Per una rilettura del Manifesto Comunista

Armando Hart Dávalos

Una rilettura del celebre Manifesto Comunista dovrebbe spingerci a profonde riflessioni, specialmente coloro di noi che hanno abbracciato il pensiero democratico e sociale forgiato nelle ultime due secoli della civiltà occidentale. Ricordiamo che l’introduzione della questione sociale come tema essenziale della cultura è relativamente recente nella storia. Furono proprio gli autori del celebre documento che con maggior coerenza e rigore la collocarono al vertice del pensiero occidentale. L’obiettivo fondamentale del suo studio è incamminato a stimolare la ricerca di idee per trovare le vie della trasformazione rivoluzionaria.

“Un fantasma percorre l’Europa”, dice il Manifesto, e questo fantasma è rimasto al centro della storia per tutto questo tempo. Non c’è stato, da allora, alcun evento politico importante che non fosse, direttamente o indirettamente, legato al fuoco di idee e sentimenti generati dal documento del 1848. Nella subcoscienza storica esso è stato presente in una forma o nell’altra, sia per sostenerlo che per attaccarlo; ma ciò che è più importante è che sia rimasto, per così tanti anni, intrecciato tra le idee e le aspirazioni redentrici nel seno della civiltà occidentale. Dobbiamo chiederci se l’umanità possa dimenticarsi delle speranze e aspirazioni liberatorie indicate dall’ideale comunista.

Il Manifesto è stato scritto per descrivere e denunciare il regime sociale capitalista europeo della metà del XIX secolo. Nessun altro documento politico lo fece allora con maggiore profondità e chiarezza, né espresse più fedelmente le necessità rivoluzionarie del suo momento storico.

In questo lavoro Marx ed Engels descrissero con profondità scientifica e alta qualità letteraria l’essenza della storia sociale ed economica dalla più remota antichità fino al loro tempo; nessun altro documento del suo genere lo superò in analisi. Senza le loro lezioni non potrebbe comprendersi l’evoluzione ulteriore della storia della seconda metà del XIX secolo e di tutto il XX. Per studiarla dobbiamo partire dalla logica dei suoi autori, altrimenti non potremo conoscere ciò che è stato apportato e dove si trovano le limitazioni intrinseche presenti in ogni opera umana. Si tratta quindi di un testo di valore culturale irrinunciabile.

Sia l’applicazione pratica del pensiero di Marx ed Engels, negli ultimi decenni, sia la propaganda nemica su di esso, imposero nella coscienza di milioni di persone la convinzione e il punto di vista che si tratti di un dogma chiuso basato su un inflessibile determinismo filosofico. Quando in realtà le essenze filosofiche delle idee dei celebri autori del Manifesto…, sono proprio tutto il contrario della rigidità dogmatica.

Al processo del Moncada, il 26 luglio 1953, quando il pubblico ministero contestò a Fidel come delittuoso il fatto che nell’appartamento di Haydeé e Abel Santamaría esistessero libri di Lenin, il nostro Comandante in Capo rispose: “Il politico che non abbia letto e studiato Lenin è un ignorante”. Oggi potremmo ripetere: il politico che non ha letto il Manifesto Comunista è un ignorante. Coloro che, come Fidel, lo studino e si nutrino dei suoi insegnamenti e al contempo abbraccino la causa dei poveri, potranno trovare le vere vie per la rivoluzione.

Leggendo il Manifesto Comunista dal fondamento dell’esperienza trascorsa, nell’ultimo secolo e mezzo, constateremo non solo la più profonda e nitida descrizione del tempo storico in cui fu scritto, bensì che inoltre apportò essenziali lezioni al mondo di oggi.

Il lettore, confrontando l’evoluzione umana trascorsa da allora con le linee essenziali del Manifesto, confermerà che il capitalismo ha continuato la sua marcia spietata per appropriarsi del valore creato dal lavoro umano e che tale valore continua a essere sottratto ai lavoratori. Il furto è continuato, ampliato e realizzato in modo più drammatico, se siamo capaci di fare un’astrazione questa ci può condurre all’interpretazione dei fatti concreti situati alla nostra vista. Confermeremo, se lo facciamo senza pregiudizi, come la società capitalista stia mettendo in crisi le relazioni di produzione create dal proprio sistema.

La moderna società borghese, emersa dalle rovine della società feudale, continuò, nel tempo, a muoversi tra le proprie contraddizioni e antagonismi che la generarono, senza abolirli; ha solo continuato a sostituire le vecchie condizioni di oppressione con altre nuove. Si potrà apprezzare che lo sfruttamento del lavoro umano e gli antagonismi economico-sociali hanno continuato a minacciare, in modo sempre più grave, il futuro dell’uomo sulla terra. Dovunque c’è stato il potere della borghesia, ha continuato a trasformare le relazioni di produzione in un fattore alienante per fare della libertà personale un semplice valore di scambio. Il capitalismo sostituisce le numerose libertà strutturate e acquisite con l’inumana e spietata libertà di commercio; possiamo dire che invece dello sfruttamento velato da illusioni religiose o politiche, ha continuato a istituire uno sfruttamento aperto, diretto, spietato e brutale.

Il medico, il giurista, il sacerdote, il poeta, l’uomo di scienza, negli ultimi 200 anni, sono stati continuamente convertiti in suoi servi salariati, si è continuato a sfilare il velo di emozioni e sentimenti che, in passato, coprivano le relazioni familiari riducendole a semplici relazioni di denaro. Allo stesso modo si potrà comprendere che la borghesia non può esistere se non a condizione di trasformare incessantemente strumenti e relazioni di produzione e, quindi, le relazioni sociali in generale.

Il capitalismo ha profanato tutto ciò che è sacro, e gli uomini si sono visti costretti ad analizzare il carattere delle proprie relazioni sociali reali.

Lo sfruttamento del mercato mondiale ha continuato la sua marcia accelerata. La borghesia ha conferito un carattere sempre più cosmopolita e internazionale alla ricchezza e al consumo di tutti i paesi, e lo ha fatto con una forza discriminatoria sempre maggiore. La cosiddetta globalizzazione equivale a un’altra fase del processo di internazionalizzazione capitalista della ricchezza studiato da Marx nel suo tempo e descritto da Lenin nel suo, confermando così scoperte sostanziali degli autori del Manifesto… Ma, oltre a ciò, l’imperialismo nel suo sviluppo ha continuato a incentivare i peggiori istinti umani, distruggendo le stesse relazioni sociali, politiche e giuridiche create nel processo stesso della modernità capitalista. Esempio di ciò è la sua aggressività sistematica contro valori come: lo Stato, la nazione e organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, l’UNESCO, ecc. Questo è un processo di distruzione gravissimo, che minaccia la stessa civiltà nel suo complesso.

Tuttavia, per promuovere le idee redentrici contenute nel Manifesto…, è necessario studiare ciò che  risultò diverso dai presupposti su cui gli autori di queste celebri pagine hanno fondato le loro idee. Le loro valutazioni avevano come base essenzialmente la realtà europea del tempo storico in cui vissero.

Studiate il Manifesto Comunista come chi legge un prezioso documento che serve da precedente per conoscere e affrontare meglio le realtà del presente e del futuro, lo si confronti con il ricordo di ciò che è accaduto nei più di 160 anni di storia trascorsa e il lettore potrà apprezzare le verità essenziali ivi esposte, che sono confermate ed esemplificate in modo sempre più drammatico dalla vita.

Né nel documento né nella sua opera successiva fu affrontato filosoficamente, con tutta la profondità che si può fare oggi, ciò che riguarda la vita spirituale. Non incolpiamo i forgiatori del socialismo delle limitazioni, proprie di ogni epoca storica; tuttavia, il futuro dell’umanità potrebbe incolparci, noi uomini e donne di oggi, per non aver studiato a sufficienza l’importanza della vita spirituale come tema essenziale della politica. Forse sono queste analisi che l’America e il mondo si aspettano che, coloro che hanno abbracciato il pensiero socialista, assumano.

Insomma, il Manifesto Comunista ci invita a riflettere sulle verità che esprime. Oggi potremmo dire, parafrasando Engels, che costituisce una verità eterna, che il Manifesto Comunista è uno dei grandi documenti scritti per aiutare i poveri della terra nella propria liberazione.


Para una relectura del Manifiesto Comunista

Por: Armando Hart Dávalos

Una relectura del célebre Manifiesto Comunista, nos debe mover a reflexiones profundas, sobre todo a quienes hemos abrazado al pensamiento democrático y social que fue forjado en las dos últimas centurias de la civilización occidental.  Recordemos que la introducción de la cuestión social como tema esencial de la cultura es relativamente reciente en la historia. Fueron propiamente los redactores del célebre documento, quienes con mayor coherencia y rigor la colocaron en la cumbre del pensamiento occidental. El objetivo fundamental de su estudio está encaminado a incitar a buscar ideas para encontrar los caminos de la transformación revolucionaria.

“Un fantasma recorre Europa” -dice el Manifiesto-, el fantasma se ha mantenido en el centro de la historia durante todo este tiempo. No ha existido desde entonces acontecimiento político importante que no estuviera, directa o indirectamente, relacionado con el fuego de ideas y sentimientos generados por el documento de 1848. Es más en la subconciencia histórica este ha estado presente de una forma u otra, bien para apoyarlo o para atacarlo; pero lo más importante es haberse mantenido tantos años en el entretejido de las ideas y aspiraciones redentoras en el seno de la civilización occidental. Debemos preguntarnos si la humanidad puede olvidarse de las esperanzas y aspiraciones liberadoras marcadas por el ideal comunista.

El Manifiesto fue escrito para describir y denunciar el régimen social capitalista europeo de mediados del siglo XIX. Ningún documento político lo hizo entonces con mayor profundidad y claridad, ni expresó más fielmente las necesidades revolucionarias de su momento histórico.

En este trabajo Marx y Engels describieron con profundidad científica y alta calidad literaria la esencia de la historia social y económica desde la más remota antigüedad hasta su época; ningún otro documento de su género lo superó entonces en el  análisis. Sin sus lecciones no podría entenderse la evolución ulterior de la historia de la segunda mitad del siglo XIX y de todo el XX. Para estudiarla debemos partir de la lógica de sus autores, de otra forma no podremos conocer lo aportado y dónde están las limitaciones por esencia presente en toda obra humana. Se trata pues de un texto con valor cultural irrenunciable.

Tanto la aplicación práctica del pensamiento de Marx y Engels en las últimas décadas, como  la propaganda enemiga sobre el mismo, impusieron en la conciencia de millones de personas la creencia y el punto de vista de que se trata de un dogma cerrado basado en un inflexible determinismo filosófico. Cuando en realidad las esencias filosóficas de las ideas de los célebres redactores del Manifiesto…, son precisamente todo lo contrario a la rigidez dogmática.

En el juicio del Moncada el 26 de julio de 1953, cuando el fiscal le refutaba a Fidel como delictuoso el hecho de que en el apartamento de Haydeé y Abel Santamaría existieran libros de Lenin, nuestro Comandante en Jefe respondió: “El político que no haya leído y estudiado a Lenin es un ignorante”.  Hoy podríamos repetir: el político que no haya leído el Manifiesto Comunista, es  un ignorante. Quienes como Fidel lo estudien y se nutran de sus enseñanzas y a la vez abracen la causa de los pobres, podrán encontrar los verdaderos caminos para la revolución.

Al  leer el Manifiesto Comunista desde el fundamento de la experiencia transcurrida en el último siglo y medio, comprobaremos no sólo la más profunda y nítida descripción del tiempo histórico de cuando fue escrito, sino que además aportó enseñanzas inapreciables  para el mundo de hoy.

El lector al confrontar la evolución humana transcurrida desde entonces con las líneas esenciales del Manifiesto, confirmará que el capitalismo ha continuado su marcha descarnada para apoderarse del valor creado por el trabajo humano y el mismo sigue siendo sustraído a los trabajadores. El robo se ha mantenido, ampliado y realizado en forma más dramática, si somos capaces de hacer una abstracción nos puede conducir a la interpretación de los hechos concretos situados a nuestra vista. Confirmaremos si lo hacemos sin prejuicios, como la sociedad capitalista está poniendo en crisis las relaciones de producción creadas por el propio sistema.

La moderna sociedad burguesa salida de entre las ruinas de la sociedad feudal, con el tiempo continuó marchando en medio de las propias contradicciones y antagonismos que la generó, sin abolirlos; únicamente ha seguido sustituyendo las viejas condiciones de opresión por otras nuevas. Podrá apreciarse  que la explotación del trabajo humano y los antagonismos económico-sociales han continuado amenazando de una manera cada vez más grave el futuro del hombre sobre la tierra. Dondequiera que ha existido el poder de la burguesía, ha seguido convirtiendo las relaciones de producción en factor enajenante para hacer de la libertad personal un simple valor de cambio. El capitalismo sustituye las numerosas libertades estructuradas y adquiridas, por la inhumana y desalmada libertad de comercio; podemos decir que en lugar de la explotación velada por ilusiones religiosas o políticas, ha seguido estableciendo una explotación abierta, directa, descarnada y brutal.

Al médico, al jurisconsulto, al sacerdote, al poeta, al hombre de ciencia en estos últimos 200 años ha seguido convirtiéndolos en sus servidores asalariados, ha continuado descorriéndose el velo de emociones y sentimientos que encubrían en el pasado las relaciones familiares reduciéndolas a simples relaciones de dinero. Asimismo podrá  comprenderse que la burguesía no puede existir, si no es a condición de transformar incesantemente los instrumentos y relaciones de producción y por consiguiente las relaciones sociales en general. El capitalismo ha profanado todo lo sagrado, y los hombres se han visto obligados a  analizar el carácter de sus relaciones sociales reales.

La explotación del mercado mundial ha seguido su marcha acelerada. La burguesía ha dado un carácter más cosmopolita e internacional a la riqueza y al consumo de todos los países, y lo ha hecho cada vez con mayor fuerza discriminatoria. La llamada globalización equivale a otra etapa del proceso de internacionalización capitalista de la riqueza estudiado por Marx en su tiempo y descrito por Lenin en el suyo, se confirman así descubrimientos sustantivos de los autores del Manifiesto… Pero es más, el imperialismo en su desarrollo ha seguido alentando los peores instintos humanos, viene  destruyendo las propias relaciones sociales, políticas y jurídicas creadas en el mismo proceso de la modernidad capitalista. Ejemplo de ello lo tenemos en su sistemática agresividad contra valores  como: el Estado,  la nación y organizaciones internacionales como las Naciones Unidas, la UNESCO, etc. Este en un proceso gravísimo de destrucción, el cual amenaza a la propia civilización en su conjunto.

Sin embargo, para promover las ideas redentoras contenidas en el Manifiesto… es necesario estudiar lo que resultó diferente a los presupuestos en que fundaron sus ideas los autores de estas célebres páginas. Sus valoraciones tenían como base esencialmente la realidad europea del tiempo histórico que les tocó vivir.

Estúdiese el Manifiesto Comunista, como quien lee un valioso documento que sirve de antecedente para conocer y enfrentar mejor las realidades del presente y el futuro, compárese con el recuerdo de lo que sucedió en los más de 160 años de historia transcurrida y podrá el lector apreciar las verdades esenciales allí expuestas que están confirmadas y ejemplificadas en forma cada vez más dramática por la vida.

Ni en el documento ni en su obra posterior se abordó filosóficamente, con toda la profundidad que se puede hacer hoy, lo referente a la vida espiritual. No inculpemos a los forjadores del socialismo de las limitaciones, propias de cada época histórica; sin embargo, el futuro de la humanidad puede inculparnos a los hombres y mujeres de hoy por no estudiar suficientemente la importancia de la vida espiritual como tema esencial de la política. Quizás sean estos análisis los que espera América y el mundo que asuman quienes hemos abrazado el pensamiento socialista.

En fin, el Manifiesto Comunista, nos invita a una reflexión acerca de las verdades que expone. Hoy podríamos decir parafraseando a Engels, que constituye una verdad eterna, que el Manifiesto Comunista es uno de los grandes documentos escritos para ayudar a los pobres de la tierra en favor de su liberación.

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