Durante l’edizione N° 21 del programma Con Maduro+, il presidente Nicolás Maduro ha affermato che “ho sempre promosso il dialogo” da quando ha assunto la massima carica dell’autorità statale. Egli ha riferito che “siamo sul punto di iniziare una nuova tornata di accordi con le opposizioni, accordi vantaggiosi per il Paese nel quadro delle leggi e della Costituzione”.
È una verità ovvia: il Governo bolivariano ha lanciato centinaia di appelli al dialogo con i settori dell’opposizione. Tendere la mano e cercare la comprensione tra le partii è stata anche una costante durante la presidenza di Hugo Chávez. Nei momenti di maggior conflitto politico, il Capo dello Stato venezuelano ha avuto l’iniziativa di sedersi allo stesso tavolo e discutere le questioni nodali a favore del Paese, senza distinzione politica.
Durante l’era Chávez, il dialogo è servito a raggiungere accordi politici che si sono concretati, nonostante i tentativi di alcuni settori dell’opposizione e degli US A d’invertire la situazione verso altri scenari in cui prevaleva il conflitto. Nel caso del 2003, dopo il colpo di Stato e il ritorno del Comandante a Miraflores nel 2002, i negoziati hanno portato alla firma di un accordo per indire un referendum revocatorio, che il presidente Chávez ha vinto nel 2004.
Altri contesti si sono sviluppati durante la presidenza di Nicolás Maduro Moros. Uno dei punti chiave del modo di governare del dirigente venezuelano ha a che fare con il modo in cui gestisce le crisi politiche e l’ombra della guerra indotta che ha perseguitato la realtà nazionale durante i tempi di escalation violenta (guarimbas) del 2014 e 2017.
Di fronte alla minaccia di un golpe, che è il modo più comune di “fare politica” in alcuni settori dell’opposizione, il presidente Maduro ha deciso di convocare, nel 2014, la Conferenza Nazionale per la Pace e, nel 2017, l’elezione di un’Assemblea Nazionale Costituente (ANC) che riorientasse le istituzioni democratiche del paese.
Quest’ultima proposta ha ripristinato il complicato gioco di poteri instaurato quando la Mesa de Unidad Democratica (MUD) ha assunto il Potere Legislativo, nel 2015, e il suo unico obiettivo era destituire il Capo dello Stato con qualsiasi mezzo. Mentre i suoi avversari invocavano l’intervento straniero, il Presidente ha portato la crisi politica nel crogiolo del dibattito nazionale e della ricerca dell’integrità dello Stato.
Il resto dei poteri pubblici si è articolato sulla base della non ingerenza, ciò che ha permesso che ogni agenda straniera fosse frenata da decisioni sovrane che hanno ostacolato il cambio di regime determinato da Washington. Pertanto, è stata superata la viziosa abitudine di vedere la politica come una pratica individuale per costruire un quadro di azione collettiva in cui l’appello al dialogo e alla difesa della nazione sono stati centrali.
Oltre all’appello al dialogo, lo stesso presidente si è dilungato nelle ragioni per cui è importante riprendere le conversazioni e i negoziati nei momenti caldi del contesto politico. Ha affermato più volte, in momenti diversi, di credere nel dialogo e che “la nostra strada è il dialogo, il rispetto della Costituzione, la pace, la democrazia”.
L’INCESSANTE INVITO AL DIALOGO DEL PRESIDENTE MADURO POTREBBE AVERE FRUTTI NEL BREVE E MEDIO TERMINE
Per il primo dirigente nazionale la parola si costituisce “come veicolo per superare le differenze”, ribadendo che la pace è ciò che lui conosce. Ai tavoli delle trattative si dovranno discutere “questioni strategiche” che garantiscano la sovranità nazionale, attraverso la convivenza.
Un importante punto d’onore è che qualsiasi processo di dialogo deve tener conto del fatto che Essequibo è venezuelano, e questo deve essere difeso in blocco, da tutti i venezuelani, senza alcuna distinzione. Inoltre, deve servire a favorire il percorso elettorale e creare condizioni che incoraggino la partecipazione e scoraggino la violenza politica, essendo flessibili per raggiungere accordi vantaggiosi per tutti, secondo il concetto di rispetto reciproco.
Allo stesso modo, ha sempre manifestato di conoscere l’importanza di un dialogo diretto con gli USA, al quale è sempre stato disposto, come ha segnalato nell’agosto 2021 e che avrebbe come obiettivo l’instaurazione di relazioni diplomatiche, come corrisponde “nel mondo civilizzato”.
Quando si è reso necessario cambiare il modo in cui affrontare questi processi, il presidente Nicolás Maduro non ha esitato a riformattare i meccanismi per raggiungere accordi con l’opposizione, come è successo l’anno scorso quando ha annunciato la riattivazione del processo di dialogo nazionale affermando che “stiamo andando a riformattare il processo di dialogo nazionale e stiamo andando verso un processo più ampio e inclusivo, che si rivolge a tutti i venezuelani che vogliono dare il meglio al paese e che dia loro tutte le garanzie per il progresso del Paese”.
In quell’occasione, nel marzo del 2022, ha confermato che vi erano stati incontri contatti diretti con funzionari della Casa Bianca.
Questa riformulazione consisteva, come spiegato dal deputato Jorge Rodríguez durante una riunione della Commissione di Dialogo per la Pace e la Riconciliazione Nazionale, nel marzo dello scorso anno, in un dialogo inclusivo, adattato al tempo storico – e ai suoi continui cambiamenti – e basato su un approccio qualitativo.
Visto in questo modo, l’attuale processo di dialogo può essere inteso come l’integrazione permanente di scenari in cui si incorporano posizioni, visioni e interessi sui principali temi che affliggono il Paese; la prospettiva è stata riformulata per concentrarsi fondamentalmente sui temi economici e sociali, ma anche politico-elettorali, in conformità con quanto espresso dal Presidente nel corso del suo programma.
Sebbene Washington abbia fatto di tutto per far implodere il tavolo del dialogo e dei negoziati, mano nella mano con opposizioni senza una propria dirigenza, cercando di prolungare gli effetti sociali ed economici negativi che le loro misure interventiste hanno causato, al fine di approfondire il malessere della popolazione e catalizzare pressioni e ricatti contro il governo venezuelano, gli incessanti appelli del presidente Maduro potrebbero dare i loro frutti almeno nel breve e medio termine.
A quanto pare, il Governo bolivariano potrebbe vincere con lo smantellamento o l’alleggerimento delle sanzioni in cambio di elezioni che si terrebbero nel rispetto della Costituzione, ma tutto il quadro è ambiguo. Se gli USA continueranno a non rispettare gli accordi fondamentali e ad agire, piuttosto, per impedire la ripresa del Venezuela, cercando di creare svantaggi elettorali contro il chavismo, allora questi frutti politici tenderanno a marcire.
Tuttavia, l’appello al dialogo, la sua riformattazione o l’imposizione di un altro meccanismo negoziale simile sono le carte che il presidente Nicolás Maduro ha in mano, con trasparenza e buon senso quando si tratta di metterle sul tavolo. È un’arte che si affina col tempo, il cui esecutore è sempre disposto a svilupparla fino alle sue ultime istanze.
NICOLÁS MADURO Y EL ARTE DEL DIÁLOGO
Durante la edición Nº21 del programa Con Maduro+, el presidente Nicolás Maduro afirmó que “siempre he propulsado el diálogo”, desde que asumió el máximo cargo de autoridad estatal. Informó que “estamos en las puertas de iniciar una nueva ronda de firmas de acuerdos con las oposiciones, de acuerdos beneficiosos para el país en el marco de las leyes y la Constitución”.
Es una verdad de perogrullo: el Gobierno Bolivariano ha hecho cientos de llamados a diálogo con sectores opositores. Extender la mano y buscar el entendimiento entre las partes fue también una constante durante la presidencia de Hugo Chávez. En los puntos de mayor conflicto político el Jefe del Estado venezolano ha tenido la iniciativa para sentarse en una misma mesa y discutir los asuntos nodales a favor del país, sin distingo político.
Durante la era Chávez, el diálogo sirvió para llegar a conciertos políticos que se concretaron, a pesar de los intentos de ciertos sectores opositores y de Estados Unidos por revertir la situación hacia otros escenarios donde la conflictivdad prevalece. En el caso del año 2003, tras el golpe de Estado y el regreso del Comandante a Miraflores en 2002, las negociaciones llevaron a firmar un acuerdo para la convocatoria a un referéndum revocatorio, que el presidente Chávez ganó en 2004.
Otros contextos se han desarrollado durante la presidencia de Nicolás Maduro Moros. Uno de los puntos claves en la forma de gobernar del líder venezolano tiene que ver con la forma en que gestiona las crisis políticas y la sombra de la guerra inducida que ha acechado la realidad nacional durante los tiempos de escalada violenta (guarimbas) de 2014 y 2017.
En medio de la amenaza de golpe, que es el modo más común de “hacer política” en ciertos sectores de las oposiciones, el presidente Maduro decidió convocar —en 2014— la Conferencia Nacional por la Paz y, en 2017, la elección de una Asamblea Nacional Constituyente (ANC) que recondujera la institucionalidad democrática del país.
Aquella última propuesta reseteó el complicado juego de poderes que se instauró cuando la Mesa de Unidad Democrática (MUD) asumió el Poder Legislativo en 2015 y su agenda única fue destituir por cualquier vía al Jefe de Estado. Mientras sus adversarios pedían intervención extranjera, el Presidente llevó la crisis política al crisol del debate nacional y a la búsqueda de la integridad del Estado.
El resto de los poderes públicos se articuló en función de la no injerencia, lo que permitió que cada agenda extranjera fuera detenida por decisiones soberanas que obstaculizaron el cambio de régimen determinado desde Washington. De allí que ha sido superada la viciosa costumbre de ver la política como una práctica individual para construir un marco de acción colectiva en el que el llamado al diálogo y la defensa de la nación han sido medulares.
Además de la convocatoria a diálogo, el propio mandatario se ha explayado en las razones por las que es importante retomar las conversaciones y las negociaciones en momentos calientes del contexto político. Ha señalado múltiples veces, en distintos momentos, que cree en el diálogo y que “nuestro camino es el diálogo, el respeto a la Constitución, la paz, la democracia”.
LA INCESANTE CONVOCATORIA A DIÁLOGO DEL PRESIDENTE MADURO PODRÍA TENER FRUTOS EN EL CORTO Y MEDIANO PLAZO
Para el primer mandatario nacional, la palabra se constituye “como el vehículo para superar las diferencias”, reiterando que la paz es lo que conoce. En las mesas de negociación deben debatirse “temas estratégicos”, que garanticen la soberanía nacional, a través de la convivencia.
Un punto de honor significativo es que todo proceso de diálogo debe tener en cuenta que el Esequibo es venezolano, y esto debe defenderse en bloque, por todos los venezolanos, sin distinción alguna. Además, debe servir para favorecer la vía electoral y crear condiciones que propicien la participación y disuadan la violencia política, siendo flexibles para llegar a acuerdos de ganar-ganar, bajo el concepto de respeto mutuo.
Asimismo, siempre ha manifestado conocer la importancia de un diálogo directo con Estados Unidos, al que siempre ha estado dispuesto, como lo señaló en agosto de 2021 y que tendría como objeto el establecimiento de relaciones diplomáticas, como se corresponde en “el mundo civilizado”.
Cuando se ha debido hacer una vuelta de tuerca sobre las formas de cómo encarar estos procesos, el presidente Nicolás Maduro no ha dudado en reformatear los mecanismos para llegar a acuerdos con las oposiciones, como sucedió el año pasado cuando anunció la reactivación del proceso de diálogo nacional diciendo que “vamos a un reformateo del proceso de diálogo nacional y vamos a un proceso más amplio e inclusivo, que les tienda la mano a todos los venezolanos y venezolanas que le quieran echar ganas al país y que les dé todas las garantías para el progreso del país”.
En ese momento, en marzo de 2022, confirmó que habían existido encuentros directos con funcionarios de la Casa Blanca.
Dicha reformulación consistió, como fue explicado por el diputado Jorge Rodríguez durante una reunión de la Comisión de Diálogo por la Paz y la Reconciliación Nacional en marzo del año pasado, en un diálogo inclusivo, adaptado al tiempo histórico —y sus cambios continuos— y basado en un enfoque cualitativo.
Visto así, el proceso de diálogo actual puede entenderse como la integración permanente de escenarios donde se incorporan posturas, visiones e intereses sobre los principales temas que afligen el país; la perspectiva se ha reformulado para centrarse fundamentalmente en los temas económicos y sociales, pero también político-electorales, de acuerdo con lo expresado por el Presidente durante su programa.
Si bien Washington ha hecho de todo para implosionar la mesa de diálogo y negociación, de la mano de unas oposiciones sin dirección propia, intentando prolongar los efectos sociales y económicos negativos que han causado sus medidas injerencistas con vistas a profundizar el malestar de la población y catalizar presiones y chantajes contra el gobierno venezolano, la incesante convocatoria del presidente Maduro podría tener frutos al menos en el corto y mediano plazo.
En apariencia, el Gobierno Bolivariano podría ganar en el desmontaje o alivio de sanciones a cambio de unas elecciones que igualmente realizaría de acuerdo con la Constitución, pero todo el cuadro es ambiguo. Si los estadounidenses siguen sin cumplir los acuerdos fundamentales y más bien actúan para impedir la recuperación de Venezuela, intentado crear desventajas electorales contra el chavismo, entonces esos frutos políticos tenderán a pudrirse.
Sin embargo, el llamado a diálogo, su reformateo o la imposición de otro mecanismo similar de negociación son las cartas que el presidente Nicolás Maduro tiene en la mano, con transpariencia y sensatez a la hora de sacarlos en la mesa. Se trata de un arte que se afina con el tiempo, cuyo ejecutor siempre está dispuesto a desarrollarlo hasta sus últimas instancias.