Nessun cubano per bene deve ignorare quello che significa per la spiritualità dell’America Latina questa istituzione eretta nella sua Patria quattro mesi dopo il trionfo della Rivoluzione Cubana e data a unire, porre in vista e promozionare la cultura della regione.
Entrare nella Casa de las Américas è molto più che superare la sua soglia. Con la sua storia brillante che giunge in questo 28 aprile ai suoi 65 anni, sfilano nella memoria di coloro che la conoscono bene fatti trascendenti, personalità straordinarie e fondazioni definitive.
Non sono aggettivi da festa nè esagerazioni. Basta avvicinarsi ai suoi domini per percepirlo.
Nessun cubano per bene deve ignorare quello che significa per la spiritualità dell’America Latina questa istituzione eretta nella sua Patria quattro mesi dopo il trionfo della Rivoluzione Cubana e data a unire, porre in vista e promozionare la cultura della regione, includendo quella dei popoli originari.
L’ intellettuale Abel Prieto Jiménez è l’ attuale presidente dell’istituzione. È lì che ci aspetta, per conversare con Granma.
65 anni si dicono rapidamente, ma è fitta l’agenda difesa un giorno dopo l’altro per un progetto ambiziosamente umano, per il quale si sentono tanto grati moltissimi scrittori e artisti della Patria grande.
«In questi giorni ho letto molto», dice Abel iniziando i suoi argomenti quando gli si domanda sulla prima immagine che gli viene alle memoria quando pensa alla Casa de las Américas. Tra le mani ha il libro /Hay que defender la vida, Haydee Santamaría/, una preziosa raccolta edita dal Fondo Editoriale Casa de las Américas, realizzata da Jaime Gómez Triana e Ana Niria Albo Díaz.
«È stato davvero importante avere questo libro per questa data, perchè è un’opportunità per far sì che la gente si avvicini alla fondatrice della Casa, al di là della grande rivoluzionaria che fu, molto al di là dell’eroina della Moncada.
Lì c’è una Haydee umana, che convive con gli eroi e i martiri che amò tanto ammirò e perse. È un libro fondamentale per avvicinarsi a lei, ed è la prima cosa che penso ».
L’evocazione ritorna in tutta la conversazione. Abel parla della sensibilità tanto particolare di Haydee por la memoria, di questo «incredibile istinto, questa delicatezza, la risposta ad ogni lettera che le scrivevano, un grande intellettuale o qualcuno della popolazione».
–C’è una sua marca nella Casa…
–Haydee diede alla Casa una mistica molto particolare. Roberto Fernández Retamar la chiama senso di servizio, una generosità, è l’idea che tu sei qui per servire e questo è molto martiano. La trasformò in un luogo con una magnetizzazione particolare per coloro ai quali interessavano la letteratura e l’arte.
–Di Retamar, che è stato presidente della Casa de las Américas, dovremo parlare sempre…
–Roberto è stato il presidente dal 1986 alla sua morte. Ha diretto l’istituzione dopo il pittore Mariano Rodríguez, che lo fece dal 1980 al 1986. Io ho avuto la straordinaria fortuna che Retamar fu il mio professore nella Scuola di Lettere, assieme ad altri professori incredibili. Era una festa ascoltare le sue lezioni.
«Aveva un carisma molto particolare, era brillante, con una cultura eccezionale, un martiano con uno squisito senso dell’umorismo. Nonostante la differenza di generazione ci avvicinammo molto e diventammo amici, per il mio orgoglio. Anche Roberto ha marcato questa istituzione. Era un interlocutore di Haydee, un appoggio tremendo, io credo che ci sia un’impronta di Haydee, in primo luogo assoluto, e anche di Mariano, e di Roberto.
«Roberto diceva che non poteva usare la parola “sostituire” rispetto a Haydee. Diceva che era impossibile, che quello che lui faceva era cercare di seguire la sua orma. Cosa posso dire io, dato che mi è toccato dirigere il Ministero di Cultura dopo Armando Hart, e più tardi, la Casa, presieduta prima di me da Roberto? Sostituire non è la parola, sostituire non serve a niente. In questi casi è tentare, in tutti i modi possibili, d’essere degni di questa missione che gente tanto eccezionale ha realizzato in maniera tanto brillante.».
–La Casa ha sempre una risposta di fronte agli attacchi imperialisti contro Cuba e il continente …
–Questa istituzione è stata, in questi 65 anni, al centro di tutti i dibattiti dell’intellettualità di questo continente e del mondo, tutto il tempo.
La Casa ha alzato la sua voce contro tutte le tormente, contro tutte le manipolazioni, contro tutte le trappole che sono state disegnate per impedire l’integrazione culturale di Nuestra America, per cercare di tirare verso la destra gli intellettuali e gli artisti dei Caraibi e della regione. Gli yankee hanno dedicato molto denaro a tutto questo».
Abel ricorda che il premio letterario Rómulo Gallegos, si creò nell’epoca di Raúl Leoni, in Venezuela, per contrapporlo al premio Casa de las Américas. E ricorda che la rivista Mundo Nuevo «fu disegnata , costruita e lanciata come contrappeso della nostra rivista Casa de las Américas. Roberto lo vide nel chiaro e lo denunciò.
«Al centro di tutte queste polemiche c’era la disputa per questa zona tanto importante che è l’ambito intellettuale, per vedere se gli artisti e gli intellettuali diventano servitori del loro vicino del Nord o se vanno a pensare con la propria testa, se difendono la verità, la giustizia sociale, l’uguaglianza … e questa istituzione è stata tutto il tempo al centro di questi uragani.
–Possiamo dire che la Casa de las Américas è l’istituzione che ha fatto di più per la cultura regionale?
–Io credo che è quella che ha fatto di più per l’integrazione della cultura latinoamericana e caraibica. Questa è la piattaforma di Bolívar, di Martí, di Fidel e di Chávez, dopo il campo della cultura. La Casa ha lavorato duramente, durante 65 anni, per creare una piattaforma di comunicazione. Darcy Ribeiro, il grande antropologo brasiliano, diceva che il Brasile si era riconosciuto latinoamericano grazie alla Casa de las Américas. Roberto mi diceva che era l’elogio migliore sentito, parlando della Casa de las Américas, che il Brasile, che è quasi un continente, si riconoscesse latinoamericano grazie a un’istituzione cubana. Ed è vero che è stato creato e tessuto un pensiero bolivariano, in termini artistici, in termini letterari, in termini estetici…
«Benedetti –che fondo qui il Centro delle Investigazioni Letterarie–, in un testo dice che l’ imperialismo ci vuole frammentati, ed è la verità che uno degli strumenti più importanti che ha questa egemonia degli americani ha a che vedere con cosa ci frammenteremo. Benedetti usava una parola più forte, “smembrati”, e la Casa de las Américas si oppone a questo smembramento con l’integrazione, con la volontà d’unità».
Sono molti i nomi che dice Abel quando ricorda le personalità rilevanti che hanno lasciato la loro impronta nella Casa. Manuel Galich, Ezequiel Martínez Estrada, Augusto Roa Bastos, Gabriel García Márquez, Roque Dalton, Julio Cortázar, Eduardo Galeano… Pensando, interrompe la lista perchè sarebbe davvero interminabile «Molta gente dice che il detto boom latinoamericano, soprattutto nel romanzo, ha a che vedere con la Rivoluzione Cubana, prima di tutto, e in secondo luogo con il lavoro della Casa de las Américas», commenta, e si nota il suo orgoglio. Da lì salta a un testo di Galeano, autore di Le vene aperte dell’America Latina.
«Ricordiamo quello che dice Galeano, nella sua Fe di errate. “Dove dice: 12 ottobre del 1492, deve dire: 28 aprile del 1959. In quel giorno d’aprile fu fondata in Cuba la Casa che ci ha aiutato di più a scoprire l’America e le molte Americhe che l’America contiene”. Lui dice che la scoperta dell’America è la creazione di questa istituzione e questo è davvero molto bello».
–La Casa ha realizzato belle missioni negli anni. Qual è quella che deve realizzare in questi tempi?
–Ci sono grandi sfide… È innegabile che l’offensiva colonizzatrice globale danneggia la missione essenziale di questa istituzione e la chiave sta nel sapere come ci difendiamo , come ottenerlo. In Cuba abbiamo condizioni migliori che in qualsiasi altra parte, perchè abbiamo tutta la popolazione infantile scolarizzata, abbiamo i maestri, gli istruttori d’arte, i media di comunicazione di massa, abbiamo gente nelle reti che potrebbe aiutare moltissimo. Ma non siamo sempre coerenti, dobbiamo essere più coerenti, dobbiamo articolare la forza rivoluzionaria della cultura.
«Dobbiamo difendere la storia del paese, l’identità nazionale È orribile la quantità di pazzie, piene di menzogne che si dicono attorno alla storia di Cuba pre-rivoluzionaria e di Cuba della Rivoluzione. Ma molta gente le crede ed è per mancanza di conoscenza.
«Combattere la manipolazione è stata sempre un’ossessione di Fidel che insisteva che non si poteva perdere la capacità di pensare. Nel suo discorso del 17 novembre del 2005, nell’Università, disse che la disinformazione rende difficile capire il proprio ambiente e il mondo. Ma i riflessi condizionati ti tolgono la capacità di pensare. E cosa sono le reti sociali? Questo passaggio del discorso di Fidel è un’analisi brillante del tipo di reazione che provocano le reti, che non t’invitano ad analizzare, t’invitano a reagire istintivamente.
«Credo essenziale creare un pensiero critico, creare un istinto, che è quello che voleva Fidel, che la gente istintivamente sappia che la stanno manipolando, che scopra dov’è la trappola, dov’è l’imboscata che le stanno tendendo, per condurla da un lato all’altro. Si deve evitare d’essere manipolati e per questo Fidel insisteva, parafrasando Martí che senza cultura non c’è libertà possibile. La cultura, la conoscenza, il ragionamento implicano la possibilità d’essere liberi».
UN GIORNO COME OGGI NELLA STORIA DI CUBA
28 aprile 1959: viene fondata la Casa de las Américas: non governativa, collegata al Ministero della Cultura cubano. Il suo primo direttore è Haydée Santamaría.
La Casa de las Américas è un istituto culturale fondato a L’Avana il 28 aprile 1959, dipendente dal Ministero della Cultura.
Il suo principale obiettivo è quello di sviluppare ed ampliare le relazioni culturali fra i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi e fra Cuba e il resto delle Americhe, attraverso la produzione e la ricerca culturale.
Solo quattro mesi dopo il trionfo della Rivoluzione cubana, il Governo rivoluzionario, con la legge 299 del 28 aprile 1959, creò la Casa de las Américas, un’istituzione con personalità giuridica propria, che svolge attività di natura non governativa, finalizzate allo sviluppo e all’ampliamento delle relazioni socio-culturali con i popoli dell’America Latina, dei Caraibi e del resto del mondo. La Casa è stata inaugurata il 4 luglio 1959 con una cerimonia presieduta dal Ministro dell’Istruzione, Armando Hart Dávalos, nell’edificio dell’ex Casa Continental de la Cultura [1].
Quando tutti i governi dell’America Latina, ad eccezione del Messico, ruppero le relazioni con Cuba, l’istituzione contribuì ad evitare che i legami culturali tra l’isola e il resto del continente fossero completamente interrotti. La Casa diffuse il lavoro della Rivoluzione e incoraggiò molti intellettuali a visitare Cuba, dove entrarono in contatto con la nuova realtà del Paese. Haydee Santamaría, eroina della lotta rivoluzionaria, presiedette la Casa de las Américas dalla sua fondazione fino al 1980, anno della sua morte. È alla sua chiara visione dell’integrazione e del latinoamericanismo, alla sua sensibilità e al suo talento, alla sua generosità e comprensione che la Casa de las Américas deve ciò che è oggi.
Dal 1980 in poi, la Casa de las Américas è stata presieduta dal pittore Mariano Rodríguez Álvarez e dal 1986 dal poeta e saggista Roberto Fernández Retamar.