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Il 14 giugno 1928 nasceva Ernesto Che Guevara, il “Che”. Per ricordare quella nascita, un testo di Italo Calvino.
Qualsiasi cosa cerchi di scrivere per esprimere la mia ammirazione per Ernesto Che Guevara, per come visse e per come morì, mi pare fuori tono. Sento la sua risata che mi risponde, piena d’ironia e di commiserazione. Io sono qui, seduto nel mio studio, tra i miei libri, nella finta pace e finta prosperità dell’Europa, dedico un breve intervallo del mio lavoro a scrivere, senza alcun rischio, d’un uomo che ha voluto assumersi tutti i rischi, che non ha accettato la finzione d’una pace provvisoria, un uomo che chiedeva a sè e agli altri il massimo spirito di sacrificio, convinto che ogni risparmio di sacrifici oggi si pagherà domani con una somma di sacrifici ancor maggiori.
Guevara è per noi questo richiamo alla gravità assoluta di tutto ciò che riguarda la rivoluzione e l’avvenire del mondo, questa critica radicale a ogni gesto che serva soltanto a mettere a posto le nostre coscienze.
In questo senso egli resterà al centro delle nostre discussioni e dei nostri pensieri, così ieri da vivo come oggi da morto. E’ una presenza che non chiede a noi né consensi superficiali né atti di omaggio formali; essi equivarrebbero a misconoscere, a minimizzare l’estremo rigore della sua lezione. La “linea del Che” esige molto dagli uomini; esige molto sia come metodo di lotta sia come prospettiva della società che deve nascere dalla lotta. Di fronte a tanta coerenza e coraggio nel portare alle ultime conseguenze un pensiero e una vita, mostriamoci innanzitutto modesti e sinceri, coscienti di quello che la “linea del Che” vuol dire -una trasformazione radicale non solo della società ma della “natura umana”, a cominciare da noi stessi- e coscienti di che cosa ci separa dal metterla in pratica.
La discussione di Guevara con tutti quelli che lo avvicinarono, la lunga discussione che per la sua non lunga vita (discussione-azione, discussione senz’abbandonare mai il fucile), non sarà interrotta dalla morte, continuerà ad allagarsi. Anche per un interlocutore occasionale e sconosciuto (come potevo esser io, in un gruppo d’invitati, un pomeriggio del 1964, nel suo ufficio del Ministero dell’Industria) il suo incontro non poteva restare un episodio marginale. Le discussioni che contano sono quelle che continuano poi silenziosamente, nel pensiero. Nella mia mente la discussione col Che è continuata per tutti questi anni, e più il tempo passava più lui aveva ragione.
Anche adesso, morendo nel mettere in moto una lotta che non si fermerà, egli continua ad avere sempre ragione.
ottobre 1967
Che Guevara fu ucciso in Bolivia il 9 ottobre 1967, e il suddetto testo di Italo Calvino fu scritto il 15 ottobre 1967 a Parigi (dove da alcuni mesi abitava con la moglie argentina: era il giorno del suo 44° compleanno). Esso fu pubblicato in spagnolo nel gennaio 1968 sulla rivista cubana “Casa de las Americas” (in un numero speciale tutto dedicato al “Che”). Invece il testo originale integrale italiano fu pubblicato in Italia solamente 30 anni dopo, nel 1998, sul numero 1 della rivista “Che” della Fondazione Italiana Ernesto Guevara presieduta da Roberto Massari (con sede ad Acquapendente, nel Lazio).
Da: Siporcuba.it