Il dialogo con gli USA: un affare di Stato

Yoel Pérez Marcano

L’annunciata decisione del presidente Nicolás Maduro Moros di riavviare i colloqui con il governo di Joseph Biden, USA, è una decisione politicamente corretta e opportuna per l’impatto positivo che può avere sul prossimo 28 luglio, data delle elezioni presidenziali venezuelane.

Tali conversazioni, per l’importanza dell’interlocutore e della sua agenda, non possono che essere considerate come un affare di Stato. Significa che, essendo diretta dal potere esecutivo nazionale, come prevede l’articolo 236 comma IV della costituzione vigente, non può non esprimere la visione che potrebbero avere i titolari degli altri poteri pubblici (Assemblea Nazionale, Tribunale Supremo di Giustizia, Potere Elettorale e Potere Cittadino) e delle istituzioni del tessuto sociale della nazione, poiché la facoltà presidenziale di dirigere le relazioni estere della Repubblica non costituisce un monopolio giuridico né politico a suo favore, bensì un attributo conferito per servire da portavoce della nazione e dello Stato venezuelano in questioni così delicate per cui dovrebbero essere attivati e rafforzati i meccanismi di consultazione, con l’obiettivo di raccogliere opinioni e proposte dal paese a livello che permetta progettare una strategia e un insieme propositivo, che esprima i poteri pubblici autonomi e la cittadinanza in generale, che potrà promuovere e sostenere una posizione unica dello Stato su temi di massimo interesse, senza necessità di ricorrere al referendum consultivo previsto dall’articolo 71 del testo costituzionale.

Questa visione si esprime, inoltre, nel portavoce del Presidente della Repubblica in tali colloqui, che dovrebbero essere affidati – senza compromettere l’ampia e discrezionale facoltà presidenziale in materia di nomina di alti funzionari del governo – agli organismi che, conformemente alla Costituzione e alla Legge Organica dell’Amministrazione Pubblica, hanno l’attribuzione, la competenza e la funzione di occuparsi delle questioni di politica estera della Repubblica, sotto la direzione del Presidente della Repubblica come l’Assemblea Nazionale, in materia di patti e trattati internazionali, il Tribunale Supremo di Giustizia nella qualificazione della costituzionalità dello strumento internazionale, il Consiglio di Stato come organo consultivo del Capo dello Stato e, in modo molto speciale, il Ministero del Potere Popolare per le Relazioni Estere (Mppre), nel cui vice-ministero per il Nord America, sicuramente ci sono gruppi professionali di diverse discipline con conoscenze e dedizione permanente allo studio e al monitoraggio delle delicate questioni dell’agenda venezuelana-statunitense, in circostanza in cui entrambi i governi, formalmente, non mantengono relazioni diplomatiche né consolari da diversi anni, ma che stanno sostenendo sporadici colloqui, negoziazioni e accordi politici, economici, finanziari e umanitari con l’ausilio di paesi terzi amici.

Questa considerazione si relazione anche all’annuncio del Presidente della Repubblica che i negoziatori designati dal Venezuela sarebbero il deputato J. Rodríguez Gómez, attuale presidente dell’Assemblea Nazionale, e il Governatore dello Stato Miranda, Héctor Rodríguez, (escludendo alti funzionari del Ministero degli Esteri venezuelano), che hanno partecipato ai negoziati realizzati dalle due Parti nell’Emirato del Qatar e nella sua continuazione – con la rappresentanza del settore dell’opposizione radicale avallato dal governo USA -, realizzati nell’insulare repubblica di Barbados, con cui sono stati siglati i cosiddetti «Accordi di Barbados» che sono serviti da base per i requisiti democratici per la convocazione delle elezioni presidenziali del prossimo 28 luglio e il loro calendario, firmati dall’arco politico venezuelano presso il Consiglio Nazionale Elettorale, CNE, ma sui quali persistono importanti divergenze tra lo Stato venezuelano e gli USA e i loro alleati subordinati del settore radicale dell’opposizione, spiegando la nuova serie di negoziati.

D’altra parte, merita una speciale valutazione positiva l’annuncio del presidente Nicolás Maduro Moros che le conversazioni con la rappresentanza del governo USA «non saranno segrete», poiché ciò significa un cambio nella posizione precedente di mantenere confidenziali l’agenda e il contenuto di tali colloqui; il che impediva agli altri poteri pubblici e al paese nazionale esprimere opinioni e discutere su di esse, ma non ha impedito al governo Biden di «filtrare» nei suoi media corporativi globali di disinformazione, note distorte e travisate che hanno generato dubbi e sospetti su tali negoziazioni che potrebbero compromettere la sovranità dello Stato venezuelano.

In conclusione, il presidente Maduro – che è stato per sei anni ministro degli Esteri nel governo del presidente Hugo Chávez – ha davanti a sé il difficile compito di armonizzare le differenze propositive e di implementazione di accordi con i suoi nemici del governo USA, insieme alla costruzione di accordi che esprimano l’interesse generale della cittadinanza. Ancora di più, nel momento dialettico di elezioni molto polarizzate in cui è in gioco il suo impegno per la soluzione pacifica, costituzionale ed elettorale del conflitto politico aperto 25 anni fa con l’inizio della rivoluzione bolivariana, senza concedere un apice della sovranità politica dello Stato venezuelano, ma rendendo possibile il superamento del conflitto di interessi con gli USA in vista dell’abrogazione delle oltre mille misure coercitive illegali (cosiddette «sanzioni») applicate dal governo USA contro i titolari dei poteri pubblici e le imprese statali e normalizzare le relazioni diplomatiche, politiche ed economiche con questo impero decadente ed aggressivo.

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Yoel Pérez Marcano Venezolano, ex ambasciatore a San Vincenzo e Grenadine e Belize


El diálogo con Estados Unidos: un asunto de Estado

Yoel Pérez Marcano

La anunciada decisión del presidente Nicolás Maduro Moros, de reiniciar las conversaciones con el gobierno de Joseph Biden, de Estados Unidos, es una decisión políticamente correcta y oportuna por el impacto positivo que puede tener en el cercano 28 de julio, fecha de las elecciones presidenciales venezolanas.

Tales conversaciones, por la importancia del interlocutor y su agenda, no pueden sino considerarse como un asunto de Estado. Significa que siendo dirigida por el poder ejecutivo nacional, como preceptúa el artículo 236 numeral cuatro de la constitución vigente, no puede dejar de expresar la visión que pudieran tener los titulares de los otros poderes públicos (Asamblea Nacional, Tribunal Supremo de Justicia,  Poder Electoral y Poder Ciudadano) y  las instituciones del tejido social de la nación por cuánto, la facultad presidencial de dirigir las relaciones exteriores  de la República no constituye un monopolio jurídico ni político en su favor, sino un atributo otorgado para servir de vocero de la nación y el Estado venezolano en tan delicados asuntos,  para lo cual se deberían activar y fortalecer los mecanismos de consulta, con la finalidad de recoger opiniones y propuestas del país a nivel que permita diseñar una estrategia y un conjunto propositivo, que exprese a los poderes públicos autónomos y a la  ciudadanía en general, la cual podrá promover y sostener una posición única del Estado sobre asuntos del mayor interés, sin necesidad de apelar al referendo consultivo previsto en el artículo 71 del texto constitucional.

Esta visión se expresa, también, en la vocería del Presidente de la república en tales conversaciones, las cuales deberían ser encomendadas – sin menoscabar la amplia y discrecional facultad presidencial en materia de designación de altos funcionarios del gobierno – a los organismos que, conforme a la Constitución y la  Ley Orgánica de la Administración Pública, tienen la atribución, competencia y función de atender los asuntos de la política exterior de la República, bajo la dirección del Presidente de la república como la Asamblea Nacional, en materia de pactos y tratados internacionales, el Tribunal Supremo de Justicia en la calificación de la constitucionalidad del instrumento internacional, el Consejo de Estado como órgano asesor del Jefe de Estado y, de manera muy especial,  el Ministerio del Poder Popular para Relaciones Exteriores (Mppre), en cuyo viceministerio para América del Norte, seguramente hay equipos  profesionales de diversas disciplinas con conocimientos y dedicación permanente al estudio y seguimiento de los delicados asuntos de la agenda venezolana-estadounidense, en circunstancia en que ambos gobiernos, formalmente, no mantienen relaciones diplomáticas ni consulares desde varios años, pero que vienen sosteniendo esporádicas conversaciones, negociaciones y acuerdos políticos, económicos, financieros y humanitarios con el auxilio de terceros países amigos.

Está consideración también se relaciona con el anuncio del Presidente de la República de que los negociadores designados por Venezuela serían el diputado J. Rodríguez Gómez, actual presidente de la Asamblea Nacional y, el  Gobernador del Estado Miranda, Héctor Rodríguez, (excluyéndose a altos funcionarios de la Cancillería venezolana),  quienes estuvieron en las negociaciones   realizadas por ambas Partes en el Emirato de Qatar y en su continuidad – con la representación del sector opositor radical avalado por el gobierno de Estados Unidos-, realizadas en la insular república de Barbados, con el cual se sellaron los así llamados «Acuerdos de Barbados» que sirvieron de base a los requisitos democráticos para la convocatoria de las elecciones presidenciales del próximo 28 de Julio y su calendario, firmados por el arco político venezolano ante el Consejo Nacional Electoral, CNE, pero sobre el cual se mantienen importantes divergencias entre el Estado venezolano y los Estados Unidos  y sus aliados subalternos del sector radical opositor y explica la nueva ronda de negociaciones.

Por otra parte, merece especial valoración positiva el anuncio del presidente Nicolás Maduro Moros, de que las conversaciones con la representación del gobierno de Estados Unidos “no serán secretas», por cuánto significa un cambio en la posición anterior de mantener como confidencial la agenda y el contenido de esas conversaciones; lo cual impedía a los otros poderes públicos y al país nacional opinar y debatir sobre las mismas, pero no impidió que el gobierno de Biden  «filtrara» en sus medios corporativos globales de la desinformación, notas sesgadas y tergiversadas que generaron dudas y recelos sobre tales negociaciones que pudieran estar afectando la soberanía del Estado Venezolano.

En conclusión, el presidente Maduro – quien fue durante seis años canciller en el gobierno del presidente, Hugo Chávez – tiene ante sí   la difícil tarea de armonizar las diferencias propositivas y de implementación de acuerdos con sus enemigos del gobierno de Estados Unidos, junto con construir acuerdos que expresen el interés general de la ciudadanía. Más aun,  en el momento dialéctico de unas elecciones muy polarizadas en donde se pone en juego su compromiso con la solución pacífica, constitucional y electoral del conflicto político abierto hace 25 años con el iniciación de la revolución bolivariana, sin conceder un ápice de la soberanía política del estado venezolano, pero  viabilizando la superación del conflicto de intereses con Estados Unidos con vista a la derogación de las más de mil  medidas coercitivas ilegales (mal llamadas «sanciones») aplicadas por el gobierno de los Estados Unidos contra los  titulares de los poderes públicos y empresas estatales y  normalizar las relaciones diplomáticas, políticas y  económicas con este imperio decadente y agresivo.

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Yoel Pérez Marcano Venezolano, exembajador en San Vicente  y las Granadinas y Belice

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