Dopo la seconda guerra intercapitalista sviluppatasi in Europa (1939-45), il capitale finanziario-speculativo decise di impadronirsi del mondo con il pretesto della fine della storia, ma la verità è che lo sviluppo del capitalismo conduce sempre al suo blocco; in tutte le sue crisi succede lo stesso: blocco, guerra, riavvio. Ma in questa crisi sismica, le sue repliche sono continue, inarrestabili e maggiori. Non c’è modo di fermarsi poiché il suo attuale blocco si scontra con l’incapacità di consumo, permettendo di aumentare l’ostacolo. Questo può portare a una morte improvvisa.
Nemmeno l’incorporazione di nuove tecnologie come l’elettronica, l’informatica e la robotica nell’industria è riuscita a far uscire il capitalismo dallo shock, e ogni giorno la sua malattia richiede misure ultradrastiche per evitare la morte in condizioni catastrofiche.
Ma quando parliamo di morte, parliamo di noi, persone che vivono nel sistema e che saranno colpite da questa calamità, perché alla fine i padroni si riorganizzeranno in altre condizioni, ma continueranno ad essere i padroni degli schiavi che siamo, anche se non lo desideriamo né lo crediamo.
Tutto è molto chiaro, come mai lo era stato; la nebbia si è dissipata, tutti i punti sono espliciti; tutti gli attori sono ben definiti, i doppi, i protagonisti e i coprotagonisti, le comparse, i tecnici, i registi e i produttori, tutta una grande produzione. Una trama che contiene demagogia, sesso, terrorismo, furto, crimine e viene diretta da un imitatore di Tarantino che, come ogni grossolano imitatore, cercherà di superare il maestro, portandoci all’estremo della violenza, inondando lo schermo di sangue fino a farlo scorrere verso il pubblico, che esulterà gridando in coro: “Che gegno, nemmeno Tarantino avrebbe fatto meglio!”. E l’imitazione, ancora una volta, si posizionerà nei cervelli-consumisti, a beneficio degli interessi delle corporazioni.
Con più di 3 miliardi di esseri umani che vivono con meno di 3 dollari al giorno, è impossibile che il capitalismo riesca a bilanciare la produzione con il consumo. Ma i padroni dei giganteschi capitali accumulati nemmeno per sogno si accontenterebbero di non ottenere guadagni mentre il denaro fermentava, e semplicemente decisero di guadagnare denaro speculando con denaro e che i poveri si fottano. Ancora una volta la formula si impone: minori investimenti, maggiori guadagni. Ad oggi niente indica che per questa via si risolveranno i problemi posti alla specie dall’esidtenza del capitalismo.
MADURO: 48 ANNI DI FORMAZIONE POLITICA
In questo tragico periodo storico, partiendo el invierno y entrando Pacheco (detto popolare venezuelano che indica il periodo di transizione dal clima più freddo -associato simbolicamente all’inverno – al clima più fresco e ventoso che caratterizza l’inizio della stagione delle feste natalizie, rappresentato da Pacheco ndt), nacque a Caracas, il 23 novembre 1962, Nicolás Maduro Moros, figlio di Nicolás Maduro García e Teresa de Jesús Moros. La sua nascita, infanzia e gioventù sono segnate dall’inizio del patto di New York e l’inaugurazione della lotta contro il comunismo, ordinata dalle corporazioni petrolifere in America Latina, il cui principale promotore fu Rómulo Betancourt, accompagnato dall’élite imprenditoriale, intellettuale e politica dell’epoca.
Gli tocca anche vivere il piano di privatizzare il Venezuela, l’eliminazione dello Stato-nazione, che si manifesta nel deterioramento, quarant’anni dopo, a causa dell’azione politica delle suddette élite, che provocarono l’eliminazione della piccola e media industria, la svalutazione della moneta, il deterioramento della sanità, dell’educazione, la depauperazione della popolazione povera e soprattutto il tentativo di distruzione progressiva dell’industria petrolifera al fine di venderla a prezzo stracciato.
Il danno causato al Venezuela dalla cosiddetta IV Repubblica lo soffriremo ancora per molto tempo, nonostante gli sforzi per superarlo realizzati dal governo e dal popolo sotto la guida di Chávez e Maduro. Nei governi della cosiddetta Guanábana, le baraccopoli intorno alle piccole città – che già esistevano in Venezuela – aumentarono enormemente tra gli anni ’60, ’70, ’80 e ’90, e con esse una povertà che ci ereditò la dittatura di AD e COPEI.
L’infanzia e la giovinezza di Nicolás trascorrono nella parrocchia di El Valle a Caracas. Frequentò, nei suoi studi secondari, il liceo José Ávalos. Le attività di protesta liceali, il lavoro culturale e sociale, rapidamente lo portano a militare nella Lega Socialista. Maduro, come ogni giovane, cercò il suo destino in diversi ambiti, tra cui la musica e lo sport. Da molto giovane, iniziò a lavorare come autista nel Metrobús della Metropolitana di Caracas. Le sue preoccupazioni per il benessere collettivo lo portarono a diventare dirigente sindacale e fondatore del Sindacato della Metropolitana di Caracas (SITRAMECA).
Queste attività le svolge tra il 1976 e il 1992, momento in cui compare sulla scena pubblica il Comandante Hugo Chávez e il suo “da ora”, assumendosi davanti a tutto il paese la responsabilità per i fatti accaduti il 4 febbraio 1992. Da quel momento in poi, per Nicolás non c’è altra politica che seguire le direttive di Chávez, si dedica a militare nel Movimento Bolivariano Rivoluzionario (MBR-200) facendo parte della sua direzione nazionale. Fu fondatore della Forza Bolivariana dei Lavoratori (FBT), diventandone il Coordinatore Nazionale. In seguito, Membro Fondatore del Movimento Quinta Repubblica (MVR), deputato al Congresso come rappresentante di questo partito, dal 23 gennaio al 15 dicembre 1999. Al Congresso della Repubblica del Venezuela, fu capo della frazione del Movimento Quinta Repubblica (MVR) e membro di varie commissioni permanenti. Coordinatore della Squadra Parlamentare di questo partito politico, tra il 2000 e il 2001. Coordinatore della squadra parlamentare del Blocco del Cambiamento nell’Assemblea Nazionale (AN) e Membro dell’Assemblea Nazionale Costituente, tra agosto 1999 e gennaio 2000; presidente della Commissione di Partecipazione Cittadina e membro della Commissione Economica e Sociale. Eletto Deputato Principale per il Distretto Federale, per il quinquennio 2000-2005. Presiedette l’Assemblea Nazionale, tra gennaio e agosto 2006, data in cui è chiamato a ricoprire il ruolo di Ministro degli Affari Esteri, promuovendo con grande impegno le politiche e le direttive internazionali del Comandante Hugo Chávez, tra cui possiamo citare: la creazione e consolidazione dell’ALBA-RCP (2001); Petrocaribe (2005); l’Unasur (2008) e la CELAC (2010), tra molte altre attività diplomatiche in cui si è distinto fino al 10 ottobre 2012, quando viene chiamato a ricoprire il ruolo di Vicepresidente. Il 10 ottobre 2012 è nominato Vicepresidente Esecutivo. L’8 marzo 2013 viene nominato, per mandato costituzionale, Presidente Incaricato della Repubblica Bolivariana del Venezuela.
Il 14 aprile 2013 è stato eletto Presidente costituzionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela, diventando il primo presidente chavista e operaio della storia contemporanea del Venezuela, dando inizio a nuove battaglie nella vita del paese, assediato dal capitalismo finanziario-speculativo. Dal 2013 fino ad ora che inizia la ripresa, il capitale finanziario-speculativo ci ha condotto alla rovina con le sue sanzioni e blocchi, con i suoi attentati, le sue guarimbas (rivolte di strada ndt), i suoi omicidi di dirigenti e altre calamità, che ancora praticano, come il nuovo disconoscimento della vittoria del presidente Maduro, quando grideranno alla frode elettorale il 28 luglio 2024.
All’incirca dal 1976, quando Nicolás aveva solo 14 anni, la sua attività politica e sociale non si è fermata. Sono 48 anni di addestramento politica in dure battaglie per forgiarsi come un dirigente consustanziato con i problemi che ci affliggono da oltre 500 anni.
Ha subito arresti, tentativi di omicidio, discredito, campagne diffamatorie, tentativi di colpi di Stato, guarimbas, massacri, creazione di un governo parallelo, tentativi di invasione, tentativi di ricatto da parte USA con il rapimento del diplomatico Alex Saab a Capo Verde, cospirazioni e corruzioni portate avanti da traditori e quinte colonne come l’ex procuratrice generale Luisa Ortega Díaz, l’ex ministro del Petrolio Rafael Ramírez, così come Tareck El Aissami, anche lui ex ministro del Petrolio; tutti in complicità con la corrotta opposizione, seguendo le direttive dei loro padroni, il capitale finanziario-speculativo; ma tutte scoperte e sconfitte dal presidente Maduro e dalle forze che lo accompagnano.
Le possibilità e le aspettative politiche nella sua mente si espandono quando appare Chávez nel panorama politico del paese. Maduro all’inizio fu un buon aiutante che fin da molto giovane, essendo un adolescente, iniziò la sua carriera politica senza anche saperlo, con la sola motivazione iniziale di ogni giovane che all’epoca avvertiva la difficile situazione che attraversava il Venezuela. Parliamo della fine degli anni ’70.
MADURO DIFENDE LE RISORSE DEL VENEZUELA
Così come fu alimentato, ferocemente, l’odio contro il Comandante Chávez, si manifesta anche l’intenzione di eliminare Maduro senza una apparente spiegazione logica, ma comprendendo che il Venezuela è un territorio ricco di risorse, capiamo la mossa del capitale finanziario-speculativo, che ha urgente bisogno di una guerra civile in Venezuela. La spiegazione è che il caos permetterebbe loro di assorbire tutte le riserve di risorse energetiche e minerarie contenute nel territorio, e sia Chávez che Maduro sono stati fedeli guardiani di questi beni patrimoniali del paese.
Il Venezuela è considerato la maggiore riserva energetica del mondo. Se si estraessero in media 3 milioni di barili di petrolio al giorno, le riserve si esaurirebbero in 300 anni. Siamo anche una importante riserva di gas, ferro, diamanti, oro, carbone e altre risorse naturali come acqua, coltan e terre rare, convertendoci in un appetitoso piatto per le grandi corporazioni che saccheggiano il mondo.
Maduro, come Chávez, ha attraversato lunghi periodi di formazione e ha potuto comprendere che, nonostante la politica sia l’attività più meravigliosa che l’intelletto ha creato e la pratichiamo in tutte le attività, solo nell’ambito dell’interesse collettivo essa acquisisce la sua massima luminosità, e che la dedizione alla politica è per tutta la vita, necessita che le persone si consacrino ad essa; molte persone da giovani si avvicinano alla politica e poi si spengono. Si dedicano a fare altre cose e quella fase rimane solo un ricordo. Chávez e Maduro pensarono che dirigere un popolo e il suo destino fosse altra cosa, dove il dirigente politico deve sempre avere una visione al di là le visioni degli altri, perché un dirigente politico supera l’accademia, la professione, lo sport, il lavoro sociale, che sono politiche focalizzate; a lui spetta amalgamare tutte le attività per il beneficio della gente in un dato territorio o a livello internazionale.
Capirono che un buon dirigente deve fondamentalmente essere un buon aiutante fin dall’inizio. Non cerca di essere lui il capo del momento, bensì tende ad ammirare il capo e a cercare di imparare il più possibile da lui. Un buon carpentiere, fabbro o muratore prima è stato un buon aiutante con la capacità di osservare oltre il livello normale, perché c’è l’aiutante che si limita a prendere uno stipendio e non gli importa cosa succede intorno a lui. Ma in politica l’aiutante ha la predisposizione ad imparare e si preoccupa di osservare ciò che la maggior parte delle persone non osserva.
È attento affinché il dirigente possa risolvere, con il suo aiuto, qualsiasi tipo di problema che sia alla sua portata. Un buon aiutante è attento che chi ha bisogno dello strumento lo abbia al momento giusto. Capisce il valore di ogni strumento, come pulire l’area di lavoro e non ha bisogno di essere comandato, poiché è interessato ad imparare il mestiere. Comprende anche come fare le cose affinché vengano fatte bene, come tagliare, misurare, proteggere il materiale e farlo durare. Tutti questi elementi li impara rapidamente, e così avviene nella pratica politica.
Maduro non è un tipo che inizialmente si è formato un’idea propria, ma ha imparato fin da giovane il mestiere della politica. Perché lui è stato seguace delle idee di sinistra, in diversi movimenti politici, nello sport, nel lavoro sociale, nel lavoro sindacale. È sempre stato in fase di apprendimento. E doveva averlo fatto con impegno perché finora si delinea come uno dei politici fondamentali del pianeta, formato nella lotta quotidiana, nonostante che le circostanze storiche nella sua militanza politica fossero una sinistra persa, sconfitta, senza piani, senza idee, ripetendo volantini, maledicendosi tra di sé, proprio come si vede nell’opposizione, adesso. Tuttavia, la sua carriera sindacale è stata di successo, ha svolto un’importante attività politica nella Metropolitana di Caracas come dirigente sindacale.
Cioè, le sue attività sono cresciute così come la sua forza politica. Al momento in cui conosce Chávez, ha già una visione chiara che il Comandante è la strada da seguire, alla quale bisogna integrarsi. Effettivamente si integra con Chávez e negli anni che sta con lui, dal 1992 fino al momento della scomparsa fisica del Comandante, si dedica all’apprendimento. Non si percepisce come qualcuno che aspira a cose, che si crede Chávez o vuole occupare il suo posto, bensì lo rispettava, era leale e stava imparando. E tutti i compiti che Chávez gli affidò li portò a termine con successo. Dove sbagliava, accettava con semplicità il rimprovero del dirigente. Questo gli serviva come stimolo per continuare e svilupparsi.
Quando a Maduro tocca essere presidente, diciamo, non è che gli altri dirigenti non avessero capacità; Diosdado e tutti quelli che lo circondavano, all’epoca, erano in grado di essere presidenti del paese, perché al di là della cattiva propaganda fatta dall’opposizione e dall’imperialismo, nel seno del chavismo ci sono molti dirigenti che possono svolgere quel compito. Ma Chávez ha dimostrato che il dirigente necessario per la circostanza politica che si è presentata dal 2013 era Maduro, e Nicolás ha svolto il compito affidatogli in modo eccellente. Da 25 anni stiamo subendo colpi, da quando Chávez ha preso il controllo dello Stato, ma questi ultimi 13 anni sono stati molto violenti in tutti i sensi, contando le oltre 930 misure sanzionatorie applicate dai padroni per distruggere la nostra industria petrolifera e ricattarci con l’intenzione di distruggere lo Stato venezuelano.
Ai tempi di Chávez, sebbene la guerra non si sia mai fermata, ci siano stati tentativi di magnicidio (assassinio di presidenti ndt), colpi di Stato, cospirazioni, Chávez ebbe circostanze internazionali un po’ più favorevoli. Emerse una dirigenza latinoamericana importante che gli permise di mettere un freno agli attacchi internazionali contro il suo governo, fino a un certo punto. Inoltre, si stavano esportando più di 2 milioni di barili di petrolio, e il petrolio passò da 7 con l’arrivo di Chávez a un picco di 140 dollari.
Quando tocca a Maduro, il sostegno politico internazionale scompare, Maduro rimane solo come rappresentante del governo. È un paria nel mondo, nessuno lo vuole ricevere. Tutti fanno finta di nulla. E lui lì è cresciuto, dimostrando la sua capacità di direzione, la sua capacità di fare politica, di risolvere problemi, di affrontare un nemico potente, di saper contare sulle vere riserve storiche e morali del popolo che, finora, a livello mondiale, ha sopportato con tenacia la guerra in tutte le sue forme.
Maduro riesce a superare condizioni di orfanità politica a livello latinoamericano, caraibico e mondiale. Questi elementi forgiano un dirigente che si profila verso il suo costrutto politico, allo sviluppo di quanto appreso. In questa fase, Maduro consolida la sua dirigenza, per imprimere il suo proprio marchio al processo politico. Le difficoltà affrontate lo hanno temprato, permettendogli di interiorizzare l’eredità di Chávez e combinarla con la propria esperienza per forgiare uno stile proprio.
Non si tratta più semplicemente di seguire una linea predefinita, bensì di comprenderla e adattarla alle nuove circostanze.
Maduro, con la sua visione strategica plasmata da anni di tensioni interne ed esterne, cerca di assicurare la continuità del progetto chavista per renderlo un progetto luminos, atto politico trascendente nella storia. Maduro ha imparato a nuotare nelle tumultuose acque della grande politica per approdare, rafforzato, sulla riva. Ora è il momento per lui di fondersi con la base stessa del territorio, con la gente e la sua organizzazione, perché questa è la chiave per garantire la perennità sostanziale del paese, nel contesto politico mondiale.
Senza dubbio, Maduro vincerà di nuovo, ma stanno arrivando tempi di trasformazioni politiche; dovrà disfarsi dai vecchi pamphlet della politica e iniziare a costruire, non come un credente o salvatore, il disegno e l’organizzazione di un paese, basato chiaramente su una visione radicalmente originale sin dalle fondamenta, come proclamato da Simón Rodríguez, e con la consapevolezza della contraddittoria diversità del nostro popolo. Questa è la grande sfida per trascendere in modo sostanziale, perché ciò non è possibile con il cercatore, l’arrampicatore, il saltimbanco, il ripetitore di pamphlet, l’ingannatore delle fiere, bensì con le persone di carne e ossa che ogni giorno escono a lavorare, è obbligato a formare politicamente questo paese, senza credenze né arroganza, senza falsa modestia. Con i piedi ben piantati per terra, e il pensiero come strumento fondamentale per fondare un paese diverso da quello in cui è nato lui e dove siamo cresciuti noi.
“La mia ferma opinione, piena come la luna piena, irrevocabile, assoluta, totale, è che voi eleggiate Nicolás Maduro come Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Ve lo chiedo dal profondo del mio cuore. Noi dobbiamo garantire il cammino della Rivoluzione Bolivariana. Oggi abbiamo popolo, che nessuno si sbagli. Oggi abbiamo la patria più viva che mai, ardente in una fiamma sacra, in un fuoco sacro”: mai un capo ha predetto con tanta precisione il futuro come quando Chávez pronunciò quel discorso, l’8 dicembre 2012, nella memorabile proposta di eleggere Maduro, un uomo che è stato leale a Chávez e al popolo venezuelano, in 48 anni di forgiatura e tempra.
MADURO: 48 AÑOS DE FORJA Y TEMPLE
El Cayapo
Después de la segunda guerra intercapitalista desarrollada en Europa (1939-45), el capital financiero-especulativo decidió cogerse al mundo con el pretexto del fin de la historia, pero la verdad verdadera es que el desarrollo del capitalismo siempre conduce a su taponamiento; en todas sus crisis le ocurre lo mismo: atasco, guerra, reinicio. Pero en esta crisis sísmica, sus réplicas son continuas, indetenibles y mayores. No hay manera de parar por cuanto su obstrucción actual se confronta con la incapacidad del consumo, permitiendo aumentar la traba. Esto puede traer como consecuencia la muerte súbita.
Ni siquiera la incorporación de nuevas tecnologías como la electrónica, la informática y la robótica a la industria ha podido sacar del shock al capitalismo, y cada día su enfermedad requiere de medidas ultradrásticas para evitar su muerte en condiciones catastróficas.
Pero cuando hablamos de muerte estamos hablando de nosotros, gente que vive en el sistema y que será afectada por esta calamidad, porque al final los dueños se recompondrán en otras condiciones, pero seguirán siendo los dueños de los esclavos que somos, aunque no lo deseemos ni lo creamos.
Todo está muy claro, como nunca lo había estado; se ha corrido la niebla, todos los puntos son explícitos; todos los actores están bien definidos, los dobles, los protagonistas y los coprotagonistas, los extras, los tramoyeros, directores y productores, toda una gran producción. Una trama que contiene demagogia, sexo, terrorismo, robo, crimen y la dirige un imitador de Tarantino que, como todo burdo imitador, intentará superar al maestro, llevándonos al paroxismo de la violencia, inundando la pantalla de sangre hasta que chorree hacia el público, que alborozado gritará a coro: “¡Qué ingenio, ni Tarantino lo hubiera hecho mejor!”. Y la imitación, una vez más, se posicionará en los cerebro-consumistas, a beneplácito de los intereses de las corporaciones.
Con más de 3 mil millones de seres humanos que viven con menos de 3 dólares por día, es imposible que el capitalismo logre equilibrar la producción con el consumo. Pero los dueños de los inmensos capitales acumulados ni puelguaro que se quedarían sin obtener ganancias mientras se les fermentaba el dinero, y simple y llanamente decidieron ganar dinero especulando con dinero y que se jodan los pobres. De nuevo la fórmula se impone: menor inversión, mayor ganancia. Al día de hoy nada indica que por esa vía se resolverán los problemas planteados a la especie producto de la existencia del capitalismo.
MADURO: 48 AÑOS DE ENTRENAMIENTO POLÍTICO
En este trágico tiempo histórico, partiendo el invierno y entrando Pacheco, nació en Caracas el 23 de noviembre del año 1962 Nicolás Maduro Moros, hijo de Nicolás Maduro García y de Teresa de Jesús Moros. Su nacimiento, infancia y juventud está signado por el comienzo del pacto de Nueva York y la inauguración de la lucha contra el comunismo, ordenada por las corporaciones petroleras en Latinoamérica, cuyo mayor promotor fue Rómulo Betancourt, acompañado de la elite empresarial, intelectual y política de la época.
También le toca vivir el plan de privatizar a Venezuela, la eliminación del Estado-nación, que se manifiesta en el deterioro cuarenta años después producto de la acción política de las mencionadas elites, que produjeron la eliminación de la pequeña y mediana industria, la devaluación de la moneda, el deterioro de la salud, la educación, la depauperación de la población pobre y sobre todo el intento de destrucción paulatino de la industria petrolera a fin de venderla a precio de gallina flaca.
El daño causado a Venezuela por la llamada Cuarta República lo sufriremos aun por más tiempo, a pesar de los esfuerzos por superarlo que han realizado el gobierno y el pueblo bajo la dirección de Chávez y Maduro. En los gobiernos de la llamada Guanábana, los cordones de miseria en torno a las pequeñas ciudades -que aún eran las existentes en Venezuela- aumentaron desmesuradamente entre los años 1960, 1970, 1980, 1990, y con ello una pobreza que nos heredó la dictadura de AD y COPEI.
La infancia y juventud de Nicolás transcurren en la parroquia El Valle de Caracas. Cursó sus estudios secundarios en el liceo José Ávalos. Las actividades liceístas de protestas, el trabajo cultural y social, rápidamente lo llevan a militar en la Liga Socialista. Maduro, como todo joven, buscó su destino en distintos frentes, entre ellos la música y el deporte. Siendo muy joven, comenzó a trabajar como chofer en el Metrobús del Metro de Caracas. Sus preocupaciones por el bienestar colectivo lo llevó a ser dirigente sindical y fundador del Sindicato del Metro de Caracas (SITRAMECA).
Estas actividades las realiza entre 1976 y 1992, momento en el que aparece en la palestra pública el Comandante Hugo Chávez y su “por ahora”, responsabilizándose delante de todo el país por los hechos ocurridos el 4 de febrero de 1992. En adelante, para Nicolás ya no hay más política que seguir las directrices de Chávez, se dedica a militar en el Movimiento Bolivariano Revolucionario (MBR-200) formando parte de su dirección nacional. Fue fundador de la Fuerza Bolivariana de Trabajadores (FBT), convirtiéndose en su Coordinador Nacional. En adelante, Miembro Fundador del Movimiento Quinta República (MVR), diputado al Congreso como representante de este partido desde el 23 de enero al 15 de diciembre de 1999. En el Congreso de la República de Venezuela, fue jefe de fracción del Movimiento Quinta República (MVR) y miembro de diversas comisiones permanentes. Coordinador del Equipo Parlamentario de este partido político entre los años 2000 y 2001. Coordinador del equipo parlamentario del Bloque del Cambio en la Asamblea Nacional (AN) y Miembro de la Asamblea Nacional Constituyente entre agosto de 1999 y enero del año 2000; presidente de su Comisión de Participación Ciudadana e integrante de la Comisión Economía y Social. Elegido Diputado Principal por el Distrito Federal para el quinquenio 2000-2005. Presidió la Asamblea Nacional entre enero y agosto de 2006, fecha en la cual es llamado a asumir el Ministerio de Relaciones Exteriores, impulsando con gran desempeño las políticas y directrices internacionales del Comandante Hugo Chávez, de las que podemos citar: la creación y consolidación del ALBA-RCP (2001); Petrocaribe (2005); la Unasur (2008) y la CELAC (2010), entre muchas otras actividades diplomáticas en las que se desenvolvió satisfactoriamente hasta el 10 de octubre de 2012, cuando es llamado a ocupar el cargo de Vicepresidente. El 10 de octubre de 2012 fue nombrado Vicepresidente Ejecutivo. El 8 de marzo de 2013 es nombrado por mandato constitucional Presidente Encargado de la República Bolivariana de Venezuela.
El 14 de abril de 2013 fue elegido Presidente constitucional de la República Bolivariana de Venezuela, convirtiéndose en el primer presidente chavista y obrero de la historia contemporánea de Venezuela, dando inicio a nuevas batallas en la vida del país, asediado por el capitalismo financiero-especulativo. Desde 2013 hasta ahora que comienza la recuperación, el capital financiero-especulativo nos condujo a la ruina con sus sanciones y bloqueos, con sus atentados, sus guarimbas, sus asesinatos de líderes y otras calamidades, que aún practican, como el desconocimiento nuevamente del triunfo del presidente Maduro, cuando cantarán fraude electoral el 28 de julio de 2024.
Desde aproximadamente 1976, cuando Nicolás tenía apenas 14 años, su actividad política y social no se ha detenido. Son 48 años de entrenamiento político en duras batallas para forjarse como un líder consustanciado con los problemas que nos aquejan desde hace más de 500 años.
Ha pasado por detenciones, intentos de asesinatos, desprestigios, campañas difamatorias, intentos de golpes de Estado, guarimbas, masacres, montaje de gobierno paralelo, intento de invasión, intento de chantaje por parte de Estados Unidos al secuestrar al diplomático Alex Saab en Cabo Verde, conspiraciones y corrupciones llevadas a cabo por traidores y quintacolumnas como la exfiscal general Luisa Ortega Díaz, el exministro de Petróleo Rafael Ramírez, así como Tareck El Aissami, también exministro de Petróleo; todas en complicidad con la corrupta oposición, siguiendo directrices de sus amos el capital financiero-especulativo; pero todas descubiertas y derrotadas por el presidente Maduro y las fuerzas que le acompañan.
Las posibilidades y expectativas políticas en su mente se expanden cuando aparece Chávez en la panorámica política del país. Maduro en principio fue un buen ayudante que desde muy joven, siendo un adolescente, comenzó en su carrera política sin aún saberlo, tenía solo la motivación inicial de todo joven que en su época advertía la situación difícil por la que atravesaba Venezuela. Hablamos de los finales de 1970.
MADURO DEFIENDE LOS RECURSOS DE VENEZUELA
Así como se azuzó ferozmente el odio contra el Comandante Chávez, también se manifiesta la intención de acabar con Maduro sin aparente explicación lógica, pero al comprender que Venezuela es un territorio de muchos recursos entendemos la jugada del capital financiero-especulativo, que necesita una guerra civil con urgencia en Venezuela. La explicación es que el caos les permitiría absorber todas las reservas de recursos energéticos y minerales que contiene el territorio, y tanto Chávez como Maduro han sido fieles guardianes de estos bienes patrimoniales del país.
Venezuela está considerada como la mayor reserva energética en el mundo. Si se explotara un promedio de 3 millones de barriles de petróleo al día, las reservas se agotarían en 300 años. También somos una importante reserva de gas, hierro, diamantes, oro, carbón y otros recursos naturales como el agua, coltán y tierras raras, convirtiéndonos en un apetitoso plato para las grandes corporaciones que saquean al mundo.
Maduro, al igual que Chávez, pasaron por largos periodos de formación y pudieron comprender que a pesar de que la política es la más maravillosa actividad que el intelecto ha creado y la practicamos en todos los quehaceres, no es sino en el ámbito del interés colectivo que ésta adquiere su mayor luminosidad, y que la dedicación a la política es de por vida, necesita que las personas se consagren a ella; mucha gente cuando es joven se acerca a la política y luego se apaga. Se dedican a hacer otras cosas y esa etapa queda solo como un recuerdo. Chávez y Maduro pensaron que dirigir a un pueblo y su destino es otra cosa, donde el líder político siempre debe tener una visión más allá de las visiones de los demás, porque un líder político sobrepasa la academia, la profesión, el deporte, la labor social, que son políticas focalizadas; a él le toca amalgamar a todas las labores para el beneficio de la gente en un territorio dado o a nivel internacional.
Entendieron que un buen líder fundamentalmente tiene que ser un muy buen ayudante desde el inicio. No busca ser él el jefe que está en el momento, sino que tiende a admirar al jefe y a tratar de aprender al máximo de él. Un buen carpintero, herrero o albañil primero pasó por ser un buen ayudante con la capacidad de observación más allá del nivel normal, porque está el ayudante que solo cobra un salario y no le importa lo que sucede a su alrededor. Pero en la política el ayudante tiene la predisposición a aprender y se preocupa por observar lo que la mayoría no observa.
Está pendiente de que el líder pueda resolver, con su ayuda, cualquier tipo de problema que esté a su alcance. Un buen ayudante está pendiente de que el tipo que necesita la herramienta, la tenga en el momento preciso. Entiende el valor de cada herramienta, cómo limpiar el área de trabajo y no necesita ser mandado, ya que está interesado en aprender el oficio. También comprende cómo hacer las cosas para que salgan bien, cómo cortar, medir, proteger el material y hacerlo rendir. Todos estos elementos los aprende rápidamente, y así sucede en el hacer político.
Maduro no es un tipo que se forjó inicialmente una idea propia, sino que fue aprendiendo desde muy joven el oficio de la política. Porque él ha sido seguidor de las ideas de izquierda, en distintos movimientos políticos, en el deporte, en la labor social, en el trabajo sindical. Él siempre estuvo aprendiendo. Y tuvo que haberlo hecho con afán porque hasta ahora se perfila como uno de los políticos fundamentales del planeta, formado en la lucha cotidiana, a pesar de que las circunstancias históricas en su militancia política fue una izquierda perdida, en derrota, sin planes, sin ideas, repitiendo panfletos, maldiciéndose dentro ella, tal como se ve a la oposición ahorita. Sin embargo, su carrera sindical fue exitosa, cumplió una labor política importante en el Metro de Caracas como dirigente sindical.
Es decir, sus labores han ido creciendo al igual que su fortaleza política. Para el momento en que conoce a Chávez ya tiene una visión clara de que el Comandante es el camino a seguir, al cual hay que integrarse. Efectivamente él se integra con Chávez y los años que dura con él, desde 1992 hasta el momento de la desaparición física del Comandante, se dedica al aprendizaje. No se percibe como alguien que esté aspirando cosas, creyéndose Chávez o queriendo ocupar su puesto, sino que lo respetaba, era leal y estaba aprendiendo. Y todas las tareas que Chávez le encomendó las cumplió con éxito. Donde se equivocaba, aceptaba con sencillez el regaño del líder. Eso le servía como acicate para continuar y desarrollarse.
Cuando a Maduro le toca ser presidente, digamos, no es que los demás líderes no hayan tenido capacidades; Diosdado y todos los que rodeaban en ese momento estaban en capacidad de ser presidentes del país, porque más allá de la mala propaganda que hace la oposición y el imperialismo, en el seno del chavismo hay una cantidad de líderes que pueden cumplir con esa tarea. Pero Chávez demostró que el líder necesario para la circunstancia política que se presentó a partir de 2013 era Maduro, y Nicolás ha cumplido con la tarea encomendada con creces. Tenemos 25 años llevando tortazos, desde que Chávez asume el control del Estado, pero estos últimos 13 años han sido muy violentos en todos los sentidos, contando las más de 930 medidas sancionatorios aplicadas por los dueños para destruir nuestra industria petrolera y chantajearnos con tal de acabar con el Estado venezolano.
En la época de Chávez, a pesar de que nunca paró la guerra, hubo intentos de magnicidio, golpe de Estado, conspiraciones, pero Chávez tuvo circunstancias internacionales un poco más favorables. Surgió un liderazgo latinoamericano importante que le permitió poner freno a las embestidas internacionales contra su gobierno, hasta que ya no más. Pero además se estaban exportando más de 2 millones de barriles de petróleo, y el petróleo se puso de 7 con la llegada de Chávez a un pico de 140 dólares.
Cuando le toca a Maduro, el apoyo político internacional desaparece, Maduro queda solo como representante de gobierno. Es un paria en el mundo, nadie lo quiere recibir. Todo el mundo se hace el loco. Y el tipo ahí se creció, demostrando su capacidad de liderazgo, su capacidad de hacer política, de resolver problemas, de enfrentarse a un enemigo poderoso, de saber contar con las verdaderas reservas históricas y morales del pueblo que, hasta ahora, a nivel mundial, ha soportado con temple la guerra en todas sus formas.
Maduro logra superar condiciones de orfandad política a nivel latinoamericano, caribeño y mundial. Esos elementos van forjando a un líder que se perfila hacia su propio constructo político, al desarrollo de lo aprendido. En esta etapa, Maduro consolida su liderazgo, para imprimir su propia impronta al proceso político. Las dificultades enfrentadas lo han curtido, permitiéndole interiorizar el legado de Chávez y combinarlo con su propia experiencia para forjar un estilo propio. Ya no se trata únicamente de seguir una línea preestablecida, sino de comprenderla y adaptarla a las nuevas circunstancias.
Maduro, con su visión estratégica moldeada por años de tensiones internas y externas, busca asegurar la continuidad del proyecto chavista para volverlo diseño luminoso, acto político trascendente en la historia. Maduro aprendió a nadar en las tormentosas aguas de la gran política para llegar a la orilla fortalecido. Ahora le toca amalgamarse con la base misma del territorio, con la gente y su propia organización, porque es la clave para generar perpetuidad sustancial del país, en el ámbito político del mundo.
Maduro sin duda ganará de nuevo, pero vienen tiempos de transformaciones políticas, tendrá que deshacerse de los viejos panfletos de la política y comenzar a construir, no como un creyente o salvador, el diseño y organización de un país, fundamentado, pensado claramente en ser originalmente radical desde la raíz como lo pregonó Simón Rodríguez, y con la gente que contradictoriamente somos. Este es el gran reto para trascender sustancialmente, porque esto no es posible con el buscador, el trepador, el saltimbanqui, el repetidor de panfletos, el engañador de ferias, sino con la gente de carne y hueso que sale todos los días a trabajar, está obligado a formar políticamente a este país, sin creencias ni arrogancia, ni falsa sencillez. Con los pies bien puestos en la tierra, y el pensamiento como una herramienta fundamental para fundar un país distinto al que él nació y nosotros nos criamos.
“Mi opinión firme, plena como la luna llena, irrevocable, absoluta, total, es que ustedes elijan a Nicolás Maduro, como presidente de la República Bolivariana de Venezuela. Yo se los pido desde mi corazón. Nosotros debemos garantizar la marcha de la Revolución Bolivariana. Hoy tenemos pueblo, que nadie se equivoque. Hoy tenemos la patria más viva que nunca, ardiendo en llama sagrada, en fuego sagrado”: jamás un líder ha vaticinado con tanta precisión el futuro como cuando Chávez pronunció aquel discurso el 8 de diciembre de 2012, en la propuesta memorable de que eligiéramos a Maduro un hombre que se hizo leal a Chávez y al pueblo de Venezuela, en 48 años de forja y temple.