Nessuno con buon senso ed etica può accettare che si approvi come candidato presidenziale di una nazione una persona divenuta delinquente e sanzionata per gravi reati, ma la cosa cambia quando ci sono in gioco milioni di $.
I reati commessi da Donald Trump, ora approvato come candidato presidenziale dal partito repubblicano, dimostrano quanto sia corrotta quella società e la scarsa memoria di molti dei suoi cittadini, che dimenticano rapidamente i più di 30 reati a causa dell’efficace opera di propaganda che sostiene la sua candidatura e l’assenza di un avversario con prestigio e leadership che possa affrontare il magnate immobiliare.
Se un cittadino comune avesse commesso un quarto dei reati per cui Trump è in giudizio, oggi starebbe in prigione, ma quando ci sono soldi, il trattamento è ben diverso e la cosa peggiore è il precedente legale che ha lasciato nella storia giuridica di un paese che non ha un Codice Penale e le decisioni delle corti si basano su fatti giudicati in precedenza. D’ora in poi i presidenti godranno di totale impunità dopo aver lasciato l’incarico, convertendoli in dei intoccabili.
Se qualcuno è riuscito a comprendere il meccanismo elettorale yankee, è stato José Martí, che nel XIX secolo ha potuto constatare la realtà di quel sistema, senza che nel XXI secolo la situazione sia cambiata in meglio, tutto il contrario.
Con chiarezza meridiana Martí scrisse: “È aspra e nauseabonda una campagna presidenziale negli USA. Da maggio, prima che ogni partito scelga i suoi candidati, la contesa inizia. I politici di professione, posti a far andare gli eventi dove più conviene loro, non cercano per candidato alla presidenza quell’uomo illustre la cui virtù sia da premiare, o i cui i talenti possano fare il bene del paese, bensì quello che per abilità o fortuna o condizioni speciali possa, anche se macchiato, assicurare più voti al partito e più influenza nell’amministrazione a coloro che contribuiscono a nominarlo e a farlo vincere”.
Sembra che Martí sia presente oggi nello scenario elettorale USA, perché l’elezione di Trump come candidato alla presidenza è un ritratto esatto di quanto detto nel 1885 dall’apostolo dell’indipendenza di Cuba.
Scriveva inoltre in quel periodo: “Sicuri del trionfo e dell’impunità, in accordo con le dichiarazioni scritte e parlate dai repubblicani più illustri, non c’è abuso pubblico, violazione, frode, corruzione, rapina e furto, che il partito repubblicano non copra o incoraggi”.
Una simile descrizione fece del partito democratico, nell’aprile del 1884, quando pubblicò a New York quanto segue: “Il partito democratico, dove comanda, insegna corruzioni uguali a quelle che screditano i repubblicani: non ci sono corruzioni, truffe e depredazioni maggiori di quelle che si commettono pubblicamente negli uffici pubblici dei democratici che comandano nella città di New York”.
Martí non si sbagliò nelle sue analisi sugli USA, il loro sistema politico e le ambizioni di appropriarsi dell’America Latina. Per questo esponeva senza timore: “Nel midollo sta il vizio, in cui la vita non ha più in questa terra altro scopo che l’accumulazione della fortuna, in cui il potere di votare risiede in coloro che non hanno la capacità di votare”.
Oggi più che mai dobbiamo studiare il pensiero di Martí per comprendere quel vicino del Nord che ambisce solo ad appropriarsi del nostro paese e per questo intensifica la sua guerra economica, commerciale e finanziaria per seminare disillusione e scoraggiamento nel popolo, a partire dalle limitazioni di ogni tipo, affinché questo incolpi il sistema socialista di essere incapace di soddisfare i propri bisogni, mentre persiste nel tagliare tutte le entrate di denaro fresco.
La persecuzione è implacabile su investitori, agenzie di viaggi, compagnie aeree, banche internazionali, compagnie commerciali, navi che trasportano petrolio e alimenti, così come l’incremento delle campagne per ritrarre una realtà distorta su Cuba, attraverso i laboratori specializzati per la guerra cibernetica del Dipartimento di Stato e della CIA con il loro Gruppo di Azione Politica del Centro di attività speciali, che cercano di accusare l’Isola di traffico di persone, impedire la libertà religiosa e sponsorizzare il terrorismo internazionale.
Per questo, Martí con totale trasparenza avvertiva nel 1894: “Dire USA non vuol dire perfezione somma […] Senza superbia si può affermare che né attività, né spirito d’invenzione, né arti di commercio, né campi per la mente, né idee originali, né amore per la libertà, né capacità di comprenderla, abbiamo da imparare dagli USA, né propagare che questa sia impareggiabile meraviglia”.
E quello stesso anno aggiungeva: “Voglio che il popolo della mia terra non sia come questo, una massa di ignoranti e appassionata, che va dove vogliono portarla, con rumori che essa non comprende, coloro che suonano sulle sue passioni come un pianista suona sulla tastiera…”
Noi cubani non possiamo permetterci il lusso di dimenticare la nostra storia, specialmente le esperienze di José Martí perché, come scrisse nel 1895, al suo amico messicano Manuel Mercado: “Da questa terra non aspetto nulla, né per voi né per noi, se non mali”. “Ho vissuto nel mostro e conosco le sue viscere”.
Las elecciones en Estados Unidos reflejo de una sociedad corrupta
Por Arthur González
Nadie con sentido común y ética puede aceptar que se apruebe como candidato presidencial de una nación, a una persona convertida en delincuente y sancionada por graves delitos, pero la cosa cambia cuando hay millones de dólares de por medio.
Los delitos cometidos por Donald Trump, ahora aprobado como el candidato presidencial por el partido republicano, demuestran cuan corrompida está esa sociedad y la escasa memoria que tienen muchos de sus ciudadanos, al olvidar rápidamente los más de 30 delitos, debido a la efectiva labor de propaganda que respalda su candidatura y la ausencia de un contrincante con prestigio y liderazgo que pudiera enfrentarse al magnate inmobiliario.
Si un ciudadano común hubiese cometido una cuarta parte de los delitos por los que Trump está enjuiciado, hoy estuviera en prisión, pero cuando hay dinero, el tratamiento es bien diferente y lo peor es el precedente legal que ha dejado en la historia jurídica de un país que carece de un Código Penal y las decisiones de las cortes se basan en hechos juzgados anteriormente. A partir de ahora los presidentes disfrutarán de total impunidad después de dejar el cargo, convirtiéndolos en dioses intocables.
Si alguien logró comprender el mecanismo electoral yanqui, fue José Martí, quien en el siglo XIX pudo constatar la realidad de ese sistema, sin que en el siglo XXI haya cambiado la situación para bien, todo lo contrario.
Con claridad meridiana Martí escribió: “Es recia y nauseabunda una campaña presidencial en los Estados Unidos. Desde mayo, antes de que cada partido elija sus candidatos, la contienda empieza. Los políticos de oficio, puestos a echar los sucesos por donde más les aprovechen, no buscan para candidato a la presidencia, aquel hombre ilustre cuya virtud sea de premiar, o de cuyos talentos pueda haber bien el país, sino el que por su maña o fortuna o condiciones especiales pueda, aunque esté maculado, asegurar más votos al partido y más influjo en la administración a los que contribuyen a nombrarlo y sacarle victorioso”.
Tal parece que Martí está presente hoy en el escenario electoral de los Estados Unidos, porque la elección de Trump como el candidato a la presidencia, es un retrato exacto de lo dicho en 1885 por el apóstol de la independencia de Cuba.
También escribía en aquella época: “Seguros del triunfo y de la impunidad, de acuerdo con las declaraciones escritas y habladas por los republicanos más notables, no hay abuso público, violación, fraude, cohecho, rapiña y robo, que el partido republicano no cobije o aliente”.
Similar semblanza hizo sobre el partido demócrata en abril de 1884, cuando publicó en New York lo siguiente: “El partido demócrata, donde manda, enseña corrupciones iguales a las que desacreditan a los republicanos: no hay cohechos, estafas y depredaciones mayores que los que a vista pública se cometen en las oficinas públicas de los demócratas que mandan en la ciudad de New York”.
No se equivocó Martí en sus análisis sobre Estados Unidos, su sistema político y las ambiciones de apropiarse de Latinoamérica. Por eso expuso sin temor: “En la médula está el vicio, en que la vida no va teniendo en esta tierra más objeto que el amontonamiento de la fortuna, en que el poder de votar reside en los que no tienen la capacidad de votar”.
Hoy más que nunca tenemos que estudiar el pensamiento de Martí, para comprender a ese vecino del Norte que solo ambiciona apoderarse de nuestro país y por eso arrecia su guerra económica, comercial y financiera para sembrar el desencanto y el desaliento en el pueblo, a partir de las limitaciones de todo tipo, para que este culpe al sistema socialista de ser incapaz de satisfacer sus necesidades, a la vez que persiste en cortar todas las entradas de dinero fresco.
La persecución es implacable sobre los inversionistas, las agencias de viajes, líneas aéreas, bancos internacionales, compañías comerciales, barcos que transportan petróleo y alimentos, así como el incremento de las campañas para retratar una realidad distorsionada sobre Cuba, a través de los laboratorios especializados para la guerra cibernética del Departamento de Estado y la CIA con su Grupo de Acción Política del Centro de actividades especiales, que intentan acusar a la Isla de tráfico de personas, impedir la libertad religiosa y patrocinar el terrorismo internacional.
Por eso, Martí con total transparencia alertaba en 1894: “Decir Estados Unidos no quiere decir perfección suma […] Sin soberbia se puede afirmar que ni actividad, ni espíritu de invención, ni artes de comercio, ni campos para la mente, ni ideas originales, ni amor a la libertad siquiera, ni capacidad para entenderla, tenemos que aprender de los Estados Unidos, ni propalar que esta es la imponderable maravilla”.
Y ese mismo año añadía: “Quiero que el pueblo de mi tierra no sea como éste, una masa de ignorantes y apasionada, que va donde quieren llevarla, con ruidos que ella no entiende, los que tocan sobre sus pasiones como un pianista toca sobre el teclado…”
Los cubanos no podemos darnos el lujo de olvidar nuestra historia, especialmente las vivencias de José Martí, porque como le escribió en 1895 a su amigo mexicano Manuel Mercado:“De esta tierra no espero nada, ni para Uds. ni para nosotros, más que males”. “Viví en el monstruo y conozco sus entrañas”.