Fiera internazionale del libro a Caracas

Geraldina Colotti

Leggere trasforma. Questo il lemma della Fiera internazionale del libro che, in Venezuela, ha aperto i battenti a Caracas, nella Galleria d’Arte Nazionale (Gan). Un gran evento culturale giunto alla ventesima edizione da quando Hugo Chávez decise di mettere in pratica il precetto di José Marti: “essere colti per essere liberi”.

Una volontà che non è venuta meno neanche nei peggiori momenti attraversati dalla rivoluzione bolivariana, che ha organizzato la Filven anche in pieno bloqueo, quando l’imperialismo e l’oligarchia locale hanno fatto “urlare l’economia” venezuelana come quella cilena ai tempi di Allende, ma senza poter ottenere lo stesso risultato. Come ha mostraro l’Osservatorio sulle misure coercitive unilaterali illegali, che ha presentato i suoi volumi alla Fiera, in Venezuela l’imperialismo non ha trovato il suo Pinochet, ma un esercito del popolo che ne accompagna e condivide le aspirazioni di libertà.

E, infatti, la Forza Armata Nazionale Bolivariana non manca mai di presentare e diffondere le proprie pubblicazioni alla Filven. Testi che consentono di capire come stanno realmente le cose in Venezuela, fuori dalle interpretazioni di comodo che si diffondono in Europa. Nel suo documento fondativo, l’Università Militare Bolivariana spiega chiaramente la trasformazione iniziata con l’MBR-200, il movimento rivoluzionario civico-militare fondato dall’allora tenente colonnello Hugo Chávez Frías per democratizzare le forze armate e unificarle secondo gli ideali pacifisti e emancipatori del Libertador Simon Bolivar, codificati nella Costituzione bolivariana del 1999.

Valori “patriottici e rivoluzionari”, che implicano una dottrina militare di “difesa integrale della nazione” e del territorio, basata sul concetto di esercito di tutto il popolo, come lo intese Ho Chi Minh. Una visione militare “meramente difensiva” – precisa il documento fondativo – “il che implica che la Forza Armata Nazionale Bolivariana non parteciperà ad attacchi ad altre nazioni, perché si fondamenta nel principio di dissuasione garantita”.

Per diffondere la propria visione nei territori e far crescere la coscienza popolare, l’Università Militare pubblica dei Quaderni del Dibattito. Uno di questi, edito dal Ministero di Scienza e Tecnologia (diretto dalla ministra femminista, Gabriela Jiménez) spiega la Fanb con ottica di genere, in consonanza con l’essere socialista e femminista della rivoluzione bolivariana. Alla Filven, due alte ufficiali, accompagnate da due professori, ex militari in congedo, hanno presentato una nuova rivista, Scientiarum, a cui il pubblico è stato invitato a contribuire.

Al recupero, alla difesa e all’attualità del pensiero di Bolivar sono stati dedicati due incontri organizzati dal Centro Nacional de Estudios Históricos, a cui hanno partecipato Tania e Tamara Díaz, rispettivamente rettrice e vicerettrice dell’Università internazionale della Comunicazione, una istituzione pubblica che ha dedicato vari corsi al pensiero contro-egemonico del Libertador.

E mentre i docenti – José Gregorio Linares, Alí Rojas, Alexander Berroterán – hanno mostrato la coincidenza fra gli attacchi rivolti a Bolivar all’epoca, e oggi sulle reti sociali, con quelli lanciati contro i dirigenti della rivoluzione bolivariana, Tamara Díaz ha parlato dell’importanza, per gli educatori, di conoscere il pensiero fondativo della rivoluzione bolivariana, rivisitato da Chávez, e ancora poco noto in Patria: eppure, “200 anni fa, il Messico concesse la cittadinanza onoraria al Libertador. Ma quanti lo sanno?”

Bolivarianismo o Monroismo? A 200 anni dalla nefasta dottrina Monroe si confrontano ancora due visioni del mondo, in cui il Venezuela, grazie al comandante, ha ripreso il cammino di Bolivar verso la costruzione di una “Patria Grande”. La deputata Tania Díaz, di ritorno da una giornata di preparazione alle elezioni del 28 di luglio, ha ripercorso le tappe principali della scommessa bolivariana, ispirata al Bolivar “antimperialista, visionario, pacifista e femminista” che cavalca ancora per le vie del Venezuela per dire che – come recita lo slogan elettorale di Nicolas Maduro – “la speranza è nelle strade”.

Una speranza declinata in varie lingue, in varie forme di resistenza, e nei molteplici colori ancestral, rappresentati negli stand e nelle sale che hanno accolto e accoglieranno, fino al 21 luglio, 630 conferenze, presentazioni, mostre e attività dedicate ai bambini.

Inaugurando la Filven, il ministro della Cultura, Ernesto Villegas – autore di molti saggi e di un ultimo romanzo, Maja mia, dedicato alla madre, giornalista croata di origine ebraica, in fuga dal nazismo – ha ringraziato gli invitati speciali del Sudafrica. Ha ricordato l’esempio di Nelson Mandela nella lotta contro l’apartheid, ripreso oggi dal governo sudafricano nel denunciare l’apartheid del regime sionista contro i palestinesi, e il genocidio che non si ferma. Alla Filven, il Sudafrica ha portato lo slogan “30 impronte per la libertà”.

La lotta per la liberazione della Palestina è stata ben visibile, nei dibattiti e nell’offerta editoriale dei vari stand, locali e internazionali. Molto nutrita la presenza palestinese nello stand della editoriale Trinchera. Ricca anche l’offerta editoriale di un’altra piccola casa editrice, Galac, che ha presentato testi d’analisi sulle tendenze attuali dell’imperialismo e sulle lotte anticoloniali. Notevole anche l’impegno dell’edizione Amalivaca, diretta da Nestor Curra, che ha pubblicato il romanzo Nocturno escolar, di Gregorio Valera-Villegas, che parla di un maestro rivoluzionario, che dedica la sua vita ai bambini.

Sempre di altissima qualità il lavoro della principale casa editrice pubblica, El perro y la rana, i cui volumi hanno abbracciato molti dei temi in vista nella Filven, a partire da saggi sul colonialismo e sulla lotta “cimarrona” degli schiavi in fuga, che hanno formato comuni libere in Venezuela. Visibili a articolate anche le proposte di una casa editrice storica, Vadell hermanos, ora diretta dalla giovane Valentina Vadell. In catalogo, testi storici della sinistra in resistenza durante la IV Repubblica, saggi e romanzi attuali prodotti da firme importanti dell’informazione, della politica e della cultura, come Juan Domingo Rangel, Miguel Pérez Pirela e il poeta, Tareck Wiliam Saab, Procuratore generale della Repubblica.

Dato che la Filven ha reso omaggio anche ai vent’anni della Rete degli intellettuali, artisti e movimenti popolari in difesa dell’umanità, Vadell ha anche presentato un libro sulle tecniche narrative, scritto da uno dei fondatori della Redh, lo scrittore Luis Britto. Fra le giovani leve, figura David Gómez, autore del romanzo Del naufragio intuyo el alba, che coniuga in modo originale e accattivante storia e ricerca stilistica.

Ha pubblicato per Vadell anche il Segretario esecutivo dell’Alba, Jorge Arreaza, autore di due volumi, Irreversibilidad… como la luna llena, dedicato al comandante Chavez e La Alianza de Simón Bolívar.Un terzo, edito da Alba-Tcp, raccoglie contributi di vari autori e s’intitola El desafío y el sentido histórico de la unidad.

È di Vadell anche il marchio di distribuzione di una potente operazione politico-culturale, dedicata al presidente Maduro, Nicolás presente y futuro. Il volume, voluto dal Movimento Futuro, una delle nuove articolazioni sociali che si spendono in questa campagna elettorale, ripercorre le tappe della militanza del presidente, e verrà distribuito gratuitamente. È stato scritto da Ana Cristina Bracho, con prologo di Pedro Calzadilla e revisione di Mercedes Chacin, ma – come hanno detto Hector Rodriguez e il presidente dell’Assemblea, Jorge Rodriguez nella presentazione che si è svolta nel teatro Teresa Carreño – è soprattutto frutto di un lavoro collettivo.

E collettivo è anche lo sforzo che ogni anno mette in campo la Filven: perché – come ha detto il ministro Villegas – “ non si tratta solo di mantenere un calendario cullturale, ma di incrementare uno spazio disponibie per tutti i venezuelani e le venezuelane, in un contesto molto complicato”. Per aprire al mondo nuove prospettive, perché “la speranza è nelle piazze”.

INTERVISTA

“I governi di destra tagliano i fondi alla cultura, ma spendono miliardi per la guerra cognitiva”. Intervista a Raul Cazal, presidente del Cenal.

Geraldina Colotti

Lo incontriamo fra gli stand della Fiera Internazionale del Libro. Infaticabile e attento, Raul Cazal valorizza ogni incontro con gli autori, ogni dibattito a cui partecipa con generosità e competenza, mettendo a frutto la sua esperienza di intellettuale, transitato dal secolo scorso al presente, con compiti di analisi e di governo. Dopo aver diretto per anni l’edizione venezuelana di Le Monde diplomatique, ora è viceministro di Promozione dell’Economia culturale e presidente del Centro nazionale del libro (Cenal). Compiti a cui aggiunge lo sguardo del poeta, dello scrittore e dell’analista dei media, che si rispecchia nelle sue pubblicazioni.

Come si sta caratterizzando questa Filven n. 20?

Quest’anno, abbiamo il Sudafrica come invitato d’onore, e già abbiamo avuto modo di apprezzare la letteratura, la cultura e la vitalità di questo grande paese, negli incontri virtuali e in presenza che abbiamo organizzato. Lo Stato venezuelano invitato è Delta Amacuro, lo scrittore nazionale omaggiato è Benito Yrady, che ha portato quattro libri pubblicati per le edizioni Monte Avila. Festeggiamo, inoltre, i cinquant’anni della Fondazione Biblioteca Ayacucho, e i 75 anni della rivista Tricolore.

La cultura e i contenuti delle passate rivoluzioni sono molto presenti anche in questa edizione. Come si mette a frutto la memoria nel presente?

Siamo nel transito di una rivoluzione. E le rivoluzioni producono cambiamenti sostanziali, com’è per la rivoluzione bolivariana. Così, nel caso della Biblioteca Ayacucho, che fu pensata mezzo secolo fa, occorre attualizzare lo sguardo perché rispecchi lo spirito dell’oggi, perché assomigli di più alla rivoluzione in corso, perché colga il cambiamento: non per fare cose diverse, ma per raggiungere un pubblico più ampio, avere maggiore visibilità, affinché il nostro popolo possa capire perché siamo arrivati fino a qui, perché siamo di questa fibra, perché lottiamo con questo vigore per la nostra indipendenza, la nostra sovranità. Occorre farlo per capire da dove veniamo. Attingiamo a concetti e discorsi che hanno secoli, per questo ci chiamiamo Repubblica bolivariana, per indicare la volontà di non essere soggiogati da nessun impero.

Il 28 luglio ci saranno le elezioni presidenziali. Quali contenuti può portare la Filven?

La Filven, voluta vent’anni fa dal comandante Hugo Chávez è per il popolo, è una dimostrazione di quel che si è riusciti a fare con la rivoluzione, il lavoro compiuto e le aspettative in campo. Come si vede in questa edizione, non c’è solo il protagonismo degli scrittori e degli artisti, ma dei lettori che interagiscono con gli autori e fra loro, perché qui la democrazia si dà con la partecipazione di tutti, non è un processo escludente.

Anche Maduro, come Chávez, è un grande lettore. Quanto conta questo esempio nella partecipazione del pubblico alla Filven, che anche quest’anno sta facendo registrare numeri importanti?

Entrambi i presidenti sono sempre stati grandi lettori, e questo indica da un lato la loro volontà di de-colonizzare il pensiero, e dall’altra il fatto che non sono un prodotto dell’intelligenza artificiale, ma dell’intelligenza reale, quella che si muove e vibra e che ha il polso di un popolo in movimento.

I grandi network della comunicazione egemonica usano anche l’intelligenza artificiale per screditare e occultare i risultati di cui lei parla e che sono visibili qui. Come studioso dei media, come valuta questa campagna che sta aumentando in vista delle elezioni contro il governo bolivariano?

A ogni latitudine, la destra pensa che solo il denaro e la sua circolazione abbiano valore. Per loro, conta solo la “libertà” economica, tutto il resto viene relegato all’ultimo gradino. La loro espressione, in America Latina, l’abbiamo vista dapprima con l’Argentina di Macri e ora con Milei, che ha immediatamente eliminato ogni tipo di appoggio alla cultura, alle case editrici, al cinema: perché non sono altamente monetizzabili, non rendono abbastanza materialmente. Epperò i loro governi investono massicciamente nella guerra culturale per inculcare nel popolo un pensiero alienato e farne il ripetitore di concetti dominanti che lo rendano dipendente.

La Filven ospita vari dibattiti e volumi che provengono dalla Cina e dall’Iran, e che spiegano i processi di trasformazione in atto in questi paesi. Cosa hanno da dire queste culture alla rivoluzione bolivariana?

Il popolo cinese, iraniano, e tutti i popoli che stanno affrontando l’imperialismo nordamericano, le sue multinazionali e i suoi accoliti, sono più che alleati per noi. La forza materiale e spirituale che hanno messo in atto per resistere e reinventarsi sono uno stimolo e un esempio per continuare la nostra lotta.

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