L’irruzione violenta della polizia ecuadoriana nell’ambasciata del Messico, a Quito la notte del 6 aprile, al fine di sequestrare l’ex vicepresidente ecuadoriano Jorge Glas, ha suscitato reazioni di condanna da parte dei governi dell’America Latina e dei Caraibi.
Il Venezuela si è distinto per la sua fermezza nel rilasciare un comunicato attraverso il suo ministero degli Esteri, nel quale il governo di Nicolás Maduro ha denunciato la cattura “illegale” di Jorge Glas, che aveva ricevuto asilo a causa di una grave presunta persecuzione. Quest’azione è stata equiparata a quelle perpetrare nelle più sinistre dittature della regione, come quella di Augusto Pinochet in Cile o di Jorge Rafael Videla in Argentina.
Da parte sua, il Nicaragua ha seguito l’esempio del Messico nel rompere le relazioni diplomatiche con l’Ecuador, qualificando l’azione di Quito come “insolita e riprovevole”, e ha annunciato la sua decisione sovrana di porre fine a ogni relazione diplomatica con il governo ecuadoriano.
Analogamente, altri nove paesi, tra cui Brasile, Colombia, Cuba, Bolivia e Honduras, hanno espresso un fermo rifiuto degli eventi. La presidente dell’Honduras, Xiomara Castillo, che è anche presidente pro tempore della CELAC, ha convocato una riunione urgente del blocco regionale dopo l’incidente e ha chiesto l’intervento dei ministri degli Esteri questo martedì. Il presidente colombiano, Gustavo Petro, ha annunciato l’avvio di azioni per ottenere che la CIDH emetta misure cautelari a favore di Jorge Glas.
Anche il governo di Javier Milei in Argentina ha emesso una condanna all’assalto all’ambasciata messicana a Quito, sottolineando l’importanza del pieno rispetto delle disposizioni della Convenzione sull’Asilo Diplomatico del 1954 e della Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche.
I paesi del CARICOM hanno manifestato la loro preoccupazione in un comunicato ufficiale per le violazioni commesse dall’Ecuador. È importante notare che tutti i paesi della regione hanno reagito a questo evento, tranne il governo di Nayib Bukele di El Salvador.
Nonostante non sia geograficamente all’interno della regione, è rilevante segnalare il comunicato emesso dalla Repubblica Islamica dell’Iran, particolarmente nel contesto di un recente attacco da parte di Israele al suo consolato in Siria, che ha causato la morte di sette persone, tra cui alti comandanti militari del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica (CGRI). Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Naser Kanani, ha espresso la preoccupazione del suo paese e ha sottolineato l’importanza di rispettare e garantire la sicurezza del personale e delle sedi delle missioni diplomatiche e consolari.
Perché è così grave l’assalto all’ambasciata messicana?
La Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche è un trattato internazionale che stabilisce le norme e regole che reggono le relazioni diplomatiche tra gli Stati. È stata adottata nel 1961 e è considerata la principale fonte del diritto internazionale in questo settore.
L’assalto a un’ambasciata è considerato una grave violazione della Convenzione di Vienna, poiché le ambasciate sono considerate territorio extraterritoriale dello Stato che rappresentano e godono di immunità diplomatica. Pertanto, gli Stati riceventi hanno l’obbligo di non invocare norme di diritto interno per giustificare perquisizioni, invasioni e altre violazioni degli obblighi internazionali.
Negli anni recenti, sono state registrate altre violazioni di questi principi. Nell’aprile 2019, il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, è stato arrestato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra, ponendo fine a quasi sette anni di asilo diplomatico nel recinto. Il presidente ecuadoriano dell’epoca, Lenín Moreno, ha permesso alla polizia britannica di entrare nell’ambasciata, violando il principio fondamentale dell’asilo diplomatico.
In modo simile, nello stesso anno, l’ambasciata del Venezuela a Washington D.C. è stata assediata per settimane da un gruppo di oppositori affiliati all’autoproclamato “presidente interino” Juan Guaidó. Queste persone hanno preso illegalmente il controllo dell’ambasciata dopo essere entrati con la forza con il sostegno delle autorità USA.
Nuovo piano Condor in corso
Il panorama regionale prospetta la necessità di analizzare la possibilità di un nuovo piano Condor in corso in America Latina. Secondo l’accademico Rodrigo Karmy Bolton, attualmente l'”Operazione Condor” si è rinnovata tacitamente, senza la necessità di essere articolata da una dittatura, ma piuttosto attraverso il rinnovamento dei governi di destra nella regione.
La dottrina del “nemico interno”, storicamente utilizzata per giustificare la persecuzione di interi popoli, si aggiorna oggi sotto una nuova forma. Influenzati dagli USA e da Israele, segnala Karmy Bolton, questi governi di destra si basano su operazioni poliziesche e militari repressive che ricordano l’Inquisizione o la Scuola delle Americhe.
In Ecuador, a causa della criminalità e del narcotraffico, il presidente Daniel Noboa ha dichiarato un “conflitto interno armato”, portando a una crescente militarizzazione della società e ad un ruolo dominante delle Forze Armate sulla Polizia Nazionale.
Questa situazione, come prospetta l’economista ecuadoriano Alberto Acosta, porta alla subordinazione delle istituzioni civili davanti alle Forze Armate, che, unita alla pretesa di alcuni settori di reintegrare membri delle forze armate USA nel paese, aggiunge un livello di complessità al panorama. Avverte che la repressione militare e il populismo penale finiscono per criminalizzare gruppi impoveriti e marginalizzati, il che potrebbe diventare una strategia per reprimere le proteste popolari e le resistenze territoriali.
L’assalto all’ambasciata messicana in Ecuador per arrestare Jorge Glas è un chiaro esempio di queste nuove forme di controllo e repressione che stanno emergendo in alcuni paesi dell’America Latina, con la circostanza aggravante delle violazioni del diritto internazionale. Parallelamente, vediamo Israele commettere crimini ancora più gravi nel suo tentativo di consolidare l’occupazione illegale della Palestina, con il sostegno dell’Occidente. Pertanto, i governi dell’America Latina e dei Caraibi non dovrebbero aspettare che queste violazioni si intensifichino per adottare misure decise che evitino l’israelizzazione della regione.
America latina e Caraibi senza un piano chiaro
La cosa più tragica per la regione è che, nonostante abbia istituzioni e meccanismi di integrazione per affrontare una crisi tanto delicata quanto quella attuale, come lo sarebbe la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC), la stessa sembra essere legata e con una specie di paralisi, rendendo difficile qualsiasi azione e da cui, sicuramente, non uscirà nulla.
Questa incapacità non è dovuta solo alla mancanza di istituzionalità che la costringe a dipendere dalla dinamica che le fornisce il ministero degli Esteri del paese che detiene la presidenza pro tempore, attualmente nelle mani dell’Honduras, e che rivela la necessità di consolidare una struttura propria, con un segretariato esecutivo potente, come proposto, almeno dal 2021, dal Venezuela, che le permetta agire senza dipendere dai tempi dei ministeri degli Esteri.
In realtà, individuiamo questa incapacità nella perdita di senso che mostra la regione e che la vicepresidente venezuelana ha definito come “disorientamento geopolitico”, che non è altro che un ritorno all’allineamento irrazionale con la politica estera USA, spiegando così non solo la stessa tesi di un “Piano Condor 2.0”, come accennato in precedenza, bensì anche il riposizionamento di Washington nella regione e che ha nei recenti impegni militari firmati dal Comando Sud in Guyana, Ecuador e Argentina il suo corollario più recente.
Il problema non è la violazione dell’immunità di un’ambasciata e quindi le sue implicazioni sulla violazione della sovranità nazionale di un paese, che è un fatto gravissimo nel diritto internazionale, il problema è il terribile precedente che si crea in una pratica (il diritto di asilo) che aveva goduto di un rispetto e di una credibilità indiscussi nella regione. Non sorprende che sia uno dei più notori esponenti della nuova destra latinoamericana e caraibica.
Maduro: assalto all’ambasciata del Messico in Ecuador “fatto con l’approvazione degli USA”
“Che coincidenza che il comandante del Comando Sud degli Stati Uniti sia passato prima per l’Ecuador e poi sia andato in Argentina (…) Tutto quello che ha fatto – Daniel Noboa – è stato fatto in coordinamento e con l’approvazione dell’ambasciata degli Stati Uniti in Ecuador, non ci siano dubbi su questo”.
La denuncia è stata fatta dal capo di Stato venezuelano, Nicolás Maduro, quando è stato interpellato dalla giornalista e presidente del canale televisivo multistatale Telesur, Patricia Villegas, sull’attacco all’ambasciata messicana a Quito, capitale dell’Ecuador, perpetrato dalle forze di sicurezza ecuadoriane nella notte di venerdì 5 aprile.
A questo proposito, il presidente Maduro ha ripudiato la violazione del diritto internazionale da parte delle forze di polizia ecuadoriane dell’ambasciata messicana per rapire l’ex vicepresidente Jorge Glas, a cui era stato concesso asilo politico.
“Questa è una barbarie, e da dove viene la barbarie? Dalla destra estremista che sta arrivando al governo in alcuni Paesi dell’America Latina con posizioni neonaziste, neofasciste (…) in Ecuador un uomo con i cognomi dei multimilionari che hanno saccheggiato l’Ecuador per secoli ha commesso un atto barbaro, sequestrando un richiedente asilo politico e assaltando brutalmente l’ambasciata messicana”.
¿CUÁLES SON LAS IMPLICACIONES REGIONALES DEL ASALTO A LA EMBAJADA MEXICANA EN ECUADOR?
La irrupción violenta de la policía ecuatoriana a la embajada de México en Quito la noche del 6 de abril, para secuestrar al ex vicepresidente ecuatoriano Jorge Glas, ha generado reacciones condenatorias de los gobiernos de América Latina y el Caribe.
Venezuela se ha destacado por su contundencia al emitir un comunicado a través de su cancillería, en el cual el gobierno de Nicolás Maduro denunció la captura “ilegal” de Jorge Glas, quien había recibido asilo debido a una supuesta persecución atroz. Se equiparó esta acción a las perpetradas en las dictaduras más siniestras de la región, como la de Augusto Pinochet en Chile o Jorge Rafael Videla en Argentina.
Por su parte, Nicaragua siguió el ejemplo de México al romper relaciones diplomáticas con Ecuador, calificando la acción de Quito como “insólita y repudiable”, y anunció su decisión soberana de poner fin a toda relación diplomática con el gobierno ecuatoriano.
De manera similar, otros nueve países, entre ellos Brasil, Colombia, Cuba, Bolivia y Honduras, expresaron un rechazo firme a los acontecimientos. La presidenta de Honduras, Xiomara Castillo, quien también es presidenta pro tempore de la CELAC, convocó una reunión urgente del bloque regional tras el incidente y solicitó la intervención de los cancilleres este martes. El presidente colombiano, Gustavo Petro, anunció la promoción de acciones para que la CIDH emita medidas cautelares a favor de Jorge Glas.
Incluso el gobierno de Javier Milei en Argentina emitió una condena al asalto a la embajada mexicana en Quito, enfatizando la importancia de la plena observancia de las disposiciones de la Convención sobre Asilo Diplomático de 1954 y de la Convención de Viena sobre Relaciones Diplomáticas.
Los países del Caricom manifestaron su preocupación en un comunicado oficial por las violaciones cometidas por Ecuador. Cabe destacar que todos los países de la región reaccionaron ante este suceso, excepto el gobierno de Nayib Bukele de El Salvador.
A pesar de no estar geográficamente dentro de la región, es relevante señalar el comunicado emitido por la República Islámica de Irán, particularmente en el contexto de un reciente ataque por parte de Israel a su consulado en Siria, que resultó en la muerte de siete personas, incluidos altos comandantes militares del Cuerpo de la Guardia Revolucionaria Islámica (CGRI). El portavoz de la Cancillería iraní, Naser Kanani, expresó la preocupación de su país y subrayó la importancia de respetar y garantizar la seguridad del personal y las sedes de misiones diplomáticas y consulares.
¿POR QUÉ ES TAN GRAVE EL ASALTO A LA EMBAJADA MEXICANA?
La Convención de Viena sobre Relaciones Diplomáticas es un tratado internacional que establece las normas y reglas que rigen las relaciones diplomáticas entre los Estados. Fue adoptada en 1961 y es considerada la principal fuente del derecho internacional en este ámbito.
El asalto a una embajada es considerado una violación grave de la Convención de Viena, ya que las embajadas son consideradas territorio extraterritorial del Estado al que representan y gozan de inmunidad diplomática. Por lo tanto, los Estados receptores tienen la obligación de no invocar normas de derecho interno para justificar allanamientos, invasiones y otras violaciones de las obligaciones internacionales.
En años recientes, se han registrado otras violaciones a estos principios. En abril de 2019, el fundador de WikiLeaks, Julian Assange, fue arrestado en la embajada ecuatoriana en Londres, poniendo fin a casi siete años de asilo diplomático en el recinto. El entonces presidente ecuatoriano Lenín Moreno permitió que la policía británica ingresara a la embajada, violando el principio fundamental del asilo diplomático.
De manera similar, ese mismo año, la embajada de Venezuela en Washington D.C. fue asediada durante semanas por un grupo de opositores afines al autoproclamado “presidente interino” Juan Guaidó. Estos individuos tomaron el control ilegal de la embajada tras irrumpir por la fuerza con el respaldo de las autoridades estadounidenses.
NUEVO PLAN CÓNDOR EN MARCHA
El panorama regional plantea la necesidad de analizar sobre la posibilidad de un nuevo plan Cóndor en marcha en América Latina. Según el académico Rodrigo Karmy Bolton, en la actualidad la “Operación Cóndor” se ha renovado de manera tácita, sin necesidad de articularse desde una dictadura, sino más bien a través de la renovación de los gobiernos de derecha en la región.
La doctrina del “enemigo interno”, utilizada históricamente para justificar la persecución de pueblos enteros, se actualiza en la actualidad bajo un nuevo disfraz. Influenciados por Estados Unidos e Israel, señala Karmy Bolton, estos gobiernos de derecha se apoyan en operaciones policiales y militares represivas que recuerdan a la Inquisición o a la Escuela de las Américas.
En Ecuador, a raíz de la criminalidad y el narcotráfico, el presidente Daniel Noboa ha declarado un “conflicto interno armado” llevando a una creciente militarización de la sociedad y un papel dominante de las Fuerzas Armadas sobre la Policía Nacional.
Esta situación, como plantea el economista ecuatoriano Alberto Acosta , conduce al subordinamiento de las instituciones civiles ante las Fuerzas Armadas, que, sumado a la pretensión de algunos sectores de reintegrar a miembros de la fuerza armada estadounidense en el país, añade una capa de complejidad al panorama. Advierte que la represión militar y el populismo penal terminan por criminalizar a grupos empobrecidos y racializados, lo que podría convertirse en una estrategia para sofocar protestas populares y resistencias territoriales.
El asalto a la embajada de México en Ecuador para detener a Jorge Glas es un claro ejemplo de estas nuevas formas de control y represión que están surgiendo en algunos países de América Latina, con la agravante de violaciones al derecho internacional. Paralelamente, vemos a Israel cometiendo delitos aún más graves en su intento de consolidar la ocupación ilegal de Palestina, con el respaldo de Occidente. Por lo tanto, los gobiernos de América Latina y el Caribe no deben esperar a que estas violaciones escalen para tomar medidas contundentes que eviten la israelización de la región.
AMÉRICA LATINA Y EL CARIBE SIN UN PLAN CLARO
Lo más trágico para la región es que a pesar de tener las instituciones y los mecanismos de integración para abordar una crisis tan delicada como la que se plantea en la actualidad, como lo constituiría la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (CELAC), la misma luce atada de manos y con una especie de parálisis que le dificulta su accionar y desde donde, seguramente, no saldrá nada.
Esta incapacidad no solo se debe a esa inexistente institucionalidad que le exige depender de la dinámica que le otorgue la cancillería del país que ostente la presidencia pro tempore, hoy en manos de Honduras, y que devela la necesidad de consolidar una estructura propia, con una secretaria ejecutiva potente, como lo viene proponiendo Venezuela desde por lo menos 2021, que le permita actuar sin depender del tiempo de las cancillerías.
Ubicamos dicha incapacidad más bien, en esa pérdida de sentido que muestra la región y que la vicepresidenta venezolana la ha denominado desorientación geopolítica, que no es más que retroceder al alineamiento y alineación irracional con la política externa de los Estados Unidos, lo que estaría explicando no solo la tesis misma de un Plan Condor 2.0, como lo mencionamos más arriba, sino también el reposicionamiento de Washington en la región y que tiene en los compromisos militares firmados por el Comando Sur en Guyana, Ecuador y Argentina su más reciente corolario.
El problema no es la violación de la inmunidad de una embajada y por ende sus implicaciones a la violación de la soberanía nacional de un país, que es un hecho gravísimo en el derecho internacional, el problema es el terrible precedente que se sienta en una práctica (el derecho de asilo) que había gozado de un respeto y credibilidad incuestionable en la región. No es de extrañar que sea uno de los más rozagantes exponentes de la nueva derecha latinoamericana y caribeña.