Mestieri pericolosi e manipolazioni

Cancellare la memoria collettiva di una nazione è un esercizio ideologico prioritario delle élite

Ernesto Estévez Rams

«La nostalgia imperiale è diventata così estrema», ci dice lo storico Sathnam Sanghera in un articolo su The Guardian. Nei paesi imperiali, il mestiere di storico è diventato rischioso, e forse dovrebbero considerarlo tale e cominciare a retribuire, per la pericolosità, coloro che esercitano tale professione.

L’articolo è estremamente significativo. L’industria della riscrittura della storia è in piena attività. Jacob Rees-Mogg, un parlamentare del partito della Thatcher, nel Regno Unito, ha descritto i campi di concentramento, in Sudafrica, sotto dominio britannico come un atto di protezione per coloro — per lo più bambini — che vi morirono: 50000, per essere precisi. In realtà, l’idea dietro il crimine era eliminare la linea di rifornimento ai Boeri. Vi ricorda qualcosa?

David Olusoga, un rispettato storico britannico, ha dovuto assumere una guardia del corpo per partecipare a eventi pubblici. La storica Corinne Fowler, che con il suo lavoro di ricerca ha messo in luce l’origine della spoliazione di determinati fondi britannici, ha ricevuto tale valanga di attacchi, diffamazioni e distorsioni del suo lavoro, da parte di politici e media, spesso senza diritto di replica, che ha dovuto chiedere protezione della polizia e teme camminare da sola.

Negli USA la situazione non è meno grave. C’è una moda legislativa, a livello degli stati in mano ai repubblicani, di approvare leggi che sembrano uscite da un libro di Swift o di Lewis Carroll. Indici di libri proibiti nelle biblioteche; imposizione di etichette su altri testi per chiarire che il loro contenuto è problematico; eliminazione di cattedre e corsi di storia del paese perché ritenuti dipingere male il suo percorso, quando trattano temi come il razzismo, lo sterminio della popolazione autoctona, il trattamento delle minoranze asiatiche e tutta una serie di altri argomenti «controversi».

Cancellare la memoria collettiva di una nazione è un esercizio ideologico prioritario delle élite. Riscriviamo questa ultima affermazione: cancellare selettivamente la memoria collettiva è un esercizio di egemonia ideologica prioritario per la borghesia. L’atto di castrazione può essere simbolico ma, come abbiamo visto, può anche concretizzarsi in realtà sotto forma di violenza fisica concreta.

Indipendentemente da altri modi di esercitare la colonizzazione culturale, questa forma estrema di cancellare ciò che è accaduto è una risorsa necessaria quando altri metodi hanno fallito. In un momento particolarmente critico dell’egemonia imperiale USA, quando il suo declino diventa evidente geopoliticamente, ricorrere all’estremo violento, sia simbolico che reale, è un imperativo per la classe dominante minacciata. Questa è la chiave del fascismo come strumento di un capitalismo in crisi.

Ma l’atto di cancellare dalla memoria collettiva non aspetta che i fatti si sedimentino come eventi storici scomodi: la rappresentazione collettiva di questi fatti viene distorta o mutilata al momento della loro stessa nascita. In questi giorni stiamo assistendo, in tempo reale, a questo esercizio rispetto al crimine genocida contro i palestinesi. Nei media del capitale globale si passa, senza alcuna transizione, dal riportare timidamente e con molte restrizioni il massacro in corso, a altre narrative di euforia per il salvataggio di ostaggi israeliani, mentre si minimizzano i più di 200 morti dell’azione narrata con toni hollywoodiani.

La particolare tecnologia goebbelsiana non per essere ripetuta è meno efficace. Già si sta puntando al giorno dopo la cessazione dell’aggressione in corso. Allora, vedremo la seconda fase dell’esercizio criminale di manipolazione della memoria. Prima si parlerà meno delle decine di migliaia di vittime palestinesi, mentre si manterrà la narrativa sui terribili crimini della resistenza di quel paese. Continueranno a nascondere l’asimmetria tra uno Stato che esercita il terrorismo con tutta la sua macchina da guerra e la resistenza armata che gli si oppone. E tra un anno o due, verrà realizzato un film, ben finanziato dagli effetti speciali sino alla campagna promozionale, in cui eroici soldati israeliani salvano le sofferenti vittime dall’infame fanatico di carnagione diversa. Allora, il prodotto cinematografico verrà proiettato nei cinema o in televisione in tutto il mondo, compresi i nostri paesi, dove gli spettatori, incantati davanti all’immagine, applaudiranno il coraggio dell’aggressore e condanneranno coloro che tanto assomigliano fisicamente a loro, gli spettatori.


Oficios peligrosos y manipulaciones

Borrar la memoria colectiva de una nación es un ejercicio ideológico prioritario de las élites     

Ernesto Estévez Rams

«La nostalgia imperial se ha vuelto tan extrema», nos dice el historiador Sathnam Sanghera, en un artículo en The Guardian. En los países imperiales, la labor de historiador se ha vuelto arriesgada, y quizá deberían considerar listarla como tal y comenzar a pagar por peligrosidad a quienes ejercen la profesión.

El artículo no tiene desperdicio. La industria de la reescritura de la historia anda a toda marcha. Jacob Rees-Mogg, un parlamentario del partido de la Tatcher, en el Reino Unido, dibujó los campos de concentración, en la Sudáfrica bajo dominio británico, como un acto de protección de los –mayoritariamente niños– que en ellos perecieron: 50 000, pongámosle número. Realmente, la idea detrás del crimen era eliminar la línea de suministros a los Boers. ¿Les recuerda algo?

David Olusoga, un respetado historiador británico, tuvo que contratar a un guardaespalda para asistir a algunos eventos públicos. La historiadora Corinne Fowler, quien con su trabajo de investigación puso al descubierto el origen de despojo de determinados fondos británicos, recibió tal avalancha de ataques, difamaciones y distorsiones de su trabajo, por parte de políticos y medios, en no pocas ocasiones sin derecho a la réplica, que se ha visto en la necesidad de pedir protección policial y teme caminar sola.

En Estados Unidos no es menos serio el asunto. Hay una moda legislativa, a nivel de  los estados en manos republicanas, de aprobar leyes que parecen sacadas de algún libro de Swift, o de Carrol Lewis. Índices de libros prohibidos en bibliotecas; imposición de etiquetas a otros textos que aclaren que su contenido es problemático; eliminación de cátedras y cursos de la historia del país por considerarse que mal retratan su devenir, cuando tratan temas como el racismo, el exterminio de la población autóctona, el trato a las minorías asiáticas y toda una lista de otros asuntos «controversiales».

Borrar la memoria colectiva de una nación es un ejercicio ideológico prioritario de las élites. Reescribamos esa última afirmación: borrar selectivamente la memoria colectiva es un ejercicio de  hegemonía ideológica prioritario para la burguesía. El acto de castración puede ser simbólico, pero, como hemos visto, también puede condensarse en la realidad en forma de violencia física concreta.

Con independencia de otras maneras de ejercer la colonización cultural, esa forma extrema de borrar lo sucedido es un recurso necesario cuando otros han fallado. En un momento particularmente crítico de la hegemonía imperial estadounidense, cuando su decadencia se hace manifiesta geopolíticamente, acudir al extremo violento, ya sea simbólico o real, es un imperativo para la amenazada clase dominante. Esa es la clave del fascismo como instrumento de un capitalismo en crisis.

Pero el acto de borrado de la memoria colectiva no espera que los hechos se asienten como acontecimientos históricos incómodos: la representación colectiva de esos hechos se distorsiona o mutila en su propio nacimiento. En estos días estamos viendo, en tiempo real, ese ejercicio  respecto al crimen genocida contra los palestinos. En los medios del capital global se pasa, sin transición alguna, de reportar tibiamente y lleno de cortapisas la masacre en marcha, a otras narrativas de euforia por el rescate de rehenes israelíes, mientras se minimizan los más de 200 muertos de la acción narrada con tintes hollywoodenses.

La particular tecnología goebbeliana no por repetida es menos efectiva. Ya se está apostando para el día después del cese de la agresión en curso. Entonces, veremos la segunda etapa del ejercicio criminal de manipular la memoria. Primero comenzarán a hablar menos de las decenas de miles de víctimas palestinas, mientras mantienen la narrativa sobre los terribles crímenes de la resistencia de ese país. Seguirán ocultando la asimetría entre un Estado que ejerce el terrorismo con toda su maquinaria de guerra, y la resistencia armada que se le opone. Y dentro de un año o dos, se estrenará algún filme, bien financiado desde los efectos especiales hasta su campaña promocional, en el cual soldados héroes israelistas rescatan a las sufridas víctimas del infame fanático de tez distinta. Entonces, el producto cinematográfico será proyectado en los cines o la televisión de todo el mundo, incluyendo nuestros países, donde los videntes, alelados frente a la imagen, aplaudirán la valentía del agresor y condenarán a esos que tanto se parecen físicamente a ellos, los espectadores.

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