Il fattore delinquenziale al centro dell’agenda golpista post-elettorale

misionverdad.com

Nel contesto degli ultimi avvenimenti di alta tensione in Venezuela, la strategia della Piattaforma Unitaria Democratica (PUD) nelle elezioni presidenziali del 28 luglio ha rivelato il vero significato dell’espressione “fino alla fine”.

In un discorso successivo alle elezioni, il presidente Nicolás Maduro ha offerto un’analisi dettagliata sulla violenza che ha circondato questo evento elettorale.

Presentando prove schiaccianti, il presidente ha argomentato che le proteste e gli attacchi sistematici non sono semplici reazioni spontanee stimolate dalla narrativa della frode, bensì fanno parte di un piano insurrezionale coordinato, progettato con l’obiettivo di destabilizzare.

Il Capo di Stato ha descritto il piano premeditato che è stato eseguito prima, durante e dopo le elezioni, dove gruppi previamente organizzati cercano di generare un clima di caos e sfiducia.

“Hanno fatto di tutto per uno scenario violento”, ha affermato, descrivendo un sabotaggio avanzato ai servizi pubblici del paese, con l’obiettivo di provocare un blackout nazionale e minare la capacità della popolazione di esercitare il proprio diritto di voto.

Maduro ha sottolineato un gruppo che agisce con un alto grado di coordinamento e pianificazione. La cattura di decine di persone coinvolte in atti di violenza, molte con precedenti penali e alterate dal consumo di droghe: le prove sono state offerte dagli stessi arrestati.

La descrizione dei partecipanti agli atti di violenza come “drogati, con personalità esacerbate e con ordini precisi su dove attaccare e cosa attaccare” contribuisce a svelare la natura criminale della minaccia emergente contro il paese. Si tratta di gruppi organizzati, manipolati e con l’intenzione di intimidire e spaventare la popolazione.

L’elemento del finanziamento esterno, “li stanno pagando 150 $ al giorno”, è fondamentale per comprendere la dimensione internazionale di questo tentativo di destabilizzazione. Una cospirazione che supera i confini nazionali e mira, come in episodi precedenti, a minare il processo democratico del Venezuela.

La tattica della violenza politicamente focalizzata ha trasceso il mero danneggiamento all’infrastruttura elettrica, estendendosi a attacchi diretti contro centri elettorali e le sedi del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE). Questa dinamica di aggressione non si limita a questi spazi, ma si estende anche alle istituzioni, organismi di sicurezza e ai beni di uso pubblico, evidenziando un modello sistematico di destabilizzazione, in linea con quanto accaduto nel 2013, 2014, 2017 e 2019.

#In Guacara, stato Carabobo, un gruppo incappucciato ha attaccato la sede della polizia, distruggendo auto e creando caos nella località.

#Nella Avenida Fuerzas Armadas della città di Caracas, sono stati attaccati autobus del Metrobus, recentemente reinaugurati.

#La sede del municipio di Jiménez, nello stato Lara, è stata vandalizzata da gruppi violenti.

#Un altro rapporto registra danni all’infrastruttura di una palestra verticale nello stato La Guaira, uno spazio culturale e sportivo recentemente inaugurato destinato ad accogliere bambini del Sistema di Orchestre Simón Bolívar, nonché atleti giovanili.

#I CLAP, vitali per la distribuzione degli alimenti in mezzo alla crisi economica, non sono stati risparmiati da questi attacchi. A Macarao, una parrocchia di Caracas, è stato incendiato un centro di raccolta di alimenti.

#Allo stesso modo, un ospedale nella parrocchia di Coche è stato incendiato da gruppi vandalici.

“… io stavo calcolando, perché conosco bene questo tema, e hanno avuto un impatto come un 10% di quanto hanno fatto nel 2013 con Capriles, nel 2014 con la Machado, Leopoldo López e Antonio Ledezma, e nel 2017 con Julio Borges e tutta questa gente”, ha detto il presidente Maduro.

Questi atti non solo mirano alla destabilizzazione dell’ambiente politico, bensì rappresentano anche un tentativo deliberato di minare l’identità e la storia del chavismo. Questo è evidente negli attacchi contro statue del Comandante Hugo Chávez e le sedi del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) in varie regioni del paese, mentre si cercano analogie simboliche forzate con scene viste all’inizio degli anni ’90 nell’Europa orientale, ma ora con l’immediatezza delle reti sociali.

La violenza è rapidamente degenerata in crimini d’odio, come dimostra il racconto dell’aggressione brutale subita da un passante nella Plaza O’Leary di Caracas. Un gruppo, cercando di identificarlo come “collettivo”, ha tentato di linciarlo, ma l’intervento rapido di altri cittadini è riuscito a salvarlo da un destino fatale.

Inoltre, sono stati segnalati atti di intimidazione armata contro dirigenti di strutture politiche locali, come capi di consigli comunali, membri dei CLAP e rappresentanti delle Unità di Battaglia Bolívar-Chávez (UBCH). Un modello di persecuzione che mira a intimidire e inibire l’organizzazione popolare nelle comunità.

Quello che distingue questo evento da precedenti proteste è la rapidità, inedita e allarmante, con cui organizzazioni armate e gruppi criminali hanno preso il controllo delle manifestazioni. A differenza degli anni passati, dove la ‘società civile’ controllava e dirigeva la messa in scena, questa volta siamo stati testimoni di come questi gruppi violenti abbiano sostituito i manifestanti “tradizionali”, trasformando le strade in veri e propri campi di battaglia.

Questi raggruppamenti non agiscono isolatamente; al contrario, hanno una connessione diretta con i cosiddetti “comanditos“, organizzati da Vente Venezuela.

Le accuse del presidente Nicolás Maduro sottolineano questa realtà. Le persone catturate in recenti operazioni sono legate a organizzazioni criminali, hanno precedenti penali e sono state integrate nei “Comanditos”, mettendo in luce la struttura organizzata dietro questi atti violenti. A suo avviso, questi raggruppamenti hanno ricevuto finanziamenti illeciti (il Presidente ha indicato reti di narcotraffico colombiane), che hanno permesso la loro attivazione e espansione.

“Erano tutti parte dei famosi ‘comanditos’. Siamo di fronte a un’organizzazione criminale, il narcotraffico colombiano ha messo molti soldi con la droga per attivare questi gruppi delinquenziali”.

Questo è il risultato di un piano che è stato oggetto di denunce ripetute. Edmundo González Urrutia, María Corina Machado e il suo gruppo non intendevano partecipare al processo elettorale con l’obiettivo di cercare il sostegno popolare attraverso il voto. Il loro obiettivo era l’organizzazione di questi “comanditos”, utilizzando la campagna elettorale come veicolo per articolare gruppi delinquenziali contrattati con fini apertamente terroristici.

L’obiettivo finale è il colpo di Stato, e l’escalation della violenza è lo strumento principale.

Nella situazione attuale, il governo del Venezuela sta implementando azioni ferme per prevenire la ripetizione di episodi di violenza simili a quelli verificatisi durante le guarimbas negli anni passati.

Riconoscendo l’alta probabilità che tali eventi si ripetano, le autorità hanno rafforzato il monitoraggio e la capacità di risposta a qualsiasi tentativo di destabilizzazione promosso da settori estremisti.

Il presidente Maduro ha enfatizzato l’importanza dell’unione civico-militare- e di polizia nella difesa del paese.

“Questo film lo conosciamo”, ha detto, riferendosi all’esperienza accumulata di fronte ai tentativi di colpo di Stato e atti violenti nel corso degli anni. Dal colpo di Stato dell’aprile 2002 alle guarimbas del 2014 e del 2017, si è appreso a identificare e contrastare queste tattiche.

L’impegno del governo venezuelano è chiaro: non permettere che si ripetano gli episodi di violenza che hanno segnato la storia recente del paese.


El factor delincuencial al frente de la agenda golpista post-electoral

 

En el contexto de los recientes acontecimientos de alto voltaje en Venezuela, la estrategia de la Plataforma Unitaria Democrática (PUD) en las elecciones presidenciales del 28 de julio ha revelado el verdadero significado de la expresión “hasta el final”.

En una alocución posterior a los comicios, el presidente Nicolás Maduro ofreció un análisis detallado sobre la violencia que rodeó este evento electoral.

Presentando pruebas contundentes, el mandatario argumentó que las protestas y los ataques sistemáticos no son meras reacciones espontáneas estimuladas por la narrativa del fraude, sino que forman parte de un plan insurreccional coordinado, diseñado con el objetivo de desestabilizar,

El jefe de Estado describió el plan premeditado que se ha estado ejecutando antes, durante y después de las elecciones, donde grupos previamente organizados buscan generar un clima de caos y desconfianza.

“Hicieron todo lo posible para un escenario violento”, afirmó, describiendo un sabotaje avanzado a los servicios públicos del país, con el objetivo de provocar un apagón nacional y minar la capacidad de la población de ejercer su derecho al voto.

Maduro señaló un grupo que actúa con un alto grado de coordinación y planificación. La captura de decenas de personas involucradas en actos de violencia, muchas con antecedentes penales y alterado por el consumo de drogas: la evidencia la ofrecieron ellos mismos.

La descripción de los participantes en los actos de violencia como “drogados, exacerbada la personalidad y con órdenes precisas de dónde atacar, de qué atacar”contribuye a desentrañar la naturaleza criminal de la amenaza en ciernes contra el país. Se trata de grupos organizados, manipulados y con la intención de intimidar y amedrentar a la población.

El elemento del financiamiento externo, “les están pagando por día, ciento cincuenta dólares”, es clave para comprender la dimensión internacional que denunció de este intento de desestabilización. Una conspiración que va más allá de las fronteras nacionales y que busca, como en episodios anteriores, socavar el proceso democrático de Venezuela.

La táctica de la violencia políticamente focalizada ha trascendido la mera afectación a la infraestructura eléctrica, extendiéndose a ataques directos contra centros electorales y las sedes del Consejo Nacional Electoral (CNE). Esta dinámica de agresión no se limita a estos espacios, sino que también se dirige hacia instituciones, organismos de seguridad y bienes de uso público, evidenciando un patrón sistemático de desestabilización, el bucle de 2013, 2014, 2017 y 2019.

En Guacara, estado Carabobo, un grupo encapuchado atacó la sede de la Policía, destruyendo patrullas y generando caos en la localidad.

En la Avenida Fuerzas Armadas de la ciudad de Caracas, se atacaron unidades del Metrobus, que habían sido reinauguradas recientemente.

La alcaldía del municipio Jiménez, en el estado Lara, fue vandalizada por grupos violentos.

Otro reporte registra daños en la infraestructura de un gimnasio vertical en el estado La Guaira, un espacio cultural y deportivo recientemente inaugurado que estaba destinado a atender a niños del Sistema de Orquestas Simón Bolívar, así como a atletas juveniles.

Los CLAP, vitales para la distribución de alimentos en medio de la crisis económica, tampoco han escapado a estos ataques. En Macarao, una parroquia caraqueña, fue incendiado un centro de acopio de alimentos.

Del mismo modo, un hospital en la parroquia de Coche fue quemado por grupos vandálicos.

“… yo estaba calculando, porque yo conozco bien este tema, y han impactado como un 10% de lo que hicieron ellos en el 2013 con Capriles, en el 2014 con la Machado, Leopoldo López y Antonio Ledezma, y en el 2017 con Julio Borges y toda esta gente”, dijo el presidente Maduro.

Estos actos no solo persiguen la desestabilización del entorno político, sino que también constituyen un intento deliberado de socavar la identidad y la historia del chavismo. Esto se evidencia en los ataques dirigidos contra estatuas del Comandante Hugo Chávez y las sedes del Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV) en diversas regiones del país, mientras busca analogías simbólicas forzadas con escenas que pudieron haberse visto a inicios de los 90 en Europa Oriental, solo que ahora en el inmediatismo de las redes sociales.

La violencia ha escalado rápidamente hacia crímenes de odio, como lo ilustra el relato de la agresión brutal sufrida por un transeúnte en la Plaza O’Leary de Caracas. Un grupo que lo quizo señalar de “colectivo” intentó llevar a cabo un linchamiento contra la víctima, pero la pronta intervención de otros ciudadanos logró salvarlo de un destino fatal.

Además, se han registrado actos de acoso armado dirigidos contra líderes de estructuras políticas locales, como jefes de consejos comunales, miembros de los CLAP y representantes de las Unidades de Batalla Bolívar-Chávez (UBCH). Un patrón de hostigamiento que pretende intimidar e inhibir a la organización popular en las comunidades.

Lo que distingue a este evento de protestas anteriores es la inédita y alarmante velocidad con la que organizaciones armadas y grupos criminales han tomado el control de las manifestaciones. A diferencia de años pasados, donde la ‘sociedad civil’ controlaba y dirigía la puesta en escena, en esta ocasión hemos sido testigos de cómo estos grupos violentos han desplazado a los manifestantes “tradicionales”, convirtiendo las calles en auténticos campos de batalla.

Estas agrupaciones no actúan de manera aislada; por el contrario, tienen una conexión directa con los denominados “comanditos”, organizados por Vente Venezuela.

Las acusaciones del presidente Nicolás Maduro subrayan esta realidad. Las personas capturadas en recientes operativos están vinculadas a organizaciones delictivas, poseen antecedentes penales y fueron incorporadas a los “Comanditos”, lo que pone de manifiesto la estructura organizada detrás de estos actos violentos. A su juicio, estas agrupaciones han recibido financiamiento turbio (el Presidente señaló a redes de narcotráfico colombianas), lo que ha permitido su activación y expansión.

“Todos formaban parte de los famosos ‘comanditos’. Estamos frente a una organización delictiva, el narcotráfico colombiano metió mucha plata con droga para activar estos grupos delincuenciales”.

Este es el desenlace de un plan que ha sido objeto de denuncias reiteradas. Edmundo González Urrutia, María Corina Machado y su grupo no pretendían participar en el proceso electoral con el propósito de buscar el respaldo popular a través del voto. Su enfoque fue la organización de estos “comanditos”, utilizando la campaña electoral como vehículo para articular grupos delincuenciales contratados con fines abiertamente terroristas.

El objetivo final es el golpe de Estado, y la escalada de violencia es herramienta principal.

En la situación actual, el gobierno de Venezuela está implementando acciones firmes para prevenir la repetición de episodios de violencia similares a los ocurridos durante las guarimbas en años pasados.

Reconociendo la alta probabilidad de que tales eventos se repitan, las autoridades han reforzado su monitoreo y su capacidad de respuesta ante cualquier intento de desestabilización promovido por sectores extremistas.

El presidente Maduro ha enfatizado la importancia de la unión cívico-militar-policial en la defensa del país.

“Esta película la conocemos”, ha dicho, refiriéndose a la experiencia acumulada frente a intentos de golpe de Estado y actos violentos a lo largo de los años. Desde el golpe de Estado en abril de 2002 hasta las guarimbas de 2014 y 2017, se ha aprendido a identificar y contrarrestar estas tácticas.

El compromiso del gobierno venezolano es claro: no permitir que se repliquen los episodios de violencia que han marcado la historia reciente del país.

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