Il 16 ottobre 1953, precisamente 70 anni fa, durante il processo per i fatti della Caserma Moncada, l’avvocato Fidel Castro, responsabile di quell’azione, pronunciò la sua arringa difensiva.
Il testo riporta il discorso di autodifesa pronunciato da Fidel Castro il 16 ottobre 1953, durante il processo celebrato a Santiago di Cuba contro gli accusati per l’”assalto alla Moncada”.
Fidel Castro era l’organizzatore delle sommosse contro il dittatore Fulgencio Batista, giunto al potere con un colpo di Stato. Questo è diventato uno dei testi fondamentali della rivoluzione cubana.
“La storia mi assolverà” è un documento storico e, insieme, un atto di denuncia della barbarie del regime di Batista, un’autodifesa che è un’accusa durissima contro ogni dittatura e contro ogni ingiustizia.
“Se nei vostri animi resta un palpito d’amore per la patria, di amore per l’umanità, di amore per la giustizia, ascoltatemi con attenzione. So che sarò ridotto al silenzio per molti anni; so che si cercherà di occultare la verità con tutti i mezzi possibili; so che contro di me sarà sollevata la congiura dell’oblio. Ma la mia voce non sarà soffocata da ciò: essa acquisisce forza nel mio petto mentre più solo mi sento e con il mio cuore voglio darle tutto il calore che le negano gli animi codardi”.
” Credo di aver giustificato sufficientemente il mio punto di vista […] Però c’è una ragione che ci assiste più potente di tutte le altre: siamo cubani ed essere cubano implica un dovere, non compierlo è un crimine ed un tradimento. Viviamo orgogliosi della storia della nostra patria; la apprendiamo a scuola e siamo cresciuti udendo parlare di libertà, di giustizia e di diritti. […] Tutto questo apprendemmo e non lo dimenticheremo […] Nascemmo in un paese libero che ci lasciarono i nostri padri, e sprofonderà l’Isola nel mare prima che acconsentiremo ad essere schiavi di qualcuno. […]
Termino la mia difesa, però non lo farò come fanno sempre tutti gli avvocati, chiedendo la libertà del difeso; non posso chiederla quando i miei compagni stanno soffrendo nell’Isola dei Pini una prigionia ignobile. Inviatemi insieme a loro a condividere la loro sorte, è concepibile che gli uomini che hanno onore siano morti o prigionieri in una repubblica dove è presidente un criminale e un ladro.
Ai Signori Giudici, la mia sincera gratitudine per avermi permesso di esprimermi liberamente senza meschine coazioni […] Resta tuttavia all’Udienza un problema più grave: qui stanno le cause iniziate per i settanta omicidi, cioè per il più grande massacro che abbiamo conosciuto, e i colpevoli restano liberi con l’arma in mano che è una minaccia perenne per la vita dei cittadini; se non cade sopra di essi tutto il peso della legge, per codardia o perchè ve lo impediscono, e non rinunciano in pieno tutti i giudici, io ho pietà della vostra dignità e compassione per la macchia senza precedenti che cadrà sopra il Potere Giuridico.
In quanto a me so che il carcere sarà duro come non lo è mai stato per nessuno, pieno di minacce, di vile e codardo rancore, però non lo temo, così come non temo la furia del tiranno miserabile che ha preso la vita a settanta fratelli miei.
Condannatemi, non importa, la storia mi assolverà.
Fidel Castro