Discorso Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez

Discorso pronunciato da Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente della Repubblica, in occasione della chiusura del Terzo Periodo Ordinario di Sessioni dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare nella sua X Legislatura, presso il Palazzo della Convenzione, il 19 luglio 2024, “Anno 66 della Rivoluzione”.

 

Caro generale Raúl Castro Ruz, leader della Rivoluzione cubana;

Caro compagno Esteban Lazo Hernández, Presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare e del Consiglio di Stato;

Cari deputati;

Ospiti invitati;

Compatrioti:

In questi giorni abbiamo discusso e concordato diverse questioni, tutte molto delicate per la nazione cubana. Insisto sul fatto che ora spetta a noi cambiare ciò che deve essere cambiato e andare avanti nel cammino che abbiamo intrapreso 65 anni fa per emanciparci da soli e con i nostri sforzi, secondo il concetto di Rivoluzione lasciatoci in eredità dal Comandante in Capo Fidel Castro Ruz.

L’Assemblea Nazionale, somma e sintesi del Paese che siamo, vota all’unanimità quasi tutti i suoi accordi. Questo suscita molte critiche da parte di chi non sa che dietro questa unanimità si nascondono lunghe e intense giornate di lavoro, di dibattito e di ricerca del consenso nell’interesse collettivo. E credo che valga la pena di dirlo.

Cuba non è gestita da una sola persona, nemmeno da un piccolo gruppo di persone. Questa è la rara dittatura che i nemici della Rivoluzione non riusciranno mai a capire: la dittatura dei lavoratori, la dittatura del popolo rappresentato da noi qui riuniti, per elezione popolare. Ecco perché ciò che discutiamo qui è una guida e ciò che approviamo è legge.

Non accetteremo mai come valida la mascherata di democrazia che viene esibita nelle vetrine dell’impero, dove i candidati vengono valutati in base alla quantità di denaro che riescono a raccogliere e, invece di proporre reali cambiamenti ai grandi problemi del loro Paese, ognuno cerca di sconfiggere l’avversario con squalifiche e insulti.

Né accettiamo come modello l’onnipotente Congresso degli Stati Uniti, dove legislatori onesti, interessati a servire le loro comunità, sono costretti a legiferare accanto a veri e propri delinquenti, servi delle lobby delle armi e di altri affari nefasti, come quelli che da decenni sostengono le politiche contro Cuba come se si trattasse di una questione di politica interna.

Se c’è una cosa che ci onora come nazione, è l’integrazione di questa Assemblea, il carattere genuinamente cubano di ogni legislatura, dove non si pagano compensi extra. L’unica ricompensa è la possibilità reale e concreta di essere più utili alla società e il riconoscimento del popolo che serviamo.

L’intensa attività legislativa di queste sessioni conferma quanto sto dicendo. Sono state approvate sei leggi su temi importanti per la società e che sviluppano precetti costituzionali, tre delle quali per la prima volta nel nostro ordinamento. Ci riferiamo alle leggi sulla cittadinanza, sulla procedura amministrativa e sulla trasparenza e l’accesso all’informazione pubblica.

I ricchi dibattiti e i contributi dei deputati nell’analisi di ciascuna proposta di legge le hanno rafforzate e costrette ad apportare importanti modifiche al loro contenuto.

Tra le più dibattute questa volta ci sono le proposte di legge legate allo status delle persone presenti sul territorio cubano, siano esse cittadini cubani o stranieri: la Legge sulla Cittadinanza, la prima a regolare la materia con il riconoscimento della pluricittadinanza e della cittadinanza effettiva; la Legge sulla Migrazione, forse la più discussa, e la Legge sugli Stranieri, che aggiorna le norme in vigore dal 1976.

Queste leggi dimostrano la volontà di ampliare ed estendere le relazioni con tutti i cubani, con tutti coloro che sono impegnati nella loro patria, oltre a ratificare che Cuba è un luogo sicuro e rispettoso per tutti gli stranieri che risiedono nel territorio nazionale.

Ognuna di queste norme risponde a una richiesta o a un interesse pubblico, come la Legge di Procedura Amministrativa, un cambiamento trascendentale per il funzionamento della Pubblica Amministrazione, che deve diventare un freno all’azione burocratica dei funzionari pubblici.

Oppure la nuova legge sulla trasparenza e l’accesso all’informazione pubblica, coerente con i principi fondamentali dello Stato di diritto socialista.

In tutti i casi, gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale, così come l’integrità degli individui, sono preservati.

La Legge sul sistema dei titoli e delle decorazioni onorarie regola e perfeziona questa materia in conformità con il testo costituzionale.

L’intensità e il dinamismo di questo processo dimostrano ancora una volta l’obiettivo di rispettare il programma legislativo approvato dall’Assemblea stessa e di trasformare in realtà ciascuno dei contenuti della Magna Carta.

Compagne e compagni:

Ogni giorno affrontiamo enormi ostacoli ai sogni e ai progetti di giustizia sociale, consapevoli che è nostra responsabilità come Stato socialista “sfidare le potenti forze dominanti all’interno e all’esterno della sfera sociale e nazionale”, secondo un’altra idea fondamentale del concetto di Rivoluzione.

So, perché ascoltiamo costantemente l’opinione pubblica, che sono in molti, e da prospettive molto diverse, a descrivere il momento attuale come il più difficile nella storia della Rivoluzione. Non manca nemmeno chi si spinge a suggerire che il periodo rivoluzionario è finito.

I tempi sono molto difficili, senza dubbio. Lo dice il popolo e lo confermano quelli di noi che lavorano per alleviare l’impatto di queste difficoltà sulla vita quotidiana di tutti. Ma la Rivoluzione è viva e i suoi nemici lo sanno. Per questo la tormentano e la attaccano.

La Rivoluzione è stata messa a dura prova per rivoluzionarsi e lo sta facendo. Lo stiamo facendo insieme, come una squadra, perché nessun’altra formula è possibile (Applausi).

Il momento è sempre stato difficile per i rivoluzionari, ma difficile non significa insormontabile. Questo è scritto nella storia degli ultimi 65 anni, da quando, appena salita al potere, la Rivoluzione è stata costantemente minacciata di invasione, l’isola è stata insidiata da banditi che oggi verrebbero giustamente chiamati terroristi; la sua economia è stata costantemente sabotata e sottoalimentata; la sua naturale relazione con l’America Latina è stata spezzata sotto la pressione degli yankee che ci dichiaravano loro nemici, sotto una valanga di menzogne esaltate dalla feroce propaganda anticomunista della Guerra Fredda.

Cosa sono stati la Baia dei Porci, la Crisi di Ottobre, le pestilenze, gli attentati, le bombe, i sabotaggi, in mezzo a situazioni drammatiche come il ciclone Flora e tutta la povertà ereditata dal sistema precedente?

Il momento è difficile, molto difficile, ma la storia che lo precede è sobria, così ispiratrice, così eroica, che da sola risponde a tutte le domande con la frase sempre sfidante con cui il Generale dell’Esercito ci ha insegnato ad affrontare le difficoltà: Sì, possiamo!!

Fidel non è più fisicamente qui, è dolorosamente vero, ma le sue idee e la sua eredità rimangono. Ed ecco Raúl e parte della Generazione Storica, con il piede nella staffa, che educano e stimolano quelli di noi che oggi svolgono l’onorevole compito di dare continuità alla Rivoluzione, per ricordarci che nel mezzo delle più grandi sfide, Cuba è riuscita a raggiungere alcuni dei migliori indicatori di sviluppo umano.

Sono qui per dimostrare ciò che la storia stessa ha già stabilito: che la nazione ha una forza fondamentale per superare tutte le difficoltà, Raúl la chiamava la pupilla dei nostri occhi: l’unità!

In uno scenario pieno di ostacoli, come quello che stiamo attraversando, l’unità è l’arma principale per resistere e vincere.

Non è l’unità degli slogan o dell’unanimità. L’accordo acritico sulle questioni più urgenti non aiuta.

È un’unità basata su una partecipazione ottimistica. È un impegno che agisce secondo uno scopo e un ideale: salvare la patria, mantenere e sviluppare la Rivoluzione e il socialismo, unica garanzia di conservazione e approfondimento della giustizia sociale che questo popolo ha conquistato in più di 150 anni di lotta e a cui non rinuncerà mai.

Tutti coloro che sono determinati a contribuire a questa missione sono indispensabili alla Rivoluzione.

Il dibattito è legittimo e il confronto di idee che provocheremo sempre è sano e utile. Nessuno può dubitare che le migliori decisioni e i migliori contributi verranno da loro, dettati dalla volontà di superare gli errori, di superare le difficoltà e di andare avanti.

Altra cosa è la squalifica di ogni passo nella ricerca di soluzioni, la predisposizione istantanea e sconsiderata che porta solo alla smobilitazione e allo scoraggiamento.

Compagni:

Cuba vive, lavora, resiste e crea sotto le bombe silenziose di una guerra il cui obiettivo principale è l’attività economica. L’obiettivo è affamare e affamare il popolo, sotto il peso della politica criminale che è stata delineata a grandi linee nel famoso Memorandum Mallory del 1960 e che in questi sei decenni non ha fatto altro che aumentare la sua aggressività.

È responsabilità dello Stato e del governo affrontare questa gravissima eventualità nel modo più creativo possibile. E la leadership del Paese non si sta adagiando sugli allori per superare questo scenario di guerra economica che incide così pesantemente sulla qualità della vita dei cittadini.

So che alcuni mettono in discussione l’uso del concetto di economia di guerra, sulla base di definizioni accademiche e di esperienze storiche precedenti.

Non ho intenzione di utilizzarlo o di discuterne la teoria. Mi limiterò a chiedere, sulla base di elementi pratici, tratti dalla dura realtà in cui viviamo: un’economia costretta a operare con un accesso limitato o nullo alle istituzioni finanziarie internazionali, in un mondo sempre più economicamente interdipendente e interconnesso, può essere definita un’economia senza aggettivi? Quale definizione usare quando per importare cibo dagli Stati Uniti, il mercato più vicino, è obbligatorio avere licenze specifiche, pagare in contanti, senza possibilità di credito e in anticipo, cosa che non è richiesta a nessun altro Paese al mondo? Come definire il meccanismo rischioso e labirintico dell’importazione di carburante sotto la persecuzione e la pressione sulle compagnie di navigazione, sulle compagnie petrolifere e sui governi disposti a venderlo?

Negare a Cuba l’accesso a prodotti con un minimo del 10% di componenti di origine statunitense; costringerci a gestire investimenti e piani nella massima segretezza, con il rischio latente e reale che falliscano se vengono conosciuti dagli Stati Uniti; sottoporre le principali aziende del Paese alle punizioni previste per le nazioni incluse nelle loro liste spurie che chiudono ovunque banche e possibilità di finanziamento, non sono forse innegabili forme di guerra economica?

Cercare antecedenti storici sarà più difficile che rispondere a queste domande, perché non esiste nessun altro governo sottoposto a una guerra della stessa natura, così prolungata e sostenuta da leggi di un altro Paese che gravitano su tutta l’economia, come le leggi Torricelli e Helms-Burton, redatte con lo scopo dichiarato di cambiare il regime politico di Cuba.

La gestione dell’economia, in condizioni in cui non opera nessun’altra nazione al mondo, come si chiama allora?

Compagne e compagni:

La situazione molto complessa del Paese oggi è visibile praticamente in tutti i settori dell’economia, ma ce ne sono alcuni in cui l’impatto delle carenze è più doloroso e significativo, come l’impossibilità pratica di garantire la fornitura tempestiva dei prodotti scarsi del paniere alimentare di base e dei farmaci; l’instabilità del sistema elettroenergetico nazionale e la mancanza di controllo dei prezzi, eccessivamente alti, speculativi, abusivi, che limitano il potere d’acquisto di una parte considerevole della popolazione. Allo stesso tempo, e come conseguenza delle continue carenze e limitazioni, sono in aumento le manifestazioni di indisciplina, violenza sociale, dipendenze e vandalismo, che minacciano la tranquillità dei cittadini, oltre ad altri problemi.

Questa situazione richiede l’immediata attuazione di azioni concrete, ben garantite e adeguatamente controllate, che devono essere supportate da un’adeguata strategia di comunicazione politica e istituzionale.

Il Primo Ministro, compagno Marrero, ha presentato a questa Assemblea lo stato di attuazione delle Proiezioni del Governo per correggere le distorsioni e rilanciare l’economia durante il primo semestre e allo stesso tempo ha espresso in quali direzioni concentreremo i nostri sforzi nel resto dell’anno, il che costituisce un invito al lavoro che dobbiamo sostenere fornendo risultati concreti.

È ora di andare oltre le diagnosi e passare alle azioni. Dobbiamo garantire che ciò che è stato approvato venga realizzato, definendo bene gli obiettivi, preparando meglio gli esecutori di ogni misura, promuovendo la garanzia politica, comunicativa, materiale e finanziaria, organizzando le azioni con un calendario di attuazione affinché non rimangano solo parole. E, soprattutto, esercitare un controllo sulle correzioni e sugli aggiustamenti con il necessario feedback.

Per quanto riguarda le nostre responsabilità nella sfera incerta e complessa dell’economia, dobbiamo riconoscere che, nella nostra ansia di rispettare le linee guida di politica economica e sociale dell’Ottavo Congresso del Partito, sbloccando i processi e promuovendo la formazione delle PMI, non siamo stati abbastanza fermi nel richiedere la creazione di basi normative sufficientemente solide e complete per guidare il funzionamento di queste forme di gestione, che già operavano nell’economia, ma senza un riconoscimento formale.

I controlli successivi hanno dimostrato che molte di queste imprese non hanno risposto alla fiducia dello Stato con l’onestà e la trasparenza richieste e necessarie a una società minimamente organizzata. Di conseguenza, nessun violatore dell’erario e della legalità in generale può mettere in discussione le richieste derivanti dall’analisi degli errori e delle distorsioni del processo.

Come si è detto in questi giorni, la legge e l’ordine dovranno prevalere se si vuole che tutte le forme di gestione dell’economia abbiano successo e si rafforzino. Con questo voglio ribadire che non c’è e non ci sarà una caccia alle streghe contro le PMI private, come alcuni sostengono, manipolano o suggeriscono.

La lotta sarà contro la mancanza di controllo, le illegalità, l’evasione fiscale, le speculazioni e le frodi, da qualsiasi parte provengano (Applausi), sia che si tratti di aziende non statali o statali. Questa è una battaglia contro l’illegalità e non contro le forme di proprietà e di gestione.

La creazione di forme non statali di gestione dell’economia risponde a una politica approvata al Sesto Congresso del Partito, dopo un ampio processo di consultazione popolare nella discussione delle Linee guida, e ciò che dobbiamo fare è applicarla con ordine e disciplina, entro i margini della legge.

Le PMI sono state concepite come attori economici complementari al settore statale, soprattutto in termini di produzione. Tuttavia, c’è stata una grande distorsione in questo ambito: gran parte di esse si sono dedicate alla commercializzazione di prodotti importati che, pur risolvendo le esigenze immediate dei cittadini, non contribuiscono allo sviluppo sostenibile del Paese.

E continua ad essere una sfida per l’impresa statale socialista, insieme al settore non statale, avanzare ad un ritmo accelerato, in modo integrato e armonioso, nello sviluppo dei principali processi produttivi del Paese.

Siamo convinti, e lo stiamo promuovendo, che uno dei modi più sicuri e veloci per influenzare il benessere del popolo sia quello di ottimizzare i processi economici, produttivi e sociali dalla base. Ma dobbiamo cominciare a mettere ordine, non solo nella gestione delle forme non statali, perché quando parlo di ordine non mi riferisco solo al controllo, ma anche all’organizzazione efficiente dei processi, alla necessità di innovare, di rompere l’inerzia, di andare nella direzione dello sviluppo di cui c’è urgente bisogno.

Le PMI cubane non sono state concepite solo per il settore non statale dell’economia; tuttavia, la dinamica della loro formazione nel settore statale è stata praticamente nulla, nonostante alcune esperienze positive.

Posso citare il caso delle biofabbriche che erano intrappolate dalle inefficienze delle aziende di cui facevano parte e che, una volta trasformate, hanno migliorato sostanzialmente la produzione e gli indicatori economico-finanziari. Lo stesso vale per le imprese del settore delle comunicazioni. Le PMI sono state concepite per le aziende ad alta tecnologia, per trarre vantaggio dalla loro adattabilità.

Richiamo l’attenzione su un’altra delle tendenze negative che dobbiamo affrontare nella società e a cui ho fatto riferimento di recente all’ottava sessione plenaria del Comitato centrale del Partito.

Il governo degli Stati Uniti e i settori estremisti della controrivoluzione, nella loro offensiva mediatica, stimolano atti criminali e vandalici, nel tentativo di creare uno scenario di insicurezza a favore dei loro obiettivi destabilizzanti.

L’azione permanente del Ministero dell’Interno e degli organi giudiziari a stretto contatto con la popolazione ha permesso, negli ultimi anni, di scoprire, prevenire e affrontare tipologie e tendenze criminali molteplici e complicate, e questo è stato possibile con un maggior rigore nel trattamento legale, penale e penitenziario, soprattutto nei casi di coloro che sono accusati, imputati o puniti per reati di elevato danno sociale.

Nonostante questi sforzi, la situazione della criminalità, della corruzione, dell’illegalità e dell’indisciplina sociale rimane complessa, segnata dall’avverso scenario socio-economico.

Il generale dell’Esercito Raúl Castro Ruz una volta avvertì che la battaglia contro il crimine e la corruzione non poteva più essere contemplata e ci esortò a essere implacabili contro questo fenomeno. Questo appello è ancora valido. E per promuoverlo occorre esaltare gli atteggiamenti migliori, più onesti e più dignitosi dei cittadini.

Dobbiamo rafforzare il lavoro educativo nella famiglia, nella scuola, nelle istituzioni e nella società.

Dobbiamo migliorare i nostri meccanismi di controllo popolare, per gestire l’adempimento delle funzioni e delle responsabilità dei leader e dei funzionari pubblici, davanti al popolo, con trasparenza e integrità.

Dobbiamo essere più rigorosi nell’individuare gli atti criminali e nel perseguire i reati, sempre nel rispetto del giusto processo e delle garanzie.

Abbiamo sentito un giovane agricoltore di Nueva Paz lamentarsi del fatto che la sua cooperativa è costretta a impiegare gran parte della sua forza lavoro in turni di guardia, mattina, mezzogiorno e sera, invece di dedicarla alla produzione.

Non ci siamo chiesti quale sia la proposta per affrontare il problema in modo diverso. Oggi dobbiamo proporre idee e soluzioni che coinvolgano l’intera società nella lotta alla criminalità. Se c’è un Paese che ha esperienza in questo senso è Cuba.

Tolleranza zero per chi approfitta delle difficoltà economiche per arricchirsi senza contribuire!

Tolleranza zero per gli indolenti, i mascalzoni e i pigri!

E se le leggi devono essere più severe, spetta a questo Parlamento legiferare per renderle tali. Una piccola nazione che ha affrontato con ammirevole coraggio il più grande e potente impero della storia, non si lascerà sconfiggere dal crimine (Applausi).

Miei connazionali:

I mesi trascorsi mostrano chiaramente una realtà globale convulsa e pericolosa in questo 2024, in cui le minacce alla pace diventano più visibili, propiziate dall’ordine politico ed economico internazionale, con le sue intrinseche contraddizioni e la sua natura ingiusta, che promuove e approfondisce la disuguaglianza, la polarizzazione e una grossolana concentrazione di ricchezza sempre più esclusiva.

Il primato di un’unica potenza che detta la sua volontà al resto del pianeta è già un sogno del passato e cercare di farlo rivivere porta a rischiosi vicoli ciechi. Questo è ciò che accade quando si cerca di mettere il mondo tra due opzioni: sovranità o sottomissione. In base a questa filosofia, chi si subordina al modello stabilito dall’imperialismo viene premiato e incoraggiato, mentre le nazioni che difendono il proprio diritto allo sviluppo in un mondo equilibrato vengono vessate, punite e bloccate.

La diplomazia viene costantemente abusata e sempre meno considerata per la risoluzione tempestiva dei conflitti più gravi. È più che paradossale, è oltraggioso, vedere importanti eventi internazionali e incontri di alto livello di vario genere e in varie parti del mondo che si susseguono, mentre l’atroce crimine di genocidio contro il popolo palestinese avanza sotto gli occhi di tutti.

È un affronto alla dignità umana il fatto che, mentre milioni di persone si mobilitano in tutte le latitudini contro questo nuovo olocausto, la cosiddetta comunità internazionale, che rappresenta quei milioni di cittadini del mondo negli organismi globali, non sia in grado di porre fine al massacro, solo perché i genocidari hanno l’appoggio e la complicità del governo degli Stati Uniti e di altri potenti governi alleati del sionismo.

In questo complesso scenario, che ho descritto molto brevemente, la Rivoluzione cubana ha continuato a espandere i suoi legami bilaterali con Paesi di varie regioni. Abbiamo intensificato i contatti con diversi governi, sia per scambiare e conciliare idee politiche in difesa della pace, sia per stimolare i legami commerciali, eludere gli effetti del blocco economico statunitense ed esplorare opportunità economiche di mutuo beneficio e vantaggio.

Continuiamo a identificarci con le cause giuste e abbiamo offerto il Paese come spazio di dialogo e deliberazione per perseguirle.

In aprile, in collaborazione con Progressive International, si è tenuto all’Avana un congresso internazionale per celebrare il 50° anniversario dell’adozione, nel maggio 1974, alle Nazioni Unite, delle risoluzioni che hanno dato vita al Nuovo ordine economico internazionale. Questo passo, promosso all’epoca dal Movimento dei non allineati e dal Gruppo dei 77, ha segnato uno dei più importanti tentativi dei Paesi in via di sviluppo di continuare la battaglia per la decolonizzazione.

Volevamo che l’anniversario non passasse inosservato, soprattutto alla luce dei problemi che i Paesi in via di sviluppo continuano ad affrontare oggi e per ricordare che, a distanza di 50 anni, la maggior parte della popolazione mondiale porta il pesante fardello creato dalle regole economiche, commerciali e finanziarie stabilite dalle stesse potenze che ci hanno condannato al sottosviluppo, attraverso il colonialismo, la schiavitù e l’incessante saccheggio delle nostre risorse.

Mi soffermo qui per condividere con voi idee che considero preziose. Per farlo, riprendo alcuni stralci di una recente riflessione sulla colonizzazione culturale e l’educazione del giovane vicepresidente della Casa de las Américas, Jaime Gómez Triana: “La colonizzazione culturale è un fenomeno su cui è indispensabile riflettere in modo permanente e che coinvolge l’umanità nel suo complesso, ma che colpisce in modo particolare i popoli del Sud globale, sottoposti a una valanga incessante di prodotti pseudoculturali, attraverso i quali si cerca di imporre e normalizzare un modello di società incentrato sull’individualismo, sulla banalizzazione, sul culto dell’inezia, sul carpe diem, per dirla con la celebre frase di Orazio, sul “vivere per il momento” e sul “dare il minimo credito al futuro”.”

“… il rapporto tra scuola e decolonizzazione culturale è davvero cruciale e va analizzato in profondità, in modo sistematico, al fine di generare nelle nostre comunità gli antidoti necessari per contrastare il veleno individualista, che oggi vediamo associato a espressioni retrograde, intolleranti, totalitarie e, diciamolo senza pudore, neofasciste”.

Perché scelgo questa riflessione, apparentemente così lontana dalla dura realtà economica che stiamo affrontando in questo momento? Perché il giorno in cui dimenticheremo che la coscienza dei cittadini è il sostegno fondamentale di una società socialista, che cerca soprattutto la ricchezza spirituale degli individui, tradiremo Martí, Fidel, Raúl, il Che e tutti coloro che hanno rinunciato a ogni centesimo dei loro risparmi e sono andati a sconfiggere o a morire contro i muri della dittatura militare di Fulgencio Batista, 71 anni fa, per costruire un destino umanamente superiore per Cuba (Applausi).

Questo impegno spiega perché il nostro magro bilancio è così pesantemente speso per l’istruzione, la cultura, le scuole d’arte e gli eventi culturali che aiutano a sostenere e nutrire l’anima della nazione, con sforzi che nei Paesi poveri o in via di sviluppo dipendono quasi interamente dal mecenatismo.

Nell’ambito di questi sforzi, stiamo organizzando una nuova edizione del Coloquio Patria all’Avana, uno spazio di dialogo e riflessione tra attivisti, comunicatori, intellettuali e, in generale, persone preoccupate per la pericolosa avanzata della colonizzazione culturale, il potere dei monopoli della comunicazione e dell’informazione e il riemergere di correnti fasciste e neofasciste che si stanno diffondendo con forza e sotto gli occhi di tutti.

Questo non toglie nulla al nostro attivismo in organizzazioni ed eventi internazionali, con un’attenzione particolare alla regione, ma con una presenza sempre più attiva in scenari più inediti per Cuba, come i BRICS e l’Unione Economica Eurasiatica.

Continuiamo a onorare i nostri impegni di solidarietà internazionale e, in particolare, abbiamo mantenuto la cooperazione medica internazionale in varie regioni, che ci ha fatto guadagnare tanti riconoscimenti.

Il feroce e mendace piano di screditare i servizi medici di Cuba da parte degli Stati Uniti è pubblico, noto e contrario alla natura solidale e cooperativa di questi servizi, minacciando persino i governi sovrani che ne ricevono i benefici. Le menzogne e le campagne per promuoverle sono metodi consustanziali all’imperialismo. L’esempio più scandaloso è il mantenimento di Cuba in una lista del Dipartimento di Stato di Paesi che presumibilmente sponsorizzano il terrorismo, dove non avremmo mai dovuto essere. Siamo effettivamente vittime del terrorismo, ma coloro che ne sponsorizzano gli autori e li premiano impunemente non osano stilare una lista del genere.

Il governo degli Stati Uniti sa, le sue agenzie di intelligence possono confermarlo e il mondo intero lo riconosce, che Cuba non sponsorizza il terrorismo, che questa calunnia è una totale invenzione disonesta, concepita per rafforzare il blocco economico e per colpire ancora più duramente il tenore di vita del popolo cubano.

Ecco perché suscita tanto rifiuto. Per questo decine di governi, soprattutto in America Latina e nei Caraibi, chiedono agli Stati Uniti di porre fine alle calunnie e alle ingiustizie. Anche decine di organizzazioni all’interno degli stessi Stati Uniti, tra cui autorità locali, gruppi religiosi, accademici e sociali e individui di diverse origini del Paese, chiedono agli Stati Uniti di porre fine alle calunnie e alle ingiustizie.

Membri del Congresso:

Nella regione dell’America Latina e dei Caraibi, la polarizzazione politica e la divisione delle società sono aumentate, mentre la solidarietà dovrebbe moltiplicarsi di fronte alla crescente disuguaglianza.

L’ultradestra sta sfruttando e stimolando la polarizzazione causata dall’applicazione dei modelli economici neoliberali e dal loro clamoroso fallimento sociale. Attraverso la manipolazione e l’inganno, riesce a salire a posizioni di governo e ad attuare politiche volte a distruggere i progressi sociali ottenuti durante decenni di lotta popolare.

Cuba ha denunciato i tentativi permanenti di generare violenza in Venezuela e gli atti di interferenza nei suoi affari interni, che tuttavia non sono riusciti a sconfiggere la Rivoluzione Bolivariana. A dimostrazione di questa forza, prevediamo una vittoria di Nicolás Maduro alle prossime elezioni presidenziali (Applausi).

Abbiamo mantenuto la nostra ferma posizione in difesa della pace in Colombia, in qualità di garanti dei processi di pace con l’Esercito di Liberazione Nazionale e il gruppo armato ribelle Segunda Marquetalia, oltre a monitorare il rispetto dell’accordo con le FARC-EP.

Da Cuba continuiamo a promuovere la solidarietà e la cooperazione in America Latina e nei Caraibi. Difendiamo il rigoroso rispetto del principio di non intervento, diretto o indiretto, negli affari interni di qualsiasi altro Stato, ma sosteniamo incondizionatamente i governi progressisti che possono invertire secoli di ingiustizia nella regione.

Compatrioti:

Stiamo percorrendo, centimetro per centimetro, tutta Cuba. Stiamo andando municipio per municipio e posso assicurarvi che siamo stati testimoni di esperienze incoraggianti – alcune delle quali ammirevoli – che dimostrano quanto si possa fare anche nelle circostanze più avverse.

I nostri tour ci hanno fatto capire che a Cuba ci sono donne e uomini capaci di superare la gravitazione disumana del blocco statunitense: abbiamo visto terreni coltivati che un tempo erano invasi dalle erbacce, piccole fabbriche nate da spazi prima inutili; abbiamo parlato con collettivi di lavoro contraddistinti da un profondo senso di appartenenza, di soddisfazione per ciò che nasce da uno sforzo sostenuto, e segnati da una leadership che in questi casi sa proporre con coraggio, che punta alle soluzioni e che ha bandito la parola “sconfitta” dalla filosofia quotidiana.

Oggi, una delle domande più importanti che dobbiamo porci è come possiamo trasformare queste storie di trionfo, queste esperienze eccezionali in una tendenza, in un’atmosfera di conquista che si generalizzerà. How can we multiply the collectives of the Jaramillo, La Caraña, Dolores, Cauto-La Yaya, La Minerva and El Alambre production centres; the 14 de Julio Agro-industrial Sugar Company, which has completed the last harvests; the Santos Caraballé dairy UEB of the Venegas Livestock Company; the Gispert and Iraelda Marzo García UBPCs and their president Beto; the Waldo Díaz Fuentes, Arides Estévez, Enrique Moreno and Emilio Herriman Pérez CCSs; the Rolando Benízuelan agricultural producers, Rolando Benízuelan Benízuelan Benízuelan Benízuelan Benízuelan Beníz, Arides Estévez, Enrique Moreno and Emilio Herriman Pérez; i produttori agricoli Rolando Benítez de Tahón, deputato all’Assemblea; il giovane Yariel Negrín del progetto giovani produttori di Placetas; Javier González di Güira de Melena; la famiglia Carlos della UBPC di canna da zucchero di Tuinicú; i fratelli Velázquez della CCS Cuba Va; i gemelli dell’azienda agricola Santa Rosa; i produttori usufruttuari Alex Raúl Castañeda e Yoandri Rodríguez dell’azienda agricola Cabaiguán; Euclides Veyrut nell’Isola della Gioventù; l’azienda agricola di Raúl Concepción nella CCS Alberto Pis; l’azienda agricola organoponica Las Celias nella UEB Tabaco, che è un esempio di cooperazione tra un’impresa statale socialista e le Forze Armate Rivoluzionarie; le prestazioni di imprese statali come l’Unione delle Industrie Militari; l’Impresa Roselló; le micro e PMI statali Motores TahuCuba e COPEXTEL Soluciones; l’azienda agro-ecologica Los Tamarindos; gli eroici lavoratori delle centrali termoelettriche, per citare solo alcuni esempi di questo impressionante progresso verso la prosperità con le proprie forze, che è ancora l’eccezione, ma un giorno sarà la regola in questo Paese di persone talentuose e intraprendenti che hanno il diritto e la possibilità di realizzare i propri sogni a Cuba.

Naturalmente, affinché questa risposta arrivi, ci sono molti di noi cubani che, dallo spazio che ci corrisponde come cittadini, devono agire con attenzione, con disciplina e con un rigore che renda sostenibile tutto ciò che ci manca sulla strada del benessere, per garantire progetti di vita e prosperità alla meravigliosa gioventù che abbiamo.

Esiste un potenziale, una ricchezza inestimabile nelle nostre forze, nella capacità innovativa dei cubani, quella qualità innata che è emersa dai tempi duri delle Mambises e che da allora ha portato a trionfi di ogni tipo. Abbiamo un’intelligenza naturale che, coltivata e raffinata nel corso dei decenni da una Rivoluzione che difende la conoscenza e il pensiero, può continuare a condurci alle molte soluzioni di cui Cuba ha bisogno.

La filosofia fidelista della fiducia nel popolo, che è fiducia nel genio moltiplicato di tutti noi, non ha perso la sua validità: come abbiamo già detto, nessuno di noi da solo sa o impara più di tutti noi insieme.

Superare gli ostacoli più grandi con l’intelligenza, anche con la saggezza, non è un’esperienza sconosciuta per noi: la storia è fatta di episodi già vissuti; ma se dovessimo citarne uno recente, ricordiamo come gli scienziati cubani hanno salvato un intero popolo dalle devastazioni del COVID-19 (Applausi).

È un’impresa così clamorosa, così rapida e così efficace che, anche se raccontata più volte, non finirà mai di essere esclusa dalla nostra narrazione di eroismi, di forze intrinseche e di speranze. L’orgoglio è tale che oggi siamo così desiderosi di portare questo esempio di ciò che è possibile in tutti i settori della vita del Paese.

Se ci è stato negato l’ossigeno medico – e nessuno dimentichi quel passaggio di crudeltà imperiale, subìto nel mezzo del momento più buio del COVID-19 – se siamo stati attanagliati da un blocco di più di 60 anni, che boicotta la vita da tutte le parti e cerca di chiudere ogni porta d’ingresso alla prosperità, se, nonostante questa crudeltà che, come ha giustamente definito un amico cubano, è un genocidio silenzioso, se nonostante tutto questo siamo vivi e attivi, cosa non potremmo ottenere senza il peso di una delle punizioni più crudeli e lunghe della storia?

Imparare ogni giorno, rinnovarsi attraverso la conoscenza, avere un modo di pensare non solo ricco di idee, ma anche capace di adattarsi al momento storico e alle necessità: questa è una premessa senza la quale sarà molto difficile andare avanti.

È dovere di ciascuno di noi tenere a portata di mano le nostre forze, le nostre risorse materiali e umane e, sulla base di una concezione realistica e aggiornata, tenere sveglio il pensiero per superare le avversità.

Nel mezzo di questa lotta, immersi in un pianeta che mostra segni di disumanizzazione, spetta a noi fare in modo che la sensibilità, a casa nostra, non ci abbandoni.

Il giorno in cui vedremo il volto e non vedremo le urgenze e il dolore degli altri, il giorno in cui dimenticheremo che sarà sempre l’altro a salvarci, quel giorno l’umanesimo di una Rivoluzione nata per dare dignità all’essere umano, una Rivoluzione che è stata fatta mettendo il “noi” al di sopra dell’egoismo naturale dell’io, sarà in pericolo.

Come disse una volta il Comandante in Capo Fidel Castro Ruz: nei momenti difficili c’è chi si confonde, chi si scoraggia, chi si fa vile, chi si rammollisce, chi tradisce, chi diserta. Fidel disse che questo accade in tutti i tempi e in tutte le rivoluzioni; ma disse anche che è nei tempi difficili che gli uomini e le donne sono veramente messi alla prova (Applausi). Con la forza imbattibile delle sue parole, ci ha detto che i tempi difficili sono la migliore misura di ciascuno di noi.

Da questa verità fidelista possiamo sentirci orgogliosi – da molto tempo ormai – dell’immensità e della nobiltà delle nostre donne e dei nostri uomini, dei nostri bambini, adolescenti, giovani, anziani e vecchi, di ogni protagonista di quella che chiamiamo resistenza e di cui non esistono ancora testi o monumenti in grado di raffigurarla fedelmente.

Questi anni, e ogni ora di lotta, hanno aumentato la capacità del popolo cubano di affrontare molteplici attacchi, carenze, provocazioni e sfide.

Il nostro spirito è così allenato che questa resistenza ignora l’immobilismo, resiste senza avanzare: la via cubana è una resistenza intelligente, è creare controcorrente. Parliamo di non conformarci, di continuare a disegnare orizzonti, di continuare a fare, senza ascoltare le voci della disperazione. La via cubana è rifarsi ogni giorno all’arte del possibile e dimostrare che, come ci ha insegnato Fidel, vale la pena vivere e lottare!

La migliore lezione che emerge da queste ore è la grandezza di un popolo che sa, nel profondo del suo amor proprio, quanto valore abbia vivere per conoscere, dalla ribellione, il significato di dignità e dedizione, e cosa significhi vincere.

A poche ore dal 71° anniversario dell’assalto alla seconda fortezza di Cuba, quel piccolo motore di ribellione che accese il grande motore della Rivoluzione di Fidel, Raúl, Ramiro e dell’esemplare Generazione del Centenario dell’Apostolo, ci congratuliamo con il nobile e laborioso popolo di Espiritu e di tutta Cuba (Applausi), per il loro eroismo e la loro resistenza contro l’impero, ma anche per la loro ribellione e il loro anticonformismo di fronte agli errori, alle distorsioni e alle tendenze negative che di volta in volta si ripresentano sul sempre arduo nuovo cammino verso il socialismo.

Questa generazione, impegnata nella continuità della Rivoluzione degli umili, dagli umili e per gli umili, lotterà affinché tutti noi possiamo raggiungere, prima o poi, una prosperità dignitosa e inclusiva, in cui nessun cittadino sia lasciato senza protezione. È per questo che stiamo lavorando!

¡Patria o Muerte!

¡Socialismo o Muerte!

¡Venceremos!

Fonte: CUBADEBATE

Traduzione: italiacuba.it


Discurso pronunciado por Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba y Presidente de la República, en la clausura del Tercer Periodo Ordinario de Sesiones de la Asamblea Nacional del Poder Popular en su X Legislatura, en el Palacio de Convenciones, el 19 de julio de 2024, “Año 66 de la Revolución”

Querido General de Ejército Raúl Castro Ruz, líder de la Revolución Cubana;

Querido compañero Esteban Lazo Hernández, Presidente de la Asamblea Nacional del Poder Popular y del Consejo de Estado;

Queridas diputadas y diputados;

Invitadas e invitados;

Compatriotas:

Durante estos días hemos discutido y acordado sobre diversos temas, todos muy sensibles para la nación cubana.  Insisto en que nos corresponde ahora cambiar lo que deba ser cambiado y avanzar en la ruta emprendida hace ya 65 años para emanciparnos por nosotros mismos y con nuestros propios esfuerzos, según el concepto de Revolución que nos legó el Comandante en Jefe Fidel Castro Ruz.

La Asamblea Nacional, suma y síntesis del país que somos, vota unánimemente casi todos sus acuerdos.  Eso provoca no pocas críticas de quienes desconocen que detrás de esa unanimidad se acumulan largas e intensas jornadas de trabajo, de debate y de búsqueda de consenso en función del interés colectivo.  Y creo que vale la pena decirlo.

A Cuba no la dirige una persona, ni siquiera un pequeño grupo de personas.  Esta es la rara dictadura que jamás podrán entender los enemigos de la Revolución: la dictadura de los trabajadores, la dictadura del pueblo que representamos los aquí reunidos, por elección popular.  Por eso, lo que discutimos aquí es guía y lo que aprobamos es ley.

Nunca aceptaremos como válida la mascarada de democracia que se exhibe en las vitrinas del imperio, donde los candidatos son evaluados por la cantidad de dinero que logran recaudar y, en lugar de proponer cambios reales a los grandes problemas de su país, cada cual trata de vencer a su adversario con descalificaciones e insultos.

Tampoco aceptamos de modelo al todopoderoso Congreso de los Estados Unidos, donde legisladores honestos, interesados en servir a sus comunidades, están obligados a legislar al lado de auténticos bandidos, servidores de lobistas de las armas y de otros negocios infames, como esos que han sostenido durante décadas las políticas contra Cuba como si fuera un asunto de política interna.

Si algo nos honra como nación es la integración de esta Asamblea, el carácter genuinamente cubano de cada legislatura, donde no se pagan honorarios extras.  El único premio a cambio es la posibilidad real y práctica de ser más útiles a la sociedad y el reconocimiento del pueblo al que servimos.

La intensa actividad legislativa de estas sesiones confirma lo que digo.  Se han aprobado seis leyes sobre temas de trascendencia para la sociedad y que desarrollan preceptos constitucionales, tres de ellas presentes por primera vez en nuestro ordenamiento jurídico.  Nos referimos a las leyes de Ciudadanía, de Procedimiento Administrativo y la de la Transparencia y el Acceso a la Información Pública.

Los ricos debates y aportaciones de los diputados en los análisis de cada proyecto de ley las han robustecido y obligado a realizar importantes cambios de contenido.

Entre los más debatidos esta vez están los proyectos vinculados al estatus de las personas en territorio cubano, sean ciudadanos cubanos o extranjeros: la Ley de Ciudadanía, primera que regula esta materia con reconocimiento a la multiciudadanía y la ciudadanía efectiva; la Ley de Migración, tal vez la más discutida, y la Ley de Extranjería, que actualiza las normas que estaban vigentes desde 1976.

Estas leyes muestran la voluntad de ensanchar y ampliar las relaciones con todos los cubanos, con todos los comprometidos con su patria, así como ratifica que Cuba es un sitio seguro y de respeto para todos los extranjeros que residan en el territorio nacional.

Cada una de esas normas responde a una demanda o un interés de bien público, como la Ley de Procedimiento Administrativo, cambio trascendental para el funcionamiento de la Administración Pública, que debe convertirse en un freno a las actuaciones burocráticas de los funcionarios.

O la novedosa Ley de la Transparencia y el Acceso a la Información Pública, coherente con los principios fundamentales del Estado socialista de derecho.

En todos los casos se preservan los intereses de la defensa y seguridad nacional, así como la integridad de las personas.

La Ley del Sistema de Títulos Honoríficos y Condecoraciones ordena y perfecciona esta materia en correspondencia con el texto constitucional.

La intensidad y dinamismo de este proceso demuestra una vez más el propósito de cumplir con el Cronograma Legislativo aprobado por la propia Asamblea y con ello hacer realidad cada uno de los contenidos de la Carta Magna.

Compañeras y compañeros:

Todos los días enfrentamos enormes obstáculos a los sueños y proyectos de justicia social, conscientes de que es nuestra responsabilidad como Estado socialista “desafiar poderosas fuerzas dominantes dentro y fuera del ámbito social y nacional”, según otra idea fundamental del concepto de Revolución.

Sé, porque pulsamos constantemente la opinión popular, que son muchos y desde muy diferentes perspectivas, los que califican el momento actual como el más difícil de la historia de la Revolución.  No faltan, incluso, los que llegan a sugerir que el periodo revolucionario terminó.

El momento es muy difícil, sin duda.  Lo dice el pueblo y lo ratificamos quienes trabajamos por aliviar el impacto de esas dificultades en la cotidianidad de todos.  Pero la Revolución vive y sus enemigos lo saben.  Por eso la acosan y la atacan.

La Revolución está siendo duramente desafiada a revolucionarse y lo está haciendo.  Lo estamos haciendo juntos, en equipo, porque no es posible otra fórmula (Aplausos).

El momento ha sido siempre difícil para los revolucionarios, pero difícil no significa insuperable.  Eso está escrito en la historia de los últimos 65 años, desde que, recién llegada al poder, la Revolución se vio permanentemente amenazada de invasión, minada la isla de bandidos que hoy serían llamados, con justicia, terroristas; desabastecida y saboteada constantemente su economía; rota su natural relación con Latinoamérica por presiones de los yanquis que nos declararon sus enemigos, bajo una avalancha de mentiras exaltadas por la feroz propaganda anticomunista de la Guerra Fría.

¿Qué fueron Girón, la Crisis de Octubre, las plagas, los atentados, las bombas, los sabotajes, en medio de situaciones tan dramáticas como el ciclón Flora y toda la pobreza heredada del sistema anterior?

El momento es difícil, muy difícil, pero la historia que le antecede es aleccionadora, tan inspiradora, tan heroica, que ella sola responde a todas las interrogantes con la siempre desafiante frase con que el General de Ejército nos enseñó a enfrentar la dificultad: ¡Sí se puede! (Aplausos.)

Ya no está físicamente Fidel, es dolorosamente cierto, pero están sus ideas y su legado.  Y están Raúl y una parte de la Generación Histórica, con el pie en el estribo, educando y estimulando a los que hoy cumplimos la honrosa tarea de darle continuidad a la Revolución, para recordarnos que en medio de los más grandes desafíos, Cuba llegó a alcanzar algunos de los mejores indicadores de desarrollo humano.

Están aquí para demostrar lo que la propia historia dejó sentado: que la nación cuenta con una fuerza fundamental para sobreponerse a todas las dificultades, Raúl la llamó la niña de nuestros ojos: ¡la unidad! (Aplausos.)

En un escenario colmado de obstáculos, como por el que estamos transitando, la unidad es el arma principal para resistir y vencer.

No es la unidad en la consigna o en la unanimidad. No ayudan las coincidencias acríticas sobre los temas más acuciantes.

Es la unidad desde la participación optimista.  Es el compromiso actuando en función de un propósito y de un ideal: salvar la patria, mantener y desarrollar la Revolución y el socialismo, única garantía de preservación y profundización de la justicia social que conquistó este pueblo en más de 150 años de lucha y a la que no renunciará jamás.

Todos los que estén decididos a contribuir con esa misión, cuentan como indispensables para la Revolución.

Es legítimo el debate y es sana y útil la confrontación de ideas que siempre estaremos provocando.  Nadie dude que de ellos nacerán las mejores decisiones, los mejores aportes, dictados por el afán de superar errores, vencer dificultades y avanzar.

Otra cosa es la descalificación de cada paso en la búsqueda de soluciones, la predisposición instantánea e irreflexiva que solo provoca desmovilización y desaliento.

Compañeras y compañeros:

Cuba vive, trabaja, resiste y crea bajo las bombas silenciosas de una guerra que tiene como objetivo principal la actividad económica.  El objetivo es rendir por hambre y necesidades al pueblo, bajo el peso de la política criminal que fue delineada a grandes rasgos en el famoso Memorando de Mallory en 1960 y que en estas seis décadas solo ha escalado en agresividad.

Es responsabilidad del Estado y del Gobierno afrontar esa gravísima contingencia del modo más creativo.  Y la dirección del país no descansa en función de sortear ese escenario de guerra económica que tan duramente impacta sobre la calidad de vida del pueblo.

Sé que algunos cuestionan el uso del concepto de economía de guerra, partiendo de definiciones académicas y experiencias históricas previas.

No voy a usarlo ni a discutir la teoría.  Solo voy a preguntar, partiendo de elementos prácticos, tomados de la dura realidad que vivimos. ¿Puede llamarse economía sin adjetivos la que está obligada a operar con limitado o nulo acceso a las instituciones financieras internacionales, en un mundo cada vez más económicamente interdependiente e interconectado? ¿Qué definición usar cuando para importar alimentos desde Estados Unidos, el mercado más cercano, es obligatorio contar con licencias específicas, pagar al contado, sin posibilidad de créditos y por adelantado, lo que no se le exige a ningún otro país del mundo? ¿Cómo definir el riesgoso y laberíntico mecanismo de importación de combustibles bajo persecución y presiones a navieras, petroleras y gobiernos dispuestos a venderlo?

Negar el acceso de Cuba a productos con un mínimo del 10 % de componentes de origen norteamericano; obligarnos a gestionar inversiones y planes en el más absoluto sigilo, con el riesgo latente y real de que fracasen en caso de ser conocidas por Estados Unidos; someter a las principales empresas del país al castigo diseñado contra las naciones incluidas en sus listas espurias que cierran bancos y posibilidades de financiamiento por todas partes, ¿no son formas innegables de guerra económica?

Buscar antecedentes históricos será más difícil que contestar estas preguntas, porque no existe otro gobierno sometido a una guerra de igual naturaleza, tan prolongada y apuntalada por leyes de otro país que gravitan sobre toda la economía, como la Torricelli y la Helms-Burton, elaboradas con el declarado propósito de cambiar el régimen político de Cuba.

Gestionar la economía, bajo condiciones en las que no opera ninguna otra nación del mundo, ¿cómo se llama entonces?

Compañeras y compañeros:

La muy compleja situación del país se verifica hoy en prácticamente todos los ámbitos de la economía, pero hay algunos donde el impacto de las carencias resulta más doloroso y significativo, como la imposibilidad práctica de asegurar oportunamente el suministro de los escasos productos de la canasta básica y los medicamentos; la inestabilidad del sistema electroenergético nacional y el descontrol de los precios, excesivamente elevados, especulativos, abusivos, que limitan el poder adquisitivo de una parte considerable de la población.  Paralelamente, y como consecuencia de las sostenidas carencias y limitaciones, crecen las manifestaciones de indisciplina, violencia social, adicciones y vandalismo, que atentan contra la tranquilidad ciudadana, entre otros problemas.

Esta situación exige implementar de inmediato acciones concretas, bien aseguradas, con el debido control, las que deberán ser apoyadas con una adecuada estrategia de comunicación política e institucional.

El Primer Ministro, compañero Marrero, presentó a esta Asamblea el estado de la implementación de las Proyecciones de Gobierno para corregir distorsiones y reimpulsar la economía durante el primer semestre y a la vez expresó en qué direcciones concentraremos los esfuerzos en lo que resta del año, lo cual constituye una convocatoria de trabajo que debemos apoyar aportando resultados concretos.

Es hora de superar los diagnósticos y pasar a las acciones.  Debemos hacer que se cumpla lo aprobado, definiendo bien los objetivos, preparando mejor a los ejecutores de cada medida, propiciando el aseguramiento político, comunicacional, material y financiero, ordenando las acciones con un cronograma de implementación para que no se queden en el discurso.  Y, sobre todo, ejercer el control sobre las correcciones y los ajustes con la retroalimentación necesaria.

En cuanto a nuestras responsabilidades en el ámbito incierto y complejo de la economía es preciso reconocer que, en el afán por cumplir con los Lineamientos de la política económica y social del Octavo Congreso del Partido, al destrabar procesos e impulsar la formación de mipymes no se fue lo debidamente firme en la exigencia de crear bases normativas suficientemente robustas e integrales para conducir el funcionamiento de estas formas de gestión, que ya operaban en la economía, pero sin un reconocimiento formal.

Los controles posteriores han demostrado que muchos de esos negocios no respondieron a la confianza del Estado con la honestidad y la transparencia que demanda y exige una sociedad mínimamente organizada. En consecuencia, ningún violador del fisco y la legalidad en general puede cuestionar las exigencias derivadas del análisis de los errores y distorsiones del proceso.

Como se ha dicho en estos momentos, deberán prevalecer la ley y el orden si queremos que triunfen y se fortalezcan todas las formas de gestión de la economía.  Con esto quiero reiterar que no hay ni habrá una cacería de brujas contra las mipymes privadas, como algunos afirman, manipulan o sugieren.

El enfrentamiento será contra el descontrol, las ilegalidades, las evasiones tributarias, la especulación y el fraude, vengan de donde vengan (Aplausos), sean no estatales o estatales las empresas.  Esta es una batalla contra la ilegalidad y no contra las formas de propiedad y gestión.                                         

La creación de las formas de gestión no estatal de la economía responde a una política aprobada desde el Sexto Congreso del Partido, tras un amplio proceso de consulta popular en la discusión de los Lineamientos, y lo que nos toca es hacerla cumplir con orden y disciplina, dentro de los márgenes de la ley.

Las mipymes se concibieron como actores económicos que complementen al sector estatal, principalmente desde la producción.  Sin embargo, ahí hemos tenido una gran distorsión, buena parte de ellas se han dedicado a la comercialización de productos importados que, aunque resuelven carencias inmediatas de la ciudadanía, no aportan al desarrollo sostenible del país. 

Y sigue siendo un reto que la empresa estatal socialista, junto al sector no estatal, avance a pasos acelerados, de manera integrada y armónica, en el desarrollo de los principales procesos productivos del país.

Tenemos la convicción, y así lo estamos promoviendo, de que una de las vías más seguras y rápidas de incidir en el bienestar del pueblo es optimizando los procesos económicos, productivos y sociales desde la base.  Pero hay que empezar por poner orden, no solo en la gestión de las formas no estatales, porque cuando hablo de orden, no solo me refiero al control, sino también a la organización de los procesos con eficiencia, a la necesidad de innovar, de romper inercias, de moverse en el sentido del desarrollo que urge.

Las mipymes cubanas no se concibieron solo para el sector no estatal de la economía, sin embargo, la dinámica de formación de ellas en el sector estatal ha sido prácticamente nula, a pesar de algunas experiencias saludables.

Puedo citar el caso de las biofábricas que estaban atrapadas por las ineficiencias de las empresas de las que formaban parte y al transformarse mejoraron sustancialmente los indicadores productivos y económico-financieros.  Lo mismo ocurre con entidades del sector de las comunicaciones.  La mipyme está diseñada para que las empresas de alta tecnología aprovechen su capacidad de adaptación.

Llamo la atención hacia otra de las tendencias negativas que debemos enfrentar en la sociedad y a lo cual me referí recientemente en el VIII Pleno del Comité Central del Partido.

El Gobierno de los Estados Unidos y sectores extremistas de la contrarrevolución, en su ofensiva mediática, estimulan los actos delictivos y vandálicos, en el intento por crear un escenario de inseguridad a favor de sus propósitos desestabilizadores.

El accionar permanente del Ministerio del Interior, de los órganos de justicia en estrecha vinculación con el pueblo ha permitido, en los últimos años, descubrir, prevenir y enfrentar múltiples y complicadas tipicidades y tendencias delictivas, y ello ha sido posible con un mayor rigor en el tratamiento jurídico, penal y penitenciario, en especial en casos de imputados, acusados o sancionados por delitos de elevada lesividad social.

A pesar de estos esfuerzos, la situación del delito, la corrupción, las ilegalidades e indisciplinas sociales se mantiene compleja, signada por el adverso escenario socioeconómico.

El General de Ejército Raúl Castro Ruz en una ocasión advirtió que la batalla contra el delito y la corrupción no admite más contemplaciones, e instó a ser implacables contra ese fenómeno.  Ese llamado sigue vigente. Y para favorecerlo hay que enaltecer las mejores actitudes ciudadanas, las más honestas y las más dignas.

Hay que fortalecer el trabajo educativo desde la familia, la escuela, las instituciones y la sociedad.

Hay que perfeccionar nuestros mecanismos de control popular, para gestionar el cumplimiento de las funciones y responsabilidades de los dirigentes y funcionarios, ante el pueblo, con transparencia e integridad.

Tenemos que elevar el rigor en el descubrimiento de los actos delictivos y en el procesamiento, siempre respetando el debido proceso y las garantías.

Aquí escuchamos a un joven campesino de Nueva Paz quejarse porque su cooperativa está obligada a emplear buena parte de su fuerza laboral en tareas de vigilancia, mañana, tarde y noche, en lugar de dedicarlas a la producción.

Nos faltó plantearnos cuál es la propuesta para enfrentar el problema de otra manera.  Hoy es preciso aportar ideas y soluciones que involucren a toda la sociedad en el enfrentamiento al delito.  Si un país tiene experiencia en ello es Cuba.

¡Tolerancia cero a quienes se aprovechen de las dificultades económicas para enriquecerse sin aportar!

¡Tolerancia cero para los indolentes, para los pillos y para los vagos!

Y si las leyes tienen que ser más severas, le toca a esta Asamblea legislar para que así sea.  Una pequeña nación que ha enfrentado con coraje admirable al mayor y más poderoso imperio de la historia, no se dejará vencer por la delincuencia.

Compatriotas:

Los meses transcurridos muestran con nitidez una realidad global convulsa y peligrosa en este 2024, cuando se hacen más visibles las amenazas a la paz, propiciadas por el orden político y económico internacional, con sus contradicciones intrínsecas y su naturaleza injusta, que promueve y profundiza la desigualdad, la polarización y una grosera concentración de la riqueza cada vez más excluyente.

La primacía de una sola potencia que dicte su voluntad al resto del planeta es ya un sueño del pasado y pretender reanimarlo conduce a callejones riesgosos y sin salida.  Es lo que ocurre cuando se intenta poner al mundo entre dos opciones: la soberanía o el sometimiento.  Bajo esa filosofía, se premia y estimula a quienes se subordinan a la pauta trazada por el imperialismo, mientras las naciones que defienden sus derechos al desarrollo en un mundo en equilibrio, son acosadas, castigadas y bloqueadas.

La diplomacia está siendo constantemente abusada y resulta cada vez menos considerada para resolver oportunamente los más graves conflictos.  Resulta más que paradójico, indignante, ver cómo se suceden uno tras otro importantes eventos internacionales y reuniones de alto nivel, de diverso carácter y en varias partes del mundo, al mismo tiempo que avanza, a la vista de todos, el crimen atroz del genocidio contra el pueblo palestino.

Es una afrenta a la dignidad humana que mientras millones se movilizan en todas las latitudes contra ese nuevo holocausto, la llamada comunidad internacional, representante de esos millones de ciudadanos del mundo en los organismos globales, resulte incapaz de poner freno a la masacre, solo porque los genocidas cuentan con el respaldo y la complicidad del Gobierno de los Estados Unidos y de otros gobiernos poderosos aliados del sionismo.

En ese escenario complejo, el cual he descrito muy someramente, la Revolución Cubana ha continuado ampliando sus vínculos bilaterales con países de diversas regiones.  Hemos intensificado los contactos con varios gobiernos, tanto para intercambiar y conciliar ideas políticas en defensa de la paz como para estimular lazos comerciales, evadir los efectos del bloqueo económico de Estados Unidos y explorar oportunidades económicas de mutuo provecho y beneficio.

Seguimos identificándonos con las causas justas, y hemos ofrecido el país como espacio de diálogo y deliberación en función de ellas.

En el mes de abril, en conjunto con la Internacional Progresista, se celebró en La Habana un congreso internacional para marcar el Aniversario 50 de la adopción en mayo del año 1974, en las Naciones Unidas, de las resoluciones que dieron origen al Nuevo Orden Económico Internacional.  Ese paso, impulsado en su momento por el Movimiento de Países No Alineados y el Grupo de los 77, marcó uno de los intentos más trascendentales de los países en desarrollo en función de proseguir la batalla por la descolonización.

Quisimos evitar que el aniversario pasara inadvertido, en especial a la luz de los problemas que hoy continúan enfrentando los países en desarrollo y como recordatorio de que al cabo de 50 años la mayoría de los habitantes del planeta cargamos el pesado lastre creado por reglas económicas, comerciales y financieras establecidas por las mismas potencias que nos condenaron al subdesarrollo, mediante el colonialismo, la esclavitud y el saqueo incesante de nuestros recursos.

Aquí me detengo para compartirles ideas que considero valiosas.  Para ello, tomo fragmentos de una reciente reflexión sobre colonización cultural y educación, del joven vicepresidente de la Casa de las Américas, Jaime Gómez Triana: “La colonización cultural es un fenómeno sobre el que es imprescindible reflexionar permanentemente y que involucra a la humanidad toda, pero que afecta en particular a los pueblos del Sur Global, sometidos a una incesante avalancha de productos seudoculturales, a través de los cuales se busca imponer y normalizar un modelo de sociedad centrado en el individualismo, la banalización, el culto a lo trivial, el carpe diem, para decirlo con la célebre frase de Horacio, el “vive el momento” y “dale mínimo crédito al futuro”.

“…la relación entre escuela y descolonización cultural es verdaderamente crucial y debe ser analizada con profundidad, sistemáticamente, con vistas a generar en nuestras comunidades los antídotos necesarios para contrarrestar el veneno individualista, que hoy vemos asociado a expresiones retrógradas, intolerantes, totalitarias y, digámoslo sin pudor, neofascistas”.

¿Por qué escojo esa reflexión, aparentemente tan lejana de la dura realidad económica que ahora mismo enfrentamos?  Porque el día que olvidemos que la conciencia de la ciudadanía es soporte fundamental de una sociedad socialista, que busca por encima de todo la riqueza espiritual de los individuos, estaremos traicionando a Martí, a Fidel, a Raúl, al Che y a todos los que entregaron hasta el último centavo de sus ahorros y se fueron a vencer o a morir contra los muros de la dictadura militar de Fulgencio Batista, hace 71 años, para construir un destino humanamente superior para Cuba (Aplausos).

Ese empeño explica el porqué de los elevados gastos que nuestro magro presupuesto destina a la educación, a la cultura, a las escuelas de artes y a los eventos culturales que contribuyen a sostener y alimentar el alma de la nación, con esfuerzos que en países pobres o en desarrollo dependen casi enteramente de mecenazgos.

Como parte de esos esfuerzos, celebramos en La Habana una nueva edición del Coloquio Patria, espacio de diálogo y reflexión entre activistas, comunicadores, intelectuales y en general personas preocupadas por el peligroso avance de la colonización cultural, el poder de los monopolios de la comunicación y la información y la reemergencia de las corrientes fascistas y neofascistas que se propagan con fuerza y a la vista de todos.

Eso no nos sustrae para nada del activismo en los organismos y eventos internacionales, con énfasis en la región, pero con una presencia cada vez más activa en escenarios que son más novedosos para Cuba, como los BRICS y la Unión Económica Euroasiática.

Continuamos cumpliendo con los compromisos solidarios internacionales y, en especial, hemos mantenido en diversas regiones la cooperación médica internacional que tanto reconocimiento concita.

Es público, notorio y contrario al carácter solidario y cooperativo de esos servicios, el feroz y mendaz plan de descrédito que Estados Unidos despliega contra los servicios médicos de Cuba, apelando incluso a la amenaza sobre gobiernos soberanos que reciben sus beneficios. La mentira y las campañas para impulsarla son métodos consustanciales al imperialismo. El ejemplo más escandaloso es mantener a Cuba en una lista del Departamento de Estado sobre países que supuestamente patrocinan el terrorismo, donde jamás debimos estar. Víctima del terrorismo sí somos, pero esa lista no se atreven a hacerla quienes auspician a sus autores y los premian con la impunidad.

El Gobierno de Estados Unidos sabe, sus agencias de inteligencia le pueden confirmar y el mundo entero reconoce, que Cuba no patrocina el terrorismo, que esa calumnia es una fabricación deshonesta total, concebida para reforzar el bloqueo económico y golpear aún más el nivel de vida del pueblo cubano.

Por eso provoca tanto rechazo.  Por eso decenas de gobiernos en especial de América Latina y el Caribe, le reclaman a Estados Unidos que ponga fin a la calumnia y a la injusticia. También lo reclaman decenas de organizaciones dentro de los propios Estados Unidos, incluyendo los concejos de autoridades locales, agrupaciones religiosas, académicas, sociales e individuos de diverso origen en ese país.

Diputadas y diputados:

En la región latinoamericana y caribeña se ha incrementado la polarización política y la división de las sociedades, cuando debía multiplicarse la solidaridad frente a la creciente desigualdad.

La ultraderecha aprovecha y estimula la polarización que provoca la aplicación de los modelos económicos neoliberales y su rotundo fracaso social.   Mediante la manipulación y el engaño, logra ascender a posiciones de gobierno e instrumentar políticas encaminadas a destruir los avances sociales conseguidos durante décadas de lucha popular.

Cuba ha denunciado los permanentes intentos de generar violencia en Venezuela y los actos de injerencia en sus asuntos internos que, sin embargo, no han conseguido derrotar a la Revolución Bolivariana.  Como prueba de esa fuerza, auguramos una victoria de Nicolás Maduro en las venideras elecciones presidenciales (Aplausos).

Hemos mantenido la firme posición de defensa de la paz en Colombia, en nuestra condición de garante de los procesos de paz con el Ejército de Liberación Nacional y el grupo armado rebelde Segunda Marquetalia, así como el seguimiento al cumplimiento del acuerdo con las FARC-EP.

Desde Cuba seguimos promoviendo la solidaridad y la cooperación en América Latina y el Caribe. Defendemos el estricto cumplimiento del principio de no intervención directa o indirectamente, en los asuntos internos de cualquier otro Estado, pero respaldamos sin condiciones a los gobiernos progresistas que pueden revertir siglos de injusticia en la región.

Compatriotas:

Estamos recorriendo, palmo a palmo, toda Cuba. Vamos municipio a municipio, y les puedo asegurar que hemos sido testigos de alentadoras experiencias –algunas admirables– que hablan de todo cuanto puede hacerse incluso en las circunstancias más adversas.

Los recorridos nos dejan claro que Cuba cuenta con mujeres y hombres capaces de sobreponerse a la inhumana gravitación del bloqueo estadounidense: hemos visto tierras cultivadas que antes estuvieron infestadas de maleza; pequeñas fábricas nacidas de espacios antes inútiles; hemos conversado con colectivos laborales a quienes distingue un profundo sentido de pertenencia, de satisfacción por lo que va naciendo del esfuerzo sostenido; y marcados por una dirección que sabe proponer con audacia en estos casos, que se enfoca en las soluciones y que ha desterrado la palabra “derrota” de la filosofía cotidiana.

Hoy una de las preguntas más importantes que debe inquietarnos es cómo podemos convertir esas historias de triunfo, esas vivencias excepcionales en tendencia, en un ambiente de logros que se vaya generalizando. Cómo multiplicamos a los colectivos de los polos productivos de Jaramillo, La Caraña, Dolores, Cauto-La Yaya, La Minerva y El Alambre; la Empresa Agroindustrial Azucarera 14 de Julio que ha cumplido las últimas zafras; la UEB lechera Santos Caraballé de la Empresa Pecuaria Venegas; las UBPC Gispert e Iraelda Marzo García y su presidente Beto; las CCS Waldo Díaz Fuentes, Arides Estévez, Enrique Moreno y Emilio Herriman Pérez; los productores agropecuarios Rolando Benítez de Tahón, diputado a esta Asamblea; el joven Yariel Negrín del proyecto de jóvenes productores en Placetas; Javier González en Güira de Melena; la familia los Carlos en la UBPC cañera Tuinucú; los hermanos Velázquez en la CCS Cuba Va; los mellizos en la finca Santa Rosa; los productores usufructuarios Alex Raúl Castañeda y Yoandri Rodríguez de la empresa agropecuaria de Cabaiguán; Euclides Veyrut en la Isla de la Juventud; la finca de Raúl Concepción en la CCS Alberto Pis; el organopónico Las Celias en la UEB Tabaco, que constituye un ejemplo de cooperación entre una Empresa Estatal Socialista y las Fuerzas Armadas Revolucionarias; el desempeño de empresas estatales como la Unión de Industrias Militares; la Empresa Roselló; las mipymes estatales Motores TahuCuba y

COPEXTEL Soluciones; la finca agroecológica Los Tamarindos; los trabajadores heroicos de las termoeléctricas, por solo citar unos pocos ejemplos de ese impresionante avance hacia la prosperidad con las propias fuerzas, que todavía es excepción, pero un día será regla en este país de gente talentosa y emprendedora que tiene el derecho y la posibilidad de realizar sus sueños en Cuba (Aplausos).

Desde luego, para que esa respuesta llegue, somos muchos las cubanas y los cubanos que, desde el espacio que nos corresponde como ciudadanos, debemos actuar con esmero, con disciplina, y con un rigor que haga sostenible todo lo que nos está haciendo falta en el camino al bienestar, para garantizar proyectos de vida y prosperidad a la maravillosa juventud que tenemos.

Hay un cúmulo de potencialidades, una riqueza invaluable en las fuerzas propias, en la capacidad innovadora del cubano, esa cualidad innata que afloró desde los duros tiempos mambises y que desde entonces ha obrado todo tipo de triunfos.  Contamos con una inteligencia natural que cultivada y depurada en décadas por una Revolución defensora del saber y del pensamiento, puede seguir conduciéndonos a las múltiples soluciones que Cuba está necesitando.

La filosofía fidelista de la confianza en el pueblo, que es confiar en la genialidad multiplicada hecha entre todos, no ha perdido vigencia: como hemos dicho otras veces, ninguno de nosotros en solitario sabe o aprende más que todos juntos.

Vencer los más grandes obstáculos con inteligencia, incluso con sabiduría, no es para nosotros una experiencia desconocida: la historia está hecha de episodios ya vividos; pero si hubiera que mencionar alguno reciente, recordemos entonces cómo fue que los científicos cubanos salvaron a un pueblo entero de los estragos de la COVID-19 (Aplausos).

Es ese un logro tan contundente, por rápido y eficaz, que así sea contado muchas veces jamás terminará sobrando de nuestra narrativa de los heroísmos, de las fuerzas intrínsecas, y de las esperanzas.  Tanto orgullo aporta, que hoy nos asiste el desvelo por llevar ese ejemplo de lo posible a todos los ámbitos de la vida del país.

Si habiéndosenos negado el oxígeno medicinal –y que nadie olvide ese pasaje de crueldad imperial, sufrido en medio del momento más oscuro de la COVID-19–, si atenazados por un bloqueo de más de 60 años, que boicotea la vida por todas partes y que busca cerrarnos cualquier puerta de entrada a la prosperidad, si a pesar de ese ensañamiento que, como bien ha definido un amigo de Cuba, es un genocidio silente, si a pesar de todo eso estamos vivos y actuantes, ¿qué no podríamos alcanzar sin el peso de uno de los castigos más crueles y largos de la historia?

Aprender todos los días, renovarnos desde el conocimiento, tener un pensamiento no solo rico en ideas, sino también capaz de adaptarse al momento histórico y a las necesidades: he ahí una premisa sin la cual será muy difícil avanzar.

Es deber de cada uno llevar a punta de lápiz las fortalezas, los recursos materiales y humanos con los que contamos y, a partir de una noción realista y actualizada, mantener despierto el pensamiento para ir superando las adversidades.

En medio de esta lucha, inmersos en un planeta que da señales de deshumanización, nos corresponde velar severamente porque la sensibilidad, país adentro, no nos abandone.

El día que viremos el rostro para no ver las urgencias y el dolor de los demás, el día que olvidemos que siempre el otro será quien nos salve, ese día estará en peligro el humanismo de una Revolución nacida para dignificar al ser humano, una Revolución que se hizo poniendo el “nosotros” por encima del natural egoísmo del “yo”.

Como una vez dijo el Comandante en Jefe Fidel Castro Ruz: en los tiempos difíciles hay quienes se confunden, quienes se desalientan, quienes se acobardan, hay quienes se reblandecen, hay quienes traicionan, hay quienes desertan.  Fidel afirmó que eso pasa en todas las épocas y en todas las revoluciones; pero también dijo que es en los tiempos difíciles cuando realmente se prueban los hombres y las mujeres (Aplausos).  Con la fuerza imbatible de su palabra nos dejó dicho que los tiempos difíciles son la mejor medida de cada cual.   

Desde esa verdad fidelista podemos sentir orgullo –desde hace ya mucho tiempo– por la inmensidad y nobleza de nuestras mujeres y hombres, de nuestros niños, adolescentes, jóvenes, adultos mayores y ancianos, de cada protagonista de eso que llamamos resistencia y sobre la cual todavía no existen textos o monumentos capaces de dibujarla fielmente.

Estos años, y cada hora preñada de combate, han acrecentado en el pueblo cubano capacidades muchas veces demostradas –y otras todavía insospechadas– para enfrentar múltiples embates, carencias, provocaciones, desafíos.

Tan entrenado tenemos el espíritu, que esta resistencia desconoce la inmovilidad, el aguantar sin avanzar: lo cubano es la resistencia inteligente, es crear a contracorriente.  Hablamos de no conformarnos, de seguir dibujando horizontes, de seguir haciendo, sin atender las voces de la desesperanza.  Lo cubano es rehacernos cada día en el arte de lo posible, y probar que, como nos enseñó Fidel, ¡vale la pena vivir y batallar! (Aplausos.)

La mejor lección que se desprende de estas horas es la grandeza de un pueblo que sabe, en lo más profundo de su amor propio, cuánto valor tiene vivir para conocer, desde la rebeldía, el sentido de la dignidad y la entrega, y qué significado tiene vencer.

A solo horas de que se cumplan 71 años del asalto a la segunda fortaleza de Cuba, aquel pequeño motor de rebeldía que prendió el gran motor de la Revolución de Fidel, Raúl, Ramiro y la ejemplar Generación del Centenario del Apóstol, felicitamos al noble y laborioso pueblo espirituano y a toda Cuba (Aplausos), por su heroísmo y su resistencia frente al imperio, pero también por su rebeldía y su inconformidad frente a los errores, las distorsiones y las tendencias negativas que una y otra vez vuelven a aparecer en el siempre arduo y nuevo camino al socialismo.

Esta generación, comprometida con la continuidad de la Revolución de los humildes, por los humildes y para los humildes, batallará para que todos podamos alcanzar, más temprano que tarde, una prosperidad digna e inclusiva, donde ningún ciudadano quede desprotegido.  ¡Para ello trabajamos!

¡Patria o Muerte!

¡Socialismo o Muerte!

¡Venceremos!

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