sfruttamento imperiale e neocolonialismo
Il governo degli Stati Uniti è accusato di sfruttare la disputa territoriale tra il Venezuela e la Guyana, che si protrae da oltre un secolo sulla zona di confine dell’Essequibo, per pianificare un’aggressione contro il Paese bolivariano. Questo è quanto denunciato dalla vicepresidente venezuelano Delcy Rodríguez questo sabato durante i dibattiti che si sono svolti nell’ambito della nona edizione della riunione del Gruppo di Puebla, tenutasi in Messico.
Il Comando Sud degli Stati Uniti “considera questo spazio geografico come un ottimo territorio per attaccare il Venezuela”, ha affermato la dirigente bolivariana, prima di avvertire che “un’aggressione armata” contro il suo Paese costituisce “un’aggressione contro tutta l’America Latina e i Caraibi”.
In questo contesto, Delcy Rodríguez ha esortato alla “pace” e ha sottolineato che “il popolo venezuelano, degno figlio di Bolívar, continuerà a percorrere il cammino del rispetto del diritto internazionale e della pace”.
Recentemente, il presidente venezuelano Nicolas Maduro si è rivolto al suo omologo guyanese, Irfaan Ali, chiedendogli di non permettere al comando statunitense di trasformare “il suo Paese in una base militare contro il Venezuela” e invitandolo ad aprire un tavolo negoziale per risolvere il conflitto attraverso i canali diplomatici.
La storica disputa tra i governi di Maduro e Irfaan Ali è giunta recentemente al culmine in seguito alla decisione unilaterale della Guyana di indire una gara d’appalto affinché le multinazionali possano operare nei blocchi di petrolio e gas situati nel territorio marittimo dell’Essequibo.
Punti chiave della controversia
La disputa territoriale tra la Guyana e il Venezuela sull’Essequibo, iniziata 180 anni fa, si sta ora riaccendendo, come ciclicamente accade perché multinazionali come la Exxon Mobil e il governo guyanese pretendono di estrarre petrolio nell’area contesa.
La rivendicazione dell’Essequibo iniziò nel 1822 avviata dal ‘Libertador’ Simón Bolívar, che a partire da quell’anno protestò con l’Inghilterra per le continue invasioni di coloni britannici in Venezuela attraverso la Guyana britannica. La rivendicazione del Venezuela si basava sui confini stabiliti dalla stessa Spagna quando governava le sue colonie latinoamericane.
“Uti possidetis iuris” significa che ciò che si possedeva si continuerà a possedere, e in quei territori si trova ciò che oggi è il territorio della Guyana. “Tutte le nostre costituzioni lo hanno ripetuto: costituzionalmente eravamo, siamo e saremo i proprietari di quei territori”, sottolineava nel 2015, in occasione di un altra crisi diplomatica, lo storico e avvocato venezuelano Luis Britto Garcia.
Due pietre miliari hanno segnato questa rivendicazione storica. La prima è stata la sentenza arbitrale di Parigi del 1899, che ha stabilito che il territorio apparteneva all’Inghilterra. Il Venezuela non ha mai riconosciuto il lodo per due motivi: che al Paese era stata negata la difesa e che si basava su mappe falsificate e pagate dal Regno Unito.
Sei decenni più tardi, le due parti si sono ritrovate faccia a faccia alle Nazioni Unite e hanno firmato l’Accordo di Ginevra del 1966, l’unica via legale e valida ai sensi del diritto internazionale sulla controversia. Questo accordo stabilisce che il conflitto sarà risolto attraverso i canali diplomatici e che nessuno dei due Paesi utilizzerà il territorio o estrarrà risorse naturali o minerarie senza il consenso dell’altro.
Nel marzo 2018, la Guyana si è rivolta unilateralmente alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) per chiederle di accettare di studiare e risolvere la disputa territoriale con il Venezuela sul territorio dell’Essequibo.
Nel dicembre 2020, la Corte si è dichiarata “competente” ad analizzare “la validità del lodo arbitrale del 3 ottobre 1899”, che tracciava il confine tra i due Paesi e che era stato dichiarato nullo nel 1966, a seguito della firma dell’Accordo di Ginevra.
Di fronte a questa situazione, all’inizio del 2021 il Venezuela ha istituito un nuovo territorio marittimo sulla sua costa atlantica per “salvaguardare gli spazi del Paese”, e allo stesso tempo ha inviato una lettera di protesta alle Nazioni Unite, chiedendo la mediazione del segretario António Guterres, per riprendere i colloqui diretti con la Guyana e ignorare la giurisdizione della CIG sulla controversia.
A questo punto, per fare ordine conviene affrontare brevemente tutte le questioni aperte in modo da provare ad approcciare alla questione con maggiore chiarezza, senza le lenti deformanti della propaganda occidentale che ha l’unico obiettivo di trasformare il Venezuela in un paese invasore con intenti imperialisti.
Che cos’è l’Essequibo?
Il Territorio dell’Essequibo o Regione dell’Essequibo, noto anche come Essequibo Guyana, è una regione compresa tra l’ovest del fiume Essequibo e il punto di riferimento in cima al Monte Roraima, in Sud America.
La zona mineraria e forestale di 159.500 chilometri quadrati è amministrata dalla Guyana, ma il Venezuela la rivendica come propria e la considera un’area da delimitare, per cui i due Paesi hanno una disputa territoriale.
Che cos’è il lodo arbitrale di Parigi?
Il Territorio dell’Essequibo è stato dominato dall’Impero spagnolo, olandese e poi britannico, che nel 1897 si impegnò con il Venezuela, che rivendicava il territorio, a risolvere la controversia davanti a tribunali internazionali.
Nel 1899, l’area fu assegnata all’Impero britannico con un lodo arbitrale, cioè una decisione emessa da un arbitro per risolvere una controversia tra due o più parti in un tribunale di Parigi.
Perché il Venezuela sostiene che questo lodo è nullo?
Nel 1962, il Venezuela ha intentato una causa presso le Nazioni Unite (ONU) chiedendo che il lodo arbitrale fosse dichiarato nullo (inesistente), dopo aver scoperto che era stato risolto in modo fraudolento, poiché c’era complicità tra i delegati britannici e il giudice russo Fyodor Martens, che aveva emesso la sentenza.
Per questo motivo, nel 1966, quando la Guyana ottenne l’indipendenza dal Regno Unito, e dopo la denuncia presentata dal Venezuela, entrambe le nazioni decisero di annullare il lodo e di firmare il cosiddetto Accordo di Ginevra.
Cosa dice l’Accordo di Ginevra?
Questo accordo, firmato a Ginevra il 17 febbraio 1966 dal Venezuela e dal Regno Unito, insieme alla Guyana britannica (che presto avrebbe ottenuto l’indipendenza), stabilisce che l’Essequibo è amministrato dalla Guyana e la sua sovranità è contesa dal Venezuela, fino a quando non si risolverà qualcosa di diverso in conformità con il trattato.
Il nuovo patto annulla il Lodo di Parigi e fissa un termine di quattro anni per risolvere la controversia in modo “pratico, pacifico e reciprocamente soddisfacente”, cosa che non è stata ancora possibile realizzare. Attualmente si ritiene che le sue linee guida rimangano in vigore.
Mediazioni fallite
Tra il 1983 e il 1999, entrambi i Paesi hanno cercato di risolvere il conflitto attraverso il cosiddetto meccanismo dei Buoni Uffici delle Nazioni Unite, un sistema di risoluzione pacifica delle controversie territoriali attraverso un mediatore scelto e accettato dalle parti.
La funzione di questa figura è quella di far incontrare i due governi per raggiungere una soluzione soddisfacente, come previsto dal trattato. Tuttavia, questi tentativi non hanno mai prodotto risultati concreti.
Cosa chiede la Guyana?
La Guyana chiede alla Corte Internazionale di giustizia di risolvere “definitivamente” la disputa territoriale. Con dietro alle sue spalle l’ombra incombente della multinazionale Exxon Mobil che continua ad esplorare l’area, circostanza considerata illegale dal Venezuela.
Cosa vuole il Venezuela?
Caracas, da parte sua, sostiene che durante l’epoca coloniale, il confine del suo Capitanato Generale del 1777 fu stabilito dal fiume Essequibo. Questo territorio appartiene quindi al Venezuela per diritto storico.
Nel 1965, il Paese ha deciso di pubblicare una mappa ufficiale, rimasta in vigore fino ad oggi, che identifica l’Essequibo Guiana come una “zona rivendicata”.
L’espropriazione dell’Essequibo frutto del colonialismo e del furto imperialista
Pur se i media internazionali cerchino di banalizzare la questione e come al solito diffondere menzogne per capovolgere la situazione, la realtà dimostra he le ricchezze della Guyana dell’Essequiba vanno al di là della banalizzazione con cui viene affrontata la disputa.
Il territorio dell’Essequibo, proprietà storica del Venezuela, nei suoi oltre 155.000 chilometri quadrati, contiene una straordinaria e vastissima diversità. L’abbondanza di minerali, gas e petrolio è di grande importanza geostrategica, oltre alla proiezione del territorio venezuelano sulla costa atlantica e sulle rotte di navigazione commerciale, civile e militare, nonché un apprezzabile sbocco nello spazio esterno.
Così, un tentativo di furto iniziato quasi 200 anni fa, persiste oggi con la forza parassitaria dei predatori e usurpatori del Regno Unito e degli Stati Uniti, che insistono nel non voler comprendere che il colonialismo, al di là della sua aggressiva industria culturale e (dis)informativa, è ormai giunto nella sua fase finale a un passo dall’estinzione, contestuale all’ascesa definitiva del nuovo mondo multipolare di cui il Venezuela è l’intera regione latinoamericana sono bastioni.
Il territorio dell’Essequibo è ricco di oro, diamanti, micca, bauxite, magnesio, uranio, petrolio e gas naturale. C’è anche abbondanza di acqua dolce, biodiversità e condizioni eccellenti per la pesca e il turismo.
Sebbene non esistano dati precisi sulla vasta ricchezza, alcune cifre affermano che l’oro rappresenta circa il 64% dei guadagni in valuta estera della Guyana (il 15% della sua produzione economica totale), anche se le miniere si trovano nel territorio dell’Essequibo.
Quindi il governo della Guayana, foraggiato da Exxon Mobil e sostenuto dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti, sta portando avanti un saccheggio neocolonialista e imperialista di risorse naturali che appartengono al Venezuela e al suo popolo.
Un saccheggio che affonda le radici nei secoli addietro. “Si tratta di un territorio che è stato usurpato al Venezuela dall’imperialismo britannico nel XIX secolo. La Gran Bretagna, che aveva acquisito alcune colonie a est del fiume Esequibo, ha iniziato un processo di penetrazione verso ovest”, spiegava in occasione di una trasmissione di approfondimento sulla questione andata in onda sull’emittente RT, Rafael Ruano, professore della cattedra di Geopolitica e Frontiere dell’Università Centrale del Venezuela (UCV).
Secondo Pompeyo Torrealba, ex capo dell’Unità Speciale per l’Essequibo del Ministero degli Esteri del Venezuela, “l’Accordo di Ginevra è il documento più importante che il Venezuela ha per la rivendicazione”, riferendosi al documento firmato nel 1966 tra la Repubblica del Venezuela e il Regno Unito, insieme alla sua colonia, che avrebbe ottenuto l’indipendenza pochi mesi dopo.
“Non c’è alcun dubbio che esista un paese chiamato Repubblica Cooperativa della Guyana. Quello che dobbiamo chiarire ai guyanesi è che la Repubblica Cooperativa della Guyana deve configurarsi con lo spazio geografico che l’Inghilterra ha acquistato dai Paesi Bassi”, sottolineava Torrealba nello stesso spazio informativo precedentemente citato, precisando che questo comprende la parte del territorio a est del fiume Essequibo. Allo stesso tempo, aggiungeva che “non possiamo dividere il Territorio Esequibo, perché fa parte di ciò che l’Inghilterra ha usurpato”.
Come abbiamo visto, la controversia territoriale tra il Venezuela e la Guyana sull’Essequibo è una questione geopolitica di notevole importanza che ha attirato l’attenzione internazionale per decenni. Mentre la disputa è complessa e multifattoriale, gli esperti suggeriscono che al suo cuore si trovi un tentativo di usurpare risorse naturali ricche e preziose, e dietro di essa si cela un interesse imperialista e neocolonialista.
La soluzione a questa controversia richiede un dialogo pacifico e il rispetto del diritto internazionale, così come si addice ad un mondo dove l’epoca imperialista e colonialista è giunta agli sgoccioli mentre la luce di speranza del nuovo mondo multipolare inizia a irradiarsi sull’intero globo.