Edmundo Gonzàlez avalla uno scenario violento dopo il 28 luglio?

La scena politica venezuelana si è tinta di consenso questo giovedì con la firma di un Accordo di Riconoscimento dei Risultati per le elezioni presidenziali del prossimo 28 luglio. Rappresentanti delle diverse organizzazioni politiche che parteciperanno alle elezioni, incluso il presidente Nicolás Maduro, hanno firmato il documento in un gesto volto a evitare tensioni e rafforzare l’istituzionalità democratica.

L’accordo, firmato dai candidati presidenziali Luis Eduardo Martínez, Daniel Ceballos, Antonio Ecarri, Benjamín Rausseo, José Brito, Claudio Fermín, Javier Bertucci e dallo stesso Maduro, impegna le parti a rispettare il verdetto delle urne e a canalizzare qualsiasi differenza attraverso i meccanismi legali stabiliti.

Dopo la cerimonia, il presidente venezuelano ha sottolineato l’importanza di questo passo per la costruzione della pace e della stabilità in Venezuela. “Questa firma è una firma anti-sommossa”, ha dichiarato, “perché c’è chi ama usare i processi elettorali per prepararsi alla violenza, gridare al broglio”. In un chiaro messaggio a coloro che cercano di delegittimare il processo elettorale, Maduro ha enfatizzato: “Oggi, con questa firma, abbiamo detto: Non vogliamo violenza, rispetto per l’arbitro. Se l’arbitro ti convoca, sei obbligato come candidato a accorrere, ad ascoltare l’arbitro”.

Prima della firma, il rettore del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), Elvis Amoroso, ha evidenziato il valore dell’accordo come passo fondamentale per il rafforzamento della democrazia in Venezuela. Ha sottolineato che questo accordo è una dimostrazione di rispetto per la normativa legale del paese e invia un messaggio forte sull’importanza di rispettare e accogliere la volontà popolare espressa nelle urne da tutte le parti.

Il candidato della Piattaforma Unitaria Democratica, Edmundo González Urrutia, si è distinto per la sua negativa a partecipare alla firma di questo accordo proposto dal CNE. In una pubblicazione sulla rete sociale X, ha dichiarato: “È un’indicazione del pregiudizio che caratterizza questa campagna iniqua, in cui il CNE dovrebbe agire con l’imparzialità richiesta dalla Costituzione e dalla Legge. Un accordo non può mai essere imposto unilateralmente, ma deve nascere da un dialogo rispettoso tra tutte le parti. Il dialogo tra le parti sarà la nostra guida, mai l’imposizione”.

Le parole di González Urrutia si scontrano con la realtà. Il candidato della PUD ha riconosciuto che l’accordo del CNE è un riflesso del punto 12 dell’Accordo delle Barbados, firmato dal governo e dall’opposizione. Se, come lui afferma, l’opposizione ha suppostamente rispettato quanto concordato alle Barbados, perché allora questo rifiuto a ratificare un impegno già preso in precedenza?

La contraddizione nel suo discorso è evidente. Si erige a difensore del dialogo, ma quando gli viene presentata l’opportunità di materializzarlo attraverso un accordo concreto, decide di fare un passo indietro.

Il suo rifiuto risuona con l’ala più radicale dell’opposizione, incarnata da María Corina Machado, che respinge categoricamente qualsiasi tentativo di dialogo o conciliazione politica. Questa posizione lascia intravedere le vere intenzioni dietro la sua partecipazione al processo elettorale: una strategia che, sotto la parvenza di partecipare al gioco democratico, cerca di strumentalizzare la contesa per fini destabilizzanti.

Il governo venezuelano ha ripetutamente avvertito su questa agenda sottostante, avvertendo della possibilità che, di fronte a un risultato sfavorevole nelle urne, questo settore ricorra alla narrativa del broglio per non riconoscere i risultati e favorire un clima di violenza politica, emulando gli episodi del 2014 e del 2017.


¿EDMUNDO GONZÁLEZ AVALA ESCENARIO VIOLENTO LUEGO DEL 28J?

 

La escena política venezolana se vistió este jueves de consenso con la firma de un Acuerdo de Reconocimiento de Resultados para las elecciones presidenciales del próximo 28 de julio. Representantes de las diversas organizaciones políticas que participarán en los comicios, incluyendo al presidente Nicolás Maduro, rubricaron el documento en un gesto que busca evitar las tensiones y fortalecer la institucionalidad democrática.

El acuerdo, firmado por los candidatos presidenciales Luis Eduardo Martínez, Daniel Ceballos, Antonio Ecarri, Benjamín Rausseo, José Brito, Claudio Fermín, Javier Bertucci y el propio Maduro, compromete a las partes a respetar el veredicto de las urnas y a canalizar cualquier diferencia a través de los mecanismos legales establecidos.

Tras la ceremonia, el presidente venezolano subrayó la importancia de este paso para la construcción de la paz y la estabilidad en Venezuela. “Esta firma es una firma antiguarimba”, declaró, “porque hay a quienes les gusta utilizar los procesos electorales para prepararse para la violencia, gritar fraude”. En un claro mensaje a quienes buscan deslegitimar el proceso electoral. Maduro enfatizó: “Hoy, con esta firma le hemos dicho: No queremos violencia, respeto al árbitro. Si el árbitro te convoca, estás obligado como candidato a acudir, a escuchar al árbitro”.

Previo a la firma, el rector del Consejo Nacional Electoral (CNE), Elvis Amoroso, resaltó el valor del acuerdo como un paso fundamental para el fortalecimiento de la democracia en Venezuela. Subrayó que este acuerdo es una muestra de respeto a la normativa legal del país y envía un mensaje contundente sobre la importancia de que la voluntad popular expresada en las urnas sea respetada y acatada por todas las partes.

El candidato de la Plataforma Unitaria Democrática, Edmundo González Urrutia, ha destacado por su negativa a participar en esta firma del acuerdo propuesto por el CNE. En una publicación en la red social X, declaró: “Es un indicio del sesgo que caracteriza esta campaña desigual, donde el CNE debería actuar con la imparcialidad exigida por la Constitución y la Ley. Un acuerdo nunca puede ser impuesto unilateralmente, sino que debe surgir de un diálogo respetuoso entre todas las partes. El diálogo entre las partes será nuestra guía, nunca la imposición”.

Las palabras de González Urrutia chocan con la realidad. El candidato de la PUD ha reconocido que el acuerdo del CNE es un reflejo del punto 12 del Acuerdo de Barbados, firmado por el gobierno y la oposición. Si, como él afirma, la oposición supuestamente ha cumplido con lo pactado en Barbados, ¿a qué se debe entonces esta negativa a ratificar un compromiso que ya se había adquirido previamente?

La contradicción en su discurso resulta evidente. Se erige en defensor del diálogo, pero cuando se le presenta la oportunidad de materializarlo a través de un acuerdo concreto, decide dar un paso atrás.

Su negativa resuena con el ala más radical de la oposición, encarnada en María Corina Machado, que rechaza categóricamente cualquier atisbo de diálogo o conciliación política. Esta postura deja entrever las verdaderas intenciones detrás de su participación en el proceso electoral: una estrategia que, bajo la apariencia de participar en el juego democrático, busca instrumentalizar la contienda con fines desestabilizadores.

El gobierno venezolano ha advertido reiteradamente sobre esta agenda subyacente, alertando sobre la posibilidad de que, ante un escenario adverso en las urnas, este sector recurra a la narrativa del fraude para desconocer los resultados y propiciar un clima de violencia política, emulando los episodios de 2014 y 2017.

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