presidente della Commissione parlamentare di Ecosocialismo
Geraldina Colotti
Ricardo Molina, ingegnere forestale, è deputato del Partito socialista unito del Venezuela (PSUV). In precedenza ha svolto numerosi incarichi di governo, tra i quali quello di ministro dei Trasporti e dell’Abitare. Oggi presiede la commissione parlamentare di Ecosocialismo. Lo ringraziamo per questa intervista.
Manca poco alla prossima elezione presidenziale. Qual è l’offerta del chavismo per il nuovo mandato di Nicolas Maduro?
Il nostro partito – il Psuv – e gli alleati del Gran Polo Patriottico hanno candidato il presidente, Nicolas Maduro, a ripetere un terzo mandato. Nicolas è il candidato del popolo, il candidato della Patria. Il suo programma è riassunto nelle 7 T: le 7 trasformazioni che riguardano l’economia, la politica, il sociale, l’ecologia e il raggiungimento della piena indipendenza del Venezuela nella nuova configurazione mondiale, che prevede l’entrata formale nel blocco dei Brics.
Qual è la situazione del paese, c’è molto scontento per i problemi economici?
Abbiamo passato anni terribili, a causa del bloqueo criminale imposto dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Agendo come un sistema mafioso a livello mondiale, l’imperialismo ha impedito al Venezuela il diritto al commercio, vietandole di vendere il proprio petrolio, ma anche limitandole la possibilità di comprare beni e materie prime nel mondo. Questo ha portato a una situazione economica precaria, dura, complicata, nella quale a essere castigato non è stato solo il presidente e il governo bolivariano, ma tutta la popolazione. Dopo i primi anni di sconcerto, dovuti alla drastica caduta delle entrate, il nostro presidente ha reagito da vero statista, mantenendo i nervi saldi e trovando modo di disinnescare molti effetti di queste sanzioni criminali che volevano torcere il braccio alla volontà del popolo e strangolare la rivoluzione. Oggi, con Maduro, il paese è andato avanti, il popolo è sempre più coeso e organizzato perché vede il miglioramento economico, ancora non sufficiente ma in crescita. Come attestano gli indicatori economici, questo 2024 è andato meglio del 2023 e dell’anno prima. Abbiamo raggiunto la stabilità nella parità cambiaria, e miglioramenti a livello produttivo. Come ha spiegato la vicepresidenta, Delcy Rodriguez, nel 2017 eravamo obbligati a importare il 90% degli alimenti che consumavamo, oggi produciamo il 97% del fabbisogno alimentare. Abbiamo vinto questo assedio terribile, e ora il nostro presidente sta facendo un ulteriore sforzo per garantire un maggior salario a lavoratrici e lavoratori e per mantenere le pensioni ai nonni della Patria. Per stimolare la produzione, sta favorendo le iniziative del popolo organizzato, con il finanziamento di quasi 44.000 consigli comunali nei quali si realizzano progetti nell’ambito dei servizi, delle costruzioni, dei centri educativi o per la salute che provengono dai consigli comunali. Sappiamo di avere un potenziale enorme per superare il bloqueo criminale, e il consenso in materia economica costruito dal presidente ha migliorato sempre più le condizioni, dimostrando che solo uniti si vince.
A cosa si deve il sorgere di vari movimenti, come il movimento Futuro o quello Verde? Si tratta di un sintomo di crisi del Psuv o di una ricchezza? Che relazione hanno questi movimenti con il partito?
Nella nostra società sono sorti movimenti settoriali, che il Psuv accompagna e stimola perché capiamo che vi sono elettori che condividono o simpatizzano con la nostra visione, senza per questo essere militanti di partito. Il Psuv è interessato al loro sviluppo perché essi mettono più fortemente l’accento sui temi presenti nel nostro programma. Per esempio, il partito Verde è ancorato alla visione eco-socialista di Chávez e Maduro, e per questo è un partito affine alla rivoluzione, impegnato nel promuovere l’eco-socialismo, la protezione dell’ambiente, la crescita e il rafforzamento della coscienza della popolazione in merito al suo vincolo con la natura. E così è per il movimento Futuro, che vuole contrastare la tendenza a distanziarsi dalla politica, motivando tutte le organizzazioni sociali, il potere popolare, tutte le persone convinte che il futuro della patria si può realizzare solo se si consolida la democrazia partecipata e protagonista, un’economia produttiva che permetta alle comunità di vivere in un contesto di pace con giustizia sociale, e che questo si può avere solo se c’è un governo rivoluzionario. Il Psuv appoggia anche un partito che raggruppa religiosi e religiose di tutte le credenze. Insomma, una composizione variegata di movimenti e partiti politici che si organizzano per vincere il 28 luglio, perché, anche se non militano nel Psuv, sono convinti che il socialismo sia il futuro.
Lei ha una lunga esperienza di militanza ecologista e attualmente presiede la commissione parlamentare di Ecosocialismo. Come si inserisce il tema dell’ecologia nella campagna elettorale?
Nel nostro Piano della Patria, basato sulle 7 Trasformazioni, la sesta riguarda l’eco-socialismo. Un tema da sempre presente nel nostro programma, prima con Chávez e poi con Maduro, perché consideriamo impossibile raggiungere il benessere della popolazione senza un profondo rispetto per la natura e senza considerazione dei limiti. La crisi climatica non ha soluzione nel capitalismo, ma in una visione eco-socialista, antitetica al capitalismo e all’accumulazione di ricchezza basata sullo sfruttamento degli esseri umani e della natura. Sappiamo che il concetto di sicurezza nelle politiche, sociali, territoriali, per l’indipendenza della nazione, si basa su un profondo rispetto per la natura.
In vista del 28 luglio, si intensifica la diffusione di notizie negative sul Venezuela, mentre si nascondono i risultati positivi e l’entità delle mobilitazioni che si ripetono a favore di Nicolas Maduro. La destra cerca di imporre una matrice di opinione secondo la quale si prepara una “transizione” per riportare indietro l’orologio della storia e togliere il potere al popolo. Come stanno le cose?
È evidente che la destra non si è resa conto che noi siamo la transizione, che stiamo cambiando profondamente la visione politica, sociale, economica, ambientale, territoriale dello sviluppo del paese. La destra è preda di un atavismo, proprio della visione capitalista, secondo la quale l’oligarchia nazionale consegna il potere al suo vero capo, l’imperialismo Usa per impedire che il popolo abbia una reale possibilità di sviluppo, vietandogli l’accesso alla salute, il diritto alla casa, all’alimentazione. Quale sia il sistema che vorrebbero ripristinare lo vediamo nell’Argentina di Milei, il quale dice di aver raggiunto l’equilibrio fiscale usando il denaro pubblico ma senza investire in educazione, salute, diritti. Sta licenziando migliaia di lavoratori di diverse istituzioni, elimina ministeri, chiude istituzioni pubbliche per imporre definitivamente un modello neoliberista che distrugge lo stato e il governo per lasciare lo sviluppo nazionale nelle mani del mercato. È questa la “transizione” che vorrebbe la destra in Venezuela, mentre l’unica transizione da costruire è quella verso il socialismo, e a cui stiamo lavorando, con la coscienza che il capitalismo è ancora ben vivo e vegeto. Stiamo sviluppando una proposta politica, sociale, economica che prospetta un vero cambiamento nel senso dell’uguaglianza e della giustizia sociale, in cui il popolo sia protagonista. Quello della destra è, invece, un inganno per azzerare le conquiste sociali ottenute e restaurare un capitalismo brutale, distruggere la democrazia partecipativa per ripristinare quella rappresentativa, che consenta il ritorno del latifondo e della miseria per i contadini e le contadine, che dipenderebbero di nuovo da un padrone. La vera transizione, quella verso il socialismo, verso un modello di pace con giustizia sociale, di tranquillità e di visione di futuro per la gran maggioranza della popolazione, continuerà con la rielezione del presidente Maduro il 28 luglio.
E come spiega che sia il presidente brasiliano Lula da Silva che il suo omologo colombiano Gustavo Petro (anche se c’è stata poi una smentita da parte del suo governo) abbiano rilasciato dichiarazioni accennando a questo tema?
Esprimo qui un’opinione personale al riguardo. In Venezuela abbiamo un governo solido, in armonia e in dialettica con tutte le sue istituzioni, con un profilo chiaro e definito, che gli ha permesso di resistere in modo coerente per 25 anni, nonostante le molte difficoltà e i molti e brutali attacchi. Il più terribile è stato l’assassinio di Chávez, perché così leggiamo la sua morte. Ci sono, però, stati numerosi attacchi anche alla vita del presidente Maduro. Nonostante ciò, abbiamo mantenuto un’autorevolezza per rendere credibile la continuazione del nostro progetto. In che modo? Prima di tutto perché la maggioranza del popolo sostiene il progetto socialista, e poi perché abbiamo un progetto di paese diretto da un presidente leale e autorevole, e un partito che lo appoggia con la sua chiarezza concettuale, strategica e tattica, e che trae forza dall’unione civico-militare, garante della pace e dello sviluppo nazionale. In altri paesi dove ha vinto un governo di sinistra, non esiste invece questa coesione, il che genera instabilità. Senza una direzione forte, un popolo organizzato, un presidente leale, un partito solido e chiaro, un progetto rivoluzionario, e un’unione civico-militare, la penetrazione del nemico, dell’impero, è più facile. Lo abbiamo visto in Brasile, in Ecuador, in Uruguay, eccetera. Questa debolezza fa sì che i presidenti, per salvaguardare gli equilibri interni, abbiano paura di urtare le differenti istituzioni, e si trovino a volte in una situazione complicata. E però non ho dubbi: sono amici, sono fratelli della rivoluzione bolivariana e, nel fondo, sanno che quel che stiamo facendo noi è quel che devono cercare di fare anche loro. Il Venezuela è l’esempio di come si porta avanti un progetto rivoluzionario con la partecipazione del popolo, con una profonda visione popolare, in equilibrio fra lo sviluppo nazionale, la soddisfazione dei bisogni e la protezione della natura mediante uno sviluppo equilibrato e il legame con tutti i paesi del mondo che vogliano farlo, che ci rispettino e ci riconoscano. Il Venezuela è una nazione solida che ha dimostrato quali siano gli elementi fondamentali per avanzare: la guida di un presidente leale a un popolo organizzato e cosciente, un partito solido capace di dirigere un progetto chiaro di paese, e una Forza armata gemellata con la popolazione.
La dichiarazione finale del G7 contiene un’ingerenza esplicita negli affari interni del Venezuela, che fa seguito a quella dell’Unione europea per non essere stata invitata a “osservare” le elezioni del 28 luglio. Qual è la sua opinione?
L’Unione europea si è comportata con tipico cinismo coloniale. Peccato che noi abbiamo ottenuto l’indipendenza 200 anni fa, che per Chávez la sovranità nazionale sia stato il primo obiettivo storico, e che Maduro abbia difeso questo principio con le unghie e con i denti. Figuriamoci se ora permettiamo alla Ue di venire a condizionarci, e a “farci la grazia” di sospendere le sanzioni al presidente del Cne e ad alcuni funzionari del potere elettorale per ottenere il permesso di venire a “tutelare” le nostre elezioni presidenziali. In Venezuela, a differenza di quanto accade in altri paesi “democratici”, il potere elettorale è indipendente e in equilibrio con gli altri quattro poteri della repubblica. Per questo, il presidente ha respinto con decisione questo ricatto, ribadendo che nel nostro paese il potere elettorale è garantito dalla costituzione non dall’imperialismo, che il 28 luglio si presentano 10 candidati, che sono chiamati alle urne 21 milioni di elettori, che potranno esprimersi nella massima trasparenza in base a un sistema di voto automatizzato fra i più moderni al mondo, sottoposto a 19 fasi di audit prima durante e dopo l’evento elettorale. Un processo che lo stesso elettore può verificare fin da subito perché la macchina registra l’impronta di chi vota, e che, una volta chiuso il seggio, si verifica nuovamente confrontando il registro elettorale visibile a tutti i testimoni e gli scrutatori. Che bisogno avremmo dell’Unione europea? Verrebbe solo a sabotare il processo elettorale. Meglio farebbe a sospendere tutte le “sanzioni” e a comportarsi in modo davvero democratico, senza eseguire gli ordini degli Usa. Il presidente Maduro ha invece invitato ad accompagnarci il 28 luglio ai Bric+
L’imperialismo Usa e i suoi alleati stanno spingendo il mondo verso la Terza guerra mondiale. Qual è la sua analisi al riguardo, e qual è il ruolo del Venezuela all’interno del nuovo mondo multicentrico e multipolare che si va disegnando?
Il capitalismo cerca di risolvere la sua crisi sistemica con la guerra imperialista, e per questo promuove un fronte criminale della Nato contro la Russia nel territorio ucraino. Dietro, vi sono gli interessi dell’apparato bellico, dell’economia di guerra, gli stessi che alimentano il genocidio del regime nazi-sionista di Netanyahu. Un criminale di guerra che ha assassinato 40.000 persone, oltre la metà bambini, esseri indifesi. Tutto per occultare la crisi del sistema capitalista basato sulla guerra. Al contrario, noi promuoviamo la pace, con giustizia sociale. Abbiamo dimostrato come gli Stati uniti abbiano cercato in ogni modo di spingerci alla guerra, a partire dal golpe contro Chávez del 2002. Però il popolo, gemellato con la Forza armata, ha ristabilito l’ordine costituzionale e, con il presidente Maduro, ha contrastato in seguito la sequela di piani destabilizzanti per provocare la guerra civile e giustificare così un intervento armato degli Usa. Nel 2014, all’attacco terroristico nelle principali città del paese, Maduro non ha risposto con la brutalità che loro si aspettavano, ma con intelligenza e pazienza, riuscendo a sconfiggere le violenze (le guarimbas). Violenze che si sono ripetute nel 2017, e che sono state sconfitte nello stesso modo. E poi c’è stato il tentativo di invasione dalla Colombia, con l’appoggio dell’oligarchia colombiana e del presidente dell’epoca, ma anche con l’appoggio di altri presidenti della destra latinoamericana, diretti dal Comando Sur. E non ci sono riusciti, il Venezuela continua a impegnarsi per la pace. Siamo coscienti di essere un paese petrolifero che, in caso di scontro mondiale, giocherebbe un ruolo molto importante come fornitore di energia. Per questo, per proteggere il popolo venezuelano e garantire un uso razionale di queste risorse energetiche, il governo bolivariano ha sviluppato una politica di integrazione regionale e di apertura a diversi paesi e imprese del mondo. E ora vediamo che al mercato petrolifero e allo sviluppo della nostra industria non partecipano più solo imprese Usa, ma anche russe, cinesi, iraniane, indiane, turche, coreane, e anche italiane, spagnole… Questo conduce a un equilibrio nell’accesso al petrolio venezuelano e anche negli interessi mondiali. Anche in questo modo, il Venezuela promuove la pace e la difende garantendo che il petrolio, risorsa di cui si avrà bisogno ancora per anni, sia disponibile a tutto il mondo in modo equilibrato.