L’amministrazione Biden ha annunciato nuove misure per Cuba che eminenti analisti internazionali, solitamente con la testa tra le nuvole riguardo al blocco USA, hanno interpretato come un regalo al governo cubano. Secondo il comunicato del Dipartimento del Tesoro, solo il settore privato dell’isola può “aprire, mantenere e utilizzare da remoto conti bancari negli USA”.
Ciò significa che questi cittadini, dopo aver dimostrato di non essere comunisti né avere legami con il governo cubano, possono utilizzare piattaforme di pagamento online degli USA, servizi cloud e applicazioni Internet. Ciò che non dice il Dipartimento del Tesoro è la verità. Le nuove misure evidenziano, come nessun’altra, il ferreo blocco del cyberspazio per una Cuba accusata, da decenni, di essere un “nemico di Internet”.
Gli USA hanno la chiave del controllo di Internet e ora vogliono apparire come una sorta di benefattore, col contagocce, riguardo al tanto decantato diritto al libero flusso di informazioni.
L'”esperto” USA, Larry Press, ha coniato, nel 2011, la frase “il dilemma del dittatore” per criminalizzare L’Avana, accusandola di avere bisogno dell’accesso alla rete, ma di soffrire di una paura ancestrale al libero flusso delle informazioni. “Il dilemma del dittatore”, in sintesi, non è rischiare un certo legame politico con la speranza che il settore privato la faccia finita con Troia utilizzando Internet, e poi arrivi la soluzione: i marines che sbarcano sul Malecón dell’Avana. Un gioco da sciocchi con Internet. Pertanto, l’unica soluzione dei falchi del Nord per esorcizzare questo mantra è dare accesso alla rete delle reti a Cuba, tipo Glasnost digitale, senza che ciò si traduca in un beneficio per la “dittatura cubana”.
La ricetta di Washington non è facile da applicare a quest’isola, e la sacra scrittura di Larry Press si è trasformata in un boomerang per Washington, che non sa come liberare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (TIC) per Cuba con il maggior vantaggio possibile per il Nord e senza danni collaterali alla politica interna. Vale a dire, l’amministratore di turno alla Casa Bianca, benché non voglia, deve sollevare almeno un po’ l’enorme rete di misure coercitive del blocco. Ad esempio, Facebook, X, Apple e così via devono sbloccare i loro sistemi di annunci per i cubani e indovinare chi è membro del Partito e chi lavora in una agenzia funebre, che è un servizio pubblico.
Pertanto, il recente annuncio del Dipartimento del Tesoro dell’amministrazione Biden è un rapporto “trappola per sciocchi”. Anche il piano di Trump noto come “Cuba Internet Task Force”, del 2019, ironicamente riconosceva le incoerenze della politica di Internet per Cuba a causa dell’incertezza causata dai continui cambiamenti del sistema normativo USA per Cuba. È molto difficile che qualsiasi annuncio sia credibile, dato che è soggetto agli alti e bassi politici della Casa Bianca nella sua relazione incestuosa con la Florida per ottenere l’obiettivo strategico di sconfiggere la Rivoluzione iniziata nel 1959.
Non bisogna essere esperti per rendersi conto che la tabella di marcia ciber-spaziale del governo segue il percorso consolidato di mantenere la sua strategia per Cuba nel sinistro gioco del blocco digitale e della guerra cognitiva, che mira a resettare il cervello dei cubani affinché l’isola crolli su se stessa.
Il governo USA non ha ancora compreso che lo sviluppo delle TIC a Cuba non deve assolutamente nulla a Obama, né alle brecce nel blocco in oltre 60 anni. È stato frutto della Rivoluzione e un trionfo della sua politica di sovranità digitale e del talento straordinario del popolo di Fidel Castro. E ciò è stato possibile grazie all’accesso pieno all’istruzione e alla cultura, nonostante le molteplici carenze, limitazioni e persino errori propri, con l’aggiunta imperdonabile delle sanzioni USA.
Un portavoce del Dipartimento di Stato, recentemente, si è stupito dell’ampia portata delle misure di quello che loro chiamano “embargo”, quando gli è stato chiesto dell’ampio regime di sanzioni contro la nazione caraibica. Si riferiva alla trama di leggi, quasi blindate in migliaia di artifici per assediare Cuba, quando hanno deciso di togliere l’isola dalla lista dei paesi che non cooperano con il terrorismo, ma è ancora nell’altra, la lista di quelli che sponsorizzano il terrorismo. Puro circo.
Quella incredibile lista di sanzioni converte in puro fumo qualsiasi “misura” per “migliorare” la vita e dare permesso ai cubani (leggasi quelli del settore privato) alle tecnologie ora autorizzate dal Dipartimento del Tesoro. Quello che i politici amnesici di Washington hanno appena scoperto è la quantità di restrizioni e proibizioni su strumenti, servizi e applicazioni di ogni tipo nel campo digitale accessibili, persino per paesi anch’essi inclusi nella lista delle nazioni che supportano il terrorismo. La domanda logica, nel caso si fosse presenti alla conferenza stampa del portavoce dipartimentale, sarebbe semplice: Quanto altro staranno proibendo di cui non siamo a conoscenza?
È infinita la capacità che hanno i fautori del blocco di determinare millimetricamente quale tecnologia vietare a Cuba per il suo sviluppo. Lo hanno fatto molte volte: annunci che sono stati impossibili da rispettare a causa delle restrittive sanzioni. Ad esempio, Oracle potrebbe decidere di vendere supercomputer al settore privato al più tardi domani, ma i suoi avvocati gli diranno che ci sono altre dieci leggi che lo impediscono, oltre a mantenere la nazione caraibica nella lista dei paesi sponsor del terrorismo. In pratica, Oracle non rischia il suo mega-business per un signore proprietario di una mipyme (micro, piccola e media impresa a Cuba).
Nessuno rischierà di fare qualcosa che poi sia interrotto, con il conseguente danno di tempo, denaro e politica. Cioè, siate seri signori della Casa Bianca e delle altre agenzie, fino a quando questa trappola per sciocchi!
(Tratto da La Jornada)
Trampa cazabobos
Por: Rosa Miriam Elizalde
La administración Biden ha anunciado nuevas medidas para Cuba que eminentes analistas internacionales, usualmente en babia respecto al bloqueo estadounidense, han interpretado como un regalo al gobierno cubano. Según el comunicado del Departamento del Tesoro, solo el sector privado de la isla puede “abrir, mantener y utilizar de forma remota cuentas bancarias en Estado Unidos”.
Significa que esos ciudadanos, después de demostrar que no son comunistas ni tienen vínculos con el gobierno cubano, pueden usar plataformas de pago en línea de Estados Unidos, servicios en la nube y aplicaciones de Internet. Lo que no dice el Departamento del Tesoro es la verdad. Las nuevas medidas evidencian, como ninguna otra, el férreo bloqueo al ciberespacio para una Cuba acusada por décadas como “enemigo de Internet”.
Estados Unidos tiene la llave de los truenos de Internet y quiere aparecer ahora como una suerte de perdonavidas a cuentagotas sobre el cacareado derecho al libre flujo de información.
El “experto” estadounidense Larry Press acuñó en 2011 la frase el “dilema del dictador” para criminalizar a La Habana, acusándola de necesitar el acceso a la red, pero padecer un miedo ancestral al libre flujo de la información. “El dilema del dictador”, en síntesis, no es arriesgar cierto vínculo político con la esperanza de que el sector privado acabe con Troya utilizando internet, y luego llegue la solución: los marines desembarcando en el Malecón de La Habana. Un juego de bobos con Internet. Por tanto, la única solución de los halcones del Norte para exorcizar ese mantra es dar acceso a red de redes en Cuba, tipo Glasnot digital, sin que se revierta en beneficio a la “dictadura cubana”.
La receta de Washington no es nada fácil cuando se le aplica a esta isla y la sagrada escritura de Larry Press se ha convertido en un bumerán para Washington, que no tiene cómo liberar el acceso a las tecnologías de la información y las comunicaciones (TICs) para Cuba con el mayor beneficio posible para el Norte y sin daño colateral a la politiquería interna. Es decir, el administrador de turno en la Casa Blanca, aunque no quiera, tiene que levantar al menos un ápice del enjambre de medidas coercitivas del bloqueo. Por ejemplo, Facebook, X, Apple y etcéteras tienen que desbloquear sus sistemas de anuncios para los cubanos y adivinar quién es miembro del Partido y quién trabaja en una funeraria, que es un servicio público.
Por tanto, el anuncio reciente del Departamento del Tesoro de la administración Biden es un informe “cazabobos”. Hasta el plan de Trump conocido como “Cuba Internet Task Force”, de 2019, irónicamente reconocía las inconsistencias de la política de Internet para Cuba debido a la incertidumbre causada por los continuos cambios del sistema regulatorio de Estados Unidos para Cuba. Es muy difícil que cualquier anuncio sea creíble debido a que está sometido a los vaivenes políticos de la Casa Blanca en su relación incestuosa con la Florida para lograr el objetivo estratégico de derrotar la Revolución iniciada en 1959.
No hay que ser un experto para darse cuenta de que la hoja de ruta ciberespacial del gobierno sigue el camino trillado de mantener su estrategia para Cuba en el juego siniestro del bloqueo digital y de la guerra cognitiva, que busca resetear el cerebro de los cubanos para que la isla se derrumbe por sus propios pies.
El gobierno de Estados Unidos no ha comprendido todavía que el desarrollo de las TICs en Cuba no le debe absolutamente nada a Obama, ni a las rendijas del bloqueo en más de 60 años. Ha sido fruto de la Revolución y un triunfo de su política de soberanía digital y del talento extraordinario del pueblo de Fidel Castro. Y eso ha sido posible gracias al acceso pleno a la educación y a la cultura, a pesar de las múltiples carencias, limitaciones y hasta errores propios, con el añadido imperdonable de las sanciones estadounidenses.
Un vocero del Departamento de Estado, recientemente, se asombró del alcance tan amplio de las medidas de lo que ellos llaman “embargo”, cuando le preguntaron por el amplio régimen de sanciones contra la nación caribeña. Él se refería a la trama leyes casi blindadas en miles de artificios para cercar a Cuba, cuando decidieron sacar a la isla de la lista de países que no cooperan con el terrorismo, pero sigue en la otra, la lista de los que patrocinan el terrorismo. Puro circo.
Esa increíble lista de sanciones convierte en puro humo cualquier “medida” para “mejorar” la vida y dar permiso a los cubanos (léase aquellos del sector privado) a las tecnologías autorizadas ahora por el Departamento del Tesoro. Lo que acaban de descubrir los políticos amnésicos de Washington es la cantidad de restricciones y prohibiciones a herramientas, servicios y aplicaciones de todo tipo en el ámbito digital accesibles, incluso para países también incluidos en la lista de naciones que apoyan el terrorismo. La pregunta lógica, en caso de que una pudiera estar en la conferencia de prensa del vocero departamental, sería simple: ¿Cuánto más estarán prohibiendo que desconocemos?
Es infinita la capacidad que tienen los hacedores del bloqueo para determinar milimétricamente qué tecnología impedirle a Cuba para su desarrollo. Lo han hecho muchas veces: anuncios que han sido imposibles de cumplir por las restrictivas sanciones. Por ejemplo, Oracle puede decidir vender supercomputadoras al sector privado a más tardar mañana, pero sus abogados le dirán que hay otras diez leyes que lo impiden, además de mantener a la nación caribeña en la lista de países patrocinadores del terrorismo. En la práctica, Oracle no arriesga su mega-negocio por un señor dueño de una mipyme (micro, pequeña y mediana empresa en Cuba).
Nadie se va a arriesgar a hacer nada que después sea interrumpido, con el consecuente daño de tiempo, dinero y politiquería. Es decir, sean serios señores de la Casa Blanca y demás agencias, ¡hasta cuándo la trampa cazabobos!
(Tomado de La Jornada)