Bolívar in Chávez e Fidel

Katiuska Blanco

“Giuro davanti a voi, giuro per il Dio dei miei padri, giuro su loro, giuro sul mio onore e giuro sulla mia patria, che non darò riposo al mio braccio, né riposo alla mia anima fino a quando non avrò spezzato le catene che ci opprimono per volontà del potere spagnolo”.

(Parole di Simón Bolívar davanti al suo maestro Simón Rodríguez, sulla Collina di Monte Sacro, Roma, 15 agosto 1805).

 

A Monte Sacro, Roma, la vita scorre normalmente, senza neppure percepire l’eco del giuramento di Simón Bolívar del 15 agosto 1805, che unì in lotta, ideali e sentimenti, quasi 200 anni dopo, i comandanti Fidel e Chávez: il sogno dell’anfizionia dei popoli della nostra America in piena libertà. Tuttavia, qui, nelle terre continentali e caraibiche che vanno dal Rio Bravo alla Patagonia, la volontà di unione e vera indipendenza arde, si ravviva come una fiamma, che segna i conflitti politici di oggi.

In questi giorni, si decide un’elezione cruciale nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, dove l’eredità di Chávez e i sogni di Fidel—intreccio ribelle e felice dei nostri popoli contro il dominio politico, economico e sociale del Nord che José Martí definì “brutale e caotico”—, sopravvivono nella marea rossa che accompagna nelle piazze e strade il candidato alla presidenza del Gran Polo Patriótico, Nicolás Maduro Moros. La stragrande maggioranza dei sondaggi lo profila come vittorioso nelle elezioni di questa domenica, quando Chávez avrebbe compiuto 70 anni. Eppure, terroristi come Leopoldo López, senza basarsi su dati o sondaggi d’opinione, affermano a gran voce, grazie alla complicità dei poteri fattuali e mediatici internazionali, che il candidato mercenario vincerà solo perché loro lo desiderano o lo esprimono. Dobbiamo credergli—ovviamente—solo perché lo dicono loro e nient’altro! Tutto questo come preludio alla violenza che intendono scatenare contro la volontà del popolo che si esprimerà nelle urne con vocazione chavista e bolivariana.

L’estrema destra interna ed esterna punta sul fascismo. Attraverso la manipolazione informativa e il disconoscimento delle istituzioni sovrane della Repubblica come il Consiglio Nazionale Elettorale, pretendono stabilire come indubitabile la loro vittoria e, da lì, proclamare frode, trascinare il paese nella violenza, assediarlo a livello internazionale e poi invadere il territorio desiderato da lungo tempo per la densità delle sue risorse naturali ed economiche e la connotazione simbolica regionale e mondiale.

Il noto intellettuale e militante rivoluzionario Luis Britto García ha denunciato in una trasmissione speciale di La Iguana TV il programma occulto o quasi sconosciuto della destra fascista—scritto, come ci si poteva aspettare, in inglese, perché è diretto a coloro che domineranno il paese se i loro piani si realizzeranno, e che non sono precisamente gli abitanti della nazione, ma forze esterne, estranee alla sua storia, lotte, lingue, culture, desideri e perché in questo modo, inoltre, diventa incomprensibile per gli stessi venezuelani.

Il piano è privatizzare tutto e spazzare via l’identità propria e profonda che rende indomabili le grandi masse popolari venezuelane. Spogliarle della loro ricchezza materiale e spirituale significherebbe la barbarie contro la dignità, lo sviluppo e il futuro del popolo, un ritorno doloroso al passato, quasi come se, in altre circostanze e con significato diverso, si ripetesse la storia che lo scrittore Rómulo Gallegos ha ricreato nel suo romanzo Doña Bárbara. Detto per inciso, la denuncia ha portato a La Iguana TV che le sue immagini fossero bloccate sui social come l’”imparziale” YouTube, fino al prossimo 29 luglio: che coincidenza! Fino al giorno successivo alle elezioni in Venezuela.

Questa immensa sfida per le forze rivoluzionarie, per quanto si sia acuita nelle complesse situazioni che vive il mondo di oggi, non è affatto nuova. Il Comandante Hugo Rafael Chávez Frías ha dovuto affrontarla fin dall’inizio stesso delle sue lotte e fino al suo ultimo respiro. Consapevole di questi fervori, ha vissuto e è morto per il popolo del Venezuela, a cui ha dato tutta la sua esistenza e a cui ha chiesto di eleggere Nicolás Maduro Moros come il continuatore del suo progetto politico di sovranità recuperata, piena emancipazione sociale e integrazione con i popoli della Nostra America e con quelli di un mondo che doveva nascere multipolare e solidale—attraverso i BRICS—, obiettivi che, tra gli altri, ha tracciato magistralmente nel Piano della Patria.

Fidel, nel 1994, dall’arrivo a Cuba del protagonista dell’insurrezione civico-militare del 4 febbraio 1992 in Venezuela, ha potuto apprezzare da vicino la dimensione di un capo come il Comandante Chávez. Una volta ha persino affermato di averlo intuito, perché Fidel credeva che, quando il momento storico lo richiedeva, emergessero i capi che incarnavano la vita e i sogni dei popoli.

In quell’occasione, percepì in lui, rediviva, l’idea bolivariana dell’integrazione di Nostra America e la ricerca di una seconda e vera indipendenza per i popoli del continente latinoamericano e caraibico. Chávez era un ispirato dalle idee del Libertador e un appassionato di storia. Fidel percepì anche la sua semplicità: Chávez esprimeva la sua volontà di meritare con la sua vita futura gli onori a cui era già degno senza accorgersene.

Nel 1999, assistendo alla prima presa di possesso di Chávez come presidente del paese, Fidel analizzò, in un discorso pronunciato nell’Aula Magna dell’Università Centrale del Venezuela, le condizioni in cui si stava avviando un’aspirazione popolare a lungo accarezzata in Venezuela e ciò che significava come sfida all’imperialismo. Previde le difficoltà future, ponderò il ruolo del Venezuela nella geopolitica regionale e mondiale, gli attribuì un ruolo essenziale nelle possibilità che si potevano aprire ai nostri popoli, ricordò Bolívar e anticipò l’aggressività dell’impero per la rinascita venezuelana. La storia ha ampiamente dimostrato tutte le sue riflessioni di allora. Inalberò lì, con onestà e rigore, le sue riflessioni:

“Questa volta le speranze sono all’orizzonte, vedo in loro una vera rinascita del Venezuela, o almeno un’opportunità eccezionale per il Venezuela. Lo vedo non solo nell’interesse dei venezuelani, lo vedo nell’interesse dei latinoamericani e lo vedo nell’interesse degli altri popoli del mondo, man mano che questo mondo progredisce perché non rimane altra soluzione, verso una globalizzazione universale.”

Poi ha riconosciuto un problema, “una preoccupazione concreta che ho—ha detto—è che si vede, ed è naturale, che sono state sollevate molte aspettative in Venezuela a causa dell’eccezionale risultato delle elezioni. A cosa mi riferisco? Alla tendenza, naturale, logica, nella popolazione di sognare, desiderare che un gran numero di problemi accumulati si risolvano in pochi mesi. Come amico onesto vostro, e per mio conto, penso che ci siano problemi che non si risolveranno né in mesi né in anni. (Applausi).

“Nessuno è nelle condizioni migliori delle vostre per lottare per qualcosa di così importante e prioritario in questo momento difficile, per l’unione, per l’integrazione, diciamo per la sopravvivenza se volete, non solo del Venezuela ma di tutti i paesi della nostra cultura, della nostra lingua e della nostra razza.”

Più avanti ha affermato: “Oggi più che mai bisogna essere bolivariani; oggi più che mai bisogna sollevare quella bandiera che patria è umanità, coscienti che possiamo salvarci solo se l’umanità si salva…”

“Bolívar, il Libertador, che è sempre stato per me il più grande tra i grandi uomini della storia… Bolívar portava nella sua mente un universo pieno di idee giuste e sentimenti nobili. Per questo ammiro tanto Bolívar. Per questo considero così enorme la sua opera. Non appartiene alla stirpe dei conquistatori di territori e nazioni, né ai fondatori di imperi che hanno dato fama ad altri; lui ha creato nazioni, liberato territori e distrutto imperi”.

Infine, Fidel indica la strada per lottare e trionfare. Si chiede e risponde, e la sua voce è previsione e certezza: “Quali saranno le armi essenziali? Le idee; le coscienze. Chi le semineranno, le coltiveranno e le renderanno invincibili? Voi. È un’utopia, un altro sogno tra tanti altri? No, perché è oggettivamente inevitabile e non c’è alternativa. Già è stato sognato non tanto tempo fa, solo forse prematuramente. Come disse il figlio più illuminato di quest’isola, José Martí; “I sogni di oggi saranno le realtà di domani”.

Il Gran Polo Patriottico vincerà.

(Tratto da Cubaperiodistas)


Bolívar en Chávez y Fidel

Por: Katiuska Blanco    

                                                                                                                 

“Juro delante de usted, juro por el Dios de mis padres, juro por ellos, juro por mi honor y juro por mi patria, que no daré descanso a mi brazo, ni reposo a mi alma hasta que haya roto las cadenas que nos oprimen por voluntad del poder español”.

(Palabras de Simón Bolívar frente a su maestro Simón Rodríguez, en la Colina de Monte Sacro, Roma, 15 de agosto de 1805).

En Monte Sacro, Roma, la vida, discurre cotidiana sin apenas percibir el eco del juramento de Simón Bolívar el 15 de agosto de 1805, que unió en lucha, ideales y sentimientos, casi doscientos años después, a los comandantes Fidel y Chávez: el sueño de la anfictionía de los pueblos nuestroamericanos en libertad plena. Sin embargo, aquí, en las continentales y caribeñas tierras que van del Río Bravo a La Patagonia, la voluntad de unión e independencia verdadera arde, se aviva como una llama, que marca a fuego las conflictividades políticas de hoy.

Por estos días, se dirime una elección crucial en la República Bolivariana de Venezuela, donde el legado de Chávez y los sueños de Fidel —entrelazamiento rebelde y feliz de nuestros pueblos contra la dominación económica política y social del Norte que José Martí definió revuelto y brutal—, perviven en la marea roja que acompaña en plazas y calles al candidato a presidente del Gran Polo Patriótico, Nicolás Maduro Moros. La inmensa mayoría de las encuestas lo perfilan como victorioso en las elecciones de este domingo, cuando Chávez cumpliría 70 años. Aún así, terroristas como Leopoldo López, sin sustentarse en datos ni estudios de opinión, afirman a los cuatro vientos, gracias a la complicidad de los poderes fácticos y mediáticos internacionales, que el candidato mercenario saldrá vencedor y sólo porque ellos lo desean o lo expresan. ¡Hay que creerles —obviamente— solo porque ellos lo afirman y nada más! Todo como preludio de la violencia que pretenden desatar contra la voluntad del pueblo que se expresará en las urnas con vocación chavista y bolivariana.

La ultraderecha interna y foránea apuesta al fascismo. A través de la manipulación informativa y el desconocimiento de las instituciones soberanas de la República como el Consejo Nacional Electoral, pretenden establecer como indubitable su triunfo y, a partir de ahí, proclamar fraude, arrastrar al país a la violencia, cercarlo internacionalmente y luego, invadir el territorio apetecido, durante largo tiempo, por la densidad de sus recursos naturales y económicos y la connotación simbólica regional y mundial.

El destacado intelectual y militante revolucionario Luis Britto García denunció en una trasmisión especial de La Iguana TV, el programa oculto o casi desconocido de la derecha fascista —escrito, como era de esperar, en inglés, porque va dirigido a los que dominarán el país de imponerse sus designios, que no son precisamente los pobladores de la nación, sino fuerzas de afuera, ajenas a su historia, luchas, lenguas, culturas, anhelos y porque de tal modo, además, se hace incomprensible para los propios venezolanos.

El plan es privatizarlo todo y arrasar con la identidad propia y profunda que hace indómitas a las grandes masas populares venezolanas. Despojarlas de su riqueza material y espiritual significaría la barbarie contra la dignidad, el desarrollo y el futuro del pueblo, un regreso doloroso al pasado, casi como si, en otras circunstancias y con diverso significado, se repitiera la historia que el escritor Rómulo Gallegos recreara en su novela Doña Bárbara. Dicho sea de paso, la denuncia le valió a La Iguana TV, que sus imágenes fueran bloqueadas en las redes como la “imparcial” YouTube, para mayor desfachatez hasta el próximo 29 de julio: ¡qué casualidad! Hasta el día posterior a la realización de las elecciones en Venezuela.

Ese inmenso desafío para las fuerzas revolucionarias, por más que en las complejas situaciones que vive el mundo de hoy se haya agudizado, no es en modo alguno nuevo. Lo debió enfrentar el Comandante Hugo Rafael Chávez Frías desde el comienzo mismo de sus luchas y hasta su último aliento. Consciente de esos ardimientos, vivió y murió por el pueblo de Venezuela, a quien entregó toda su existencia y a quien pidió elegir a Nicolás Maduro Moros como el continuador de su proyecto político de soberanía rescatada, emancipación social plena e integración con los pueblos de Nuestra América y con los de un mundo que debía ir naciendo multipolar y solidario —BRICS mediante—, propósitos que, entre otros, trazó magistralmente en el Plan de la Patria.

Fidel pudo en 1994, desde el arribo a Cuba del protagonista de la insurrección cívico-militar del 4 de febrero de 1992 en Venezuela, aquilatar de cerca la dimensión de un líder como el Comandante Chávez. Una vez, incluso, afirmó que lo había intuido, porque Fidel consideraba que, cuando el momento histórico lo requería, surgían los líderes que encarnaban la vida y los sueños de los pueblos.

En aquella oportunidad percibió en él, rediviva, la idea bolivariana de la integración de Nuestra América y la búsqueda de una segunda y verdadera independencia  para los pueblos del continente latinoamericano y caribeño. Chávez era un inspirado en las ideas del Libertador y un apasionado de la historia. Fidel percibió también su sencillez: Chávez expresaba su voluntad de merecer con su vida futura los honores a que ya era acreedor sin percatarse.

En 1999, al asistir a la primera toma de posesión de Chávez como presidente del país, Fidel analizó en el discurso pronunciado en el Aula Magna de la Universidad Central de Venezuela, las condiciones en que se ponía en marcha una aspiración popular largamente acariciada en Venezuela y lo que ello significaba como afronto al imperialismo. Vislumbró las dificultades por venir, ponderó el papel de Venezuela en la geopolítica regional y universal, le atribuyó un rol esencial en las posibilidades que podrían abrirse a nuestros pueblos, recordó a Bolívar y anticipó la agresividad del imperio para el renacer venezolano. La historia probó con creces todas sus reflexiones de entonces. Enarboló allí, con honestidad y rigor, sus reflexiones:

“Esta vez las esperanzas están por delante, veo en ellas un verdadero renacer de Venezuela, o al menos una excepcional oportunidad para Venezuela. Lo veo no sólo en interés de los venezolanos, lo veo en interés de los latinoamericanos y lo veo en interés de los demás pueblos del mundo, a medida que este mundo avance, porque no va a quedar otro remedio, hacia una globalización universal”.

Luego reconoció un problema, “una preocupación concreta que tengo —dijo— es que se ve, y es natural, que han levantado muchas expectativas en Venezuela con motivo del extraordinario resultado de las elecciones ¿A qué me refiero? A la tendencia, natural, lógica, en la población de soñar, desear que un gran número de problemas acumulados se resuelvan en cuestión de meses. Como amigo honesto de ustedes, y por mi propia cuenta, pienso que hay problemas que no se van a resolver ni en meses, ni en años. (Aplausos).

“Nadie está en las condiciones de ustedes para luchar por algo tan importante y prioritario en este instante difícil, por la unión, la integración, digamos por la supervivencia si quieren, no solo de Venezuela, sino de todos los países de nuestra cultura, de nuestra lengua y de nuestra raza.”

Más adelante afirmó: “Hoy más que nunca hay que ser bolivariano; hoy más que nunca hay que levantar esa bandera de que patria es humanidad, conscientes de que solo podemos salvarnos si la humanidad se salva…”.

“Bolívar, el Libertador, que fue siempre para mí el más grande entre los grandes hombres de la historia… Bolívar llevaba en su mente todo un universo repleto de ideas justas y sentimientos nobles. Por eso admiro tanto a Bolívar. Por eso considero tan enorme su obra. No pertenece a la estirpe de los conquistadores de territorios y naciones, ni a los fundadores de imperios que dio fama a otros; él creó naciones, liberó territorios y deshizo imperios”.

Finalmente, Fidel señala el camino para luchar y triunfar. Se pregunta y responde y su voz es vaticinio y certeza: “¿Cuáles serán las armas esenciales? Las ideas; las conciencias. ¿Quiénes las sembrarán, cultivarán y harán invencibles? Ustedes. ¿Se trata de una utopía, un sueño más entre tantos otros? No, porque es objetivamente inevitable y no existe alternativa. Ya fue soñado no hace tanto tiempo, solo que tal vez prematuramente. Como dijo el más iluminado de los hijos de esta isla, José Martí; “Los sueños de hoy serán las realidades de mañana”.

El Gran Polo Patriótico vencerá.

(Tomado de Cubaperiodistas)        

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