Venezuela: la necessità di una legge contro il fascismo

Di fronte all’odio politico e alle sue manifestazioni

misionverdad.com

Il primo vicepresidente del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) e deputato all’Assemblea Nazionale (AN), Diosdado Cabello, ha sollecitato il parlamento a condurre un’indagine approfondita sul crimine commesso contro Orlando Figuera.

Si tratta di un giovane che transitava nelle vicinanze di Plaza Altamira, nel comune di Chacao dello stato di Miranda, durante le guarimbas del 2017. Fu aggredito da un gruppo di oppositori, accoltellato e bruciato per l’80% del corpo. Fu ricoverato in ospedale dal 20 maggio di quell’anno fino alla sua morte il 4 giugno.

L’allora procuratrice generale, Luisa Ortega Díaz, dichiarò che il suo linciaggio non fu un crimine d’odio, come invece segnalò il governo e varie organizzazioni per i diritti umani fino ad oggi. Come presunto responsabile materiale del fatto fu accusato Enzo Franchini Oliveros, che appare in diverse immagini diffuse dalle reti sociali vestito con giacca e casco da motociclista mentre dà fuoco a Figuera.

Franchini fu catturato nel luglio 2019 dall’Interpol a Getafe (Spagna) per i reati di “istigazione pubblica, omicidio intenzionale qualificato e terrorismo”. Nel novembre dello stesso anno, la Procura dell’Audiencia Nacional spagnola respinse la procedura di estradizione.

Durante la sessione ordinaria di martedì 21 maggio, Cabello ha ricordato che all’epoca si rimproverò la Procuratrice e “la signora disse che non poteva agire perché quei video erano manipolati. Quale manipolazione c’era? Se fu registrato con la gente in strada (…) si vede chiaramente cosa fa; questo parla della complicità di quella signora con coloro che ordinarono la violenza in Venezuela e dovrebbe essere indagata anche per omissione, per aver negato la giustizia a una donna madre, Inés, di quel giovane”.

Il deputato ha avvertito l’opposizione presente all’AN che in questi tipi di fatti non si può essere passivi: “Hanno assaggiato qualcosa della malvagità di quegli altri settori dell’opposizione, di ciò che sono capaci di fare. Vi dirò una cosa: nel caso in cui possano, prima andranno contro di noi e poi contro di voi”.

UN SOLO OBIETTIVO: ERADICARE IL FASCISMO

La proposta di Legge contro il Fascismo, Neofascismo ed Espressioni Simili, presentata dalla vicepresidente esecutiva della Repubblica, dottoressa Delcy Rodríguez Gómez, lo scorso 2 aprile, consta di quattro capitoli e 30 articoli. Lo stesso giorno è stata approvata in prima discussione e ha generato la consueta stigmatizzazione da parte dei media corporativi.

Il suo scopo consiste nello “stabilire i mezzi e i meccanismi per preservare la convivenza pacifica, la tranquillità pubblica, l’esercizio democratico della volontà popolare, il riconoscimento della diversità, la tolleranza e il rispetto reciproco di fronte a espressioni di ordine fascista, neofascista o di natura simile che possano sorgere nel territorio della Repubblica Bolivariana del Venezuela”.

Lo strumento si concentra sull’eradicazione di qualsiasi tipo di postura ideologica o espressione di superiorità o discriminazione, sia essa razziale, etnica, sociale o nazionale. Nel suo discorso per la presentazione del progetto di legge, la Vicepresidente ha ricordato come negli ultimi 25 anni settori estremisti abbiano eseguito azioni di violenza contro il popolo venezuelano. Ha aggiunto che “realmente sappiamo che coloro che commisero questi crimini atroci rivendicavano, rivendicano e sono militanti dell’odio, della morte, dell’intolleranza, del razzismo, della discriminazione di ogni tipo. Furono momenti molto duri che attraversò il nostro paese”.

Il contenuto prevede varie sanzioni per coloro che compiono atti fascisti, neofascisti o simili. Queste sanzioni potrebbero essere penali — anni di prigione —, amministrative — multe — o implicare la dissoluzione di organizzazioni.

SEGNALI DI VIOLENZA POST-ELETTORALE E SOFISTICAZIONE DELL’ODIO “TRANSIZIONALE”

 

Tra la stigmatizzazione mediatica transnazionale e il purismo delle definizioni accademiche, i vari opinionisti — ONG incluse — trascurano che casi come quello di Figuera e molti altri risiedono nella memoria storica venezuelana per i loro effetti pregiudiziali sull’esercizio della politica. È chiaro che, nel contesto di vari tentativi di rivoluzioni colorate, l’opposizione venezuelana ha fatto ricorso alla violenza politica, causando morti e distruzione, imponendo anche l’antipolitica come nozione.

Oltre al caso di Figuera, si registra la violenza post-elettorale dell’aprile 2013: in quell’episodio uno dei candidati perdenti, Henrique Capriles, appellò i suoi elettori a “scaricare la rabbia”, la cui conseguenza è stata un’ondata di persecuzioni politiche e violenza. Il bilancio fu di undici omicidi, due minorenni tra le vittime e l’attacco a installazioni pubbliche, tra cui centri sanitari.

Giorni dopo l’ondata di violenza si seppe che da ottobre, novembre e dicembre 2012, il Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional (Sebin) aveva avviato indagini per individuare un’operazione denominata “Conexión Abril” che cercava di generare situazioni caotiche nel paese per attaccare la governabilità, creando uno scenario violento dopo le elezioni che si sarebbero svolte dopo la morte del Comandante Hugo Chávez, allora presidente.

Proprio la violenza post-elettorale è uno degli scenari previsti nel caso in cui i risultati delle elezioni presidenziali del prossimo 28 luglio siano sfavorevoli alle aspettative dell’opposizione. Da quel settore hanno dimostrato che la politica e il dialogo non sono esattamente il loro punto forte; in altri scenari elettorali hanno esitato ad accettare i risultati e la loro dequalificazione del sistema di suffragio è permanente.

Il settore dell’opposizione che è apertamente diretto da Washington ha scelto la via elettorale dopo che Trump è stato sconfitto nel 2020 e si sono insediati i democratici alla Casa Bianca. Anche se parlano di tale percorso come se stessero facendo un favore alla società, la realtà è che hanno optato per tale via dopo il fallimento della sua strategia di “massima pressione”.

Una legge come quella in discussione all’AN consentirebbe che non si ripetano esperienze come quelle dell’aprile 2013 o del maggio 2017, stabilendo punizioni esemplari per coloro che hanno chiesto sanzioni economiche e interventi militari contro il Venezuela, oltre a costruire un quadro di riferimento relativo alle espressioni di fascismo, neofascismo e ideologie belligeranti di estrema destra.

D’altra parte, la circolazione di messaggi apparentemente condiscendenti riguardo a una possibile transizione di governo dopo il 28 luglio sembra implicare messaggi di odio sotto altri codici. Il fattore comune di tali discorsi è che una “giustizia transizionale” eviterebbe la persecuzione del chavismo, si tratterebbe di una sofisticazione delle espressioni di odio con cui si cerca di “ammorbidire” la base votante del chavismo, e anche i funzionari, per la presunta consegna del potere.

Questi dispositivi narrativi mostrano la tensione esistente tra i vari attori dell’opposizione riguardo all’intenzione di disporre del diritto ad esistere del chavismo. Anche se alcuni portavoce e opinionisti cercano di trasferire tale tensione al chavismo, frasi come “¡Vamos a ganar y vamos a cobrar!” pronunciate da María Corina Machado sono eloquenti, denotano che la “giustizia transizionale” è, in realtà, un percorso di vendetta e fascismo.


ANTE EL ODIO POLÍTICO Y SUS MANIFESTACIONES

LA NECESIDAD DE UNA LEY CONTRA EL FASCISMO EN VENEZUELA    

 

El primer vicepresidente del Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV) y diputado a la Asamblea Nacional (AN), Diosdado Cabello, solicitó al parlamento realizar una investigación profunda sobre el crimen cometido contra Orlando Figuera.

Se trata de un joven que transitaba por las inmediaciones de la plaza Altamira, municipio Chacao del estado Miranda, durante las guarimbas de 2017. Fue abordado por un grupo opositor, apuñalado y quemado hasta un 80% de su cuerpo. Estuvo hospitalizado desde el 20 de mayo de ese año hasta que falleció el 4 de junio.

La entonces fiscal general, Luisa Ortega Díaz, declaró que su linchamiento no fue un crimen de odio, tal como ha señalado el gobierno y varias organizaciones de derechos humanos hasta ahora. Como presunto responsable material del hecho fue acusado Enzo Franchini Oliveros, quien aparece en diversas imágenes mostradas por las redes sociales vestido de chaqueta y casco de motorizado prendiendo fuego a Figuera.

Franchini fue capturado en julio de 2019 por Interpol en Getafe (España) por los delitos de “instigación pública, homicidio intencional calificado y terrorismo”. En noviembre de ese año, la Fiscalía de la Audiencia Nacional española rechazó el procedimiento de extradición.

Durante la sesión ordinaria del martes 21 de mayo, Cabello recordó que en aquel entonces se increpó a la Fiscal y “la señora dijo que no podía actuar porque esos videos estaban manipulados. ¿Cuál manipulación había? Si eso fue grabado con la gente en la calle (…) se ve claramente lo que hace; eso habla de la complicidad de esa señora con los que ordenaron la violencia en Venezuela y debería ser investigada también por omisión, por negarle la justicia a una mujer madre, Inés, de ese joven”.

El diputado advirtió a la oposición que hace vida en la AN que en estos tipos de hechos no se puede ser pasivo: “Han saboreado algo de la maldad de esos otros sectores de la oposición, de lo que ellos son capaces. Yo les voy a decir algo: en el caso que ellos puedan, van primero por nosotros y después van por ustedes”.

UNA SOLA META: ERRADICAR EL FASCISMO

La propuesta de Ley contra el Fascismo, Neofascismo y Expresiones Similares, presentada por la vicepresidenta ejecutiva de la República, doctora Delcy Rodríguez Gómez, el pasado 2 de abril, consta de cuatro capítulos y 30 artículos. Ese mismo día fue aprobada en primera discusión y generó la acostumbrada estigmatización por parte de la mediática corporativa.

Su objeto consiste en “establecer los medios y mecanismos para preservar la convivencia pacífica, la tranquilidad pública, el ejercicio democrático de la voluntad popular, el reconocimiento de la diversidad, la tolerancia y el respeto recíproco frente a expresiones de orden fascista, neofascista o de similar naturaleza que puedan surgir en el territorio de la República Bolivariana de Venezuela”.

El instrumento se enfoca en la erradicación de cualquier tipo de postura ideológica o expresión de superioridad o discriminación, sea esta racial, étnica, social o nacional. En su alocución por la presentación del proyecto de ley, la Vicepresidenta rememoró cómo en los últimos 25 años sectores extremistas ejecutaron acciones de violencia contra el pueblo venezolano. Agregó que “realmente sabemos que quienes cometieron estos crímenes atroces reivindicaban, reivindican y son militantes del odio, de la muerte, de la intolerancia, del racismo, de la discriminación de toda índole. Fueron momentos muy duros que atravesó nuestro país”.

Su contenido contempla diversas sanciones para quienes realicen actos fascistas, neofascistas o parecidos. Estas sanciones podrían ser penales —años de prisión—, administrativas —multas— o implican la disolución de organizaciones.

SEÑALES DE VIOLENCIA POSTELECTORAL Y SOFISTICACIÓN DEL ODIO “TRANSICIONAL”

Entre la estigmatización mediática transnacional y el purismo de las definiciones académicas, los distintos opinadores—ONG incluidas— obvian que casos como el de Figuera y muchos otros residen en la memoria histórica venezolana por sus efectos perjudiciales sobre el ejercicio de la política. Queda claro que, en el marco de varios intentos de revolución de color, la oposición venezolana recurrió al ejercicio de la violencia política y generó tanto muertes como destrucción, también la imposición de la antipolítica como noción.

Además del caso de Figuera, se registra la violencia postelectoral de abril de 2013: en aquel episodio uno de los candidatos perdedores, Henrique Capriles, llamó a sus electores a “descargar la arrechera”, cuya consecuencia fue una ola de persecución política y violencia. El saldo fue de once asesinatos, dos menores de edad entre las víctimas y el ataque instalaciones públicas, centros de salud entre ellas.

Días después de la ola violenta se supo que desde octubre, noviembre y diciembre de 2012, el Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional (Sebin) había iniciado investigaciones para detectar una operación denominada “Conexión Abril” que buscaba generar situaciones caóticas en el país para atacar la gobernabilidad, con la creación de un escenario violento tras los comicios que se desarrollaran luego del fallecimiento del Comandante Hugo Chávez, entonces presidente.

Precisamente, la violencia postelectoral es uno de los escenarios avizorados en caso de que los resultados de los comicios presidenciales del próximo 28 de julio sean adversos a la expectativas de la oposición. Desde ese sector han demostrado que la política y el diálogo no son precisamente su fuerte, en otros escenarios electorales han dudado en aceptar los resultados y su descalificación al sistema del sufragio es permanente.

El sector opositor que es abiertamente dirigido desde Washington asumió la ruta electoral luego de que Trump fuera derrotado en 2020 y se instalaran los demócratas en la Casa Blanca. Aunque hablan de dicha ruta como si estuvieran haciéndole un favor a la sociedad, la realidad es que optaron por ella luego de que fracasara su estrategia de “máxima presión”.

Una ley como la que se está discutiendo en la AN permitiría que no se repitieran experiencias como las de abril de 2013 o mayo de 2017, al establecer castigos ejemplares contra quienes han pedido sanciones económicas e intervención militar contra Venezuela, además que construiría un marco de referencia relacionado con las expresiones de fascismo, neofascismo e ideologías beligerantes de extrema derecha.

Por otra parte, la circulación de mensajes pretendidamente condescendientes respecto a una eventual transición de gobierno luego del 28J pareciera implicar mensajes de odio bajo otros códigos. El factor común de dichos discursos es que una “justicia transicional” evitaría la persecución al chavismo, se trataría de una sofisticación de las expresiones de odio con las que se busca “ablandar” la base votante del chavismo, y también a funcionarios, para la supuesta entrega del poder.

Estos dispositivos narrativos muestran la tensión existente entre distintos actores de la oposición respecto a la intención de disponer del derecho a existir del chavismo. Aunque algunos voceros y opinadores intentan trasladar dicha tensión al chavismo, frases como “¡Vamos a ganar y vamos a cobrar!” emitidas por María Corina Machado son elocuentes, denotan que la “justicia transicional” es, en realidad, un camino de revancha y fascismo.     

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