L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba mette a disposizione dei nostri lettori il Libro in PDF “La storia mi assolverà“, che riporta il discorso di autodifesa pronunciato da Fidel Castro il 16 ottobre 1953, durante il processo celebrato a Santiago di Cuba contro gli accusati per l’”assalto alla Moncada”, contro il dittatore Fulgencio Batista, giunto al potere con un colpo di Stato.
L’arringa di Fidel al processo è diventato uno dei testi fondamentali della Rivoluzione cubana. “La storia mi assolverà” è un documento storico e, insieme, un atto di denuncia della barbarie del regime di Batista, un’autodifesa che è un’accusa durissima contro ogni dittatura e contro ogni ingiustizia.
La Historia me absolverà
Signori giudici, è la prima volta che un avvocato si vede costretto a esercitare il suo mestiere in una situazione così dura. Ma è anche la prima volta che contro un imputato vengono commesse tante e tali irregolarità. L’avvocato e l’imputato, oggi, sono la stessa persona.
E, se come avvocato non ho potuto neppure vedere i verbali dell’istruttoria, come imputato sono settantasei giorni che mi trovo rinchiuso in una cella d’isolamento, contro qualunque norma umana e legale.
Chi vi parla odia profondamente la vanità degli stolti e né il suo spirito, né il suo carattere lo spingono ad atteggiarsi a tribuno o ad abbandonarsi al sensazionalismo. Se sono stato costretto a farmi carico della mia difesa, ciò è dipeso da due ragioni.
Primo, perché di fatto sono stato privato di qualunque tipo di difesa. Secondo, perché solo chi è stato ferito così duramente e ha visto così insultata la patria e sporcata la giustizia può trovare in una simile circostanza parole che sono sangue del cuore e viscere della verità.
Non sono mancati generosi compagni pronti ad assumere la mia difesa. E il Colegio de Abogados dell’Avana aveva designato un avvocato competente e valoroso, il dottore Jorge Pagliery, presidente del collegio di quella città, perché mi rappresentasse in questa causa. Non gli fu concesso, però, di rispettare il suo mandato: le porte della prigione gli sono state sbarrate ogni volta che ha tentato di incontrarmi e soltanto dopo un mese e mezzo dal mio arresto, grazie all’intervento dell’Audiencia, ha avuto la possibilità di parlare con me per dieci minuti, anche se al cospetto di un sergente del Servicio de Inteligencia Militar (SIM).
Si presume che un avvocato possa parlare in privato con il suo assistito: questo diritto viene rispettato in qualsiasi parte del mondo, a meno che non si tratti di un prigioniero cubano nelle mani di un implacabile dispotismo, sordo ai più elementari princìpi di legalità e di umanità. Il dottor Pagliery e io non abbiamo avuto nessuna intenzione di lasciare che gli argomenti con i quali avevamo pensato di affrontare il dibattimento venissero strumentalizzati.
Si voleva forse scoprire in quali modi sarebbero state polverizzate le fantasiose bugie elaborate attorno ai fatti della caserma Moncada e come sarebbero state messe in luce le terribili verità che in tutti i modi si provava a nascondere? È stato per evitare tutto ciò che si è deciso, approfittando della mia qualifica di avvocato, che io stesso assumessi la mia difesa.
Questa decisione, ascoltata e trasmessa dal sergente del SIM, ha provocato grandi paure. Sembra che qualche spiritello si sia divertito a mettere in giro la voce che, per colpa mia, i piani del regime sarebbero andati a finire male… ma voi sapete meglio di me, signori giudici, quante pressioni sono state fatte affinché mi fosse tolto persino questo diritto, consacrato a Cuba da una lunga tradizione.