Ay!  Arriva il lupo! …

Cercando i “misteri” delle campagne contro le elezioni venezuelane

Maribel Acosta Damas (*)

Il prossimo 28 luglio il Venezuela andrà alle urne per le elezioni nazionali con la partecipazione di dieci candidati di diversi partiti, tra cui l’attuale presidente Nicolás Maduro. Da mesi le matrici mediatiche internazionali stanno cercando di mettere in evidenza un processo illecito, privo di sostegno popolare, dove è in pericolo la democrazia del paese e del mondo.

Recentemente – su convocazione del Consiglio Nazionale Elettorale – il Venezuela ha realizzato una simulazione elettorale al fine di verificare il funzionamento delle macchine per il voto, del sistema elettorale, calcolare il tempo per ogni elettore per esercitare il voto, permettere alle persone di familiarizzarsi con il processo così come con l’offerta elettorale e valutare aspetti tecnici come i tempi di risposta in caso di un qualche tipo di inconveniente.

Secondo le informazioni pubbliche, questo test è stato condotto normalmente e per il suo svolgimento sono stati attivati 1174 centri di voto, con 3006 seggi, dove potranno partecipare i 21392464 cittadini registrati nel registro elettorale. La simulazione è stata accompagnata dai rappresentanti del Centro Carter, dal pannello di esperti delle Nazioni Unite e dai membri della CELAC, giunti nel paese per partecipare come osservatori internazionali al processo.

Tuttavia, di fronte alle migliaia di contenuti mediatici prodotti sull’argomento, le elezioni venezuelane emergono quasi come un evento di massima pericolosità. Casualità, sfortuna, certezza o manipolazione intenzionale? È tale il tumulto che ricorda quel racconto dell’infanzia: ¡Ayyyyyyy… arriva il lupo!

La ricercatrice venezuelana Anabel Díaz Aché, attuale direttrice di Cultura Decoloniale del ministero degli esteri venezuelano, ritiene che il suo paese sia in “una fase di superamento dell’iperpolarizzazione tossica. Abbiamo un concetto nazionale di pace, che ha oltrepassato i nostri confini. Noi siamo riusciti insieme alla Colombia a far sì che la pace regni in Venezuela e in Colombia. Questo garantisce la pace continentale. Il popolo venezuelano vuole la pace e vuole andare alle elezioni in pace e vuole che la sua volontà sia rispettata.” La studiosa afferma che i soggetti che guidano le intenzioni di voto in Venezuela sono le donne oltre i 40 anni, che esercitano una dirigenza nelle loro comunità come capi di strada e sono quelle che stanno mobilitando il popolo.

Maribel Acosta Damas- Di recente il ministero degli esteri e il governo bolivariano hanno denunciato il coinvolgimento del governo argentino nel tentativo di sabotare le elezioni venezuelane convocate per luglio prossimo. È un fatto isolato o va oltre?

Anabel Díaz- Evidentemente c’è un forte tentativo di creare matrici di opinione che sono dirette a delegittimare il sistema elettorale venezuelano al fine di mettere in discussione i risultati e disconoscerli se non favorevoli alla destra. Ricordiamo che la destra venezuelana ha una lunga storia, a partire dal colpo di stato del 2003, contro il presidente Chávez e successivamente contro il presidente Maduro. L’ultimo tentativo di colpo di stato, nel 2019, è stato ridicolo perché non sono riusciti a frattuare l’unità della Forza Armata Nazionale Bolivariana.

Attualmente ci troviamo in una fase di aggressioni alla nostra economia, volte a punire collettivamente il popolo venezuelano affinché voti contro la Rivoluzione Bolivariana, affinché cambi la sua opzione di voto e si rivolga verso la destra, credendo che questo possa conquistare nuovamente la libertà economica che gli è stata tolta dagli USA. Tuttavia, di fronte agli sforzi del governo bolivariano e alle alleanze strategiche stabilite, che hanno permesso di rompere il blocco a cui è esposta la Repubblica, oggi abbiamo una vendita importante di petrolio e di altri prodotti. Ricordiamo che questa situazione di blocco ha inizio nel 2015 quando Obama emana quel decreto. Ma ciò è servito a diversificare l’economia venezuelana e a rafforzare l’apparato produttivo nazionale.

Pertanto, di fronte alla quasi impossibilità della destra venezuelana di vincere le elezioni, il loro intento è di delegittimarle affinché un gruppo di nazioni, principalmente l’Unione Europea e gli USA, con un possibile ritorno di Trump alla presidenza, tenti di sabotare i risultati e di disconoscere il nuovo mandato per il quale sarà chiaramente rieletto il presidente Nicolás Maduro, e con ciò ignorare la volontà del popolo venezuelano e l’autodeterminazione che abbiamo come popolo di scegliere la nostra strada. Pensano che gli potrebbe servire come scusa per tutto questo scenario di guerra, le basi militari che hanno istituito nella Guayana Esquiva e insieme al governo collaborazionista e assoggettato della Repubblica Cooperativa di Guyana, cercare di minare la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica Bolivariana del Venezuela.

Maribel Acosta Damas- Qual è la situazione reale del Venezuela in vista delle elezioni, internamente al paese?

Anabel Díaz- Il Venezuela è rafforzato come progetto nazionale. Ci hanno montato un’operazione di corruzione molto simile a quella messa in atto contro il Partito dei Lavoratori del Brasile con Odebrecht, dove, come sappiamo, erano coinvolti alcuni alti dirigenti della Rivoluzione in atti di tradimento alla patria. Questo ha significato un chiarimento nelle nostre file che, con la chiarezza, la sincerità e la lotta anticorruzione del Governo e del presidente Nicolás Maduro, ha finito per rafforzare il chavismo.

Un’altra manovra della destra per cercare di spaventarci è stata la campagna per la presunta non abilitazione di Maria Corina Machado, che si presenta al mondo come candidata, cosa che non è perché violerebbe la Costituzione. Ci hanno minacciato con movimenti del Comando Sud al confine venezuelano nei Caraibi nel tentativo di persuadere il popolo venezuelano e il mondo che il referendum, per avanzare nella nostra giusta e storica lotta per la Guayana Esquiva, non sarebbe stato vinto. Ma contrariamente alle loro aspettative, si è ottenuta una maggiore unità e coraggio da parte del governo bolivariano. Il presidente Nicolás Maduro si è imposto ed è stato sostenuto dal popolo con oltre 10 milioni di voti in quel referendum. Un’altra manovra fallita dall’esterno.

Internamente, cercano costantemente di sabotare il Servizio Elettrico Nazionale. I responsabili sono stati arrestati. Ha confessato un gruppo di sabotatori pagati dalla destra venezuelana. Hanno anche tentato atti successivi di aggressione interna. Ma l’intelligenza sociale, l’intelligenza dei corpi di sicurezza dello Stato, l’unità Civico-militare, il sostegno che la base dell’Esercito, della Forza Armata e del popolo, hanno impedito che tutti questi tentativi di sabotaggio e piani terroristici avessero successo. Tutti sono falliti. E la destra, a un mese dalle elezioni, oggi presenta un panorama realmente sfavorevole, con una diminuzione della sua capacità di mobilitazione, mentre il chavismo ha aumentato la sua capacità di mobilitazione.

Il chavismo si è mosso dal Venezuela profondo. La settimana scorsa sono stata nello Stato Lara, in una zona rurale di un comune. Abbiamo percorso la montagna più profonda dove vivono i contadini e dove la produzione alimentare è impressionante. Sono zone agricole che oggi sono nella loro massima capacità produttiva. Un’altra delle matrici della campagna anti-bolivariana afferma che 7 milioni di venezuelani sono emigrati, che qui non ci sono giovani. Questo è falso perché con chi stiamo producendo gli alimenti? Allo stesso modo, l’agroindustria sta offrendo il 98% degli alimenti che consumiamo. Quindi le menzogne stanno crollando da sole e molti dei venezuelani che sono emigrati – costretti dalle misure coercitive unilaterali verso il nostro paese – stanno tornando oggi nella loro patria e qui sono i benvenuti.

Abbiamo un chavismo rafforzato e una parte importante degli imprenditori venezuelani, che è stata colpita dalla pandemia che ha causato un deterioramento dell’alimentazione della popolazione, è ora a fianco del progetto bolivariano in condizioni migliori. Grazie a questi imprenditori venezuelani che hanno puntato sul paese, che si sono schierati con il presidente, che hanno messo in gioco le loro risorse perché lo Stato non poteva più sussidiare o continuare a farlo, abbiamo avviato l’apparato produttivo e non credo che si rischierà un salto nel vuoto con un governo di destra che non avrebbe governabilità e che inoltre attaccherebbe direttamente le piccole e medie industrie.

Lì abbiamo industriali, grandi, piccoli, medi imprenditori; nazionalisti che amano questo paese, che hanno scommesso e che non vedono la possibilità di investire in altri paesi. Quindi stanno sfruttando al massimo il loro potenziale, il supporto del governo bolivariano, la crescita del mercato interno e stanno sviluppando e investendo nel paese. In un momento della storia si sono schierati dalla parte sbagliata e ne hanno pagato le conseguenze perché molte aziende e molti imprenditori sono falliti e sono stati costretti a lasciare il paese a causa delle misure coercitive esterne che impedivano l’importazione di materie prime per la produzione, oltre alle difficoltà della perdita di manodopera e alla svalutazione della valuta nazionale. Ma oggi, con il supporto del governo Bolivariano, che è stato significativo nonostante le sanzioni, con intelligenza e dialogo, abbiamo ottenuto che queste forze produttive e questi imprenditori si schierassero dalla parte del paese. Questo è molto importante. Anche loro hanno sostenuto il referendum, hanno votato e sostenuto la causa della Guayana e sia gli imprenditori, il popolo, i professionisti come la Forza Armata Nazionale, sanno che solo con il governo del presidente Nicolás Maduro è garantita la pace sociale, la crescita economica e l’integrità territoriale della Repubblica.

Maribel Acosta Damas – Come uniamo ciò con quanto sta succedendo alle posizioni coloniali di sempre e ai tempi delle reti sociali?

Anabel Díaz – L’ultradestra internazionale ha investito grandi capitali nella produzione di contenuti per cercare di confondere, soprattutto la gioventù. Lo hanno ottenuto in paesi come l’Argentina o El Salvador, i cui popoli lo stanno pagando a caro prezzo. Ma nel caso venezuelano non ci sono riusciti. Qui abbiamo vinto noi. Hanno implementato quello che alcuni analisti chiamano l’iperpolarizzazione tossica attraverso operazioni psicologiche e manipolazione mediatica su una parte significativa della popolazione per cercare definizioni di tutto o niente. Lo scrittore venezuelano José Negrón Valera lo ha riferito nel suo romanzo “Il Re delle ceneri”, facendo allusione a Leopoldo López e al suo tentativo di distruggere il paese.

Noi venezuelani abbiamo già vissuto tutto questo. L’abbiamo vissuto nella Guerra d’Indipendenza con un asturiano di nome José Tomás Millán de Boves che è arrivato al cuore dei meticci, dei neri e con un esercito di poveri stava saccheggiando la Repubblica stessa. E questo ci è costato molte vite e ci ha deviato per molto tempo dal nostro obiettivo fondamentale di quel momento, che era l’indipendenza nazionale. Oggi abbiamo una chiara consapevolezza della coscienza storica del popolo venezuelano, un popolo che nel 2016, 2017, 2018 e 2019 è sceso in strada a manifestare, a sostenere il governo con il frigorifero praticamente vuoto e non ci siamo arresi. Abbiamo mangiato solo lenticchie, ma non ci siamo arresi. Abbiamo superato la mancanza di elettricità. Ricordo che durante i giorni di black out, le dirigenti comunitarie di Caracas si avvicinavano e ci dicevano nell’Ufficio del Sindaco di Caracas, dove stavo lavorando: “Sappiamo che non possono darci benzina, non abbiamo trasporti, sappiamo che non possono portarci il gas perché il gas non è arrivato a Caracas, perché non c’è benzina per il trasporto … Sappiamo che non possono risolvere il problema dell’elettricità a breve termine, ma ora la gente della comunità e noi stesse, quelle che non capivamo, abbiamo capito che questa è una guerra e che siamo assediati”. Il popolo ha capito, ha resistito e ha sostenuto.

E hanno chiesto argomenti per spiegare cos’è la guerra multiforme, cos’è questa guerra di 4ª e 5ª generazione. Così ci siamo lanciati nelle comunità con i dirigenti, con gli intellettuali organici e spiegavamo e alle 9o 10 di sera c’erano luoghi pieni di anziani, di persone di mezza età e giovani che cercavano di capire in quale situazione ci fossimo imbattuti, quando ci siamo imbattuti, perché ci siamo imbattuti e dove stiamo andando. E hanno ratificato la loro scelta per la Rivoluzione e per la sovranità piena. Perché se c’è qualcosa in cui sono impegnati oggi i popoli dalla Patagonia ai popoli originari del Canada, è nel poter esercitare la piena sovranità sui loro territori e risorse.

E il popolo venezuelano non è disposto a tornare indietro su questo. Ciò che stava accadendo in Venezuela era difficile: eravamo rimasti senza denaro per le scuole, per gli ospedali. E quando un numero importante di persone è emigrato, con la saggezza, la pazienza del Governo esecutivo, della Forza Armata, delle dirigenti comunitarie che hanno suonato di casa in casa e hanno chiesto alle persone cosa avessero bisogno, siamo riusciti a permanere in piedi.

In mezzo a questo contesto di aggressioni esterne e sanzioni coercitive, siamo stati uno dei paesi con il minor numero di morti per COVID-19. Quello che voglio dire è che il popolo è molto chiaro su cosa si stia giocando in questo processo elettorale e le contraddizioni tra il Venezuela e gli USA si stanno acuendo sempre più. Ma noi sentiamo di non essere soli, che siamo un bastione importante, che siamo una avanguardia in questo continente, che abbiamo un peso fondamentale e un peso da giocare in questo nuovo mondo che si apre multipolare e pluricentrico. Come? O l’America Latina si consolida come regione indipendente o sarà nuovamente subordinata ad altri centri di potere. Quindi siamo pronti a emergere come regione e a fare il sacrificio che dobbiamo fare, ancora una volta, come abbiamo fatto nel XIX secolo, con il nostro sangue.

E ora anche convalidiamo gli sforzi del popolo venezuelano di fronte all’ondata di attacchi, agli attacchi permanenti, sistematici, simbolici, mediatici e operazioni psicologiche. Tra le aggressioni contro il nostro paese, ci sono i tentativi sulle reti sociali di criminalizzare e stigmatizzare la condizione dei venezuelani. Ciò che hanno fatto con il popolo salvadoregno. Quindi tutto il mondo applaude a Bukele che oggi tiene prigioniero il popolo salvadoregno, come presunti terroristi; criminalizzando la povertà e il diritto di vivere.

Anche i tentativi contro il Venezuela sulle reti sociali ci hanno unito di più come popolo, ci hanno portato a riconoscerci, a identificarci, a rafforzare le radici bolivariane che fanno parte della nostra identità. E abbiamo un simbolo molto forte nella dirigenza di Chávez. I giovani che non lo hanno conosciuto in vita parlano di lui con un amore commovente.

Maribel Acosta Damas – Qual è oggi la funzione delle teorie decoloniali di fronte al colonialismo culturale contemporaneo?

Anabel Díaz – È interessante la sua domanda sulle teorie decoloniali, perché nella maggior parte dei paesi le teorie decoloniali sono questioni degli accademici, delle élite intellettuali, di piccoli gruppi. Tuttavia, non è per caso che questa discussione si è portata alle basi, si è portata alle comunità. Lo scorso anno e quest’anno abbiamo organizzato scuole decoloniali. Una è stata tenuta nell’est del paese, a Barcelona, e un’altra nell’ovest, nello Stato di Lara. Vi hanno partecipato diversi stati del paese e una gran parte della base della dirigenza comunitaria, con l’intenzione che diventassero moltiplicatori nei loro territori.

Per un dialogo orizzontale con le basi, abbiamo portato a queste scuole l’attivista portoricano Ramón Grosfogel e Katia Colmenares, filosofa e sociologa messicana. E il nucleo duro della teoria è stato appreso e compreso dai comunitari, che si sono anche identificati immediatamente come decoloniali. Perché nella misura in cui si conosce la storia del Venezuela, nella misura in cui si conoscono pensatori come Simón Rodríguez, un pensatore decoloniale, un innovatore, mentore politico di Bolívar; nella misura in cui conosciamo Mario Sano e Iraida Vargas, antropologi, ci riaffermiamo in ciò che siamo e in ciò che vogliamo. Impariamo, ad esempio, che recenti studi dell’Istituto Venezolano di Ricerche Scientifiche rivelano che, anche se i venezuelani sembrano meticci, abbiamo un 60, 70 e fino all’80% di DNA mitocondriale, che è quello che trasferisce la Madre Caribe.

Quindi non abbiamo più quel vuoto che avevamo nella nostra identità. Questi studi sono stati resi noti al popolo e la gente si sente caraibica, soprattutto dove si trova la maggior parte della popolazione, che è nella zona costiera settentrionale, principalmente a est del paese, ma anche a sud, perché i Caribes furono spostati dai colonizzatori a sud del paese verso l’Amazzonia e lo stato di Bolívar, e persino verso la Guyana. Ci sentiamo quindi molto orgogliosi di questo baluardo genetico, di questo patrimonio genetico caribe, perché fu il popolo che ha opposto la maggiore resistenza alla colonizzazione, a essere conquistato, a subire la colonizzazione del proprio territorio, delle proprie donne.

Queste donne rimasero nei territori. Abbiamo quindi questo carico genetico che antropologicamente ci fa essere in un certo modo, ci fa rispondere in un certo modo, ci fa essere irriverenti, rivelando che il peso dell’uguaglianza come concetto ha un valore fondamentale per il popolo venezuelano. Questo è intrecciato nell’essere venezuelano, con la libertà, naturalmente. Da questa prospettiva stiamo anche rafforzando la nostra identità e le teorie decoloniali ci aiutano a riconoscerci. Le proposte dalle basi sono buone. I dirigenti comunitari propongono di tornare alla scala del conuco (piccoli appezzamenti di terreno coltivati in modo tradizionale ndt), che il raccolto sia preciso in base alle necessità, che rispettiamo la Madre Terra, che rispettiamo gli equilibri: bisogna porre fine al patriarcato. Il socialismo bolivariano sarà sempre più un socialismo femminista, ecologico. È l’ecosocialismo, è la via comunitaria, la via della riproduzione della vita, non della riproduzione del capitale. Servire per la riproduzione della vita e non la riproduzione del capitale è una posizione dei comunitari venezuelani. È quindi molto bello vedere oggi i frutti di queste scuole decoloniali e come il popolo venezuelano è andato assimilando, si è  andato impregnando, è andato arricchendo i suoi saperi, si è identificato con le proposte decoloniali e si sta riconoscendo in quel diritto che ci diceva Simón Rodríguez, di guardare noi stessi con i nostri occhi e pensare con la nostra testa.

(*) Maribel Acosta Damas, Dott.ssa in Scienze della Comunicazione Sociale, giornalista cubana e docente presso l’Università di La Habana, lavora e collabora con vari media del suo paese e di altri paesi.


¡Ay! ¡Que viene el lobo! …

Buscando los “misterios” de las campañas contra las elecciones venezolanas

Por Maribel Acosta Damas (*)

El próximo 28 de julio Venezuela acudirá a las urnas para elecciones nacionales con la participación de diez candidatos de diferentes partidos, entre ellos el actual presidente Nicolás Maduro. Desde hace meses las matrices mediáticas internacionales apuntan a resaltar un proceso ilegítimo, sin apoyo popular y donde peligra la democracia del país y del orbe.

Recientemente- convocado por el Consejo Nacional Electoral- Venezuela realizó un simulacro electoral con el fin de verificar el funcionamiento de las máquinas de votación, el sistema electoral, calcular el tiempo de cada elector para ejercer el voto y que las personas se familiaricen con el proceso, así como con la oferta electoral; y evaluar aspectos técnicos como el tiempo de respuesta en caso de algún tipo de inconveniente.

De acuerdo con información pública, este ensayo transcurrió de manera normal y para su desarrollo se habilitaron 1.174 centros de votación, en los que hay 3.006 mesas, y en las que podrán participar las 21.392.464 personas que están en el registro electoral. El simulacro estuvo acompañado por representantes del Centro Carter, el panel de expertos de Naciones Unidas y miembros de la CELAC que llegaron al país para participar como observadores internacionales en el proceso.

Sin embargo, ante los miles de contenidos mediáticos producidos sobre el tema, las elecciones venezolanas trascienden casi como un suceso de máxima peligrosidad. ¿Casualidad, mala suerte, certeza o fabricación intencionada? Es tal la algarabía que recuerda aquel cuento de la infancia: ¡Ayyyyyyy… qué viene el lobo!

La investigadora venezolana, Anabel Díaz Aché, actual directora de Cultura Decolonial de la cancillería venezolana considera que su país está en “una situación de superación de la hiperpolarización tóxica. Tenemos un concepto nacional de paz, que además ha pasado nuestras fronteras. Nosotros logramos conjuntamente con Colombia que la paz reine en Venezuela y en Colombia. Eso garantiza la paz continental. El pueblo venezolano quiere paz y quiere ir a las elecciones en paz y que se le respete.” La estudiosa afirma que los sujetos que lideran las intenciones de voto en Venezuela son las mujeres mayores de 40 años, que ejercen el liderazgo en sus comunidades como jefas de calle y son quienes están movilizando al pueblo.

Maribel Acosta Damas- Recientemente la cancillería y el gobierno bolivariano han denunciado la implicación del gobierno de Argentina en intentar sabotear las elecciones venezolanas convocadas para julio próximo. ¿Se trata de un hecho puntual o va más allá?

Anabel Díaz- Evidentemente hay una fuerte intención de crear matrices de opinión que van dirigidas a deslegitimar el sistema electoral venezolano con miras a deslegitimar los resultados y desconocerlos si no favorece a la derecha. Recordemos que la derecha venezolana tiene una larga data desde el golpe de estado del 2003 para acá contra el presidente Chávez primero y después contra el presidente Maduro. El último intento de golpe de Estado en el año 2019 fue ridículo porque no han podido fracturar la unidad de la Fuerza Armada Nacional Bolivariana.

Actualmente estamos en una coyuntura de agresiones a nuestra economía, dirigidas a intentar castigar colectivamente al pueblo venezolano para que vote en contra de la Revolución Bolivariana, para que cambie su opción al voto y se vaya hacia la derecha, creyendo que con esto va a conquistar nuevamente la libertad económica que nos ha quitado Estados Unidos. Sin embargo, ante el esfuerzo del gobierno bolivariano y las alianzas estratégicas establecidas, que han permitido romper el bloqueo al que está expuesta la República, hoy tenemos una venta importante de petróleo y de otros productos. Recordemos que esta situación de bloqueo comienza en el año 2015 cuando Obama lanza ese decreto. Pero ha servido para que la economía venezolana se diversifique y se fortalezca el aparato productivo nacional.

De ahí que ante la casi imposibilidad de la derecha venezolana de ganar las elecciones, su intención es deslegitimarlas para que un conjunto de naciones, llámese fundamentalmente Unión Europea y los Estados Unidos, con un posible Trump nuevamente en la presidencia, intenten sabotear los resultados y desconocer el nuevo mandato para el que será evidentemente reelecto el presidente Nicolás Maduro, y con esto desconocer la voluntad del pueblo venezolano y la autodeterminación que tenemos como pueblo de elegir nuestro camino. Piensan que les podría servir de excusa para todo este escenario de guerra, las bases militares que han montado en la Guayana Esquiva y en conjunto con el gobierno entreguista y sumiso de la República Cooperativa de Guyana, intentar socavar la soberanía y la integridad territorial de la República Bolivariana de Venezuela.

Maribel Acosta Damas- ¿Cuál es la situación real de Venezuela de cara a las elecciones, hacia lo interno del país?

Anabel Díaz- Venezuela está fortalecida como proyecto nacional. Nos montaron una operación de corrupción muy parecida a la que le montaron al Partido de los Trabajadores de Brasil con Odebrecht, donde como sabemos estuvieron involucrados algunos altos mandos de la Revolución en acto de traición a la patria. Esto ha significado decantar nuestras filas que, con la claridad, sinceridad y la lucha anticorrupción del Gobierno y del presidente Nicolás Maduro, ha terminado fortaleciendo al chavismo.

Otra maniobra de la derecha para intentar asustarnos, ha sido la campaña por la supuesta no habilitación de la señora María Corina Machado, que se presenta ante el mundo como candidata, cosa que no lo es porque eso violaría la Constitución. Nos han amenazado con movimientos del Comando Sur en la frontera venezolana en el Caribe en intentos de persuadir al pueblo venezolano y al mundo de que no se ganaría el referéndum para avanzar en nuestra justa e histórica lucha por la Guayana Esquiva. Pero contrario a lo que esperaban, se logró mayor unidad y valentía del Gobierno bolivariano. El presidente Nicolás Maduro se impuso y fue apoyado por el pueblo con más de 10 millones de votos en ese referéndum. Otra maniobra fallida desde el exterior.

A lo interno intentan de manera constante sabotajes al Servicio Nacional Eléctrico. Sus autores han sido detenidos. Está confeso un grupo de saboteadores pagados por la derecha venezolana. Igualmente han intentado actos sucesivos de agresión interna. Pero la inteligencia social, la inteligencia de los cuerpos de seguridad del Estado, la unidad Cívico militar, el apoyo que tienen la base del Ejército, de la Fuerza Armada y del pueblo, ha impedido que todos estos intentos de sabotajes y planes terroristas puedan salir airosos. Todos han fracasado. Y la derecha, a un mes de las elecciones, presenta hoy un panorama realmente desfavorable, con una disminución de su capacidad de movilización, mientras que el chavismo ha aumentado su capacidad de movilización.

El chavismo se ha movido desde la Venezuela profunda. La semana pasada estuve por el Estado Lara, en una zona rural de un municipio. Recorrimos montaña arriba en la montaña donde están los campesinos y las tierras en la producción de alimentos es impresionante. Son zonas agrícolas que están hoy en su máxima capacidad productiva. Otra de las matrices de la campaña anti bolivariana refiere que 7 millones de venezolanos se fueron, que no hay jóvenes aquí. Eso es mentira porque ¿con quién estamos produciendo los alimentos? De la misma manera, la agroindustria está ofertando el 98% de los alimentos que consumimos. Entonces las mentiras se están desplomando por sí mismas y muchos de los venezolanos que emigraron- obligados por las medidas coercitivas y unilaterales hacia nuestro país- están volviendo hoy a su patria y aquí son bienvenidos.

Tenemos un chavismo fortalecido y una parte importante del empresariado venezolano, que se vio impactado por la pandemia que significó un deterioro en la alimentación del pueblo, está con el proyecto bolivariano en mejores condiciones. Gracias a ese empresariado venezolano que apostó por el país, que se puso del lado del presidente, que sacó la cara con sus recursos propios porque ya el Estado no podía subsidiar o seguirlo subsidiando, echó a andar el aparato productivo y no creo que este se arriesgue a un salto al vacío con un gobierno de derecha que no tendría gobernabilidad y que además atentaría directamente contra la pequeña y mediana industria.

Ahí tenemos industriales, empresarios grandes, pequeños, medianos; nacionalistas que aman este país, que han apostado y que no ven tampoco la posibilidad de invertir en otros países. Entonces están aprovechando su máximo potencial, el apoyo del gobierno bolivariano, el crecimiento del mercado interno y desarrollando e invirtiendo en el país. En un momento de la historia se pusieron del lado equivocado y pagaron sus consecuencias porque muchas empresas y muchos empresarios quebraron y tuvieron que irse del país con las medidas coercitivas externas que impedían importar las materias primas para producción, así como las dificultades de la pérdida de mano de obra y la desvalorización de la moneda nacional. Pero hoy, con el apoyo del gobierno Bolivariano, que ha sido bastante a pesar de las sanciones, con la inteligencia y con el diálogo, hemos logrado que estas fuerzas productivas y estos empresarios se pongan del lado del país. Eso es muy importante. Ellos también apostaron por ir al referéndum, por votar y apoyar la causa de la Guayana y tanto los empresarios, el pueblo, los profesionales como la Fuerza Armada Nacional, saben que solo con el gobierno del presidente Nicolás Maduro se garantiza la paz social, garantía del crecimiento económico y de la integridad territorial de la República.

Maribel Acosta Damas- ¿Cómo juntamos con lo que está sucediendo las posiciones coloniales de siempre y de los tiempos de redes sociales?

Anabel Díaz- La ultraderecha internacional ha invertido grandes capitales en la producción de contenidos para intentar confundir, sobre todo a la juventud. Lo ha logrado en países como Argentina o El Salvador, cuyos pueblos lo están pagando con creces. Pero en el caso venezolano no han podido. Ahí nosotros logramos vencer. Han estado implementando lo que algunos analistas han denominado la hiperpolarización tóxica a través de operaciones psicológicas y manipulación mediática a un sector importante de la población para intentar definiciones de todo o nada. El escritor venezolano José Negrón Valera lo recogió en su novela El Rey de las cenizas, haciendo alusión a Leopoldo López y su intento por destruir el país.

Los venezolanos y venezolanas ya hemos vivido esto. Lo vivimos en la Guerra de Independencia con un asturiano que se llamaba José Tomás Millán de Boves y que llegó al corazón de los pardos, de los negros y con un ejército de pobres estaba saqueando la propia República. Y eso nos costó muchísimas vidas y nos desvió por mucho tiempo de nuestro objetivo fundamental para ese momento que era la independencia nacional. Nosotros hoy estamos muy claros de la conciencia histórica del pueblo venezolano, un pueblo que, en el 2016, 2017, 2018 y 2019 salió a las calles a marchar, a apoyar al gobierno con la nevera vacía prácticamente y no nos pudieron rendir. Comimos solo lentejas, pero no nos pudieron rendir. Y superamos el apagón. Recuerdo que durante las jornadas de apagón las lideresas comunales de Caracas se nos acercaban y nos decían en la Alcaldía de Caracas, donde yo estaba trabajando: “Sabemos que no nos pueden dar gasolina, no tenemos transporte, sabemos que no nos pueden llevar el gas porque el gas no ha llegado a Caracas, porque no hay gasolina para el transporte…. Sabemos que no nos pueden resolver el problema de la electricidad a corto plazo, pero ya la gente de la comunidad y nosotras mismas, las que nos faltaban por entender, hemos entendido que esto es una guerra y que estamos sitiados”. El pueblo comprendió, resistió y apoyó.

Y pidieron argumentos para explicar lo que es la guerra multiforme, lo que es esta guerra de 4.ª y 5.ª generación. Entonces nos lanzamos a las comunidades con los líderes, con los intelectuales orgánicos y estuvimos explicando y nos daban las nueve o las 10 de la noche y estaban los lugares repletos de gente mayor, de gente de mediana edad y de jóvenes tratando de entender en qué berenjenales nosotros nos habíamos metido, cuándo nos metimos, por qué nos metimos y para dónde vamos. Y ratificaron su opción por la Revolución y por la soberanía plena. Porque si en algo están hoy empeñados los pueblos desde la Patagonia hasta los pueblos originarios del Canadá, es en poder ejercer la plena soberanía sobre sus territorios y recursos.

Y el pueblo venezolano no está dispuesto a retroceder en esto. Lo que estaba sucediendo en Venezuela era difícil: nos habíamos quedado sin dinero para las para las escuelas, para los hospitales. Y cuando un importante número emigró pudimos, con la sapiencia, la paciencia del Ejecutivo, de la Fuerza Armada, de las lideresas comunales que tocaron puerta a puerta y preguntaron a las personas usted qué necesita, permanecer en pie.

En medio de ese contexto de agresiones externas y medicas coercitivas fuimos uno de los países con los menores índices de muertes originada por el COVID 19. Lo que quiero decir es que el pueblo está muy claro sobre lo que se está jugando en este proceso electoral y cada vez se agudizan más las contradicciones entre Venezuela y los Estados Unidos. Pero nosotros sentimos que no estamos solos, que somos un bastión importante, que somos una vanguardia en este continente, que tenemos un peso fundamental y un peso que jugar en este nuevo mundo que se abre multipolar y pluri céntrico. ¿Cómo? O América Latina se consolida como región independiente o va a quedar nuevamente subordinada a otros centros de poder. Entonces estamos dispuestos a surgir como región y hacer el sacrificio que tengamos que hacer una vez más, como lo hicimos en el siglo XIX, que lo hacíamos con nuestra sangre.

Y ahora también validamos los esfuerzos del pueblo venezolano ante la marejada de enjambres, de ataques permanentes, sistemáticos, simbólicos, mediáticos y de operaciones psicológicas. Dentro de las agresiones contra nuestro país, están los intentos en las redes sociales de criminalizar y estigmatizar la condición de venezolano o venezolana. Eso que hicieron con el pueblo salvadoreño. Entonces el mundo entero aplaude que Bukele que tenga hoy al pueblo salvadoreño apresado, como supuestos terroristas; criminalizando la pobreza y el derecho a vivir.

También los intentos contra Venezuela en las redes sociales nos han unificado más como pueblo, nos ha llevado a reconocernos, a identificarnos, a fortalecer la raíz bolivariana que es parte de nuestra identidad. Y tenemos un símbolo muy fuerte en el liderazgo de Chávez. Los jóvenes que no lo conocieron en vida, hablan de él con amor conmovedor.

Maribel Acosta Damas- ¿Cuál es hoy la función de las teorías decoloniales frente al colonialismo cultural contemporáneo?

Anabel Díaz- Interesante su pregunta sobre las teorías decoloniales, porque en la mayoría de los países las teorías decoloniales son un asunto de los académicos, de las élites intelectuales, de pequeños grupos. Sin embargo, no por casualidad esta discusión se ha llevado a las bases, se ha llevado a las comunas. El pasado año y este hicimos escuelas decoloniales. Se hizo una al oriente del país, en Barcelona y otra en el occidente en el Estado de Lara. Allí se pudieron nuclear varios estados del país y pudo acudir una gran parte de la base de la dirigencia comunal, con miras a que ellos fueran multiplicadores en sus territorios.

Para un diálogo horizontal con las bases, llevamos a estas escuelas al activista puertorriqueño Ramón Grosfogel y a Katia Colmenares, la filósofa y socióloga mexicana. Y el núcleo duro de la teoría pudo ser aprendida y comprendida por los comuneros, quienes además se identificaron de inmediato como decoloniales. Porque en la medida que se conoce la historia de Venezuela, en la medida que se conoce a pensadores como Simón Rodríguez, un pensador decolonial, rupturista, mentor político de Bolívar; en la medida que conocemos un Mario Sano y una Iraida Vargas, antropólogos, entonces nos reafirmamos en lo que somos y en lo que queremos. Aprendemos por ejemplo que estudios recientes del Instituto Venezolano de Investigaciones Científicas revelan que, aunque los venezolanos nos veamos mestizos, tenemos un 60, 70 y hasta 80% de ADN mitocondrial, que es el que transfiere la Madre Caribe.

Entonces ya no tenemos ese vacío que teníamos en nuestra identidad. Esos estudios se han dado a conocer en el pueblo y la gente se siente caribe, sobre todo donde está la mayoría de la población que es la zona norte costera, fundamentalmente al oriente del país, pero también al sur, porque los Caribes fueron desplazados por los colonizadores al sur del país hacia el Amazonas y el estado Bolívar, e incluso hacia la hacia la Guyana. Entonces nos sentimos muy orgullosos de ese baluarte genético, de ese patrimonio genético caribe, porque fue el pueblo que mayor resistencia presentó a la colonización, a ser conquistado, a fuera colonizado su territorio, sus mujeres.

Estas mujeres permanecieron en los territorios. Tenemos entonces esa carga genética que antropológicamente nos hace ser de una manera, nos hace responder de una manera, nos hace ser irreverentes, devela que el peso de la igualdad como concepto, tenga un valor fundamental en el pueblo venezolano. Eso está imbricado en el ser venezolano, con la libertad, por supuesto. Desde esa perspectiva vamos fortaleciendo también nuestra identidad y las teorías decoloniales nos ayudan a reconocernos. Las propuestas desde las bases son buenas. Los líderes comuneros proponen volver a la escala del conuco, a que la cosecha sea la precisa de acuerdo con las necesidades, que respetemos a la Madre Tierra, que respetemos los equilibrios: Hay que acabar con el patriarcado. El socialismo bolivariano será cada vez más un socialismo feminista, ecológico. Es el ecosocialismo, es la vía comunal, la vía de la reproducción de la vida, no de la reproducción del capital. Servir para la reproducción de la vida y no la reproducción del capital, es una postura de los comuneros y las comuneras venezolanas. Entonces es muy hermoso ver hoy el fruto de estas escuelas decoloniales y cómo el pueblo venezolano ha ido captando, se ha ido empapando, ha ido enriqueciendo sus saberes, se ha sentido identificado con las propuestas decoloniales y se está reconociendo en ese derecho que nos decía Simón Rodríguez, de mirarnos con nuestros propios ojos y pensarnos con nuestra propia cabeza.

(*) Maribel Acosta Damas, Dra. en Ciencias de la Comunicación Social, Periodista cubana y docente de la Universidad de La Habana, trabaja y colabora con varios medios de su país y de otros países.

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