Il carattere selettivo della pressione internazionale contro il Venezuela

A seguito dei risultati pubblicati dal CNE

misionverdad.com

Dopo che il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha annunciato la vittoria di Nicolás Maduro nelle elezioni presidenziali del 28 luglio, si è attivato un ciclo di pressione e ostilità diplomatica contro il paese, sincronizzato con l’agenda del disconoscimento istituzionale e di violenza politica e criminale promossa da Edmundo González e María Corina Machado, i quali hanno radicalizzato la dichiarazione di “frode” e della “vittoria” del candidato della PUD sulla base della pubblicazione di presunti verbali pubblicati su un sito web.

Dal 29 luglio decine di paesi hanno esplicitamente fatto pressione sul Venezuela affinché il CNE pubblichi i risultati dettagliati della giornata, nonostante non si riconosca che sono ancora in vigore i termini stabiliti dalla legge e che, da ieri, è già disponibile per la collettività un secondo bollettino che conferma la rielezione del presidente Nicolás Maduro.

Ma un confronto con situazioni reali di frode elettorale nell’emisfero permette di osservare il carattere selettivo e ostile del trattamento internazionale verso il Venezuela in una congiuntura di tipo elettorale.

CONFRONTI E COMPORTAMENTO INTERNAZIONALE

Nei casi di Al Gore (2000), Andrés Manuel López Obrador (2006) e Juan Orlando Hernández (2017), tre situazioni in cui le evidenze e le accuse di frode erano al centro della scena dopo la pubblicazione dei risultati, non si è verificato un contesto di contestazione aperta a livello internazionale e diplomatico.

Nelle elezioni presidenziali del 2000, George W. Bush e Al Gore erano coscienti che la vittoria dipendeva dallo stato della Florida e dai suoi 29 voti elettorali. Entrambi i candidati ottennero circa il 49% dei 6 milioni di voti, con un leggero vantaggio di 1784 voti per Bush, che poi si ridusse a 537.

Al Gore denunciò frode e, di fronte a un risultato così stretto, si procedette al conteggio manuale dei voti nelle contee dove la differenza era inferiore allo 0,5%. Dopo i riconteggi, il vantaggio si inclinò verso Al Gore, che chiese di ampliare la revisione ad altre contee. Su decisione della Corte Suprema USA, fu ordinata la sospensione del processo e, pertanto, Bush divenne presidente USA. Non ci furono contestazioni internazionali né pressioni diplomatiche, nonostante la disputa fosse durata 36 giorni.

Le elezioni presidenziali del 2006 furono estremamente combattute. Si affrontavano Andrés Manuel López Obrador (AMLO) e Felipe Calderón.

Calderón fu dichiarato vincitore con una stretta differenza di circa lo 0,56% dei voti, il che generò grande sfiducia tra i seguaci di AMLO. López Obrador denunciò varie irregolarità durante il processo, compresa la gestione dei verbali di voto e la condotta dei funzionari elettorali. Le lamentele si concentrarono sulla presunta manipolazione dei risultati e sulla mancanza di trasparenza nel conteggio dei voti.

I risultati furono impugnati davanti al Tribunale Elettorale del Potere Giudiziario della Federazione (TEPJF) con l’argomento che erano state commesse gravi violazioni della legge elettorale. Il TEPJF, che aveva la responsabilità di esaminare i ricorsi, stabilì che non c’erano prove sufficienti per invalidare i risultati delle elezioni. La decisione del tribunale fu a favore di Felipe Calderón, confermandone la vittoria.

In questo caso, non ci fu una forte contestazione internazionale per disconoscere i risultati.

Anche le elezioni presidenziali in Honduras tra Juan Orlando Hernández e il suo principale avversario, Salvador Nasralla, del partito di opposizione Libertad y Refundación (Libre), furono combattute.

Nasralla era in vantaggio nei risultati preliminari, ma la trasmissione dei risultati si fermò improvvisamente per diverse ore, generando sospetti e preoccupazioni poiché in seguito il presidente Hernández prese il sopravvento. Successivamente, di fronte alla situazione di instabilità in cui si trovava il paese, il Tribunale Supremo Elettorale dell’Honduras confermò la vittoria di Hernández con un margine stretto.

Sebbene l’OSA abbia richiesto una revisione approfondita e un riconteggio dei voti, la sua richiesta fu ignorata. Da parte sua, l’Unione Europea chiese un’indagine sulle accuse di frode, ma i risultati continuarono ad essere considerati legali e irrevocabili. Il governo USA finì per riconoscere Juan Orlando Hernández come presidente eletto, senza che vi fosse un contesto di tensione diplomatica.

GUAIDO 2.0

L’escalation diplomatica contro il Venezuela si è acutizzata negli ultimi giorni tramite un gruppo di paesi che ha fatto pressione sulle istituzioni statali affinché pubblichino i risultati specifici delle elezioni, mentre una fazione più radicale ha già riconosciuto apertamente il candidato Edmundo González come “presidente eletto”, uno scenario che richiama alla memoria il riconoscimento illegale dell’interim fittizio di Juan Guaidó nel 2019.

In sintesi, Argentina, Canada, Cile, Costa Rica, El Salvador, Ecuador, Guatemala, Panama, Perù, Repubblica Dominicana e Uruguay non hanno riconosciuto i risultati – alcuni di questi hanno già riconosciuto Edmundo González come “presidente” – emessi dal CNE, mentre Brasile, Colombia, Germania, Spagna, Messico, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Paraguay, Svezia, Svizzera, Norvegia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Francia, Finlandia, Estonia, Lituania, Unione Europea e Giappone hanno richiesto la pubblicazione dei verbali, un elemento tecnico che non si applica poiché il CNE emette solo i risultati delle elezioni.

Ora, se confrontiamo le posizioni assunte dai governi sui risultati delle elezioni del 28 luglio con il sostegno internazionale ricevuto dal progetto Guaidó nel 2019, si possono osservare grandi somiglianze che potrebbero essere intese come una preparazione delle condizioni per ripetere questo scenario.

In totale sono più di 20 i paesi che coincidono in questo incrocio. Cioè, più di due dozzine di Stati che a suo tempo riconobbero Guaidó, illegalmente e senza la richiesta di alcun supporto elettorale, – poiché non lo aveva – oggi fanno pressione diplomatica sul Venezuela per non riconoscere i risultati favorevoli al presidente Nicolás Maduro.

Dopo che gli USA hanno riconosciuto, giovedì sera, il candidato della MUD, Edmundo González, come vincitore delle elezioni presidenziali, questo scenario diventa più plausibile. Ricordiamo che il sostegno di 50 paesi al dispositivo di “governo parallelo” fu incentivato dal sostegno dell’ex presidente Donald Trump.

Tutto indica che si ripeterà un altro ciclo di pressione diplomatica come quello sperimentato nel 2019, quando si riconobbe una figura di potere parallelo e senza incidenza reale nella politica interna. È evidente che ci sono più condizioni per il Venezuela nel momento di stabilire relazioni diplomatiche rispetto ad altri paesi della regione e del mondo. Una dimostrazione di ciò è che il processo elettorale di domenica è passato da essere un evento nazionale a un evento in cui altri Stati intervengono di diritto.


A raíz de los resultados publicados por el CNE

El carácter selectivo de la presión internacional contra Venezuela

 

Luego de que el Consejo Nacional Electoral (CNE) anunció el triunfo de Nicolás Maduro en los comicios presidenciales del 28 de julio, se activó un ciclo de presión y hostilidad diplomática contra el país, sincronizado con la agenda de desconocimiento institucional y de violencia política y criminal promovida por Edmundo González y María Corina Machado, quienes han radicalizado la declaración de “fraude” y del “triunfo” del candidato de la PUD sobre la base de la publicación de supuestas actas colgadas en una página web.

Desde el 29 de julio decenas de países han presionado explícitamente a Venezuela para que el CNE publique los resultados detallados de la jornada, con lo cual desconocen que aun están vigentes los lapsos establecidos en la ley y que, desde ayer, ya existe a disposición de la colectividad general un segundo boletín que confirma la reelección del presidente Nicolás Maduro.

Pero una comparación con situaciones reales de fraude electoral en el hemisferio permite observar el carácter selectivo y hostil del tratamiento internacional hacia Venezuela en una coyuntura de tipo comicial.

COMPARACIONES Y COMPORTAMIENTO INTERNACIONAL

En los casos de Al Gore (2000), Andrés Manuel López Obrador (2006) y Juan Orlando Hernández (2017), tres situaciones en las que las evidencias y los cantos de fraude estuvieron en el centro de la escena tras la publicación de los resultados, no se presentó un contexto de cuestionamiento abierto en el plano internacional y diplomático.

En la elección presidencial del año 2000, George W. Bush y Al Gore estaban conscientes de que el triunfo dependía del estado de la Florida y de sus 29 votos electorales. Ambos candidatos obtuvieron alrededor de 49% de las 6 millones de emisiones, con una ligera ventaja de 1 784 boletas para Bush, que luego se redujeron a 537.

Al Gore cantó fraude y, frente a un resultado tan ajustado, se procedió a contar los votos manualmente en los condados donde la diferencia se ubicaba por debajo de 0,5%. Tras los reconteos, la ventaja se inclinó hacia Al Gore, quien pidió ampliar la revisión a otros condados. Por decisión de la Corte Suprema de EE.UU. se ordenó la suspensión del proceso y, por tanto, Bush se convirtió en presidente de Estados Unidos. No hubo cuestionamientos internacionales ni presiones diplomáticas, a pesar de que el contencioso alcanzó los 36 días.

Las elecciones presidenciales de 2006 fueron extremadamente reñidas. Se enfrentaban Andrés Manuel López Obrador (AMLO) y Felipe Calderón.

Calderón fue declarado ganador por una estrecha diferencia de aproximadamente 0,56% de los votos, lo que generó una gran desconfianza entre los seguidores de AMLO. López Obrador alegó diversas irregularidades durante el proceso, incluido el manejo de las actas de votación y la conducta de los funcionarios electorales. Las quejas se centraron en la supuesta manipulación de los resultados y en la falta de transparencia en el conteo de votos.

Los resultados se impugnaron ante el Tribunal Electoral del Poder Judicial de la Federación (TEPJF) con el argumento de que se habían cometido graves violaciones a la ley electoral. El TEPJF, que tenía la responsabilidad de revisar las impugnaciones, determinó que no había pruebas suficientes para invalidar los resultados de los comicios. La resolución del tribunal fue en favor de Felipe Calderón, confirmó su victoria.

En este caso tampoco hubo una fuerte contestación internacional para desconocer los resultados.

También la elección presidencial de Honduras entre Juan Orlando Hernández y su principal rival, Salvador Nasralla, del partido de oposición Libertad y Refundación (Libre), estuvo reñida.

Nasralla llevaba la delantera en los resultados preliminares pero la transmisión de resultados se detuvo repentinamente durante varias horas, y ello generó sospechas y preocupación pues luego tomaría la ventaja el presidente Hernández. Posteriormente, ante la situación de inestabilidad en la que se encontraba el país, el Tribunal Supremo Electoral de Honduras confirmó la victoria de Hernández con un margen estrecho.

Aunque la OEA pidió una revisión exhaustiva y un recuento de votos, su solicitud fue ignorada. Por su parte, la Unión Europea hizo un llamado a una investigación sobre las acusaciones de fraude pero los resultados continuaron tomándose como legales e irreversibles. El gobierno de Estados Unidos terminó reconociendo a Juan Orlando Hernández como el presidente electo, sin la existencia de un entorno de tensión diplomática.

GUAIDO 2.0

La escalada diplomática contra Venezuela se ha agudizado en los últimos días mediante un grupo de países que ha presionado las instituciones del Estado para que publiquen los resultados específicos de la elección, mientras que una fracción más radical ya ha reconocido abiertamente al candidato Edmundo González como “presidente electo”, un escenario que trae al presente el reconocimiento ilegal del interinato ficticio de Juan Guaidó en 2019.

A modo de resumen, Argentina, Canadá, Chile, Costa Rica, El Salvador, Ecuador, Guatemala, Panamá, Perú, República Dominicana y Uruguay desconocieron los resultados —algunos de ellos ya han reconocido a Edmundo González como “presidente”— emitidos por el CNE, mientras que Brasil, Colombia, Alemania, España, México, Italia, Irlanda, Países Bajos, Portugal, Paraguay, Suecia, Suiza, Noruega, Reino Unido, República Checa, Francia, Finlandia, Estonia, Lituania, Unión Europea y Japón exigieron la publicación de los actas, un elemento técnico que no aplica pues el CNE solo emite los escrutinios de los comicios.

Ahora bien, si comparamos las posiciones fijadas por los gobiernos sobre los resultados de las elecciones del 28 de julio con el apoyo internacional que recibió el proyecto Guaidó en 2019, se pueden observar grandes similitudes que pudieran entenderse como una preparación de condiciones para repetir este escenario.

En total son más de 20 países los que coinciden en este cruce. Es decir, más de dos docenas de Estados que en su momento reconocieron a Guaidó de forma ilegal y sin la exigencia de ningún soporte de tipo electoral —pues no lo tenía— hoy presionan diplomáticamente a Venezuela para desconocer los resultados favorables al presidente Nicolás Maduro.

Después de que Estados Unidos reconoció este jueves por la noche al candidato de la MUD, Edmundo González, como ganador de los comicios presidenciales, este escenario se hace más plausible. Recordemos que el apoyo de 50 países al dispositivo de “gobierno paralelo” estuvo impulsado por el respaldo del expresidente Donald Trump.

Todo indica que se repetirá otro ciclo de presión diplomática como la experimentada en 2019 cuando se reconoció una figura de poder paralela y sin incidencia real en la política interna. Resulta evidente que hay más condicionantes para Venenzuela al momento de establecer relaciones diplomáticas que con otros países de la región y del mundo. Una muestra de ello es que el proceso electoral del domingo pasó de ser un evento nacional a un evento en el que otros Estados intervienen por derecho.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.