria a causa delle loro diverse prospettive.
Tuttavia, secondo Diana Mondino – consulente economico senior di Milei e potenzialmente suo futuro ministro degli Esteri – l’approccio dell’Argentina sarà quello di stabilire relazioni amichevoli con gli Stati Uniti e con tutte le nazioni che si autodefiniscono ‘democratiche’, riconsiderando invece i legami e gli accordi con le controparti “autocratiche”. In questo modo, Milei sembra essere pienamente allineato con quella che alcuni hanno chiamato “Dottrina Biden”, che identifica la competizione tra democrazie e autocrazie come lo “scontro centrale del nostro tempo”. Resta da vedere, però, come l’amministrazione Biden accoglierà Javier Milei.
Per quanto riguarda le relazioni con i Paesi vicini, Milei non ha approfondito la questione. Si potrebbero prevedere sfide nelle relazioni con il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, data l’affinità di Milei con Bolsonaro, il cui figlio Eduardo, politicamente importante, ha recentemente espresso sostegno dopo la sua vittoria. Per quanto riguarda il blocco commerciale Mercosur, Milei si era già espresso a favore della sua dissoluzione qualche anno fa, analogamente all’approccio di Trump nei confronti del NAFTA al momento dell’insediamento. Tuttavia, Mondino ha espresso una posizione notevolmente più moderata, suggerendo che dovrebbe essere rivitalizzato, potenzialmente allineandosi con il punto di vista dell’Uruguay sulla flessibilizzazione. Per quanto riguarda l’Uruguay, il candidato libertario ha espresso un misurato livello di critica nei confronti del Presidente Lacalle Pou, affermando che è “lontano dall’essere un liberale”, ma riconoscendo in lui un “autentico keynesiano”. Infine, Milei ha un forte alleato nel candidato cileno di estrema destra José Antonio Kast, che è considerato uno dei candidati favoriti alle elezioni presidenziali del 2025, grazie soprattutto agli errori di una sinistra cilena capace di dilapidare con l’inetto Gabriel Boric il consenso politico ottenuto alle ultime presidenziali.
Milei riuscirà ad allontanare l’Argentina dalla Cina e dai BRICS?
Un’eventuale vittoria di Javier Milei potrebbe avere effetti dirompenti per l’Argentina. In primis perché il fanatico ultraliberista cercherà di distanziare Buenos Aires da Pechino a dal blocco BRICS, magari iniziando con il ritiro dell’Argentina dal blocco multipolare formato dalle principali economie emergenti.
Tuttavia, la Cina svolge un ruolo essenziale sia come partner commerciale imprescindibile sia come fonte significativa di aiuti finanziari per l’Argentina, un Paese alle prese con una situazione fiscale estremamente difficile a causa del forte debito con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Nonostante la posizione severa che Milei potrebbe assumere nei confronti della Cina, i limiti pratici frenerebbero in modo significativo la sua capacità di staccarsi dal gigante asiatico. La precaria situazione finanziaria rende gli swap cinesi indispensabili per la sopravvivenza dell’Argentina in un momento di grave carenza di valuta estera.
Inoltre, Milei dovrebbe scontrarsi con la forte opposizione dell’influente settore agroalimentare, dal momento che la Cina costituisce il principale mercato di esportazione dell’Argentina.
Conclusioni
Come abbiamo visto, tanto in economia quanto in materia esteri, Milei pretende di presentarsi come il “vero” cambiamento, una boccata d’aria fresca in un’asfittica scena politica. In realtà, le sue proposte sono vecchie e stantie. Anticomunismo e neo-maccartismo fuori tempo massimo con un capitalismo nudo e crudo nella sua versione più aberrante.
Comunque, nonostante la narrativa “da falco” che Milei presenta in politica estera, dovrà affrontare un panorama difficile che potrebbe limitare le sue ‘bellicose’ intenzioni. L’assenza di governi affini nella regione potrebbe potenzialmente lasciare l’Argentina isolata all’interno dell’area, almeno fino alle elezioni cilene del 2025, dove Kast potrebbe uscire vincitore.